Versione aggiornata ad aprile 2021 – A. Riferimenti bibliografici nel testo e a piè pagina Il sistema da utilizzare è quello umanistico, ossia numeretto in apice, nel punto in cui vengono riportate idee, parole, pensieri e concetti di altri, e note a piè di pagina per la citazione bibliografica.
- Le note vanno dunque digitate in esponente, senza lasciare uno spazio dopo la parola che le precede.
- Nel corpo della nota, viceversa, va lasciato uno spazio tra l’esponente e il testo che segue.
- In caso di note a fine frase, la nota va messa prima della punteggiatura.
- Se ci sono frasi in esergo (da scrivere in corsivo) che necessitano di riferimento, è preferibile inserire un riferimento minimo, in tondo, tra parentesi, nel rigo subito sotto l’esergo.
Se viene indicato, oltre all’autore, anche un titolo, solo quest’ultimo va in corsivo. Per esempio: Tanto lavoro e poco divertimento fanno di Jack un ragazzo annoiato. (Jack Torrance, 1980) Nel caso in cui per citare l’esergo sia necessaria una vera e propria nota bibliografica, essa si può inserire normalmente in apice alla fine dell’esergo, e sarà presumibilmente la nota n.1 tra quelle a piè di pagina.
nelle note a piè di pagina il nome e il cognome dell’autore saranno indicati in forma diretta (nome cognome), mentre nella bibliografia finale per comodità di ordinamento e di lettura sarà usata la forma inversa (cognome nome); dovendo la nota a piè di pagina permettere l’identificazione puntuale della specifica parte della pubblicazione cui si fa riferimento nel testo, essa dovrà contenere tutti i dettagli bibliografici necessari (per es. le pagine citate). Quando nelle note si vuole rinviare a un arco più ristretto di pagine all’interno di un documento di cui è necessario indicare la paginazione (come articoli, atti di convegni ecc.), si usa la notazione dei due punti (p.20-35: p.21-23).
Esempi: Antonello Biagini; Francesco Guida, Mezzo secolo di socialismo reale: l’Europa centro-orientale dal secondo conflitto mondiale all’era postcomunista, Torino: Giappichelli, 1997, p.35. Tullio Padovani, Il nuovo volto del diritto penale del lavoro, «Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia», 9 (1996), n.4, p.1160. Leonardo Morlino, Partiti, gruppi e consolidamento democratico in Italia, In: Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano: Giuffrè, 1996, II, p.1172. Patrizia Violi, Significato ed esperienza, Milano: Bompiani, 1997, p.215 e seguenti.N.B. Quando, in note non consecutive, si cita la stessa opera, dalla seconda volta in poi, si abbrevia il nome dell’autore, sia esso autore persona o autore ente. Per gli autori persona il nome deve essere ridotto all’iniziale puntata, mentre si riporta per esteso il cognome. Al titolo (se troppo esteso si riporta solo l’inizio) si fa seguire “cit.” Esempi: Autore persona: Federico Chabod, Storia dell’idea di Europa, Bari: Laterza, 1961, p.20.F. Chabod, Storia dell’idea di Europa cit., p.45 Autore ente: International Federation of Library Associations and Institutions. Study group on the Functional Requirements for Bibliographic Records, Functional requirements for bibliographic records: final report, München: Saur, 1998, p.50. IFLA, Functional requirements for bibliographic records cit., p.100. Quando all’interno di una nota o in due o più note consecutive si citano in modo consecutivo opere diverse di un medesimo autore o di una medesima autrice, al posto dell’autore/autrice si utilizza Id, o Ead, Se si tratta di opere di autori enti si utilizza Id, Esempio: Svanhild Aabø, The value of public libraries: a methodological discussion and empirical study applying the contingent valuation method, Oslo: University of Oslo, 2005. Ead., Libraries and return on investment (ROI): a meta-analysis, «New library world», 110 (2009), n.7/8, p.311-324. Si ricorre a: – Ibidem quando ci si riferisce alla stessa opera rappresentata nella nota immediatamente precedente e alla stessa pagina di quell’opera. – Ivi, p.30, quando l’opera