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Come Dimettersi Dalla Scuola?

Come Dimettersi Dalla Scuola
Smettere di insegnare: come funzionano le dimissioni – Il tuo desiderio di abbandonare l’insegnamento scolastico e di rompere il tuo contratto a tempo indeterminato proviene forse da una delle ragioni citate fino ad ora. Il problema ora è un altro. In concreto, come funzionano le dimissioni? Con le dimissioni volontarie il lavoratore interrompe le proprie funzioni per decisione unilaterale.

Questo atto non ha bisogno di essere motivato e va effettuato rispettando un termine di preavviso determinato dai contratti collettivi nazionali. Secondo le norme vigenti in materia scolastica, gli insegnanti – a meno che non si parli di un docente a tempo determinato – possono rassegnare le dimissioni anche nel corso dell’anno accademico, ma queste decorreranno solo dal 1° settembre dell’anno successivo.

Fino a quel momento, il dipendente è tenuto a prestare il suo regolare servizio. E se uno volesse mollare e non vedere più i suoi alunni a partire dal, vediamo, il giorno dopo? Facciamo un esempio, parliamo di “dimissioni volontarie personale ata tempo indeterminato”.

  • assenza senza giustificazione dal posto di lavoro (max 3 giorni in un biennio)
  • assenza senza giustificazione dal posto di lavoro (max 7 giorni in un decennio)
  • assenza ingiustificata e mancata ripresa del servizio.

Insomma, tutto si può fare ma prima informati sulle procedure che potrebbero essere attivate nei tuoi confronti. Come Dimettersi Dalla Scuola Pima di prendere una decisione così drastica, dormici su. la notte, però! E se parliamo di “dimissioni volontarie personale ata tempo determinato “? Qui le cose cambiano. Le dimissioni docente a tempo determinato viaggiano con regole diverse. Il docente con contratto a tempo determinato può rassegnare le dimissioni in qualsiasi momento dandone comunicazione al Dirigente Scolastico e indicando la data di decorrenza delle stesse.

Quanto preavviso per dimissioni scuola?

Il preavviso – Con il termine “preavviso” si intende formalmente il tempo che intercorre tra la comunicazione dell’intenzione di dimissioni del dipendente e l’effettiva interruzione del rapporto di lavoro. I termini di preavviso sono stabiliti al fine di tutelare il datore di lavoro (che si vede privato dell’apporto di un dipendente) e ad attutire gli effetti pregiudizievoli.

  • La normativa di riferimento per i termini di preavviso è l’art.2118 del codice civile che rimanda a sua volta alle modalità stabilite dai singoli CCNL.
  • Nel caso del reparto istruzione si fa dunque riferimento all’art.23 del CCNL Comparto Scuola 2006-2009.
  • Il preavviso, anche nel caso delle dimissioni volontarie del docente, incontra dei limiti temporali.

Per il comparto Istruzione, trova applicazione l’art.23 del CCNL Comparto Scuola 2006-2009, che fissa i termini del preavviso in modo categorico. In tutti i casi in cui il presente contratto prevede la risoluzione del rapporto con preavviso o con corresponsione dell’indennità sostitutiva dello stesso, i relativi termini sono fissati come segue:

2 mesi per dipendenti con anzianità di servizio fino a 5 anni; 3 mesi per dipendenti con anzianità di servizio fino a 10 anni; 4 mesi per dipendenti con anzianità di servizio oltre 10 anni.

Il termine di preavviso varia dunque in base all’anzianità di servizio e il suo rispetto serve a tutelare anche il regolare svolgimento delle attività didattiche. Anche nel caso in cui il docente dia il preavviso previsto, dovrà prestare servizio sino al termine certamente delle lezioni e delle attività in presenza e il rapporto di lavoro cesserà dal 1° settembre.

Come dimettersi subito?

Come dare le dimissioni senza preavviso on line – La mancanza del preavviso non fa venir meno l’obbligo in capo al dipendente di formalizzare le dimissioni on line ovvero le dimissioni telematiche. L’utilizzo di altre forme di comunicazione rende le dimissioni inefficaci (tranne in alcuni casi che vedremo in seguito). Le dimissioni possono essere inviate:

Dal lavoratore dotato di PIN dispositivo INPS o SPID collegandosi al sito cliclavoro.gov.it ; Tramite intermediari abilitati (in questi casi non serve il PIN dispositivo INPS o SPID) quali:

patronati, sindacati, consulenti del lavoro, enti bilaterali, commissioni di certificazione e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Si ricorda che la comunicazione telematica non è obbligatoria nei seguenti casi di dimissioni:

nel periodo di prova; presentate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza, dalla lavoratrice o dal lavoratore nei primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, per le quali permane l’obbligo di convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro.

Nel caso delle dimissioni in prova basta una semplice lettera di dimissioni senza preavviso da scrivere di proprio pugno e consegnare anche a mano, ma con firma di ricevuta, al datore di lavoro.

Quando è meglio dimettersi?

Le ragioni per dire addio alla propria azienda possono essere molte, e tutte differenti l’una dall’altra. Ma esistono indicatori universali in grado di anticipare il bisogno di una nuova sfida professionale. E non andrebbero ignorati. C’è l’insaziabile, che ha trovato il lavoro migliore della Terra e adesso ne vuole uno sulla Luna. Quello che non ne può proprio fare a meno, perché la vita gli si è messa di traverso, e pazienza, cosa vuoi farci, succede. Poi c’è quello che ha preso il primo treno che gli passava sotto al naso perché non voleva aspettare ancora, ma adesso si è accorto che non va nella direzione che sperava. Certo, c’è anche quello che in un’azienda del genere come puoi chiedergli di rimanere ancora a lungo, andiamo. Insomma, a mettercisi d’impegno e a volerlo proprio trovare, il potenziale dimissionario che alberga in ogni lavoratore alla fine salta fuori. Può volerci un po’ di più, un po’ di meno, ma se c’è nell’aria il bisogno di cambiare ambiente di lavoro, poche storie: prima o poi bisogna farci i conti. Tracciare un unico profilo del “dipendente a rischio” (a rischio dimissioni, si capisce) è impossibile. Molto più pratico, semmai, è chiedersi se esistano denominatori comuni. Vale a dire indicatori universali in grado di anticipare, al di là dal contesto e del tipo di professionista, l’esigenza di un addio alla propria azienda, Da queste parti crediamo di sì. E siamo convinti che segnali del genere non sia nemmeno troppo complesso riconoscerli tra le pieghe della propria giornata di lavoro. Basterebbe solo concedersi di tanto in tanto il lusso di un passo indietro, il beneficio di un’analisi sulla propria vita professionale come se fosse quella di un altro; e li troveremmo lì questi indicatori, se mai ce ne fossero, pronti a esortarci a uscire dalla nostra pseudo zona di comfort e fare la sola cosa sensata da fare: dimettersi, Ma quando è davvero il momento di farlo? In generale: quando non avete più intenzione di lavorare col vostro attuale capo; quando volete più opportunità o nuove sfide; quando il lavoro non lascia spazio ad altro nella vostra vita; quando per quello che fate meritereste di più; quando siete insoddisfatti dell’ambiente di lavoro. Quando, in definitiva, si manifesta una delle condizioni che abbiamo elencato qui sotto. Vedere tutto in maniera negativa. Ricordate l’ultima volta che vi siete lasciati andare a uno slancio di sano ottimismo pensando al vostro lavoro? Ecco, la velocità con cui risponderete a questa domanda è già un indice piuttosto attendibile del bisogno che avete di una nuova sfida professionale, Lamentarsi per ciò che non funziona in azienda (SPOILER: in ogni azienda c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe); cercare una sponda nei colleghi per evidenziare un problema; trovare sistematicamente pretesti per rimarcare una deficienza strutturale o di altro genere, sono tutti indicatori lampanti dell’esigenza di chiudere in fretta col passato e concedervi l’ebbrezza di un nuovo inizio. Procrastinatori seriali. Procrastinatori si nasce, ricordatevelo, non si diventa. Se lo siete diventati, perciò, cercate di andare a fondo alla vicenda. Provate cioè a scavare un poco sotto la superficie di questa nuova, singolare attitudine che vi contraddistingue: è possibile che troviate nella voglia di una nuova sfida le cause di un atteggiamento che non solo non vi si addice, me che, tra l’altro, rischia di non rendere giustizia ai professionisti che sempre siete stati. L’ansia della domenica sera. Se la domenica sera è diventato un momentaccio, nel senso che non riuscite a godervi l’ultimo scampolo di fine settimana oppressi come siete dal pensiero che il rientro al lavoro è ormai una questione di ore, beh, forse è arrivato il momento di pensare seriamente alle dimissioni, Quando eravate a scuola, e il giorno dopo c’era la verifica di fisica, era un conto, Unico consiglio: prima di chiudervi la porta alle spalle, provate a manifestare il vostro disagio a un responsabile. A ragionare, se c’è ancora margine, sulla possibilità di cambiare qualcosa rispetto alla vostra permanenza in azienda. Di uscire da questo circolo vizioso che è diventato per voi l’andare al lavoro. Magari c’è ancora qualcosa da fare, prima di mettersi alla > ricerca di un nuovo lavoro. Promozioni e aumenti questi sconosciuti. > Lo stipendio è lo stesso ormai da troppo tempo e, quel che è peggio, non c’è traccia di evoluzione professionale all’orizzonte. Non è che ci sia da cercare ancora in giro: basterebbe questo a giustificare il bisogno di cambiare aria. Come dite? Il lavoro non è solo una questione di salario! Vero. Ma di dignità sì, però. E allora se in azienda crescete voi, e con voi le vostre competenze, e con le vostre competenze – si presume – anche la qualità del lavoro offerto, perché il vostro ruolo – e a seguire il vostro stipendio – dovrebbero essere le sole cose a restare immutate dai tempi dell’assunzione? Un crollo di motivazione di questo genere è di solito il (giustificato) preludio alla firma delle proprie dimissioni. Nessuna evoluzione tangibile. Peggio della stagnazione economica e professionale, c’è solo quella formativa. Il giorno in cui avrete netta la sensazione di non imparare più niente dal vostro lavoro, di non evolvere di un millimetro dalla vostra posizione attuale, e di ragionare non più in termini di esperienze acquisite, ma di giorni, mesi e anni, per carità, alzate la mani, spegnete le luci, fermate tutto: è arrivato per voi il momento di scendere dalla giostra. Una nuova sfida è quello di cui avete bisogno per dare (di nuovo) un senso alla vostra professionalità. Ovunque trovi spazio. Al servizio di qualsiasi altro progetto. A qualunque età, Immagine