è stata citata nella nota immediatamente precedente, ma la pagina a cui si fa riferimento è diversa. – Ivi, passim quando non si fa riferimento a un passo preciso dell’opera di un autore, ma a varie parti sparse qua e là nel testo.B. Bibliografia finale (stile di citazione) La bibliografia va alla fine dell’opera se questa è di carattere unitario, alla fine di ogni contributo se è composta da saggi autonomi o interventi a convegni. La bibliografia finale va organizzata – salvo eccezioni concordate – primariamente in ordine alfabetico per cognome dell’autore e secondariamente, per opere dello stesso autore, in ordine cronologico diretto. Qualora l’autore preferisca un altro tipo di ordinamento delle citazioni dovrà confrontarsi con la redazione e comunque dichiararlo in testa alla bibliografia.N.B. Quando si citano nella bibliografia finale opere di uno stesso autore, al posto del cognome e del nome dell’autore si riporta il trattino lungo seguito da una virgola. Esempio: Vitali Aladino, Biblioteca comunale Chelliana, In: Annuario delle biblioteche italiane, Parte I: A-M, Roma: Palombi, 1956, p.314-315. ––, Relazione della Biblioteca comunale Chelliana per la Tavola rotonda dei circoli culturali della città di Grosseto, In: La cultura a Grosseto : tavola rotonda, Grosseto, 25 maggio 1963, Grosseto: Ufficio stampa del Comune,, p.78-82. MONOGRAFIE -Un solo autore: Cognome e Nome dell’autore, Titolo : complemento del titolo, Luogo di pubblicazione: Editore, Anno di pubblicazione.N.B. – Sciogliere sempre i nomi degli autori. Rimane abbreviato il secondo nome di battesimo. – I tre puntini vanno tra parentesi quadre se indicano omissione di un testo. – Il titolo parallelo è introdotto da = Esempio: Panebianco Angelo, L’automa e lo spirito: azioni individuali, istituzioni, imprese collettive, Bologna: Il Mulino, 2009. -Fino a tre autori: Cognome e Nome primo autore; Cognome e Nome secondo autore; Cognome e Nome terzo autore, Titolo: complemento del titolo, Luogo di pubblicazione: Editore, Anno di pubblicazione. Esempio: Curini Luigi; Martelli Paolo, I partiti nella Prima Repubblica: maggioranze e governi dalla Costituente a Tangentopoli, Roma: Carocci, 2009. -Più di tre autori: Cognome e Nome primo autore, Titolo: complemento del titolo, Luogo di pubblicazione: Editore, Anno di pubblicazione. Esempio: Deaglio Mario, A cavallo della tigre, Milano: Guerini e associati, 2007. -Curatele/opere anonime: Titolo: complemento del titolo, a cura di Nome e Cognome del curatore/i. Luogo di pubblicazione: Editore, Anno di pubblicazione.N.B. I curatori si indicano fino a un massimo di tre, separati da una virgola. Nel caso di più di tre curatori si indica solo il primo seguito da, Nel caso di opere straniere, “a cura di” va indicato nella lingua dell’opera e non in italiano. Esempi: Antonio Giolitti: una riflessione storica, a cura di Giuliano Amato. Roma: Viella, 2012. IFLA cataloguing principles: statement of International cataloguing principles (ICP) and its glossary, edited by Barbara Tillett, Ana Lupe Cristán. München: Saur, 2009. -Autore Ente: Nome dell’Ente. Sue divisioni, Titolo: complemento del titolo, Luogo di pubblicazione: Editore, Anno di pubblicazione. Esempio: Ministero degli affari esteri. Direzione generale degli affari politici multilaterali e diritti umani. Comitato Interministeriale dei Diritti Umani, L’Italia alla 58a sessione della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, Roma: Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2003. -Responsabilità secondarie: se in una pubblicazione sono presenti formulazioni di responsabilità secondarie (prefatori, autori di saggi, traduttori ecc.), queste si inseriscono nella citazione bibliografica se sono indicate sul frontespizio. Le indicazioni di responsabilità secondarie si inseriscono dopo il titolo della pubblicazione, precedute da una virgola. Ad eccezione di pref. (prefazione) e trad. (traduzione), gli altri tipi di responsabilità vanno indicati per