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Come dimettersi da soli?

Come dare le dimissioni online: fai-da-te – Come anticipato in premessa il Decreto Legislativo 151/2015 articolo 26, in attuazione del Jobs Act, con l’intenzione di contrastare definitivamente il fenomeno illecito delle cosiddette “dimissioni in bianco” ha rilasciato una nuova procedura online detta “dimissione telematiche” o dimissioni on line, che non può essere derogata da altre modalità di comunicazione, salvo alcuni specifici casi.

  • Infatti dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie dei lavoratori e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, tramite un’apposita procedura on line dal sito www.cliclavoro.gov.it,
  • Non è più possibile usare la vecchia lettera di dimissioni cartacea, se non in alcuni casi specifici come vedremo in seguito (es.

dimissioni in prova). Il lavoratore che vuole “licenziarsi” deve:

  1. recarsi sul portale www.cliclavoro.gov.it
  2. accedere ad un’area riservata con le proprie credenziali SPID o CIE (PIN INPS non è più valido);
  3. compilare il form di dimissioni online
  4. inviare il modulo compilato (che sarà inoltrato d’ufficio anche alla PEC del datore di lavoro).

A cosa servono i 15 giorni di preavviso?

Che cos’è e a cosa serve il preavviso? – È il periodo di tempo che deve essere osservato tra la data in cui il lavoratore o l’azienda comunica la propria volontà di recedere dal rapporto e la data di effettiva cessazione del rapporto di lavoro. Il preavviso è previsto a tutela di entrambe le parti. Come Dimettersi Dalla Scuola Tecnicamente, solo i lavoratori assunti a tempo indeterminato devono “dare il preavviso” perché è previsto esclusivamente per questa figura contrattuale. Nell’ipotesi di contratto a tempo determinato non è consentito il recesso dal rapporto con preavviso,

Quali sono i motivi di dimissioni per giusta causa?