esteso. Esempio: Panebianco Giovanni, Processo a un’idea, pref. di Mario Almerighi. Milano: Brioschi, 2010. – Opere in più volumi: in caso di opere in più volumi, il volume va indicato prima delle note tipografiche, preceduto da virgola e seguito da punto. Esempio: Corbetta Paolo, La ricerca sociale: metodologia e tecniche, 3 voll. Bologna: Il Mulino, 2003. – Indicazione di edizione: l’edizione si indica con formula abbreviata (1. ed., 2. ed. agg.) e nella lingua dell’opera. Va inserita tra l’indicazione del titolo e le norme tipografiche, preceduta e seguita da punti fermi. Se è indicato anche il volume dell’opera, l’indicazione di edizione va inserita dopo l’indicazione del volume. Esempio: Traniello Paolo, Storia delle biblioteche in Italia: dall’Unità a oggi,2. ed. Bologna: Il mulino, 2014. ARTICOLI DI PERIODICI Cognome e Nome dell’autore, Titolo dell’articolo. Complemento del titolo dell’articolo, «Titolo della rivista», Annata o Volume in numeri arabi (Anno di pubblicazione), Numero del fascicolo, Pagine, (se se disponibile), DOI: (eventuale). Esempio: Pelzman Frankie, Washington observer, «Wilson Library bulletin», 64 (1990), n.5, p.13-21 Bertrand Anne-Marie, Le biblioteche pubbliche in Francia oggi, «AIB Studi», 53 (2013), n.1, p.109-116, http://aibstudi.aib.it/article/view/8877 >, DOI: 10.2426/aibstudi-8877.N.B. – I nomi dei periodici vengono minuscolizzati il più possibile. – Si usa solo una * p. *, i numeri di pagina iniziale e finale sono attaccati al trattino, non si abbrevia il numero di pagina finale (non p.123-5, ma p.123-125). ANNUARI/PERIODICI – Autore / autore ente: Cognome e nome dell’autore / Nome dell’ente, «Titolo del periodico», Numerazione del periodico con l’indicazione di annate e fascicoli iniziale e finale con l’anno tra parentesi tonde. Luogo di pubblicazione: editore. – A cura di: «Titolo del periodico», a cura di nome e cognome autore / nome ente, Numerazione del periodico con l’indicazione di annate e fascicoli iniziale e finale con l’anno tra parentesi tonde. Luogo di pubblicazione: editore. – Senza autore: «Titolo del periodico», Numerazione del periodico con l’indicazione di annate e fascicoli iniziale e finale con l’anno tra parentesi tonde. Luogo di pubblicazione: editore. Esempio «Annuario bibliografico italiano», A.1 (1864)- 2 (1865). Torino: Tip. Cerutti e Derossi.N.B. – L’indicazione di annate e fascicoli iniziale e finale si può omettere se non si conoscono questi dati. – Se lo stampatore/editore cambia nel tempo, si può scrivere tra parentesi quadra oppure al posto dell’editore la dicitura, – Se il periodico cambia nome nel tempo si fa seguire la prima citazione con “Poi:” e si mette l’altra citazione con gli stessi criteri della prima. – Se c’è una versione online, si mette l’URL in fondo alla citazione tra uncinate, dopo la virgola. ARTICOLI DI GIORNALI Cognome e Nome dell’autore, Titolo dell’articolo: complemento del titolo dell’articolo, «Titolo del giornale», Data di pubblicazione dell’articolo, Numero di pagina. Esempio: Ricco Salvo, Scuola dell’infanzia ed elementari: crollo di iscrizioni per le paritarie, «Giornale di Sicilia», 27 giugno 2013, p.31. CONTRIBUTI IN OPERE COLLETTANEE O IN ATTI PUBBLICATI DI UN CONVEGNO Cognome e Nome dell’autore, Titolo del contributo: complemento del titolo del contributo, In: Titolo del volume: complemento del titolo del volume, (luogo e data del Convegno), a cura di Nome e Cognome del curatore/i. Luogo di pubblicazione: Editore, Anno di pubblicazione, Volume (se necessario), Pagine.N.B. I curatori si indicano fino a un massimo di tre, separati da una virgola. Nel caso di più di tre curatori si indica solo il primo seguito da, Esempi: D’Alfonso Luciano. Premessa, In: Public library: la biblioteca provinciale: problemi di gestione e diformazione professionale: convegno nazionale, Pescara, 24-25 settembre 1998, a cura di Dario D’Alessandro. Roma: AIB, 1999, p.9-10. Schiavone Egle Betti, Il viaggio in Europa nel Siècle des lumiere: da categoria dello spirito a categoria politica, In: Atti della giornata interuniversitaria organizzata dall’Università di Siviglia e dall’Università di Roma Tre, Roma Facoltà di scienze politiche, 18 dicembre 2000, a cura di Bruna Consarelli. Padova: Cedam, 2012, p.61-76. D’Alfonso Luciano, Premessa, In: Public library: la biblioteca provinciale: problemi di gestione e di formazione professionale: convegno nazionale, Pescara, 24-25 settembre 1998, a cura di Dario D’Alessandro. Roma: AIB, 1999, p.9-10. Van Spanje Daniel, Changing landscapes: rise and fall of the cataloguer’s empire, In: Faster, smarter and richer. Reshaping the library catalogue. FSR 2014. International conference, Roma, 27-28 febbraio 2014,, TESI DI LAUREA, DOTTORATO E SIMILI Cognome e Nome dell’autore, Titolo : complemento del titolo, Luogo di pubblicazione/dell’università: Editore/Università, Anno di pubblicazione.N.B. Seguire le norme delle Monografie (vedi sopra), inserendo dopo il titolo la specifica tra quadre, e i dati dell’università al posto di quelli editoriali. Non inserire nomi di relatori, correlatori, tutor. Esempio: Agostini Serena, La biblioteca della famiglia Ippoliti di Borgo Valsugana: un catalogo settecentesco, Trento: Università degli studi di Trento, 2013. DOCUMENTI DIGITALI AD ACCESSO REMOTO Cognome e Nome dell’autore, Titolo: complemento del titolo, Data ultimo aggiornamento,, (ultima consultazione: data).N.B. – La data di ultima consultazione si può indicare una sola volta all’inizio del testo (oppure nella Nota al piede). – quando si cita un sito Internet l’URL va inserita tra uncinate ( ). URL più lunghe di 50 caratteri vanno abbreviate utilizzando il servizio: tinyurl.com. L’editor può sostituire anche le URL più brevi di 50 caratteri con quelle generate da tinyurl per esigenze di impaginazione. Accordi diversi vanno presi con il responsabile dell’editoria. Esempio: American Library Association, Policy concerning confidentiality of personally identifiable information about library users, https://tinyurl.com/y8ldjowq >. (Ultima consultazione: 11/09/2013) ARTICOLI DI BLOG Cognome e Nome dell’autore, Titolo dell’articolo: complemento del titolo dell’articolo, «Titolo del blog», Data di pubblicazione dell’articolo,,N.B. La citazione va uniformata a quella dei giornali, aggiungendo i riferimenti URL. Esempi: Carver Blake, WI Board calls for closing library, «LISNews», 17 settembre 2013, http://lisnews.org/wi_board_calls_for_closing_library >. Gentilini Virginia, “Entrare a far parte del meccanismo della conoscenza” (combattendo il colonialismo digitale), «bibliotecari non bibliofili!», 15 settembre 2013, http://nonbibliofili.wordpress.com/2013/09/15/entrare-a-far-parte-del-meccanismo-della-conoscenza-combattendo-il-colonialismo-digitale >. **************************************** NORME MINIME PER LE CITAZIONI ARCHIVISTICHE La citazione deve riportare le seguenti indicazioni. Istituto che conserva il fondo : Deve essere indicato seguito da una virgola. Gli istituti archivistici vengono citati per esteso solo la prima volta, in seguito in forma abbreviata. Nel caso di fondi non conservati presso istituti archivistici va sempre fornita l’indicazione della località, della famiglia o di altra sede, presso la quale si trovi il fondo conservato. Esempio: Archivio di Stato di Viterbo, Fondo: Le denominazioni del fondo, della serie e delle eventuali sottopartizioni, separate tra loro da virgole, vanno date per esteso, in corsivo e con l’iniziale di ciascuna partizione in maiuscolo. Esempio: Archivio di Stato di Livorno, Stato civile napoleonico, Unità archivistica : Le indicazioni di busta (o filza, o mazzo, o pacco, o fascio), fascicolo ed eventualmente sottofascicolo o inserto, volume o registro vanno in tondo separate da una virgola; il numero va in tondo. Tutte le definizioni di uso locale dell’unità archivistica vanno indicate per esteso mentre buste, fascicoli e registri si indicano in forma abbreviata, come negli esempi che seguono. Quando è necessario riportare l’oggetto o il titolo dell’unità archivistica si usa il tondo tra virgolette. Esempio: AS FI, Prefettura, Affari segreti (1849-1864), filza 20, affare 60 «Sequestro di giornali».N.B. Quando è necessario indicare la carta si usa * c. * seguito dal numero; ove occorra, il numero della carta è seguito, senza spazio e sul rigo, da * r * per indicare recto e * v * per indicare verso, in corsivo non puntati. Nel caso in cui si debba indicare il foglio (per esempio per mappe o piante) si usa * f. * puntato. Per la pagina (nel caso di documenti a stampa o di documenti in cui compaia la numerazione di pagina) si usa * p.*. Esempi: Archivio centrale dello stato, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, b.23, fasc.186. Archivio storico capitolino, Giunta provvisoria di governo, Verbali, reg.2, c.75. Dati relativi al documento : Quando sia opportuno segnalare il singolo documento si forniranno i seguenti elementi: Tipo di documento, mittente e destinatario, data. La citazione puntuale del documento, quando lo consigli il discorso svolto nel testo, può precedere l’indicazione del fondo. Esempio: Telegramma di Lanza a Lamarmora, 23 ottobre 1870, in AS FI, Prefettura, Gabinetto, b.32.
Come citare un articolo di una rivista scientifica?
Citazione in nota: Autore, ‘Titolo dell’articolo’, Titolo della rivista numero del volume, n. numero del fascicolo (mese anno): numero della pagina citata, DOI / URL.
Come citare un articolo di un giornale?
Norme generali – I principi di citazione di un articolo di giornale secondo la 7 edizione dello stile APA sono diversi da quelli di citazione di un articolo di rivista, Per citare un articolo di giornale bisogna indicare i seguenti dati: cognomi e iniziali degli autori, titolo dell’articolo, titolo del giornale, anno e data di pubblicazione, numero del fascicolo (se presente), pagine dell’articolo.
Come si citano le riviste giuridiche?
+ titolo dell’articolo + titolo della rivista + anno + volume + fascicolo parte + pagine. La giurisprudenza si cita in ordine cronologico delle sentenze citate nel testo.
Cosa è l’annata in una rivista?
L’annata fornisce informazioni sulla tradizione di una rivista. L’annata è infatti l’insieme dei numeri di un periodico usciti in un anno, sicché l’anno in cui una rivista ha cominciato a uscire è ricavabile da un semplice calcolo a ritroso: CXXIII = 1965, CXXII = 1964, I = 1843.
Dove si trova il numero di una rivista?
Gli articoli scientifici: impariamo a conoscerli Il primo numero della rivista Science ©Wikipedia In questa rubrica abbiamo parlato a lungo sia dei processi attraverso i quali la conoscenza viene costruita e accumulata attraverso la letteratura scientifica, in particolare la peer review e il principio della riproducibilità, sia dei loro limiti, problemi e distorsioni.
Non abbiamo però mai descritto in dettaglio come è fatto l’oggetto principale di tutto questo: l’articolo scientifico. Chi non si occupa professionalmente di scienza difficilmente avrà mai necessità (o neanche occasione) di leggerne uno, ma capire come è fatto fornisce un meraviglioso Bignami su molti dei concetti affrontati finora.
Proviamo quindi a rimediare: è una faccenda lunga, perciò cominciamo in questo numero per finire nel prossimo. Useremo come esempio un articolo di ricerca epidemiologica, che da un lato ha il vantaggio di essere molto corto e ben strutturato, dall’altro tratta un tema intrigante per i lettori di Query : la correlazione tra la fase della Luna e l’emorragia cerebrale da rottura di aneurisma subaracnoideo, un tipo di ictus.
- Per farla corta, lo studio non trova alcuna correlazione, ma la storia della ricerca è interessante di per sé e avremo occasione di parlarne un’altra volta.
- Un articolo scientifico ha tre funzioni principali.
- La prima, e più ovvia, è di portare a conoscenza della comunità scientifica il risultato di una ricerca, che potrà essere usato come base per ulteriori studi o sfruttato per applicazioni pratiche.
La seconda funzione è descrivere dettagliatamente non solo il risultato stesso, ma anche tutte le procedure e le informazioni che sono state necessarie per ottenerlo. In questo modo si mette la comunità scientifica nelle condizioni di poter verificare l’operato degli autori e cercare di riprodurlo; come abbiamo osservato più volte, questo è un passo fondamentale per la “validazione” del risultato.
Infine, la pubblicazione permette di certificare l’importanza del contributo dato dagli autori ai risultati pubblicati. Condizione indispensabile perché un articolo assolva alle sue funzioni è però che esso raggiunga i suoi potenziali lettori e venga letto; il problema è che ogni giorno, se si mettono insieme tutte le discipline scientifiche, nel mondo vengono pubblicati un milione e mezzo di articoli scientifici: una media di uno ogni venti secondi.
Naturalmente un ricercatore è quasi esclusivamente interessato alle pubblicazioni della sua disciplina, e difficilmente un fisico nucleare leggerà un paper di epigenetica (anche perché con tutta probabilità farebbe fatica a capirci qualcosa), ma anche così leggere tutto quello che viene pubblicato è impossibile.
È per questo che il contenuto di un articolo scientifico è classificato in vari modi e poi descritto per ben tre volte, via via con maggiori dettagli. Innanzitutto, in cima alla prima pagina si trova il titolo della rivista su cui l’articolo è pubblicato, insieme con alcuni numeri di cui capiremo la funzione tra un attimo: in questo caso troviamo «Clinical Neurology and Neurosurgery 111 (2009) 352–353» Il titolo della rivista è riportato sopra ogni articolo perché la rivista esiste come vero e proprio fascicolo di carta solo nelle biblioteche, a meno che non sia una rivista solo online, e generalmente si scaricano dal web e si stampano (o un tempo si fotocopiavano) solo le pagine dell’articolo che si vogliono leggere.
Subito dopo il titolo della rivista, che fornisce una primissima classificazione per argomento dell’articolo, si trova il numero progressivo (nel caso di riviste che hanno molte uscite all’anno i numeri possono essere due: il “volume” e il “fascicolo” all’interno del volume), l’anno di pubblicazione e i numeri di pagina corrispondenti all’articolo.
- Queste informazioni da sole permettono di identificare univocamente il paper, anche se non danno molti indizi sul suo contenuto.
- La prima e più sintetica descrizione di quest’ultimo si trova subito sotto ed è proprio il titolo dell’articolo, che generalmente è piuttosto lungo, pedantemente descrittivo e cerca di lasciare meno spazio possibile all’immaginazione.
Ci sono eccezioni: ogni tanto spunta un titolo “brillante” che cerca di attirare l’attenzione, con risultati non sempre all’altezza delle aspettative. Il titolo è l’unica parte dell’articolo che la maggior parte dei lettori vedrà, generalmente sfogliando con il caffè del mattino le newsletter con le “novità della settimana” inviate via mail da qualche servizio automatico, prendendo nota di quelli potenzialmente interessanti.
- Poi viene l’elenco degli autori con le rispettive affiliazioni, ossia gli istituti di ricerca per cui lavorano; in questo caso, due dipartimenti dell’Università di Vienna.
- Questo è importante sia per identificare univocamente gli autori (per esempio, esistono almeno due Andreas Gruber solo all’Università di Vienna; questo lavora al Dipartimento di Neurochirurgia, l’altro è un biochimico) sia perché gli istituti i ricerca sono valutati in base agli articoli pubblicati dai loro ricercatori, quindi è importante sapere che questo articolo è stato firmato da scienziati dell’Università di Vienna.
Un asterisco identifica uno degli autori come “corresponding author”, cioè la persona a cui far riferimento se servono informazioni aggiuntive sulla ricerca descritta: in basso sono riportati indirizzo e-mail e numero di telefono. Autori, titolo e riferimenti della rivista formano il “riferimento bibliografico” che viene usato per citare l’articolo; in questo caso, nella sua forma più estesa sarà qualcosa come Daniel Mahner, Franz Maihold, Andreas Gruber, Wolfgang Schramm (2009) “Impact of the lunar cycle on the incidence of aneurysmal subarachnoid haemorrhage: Myth or reality?” Clinical Neurology and Neurosurgery 111:352–353 Riparleremo dei riferimenti quando arriveremo alla bibliografia, in fondo all’articolo.
Per adesso torniamo allo scienziato che, finito il caffè, ha una prima lista di paper potenzialmente interessanti di cui potrà leggere l’ abstract : una ulteriore descrizione sintetica del contenuto dell’articolo, lunga tipicamente una decina di righe. L’ abstract non ha la stessa funzione del “blurb” in quarta di copertina di un romanzo giallo, in cui si cerca di creare la suspense : deve riassumere il lavoro dalle sue premesse fino alle conclusioni e alla scoperta del colpevole, in modo che il potenziale lettore si convinca che vale la pena investire il tempo necessario alla lettura approfondita del paper,
A volte l’ abstract è formalizzato e diviso in sezioni (come in questo caso: «obiettivi», «metodi», «risultati» e «conclusioni»), mentre altre volte è un testo libero. La scelta dipende dalle regole della rivista che pubblica l’articolo, per esempio le riviste biomediche spesso hanno abstract strutturati, mentre quelle delle scienze fisiche no.
- Il terzo livello di dettaglio è, naturalmente, il corpo vero e proprio dell’articolo, ma prima di arrivarci troviamo ancora un paio di informazioni interessanti.
- Vicino all’ abstract sono riportate la data in cui l’articolo è stato ricevuto dalla rivista, quella in cui è stata ricevuta una versione rivista per ottemperare alle richieste dei referee (i revisori che hanno provveduto alla peer review ), e infine la data in cui l’articolo è stato definitivamente accettato per la pubblicazione.
Queste date possono essere importanti perché fanno fede in caso di controversia, per esempio sull’attribuzione di una scoperta contesa. Sotto ci sono alcune parole chiave, scelte dagli autori o dai redattori della rivista, che possono ulteriormente servire per classificare l’articolo e cercarlo per argomento tra le migliaia che escono ogni giorno.
- Oltre ovviamente ai riferimenti bibliografici, l’ abstract e le parole chiave sono generalmente l’unica parte dell’articolo che è sempre gratuitamente accessibile.
- Da qui in poi, a meno che non si tratti di una rivista Open Access (ne abbiamo parlato nel ), la lettura è riservata agli abbonati della rivista o a chi fa lo sforzo di andarla a leggere in biblioteca.
Per creare un po’ di suspense, ne parleremo nel prossimo numero.D. Mahner et al., “Impact of the Lunar Cycle on the Incidence of Aneurysmal Subarachnoid Haemorrhage: Myth or Reality?” Clinical Neurology and Neurosurgery 111:352–353 (2009) A. Nazir, L.C.
Cosa vuol dire fare una citazione?
Una citazione è la ripetizione di un’espressione che viene riportata in un testo da una persona diversa dall’autore.
Come inserire articoli online nella tesi?
Citazione in nota: Autore, ‘Titolo della pagina’, Nome del sito, data di pubblicazione, URL. Nota minima: Autore, ‘Titolo della pagina’.
Come citare un poster scientifico?
Home > Lifestyle > Come citare le presentazioni poster con APA Citando le opere che hanno utilizzato nello sviluppo di un progetto o relazione si agisce per legittimare il rigore della ricerca del vostro lavoro. In un ambiente accademico o professionale, si deve sempre dare credito quando il credito è dovuto. Citate alcune fonti che avete le. Citando le opere che hanno utilizzato nello sviluppo di un progetto o relazione si agisce per legittimare il rigore della ricerca del vostro lavoro. In un ambiente accademico o professionale, si deve sempre dare credito quando il credito è dovuto. Citate alcune fonti che avete letto o imparato, comprese le informazioni ottenute da poster presentati a convegni o riunioni.
Ci sono modi specifici per eseguire questa operazione utilizzando il formato APA( American Psychology Association). Istruzioni 1 Raccogliere informazioni sulla sessione in cui è stato presentato il poster. Ciò comprenderà l’autore, il nome della presentazione del poster, e dove il manifesto è stato presentato.
Se possibile, ottenere le informazioni relative alla data della presentazione.2 Seguire il formato per la citazione nel “Manuale pubblicazione delle American Psychological Associaton” 4,16 sezioni D e F. Dovrebbe essere come segue: Autore. (data). Nome del poster.