Ecco alcuni esempi: mancato o ritardato pagamento della retribuzione. mancato versamento dei contributi previdenziali. significative variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone fisiche o giuridiche dell’azienda.

Quali sono i motivi di giusta causa?

Licenziamento per giusta causa: cos’è, conseguenze Sono molte le domande che si pongono i lavoratori sul tema del licenziamento per giusta causa, In questo articolo cercheremo di dare risposte chiare innanzitutto su cosa si intenda per giusta causa, ma anche sui diritti dei lavoratori in questa eventualità ( tfr, disoccupazione, ecc.).

Il licenziamento per giusta causa è una forma di licenziamento immediato, senza preavviso, che può essere effettuato dall’azienda in caso di comportamento gravemente lesivo degli interessi aziendali da parte del dipendente.Ad esempio, può essere considerato giusta causa: furto, atti di violenza, comportamenti disdicevoli, mancato rispetto delle norme aziendali o dei doveri contrattuali, mancato rispetto della fiducia riposta dall’azienda.Il licenziamento per giusta causa comporta la perdita immediata del posto di lavoro e non dà diritto all’indennità di preavviso né all’indennità di licenziamento,Il dipendente licenziato per giusta causa ha comunque la possibilità di fare opposizione al licenziamento presso il giudice del lavoro.In caso di licenziamento per giusta causa, la giustizia del lavoro ha il potere di valutare la sussistenza dei fatti addebitati al dipendente e la proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dei fatti addebitati.In ogni caso, prima di procedere con un licenziamento per giusta causa, l’azienda deve verificare la sussistenza dei fatti addebitati al dipendente e valutare se sia opportuno procedere con un richiamo o una sospensione come prima forma di sanzione.

Quanto tempo ci vuole per dimettersi?

Quanto tempo prima si devono dare le dimissioni? Il periodo di preavviso previsto per le dimissioni volontarie può andare da 15 a 120 giorni, a seconda del contratto di lavoro applicato, dell’anzianità di servizio, della qualifica e dell’inquadramento.

Dove si va per dimettersi?

La cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni volontarie, per giusta causa o per risoluzione consensuale Il rapporto di lavoro può cessare, non soltanto per licenziamento, ma anche per volontà del lavoratore che recede unilateralmente dal contratto di lavoro, presentando le dimissioni,

  1. Di norma, le dimissioni non sono soggette a vincoli o motivazioni (salvo che il contratto collettivo di settore o il contratto individuale dispongano diversamente).
  2. Tuttavia, il lavoratore è tenuto a rispettare il preavviso (ad eccezione del caso delle dimissioni per giusta causa), secondo quanto definito dalla contrattazione collettiva di settore o dal contratto individuale.

Si segnala che nelle ipotesi in cui, per scelta del lavoratore o del datore di lavoro, il periodo di preavviso non venga rispettato, la parte che recede immediatamente dal rapporto di lavoro deve compensare l’altra con l’indennità sostitutiva. Dal 12 marzo 2016, al fine di contrastare il fenomeno delle c.d.

” dimissioni in bianco “, le dimissioni (volontarie o per giusta causa) e la risoluzione consensuale del contratto di lavoro devono essere comunicate al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematica (art.26, comma 1, Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n.151 ).

In particolare, il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015 definisce le modalità, gli standard e le regole tecniche per la comunicazione telematica delle dimissioni. Restano fuori dal campo di applicazione della norma il lavoro domestico, i casi di risoluzione a seguito di conciliazione stragiudiziale, le ipotesi di convalida presso l’ITL previste dall’art.55, comma 4, del D.Lgs.n.151/2001 relative ai genitori lavoratori, nonché i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ( Decreto Legislativo 24 settembre 2016, n.185 ).

Il lavoratore può provvedere personalmente alla trasmissione delle dimissioni telematiche oppure tramite soggetti abilitati, cioè patronati, organizzazioni sindacali, commissioni di certificazione, enti bilaterali, consulenti del lavoro e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (D.Lgs.n.185/2016).

Con riguardo alle commissioni di certificazione costituite presso l’ITL (ex DTL), si segnalano i chiarimenti resi in merito alla loro attività di assistenza con la Nota direttoriale del 24 marzo 2016, Per l’accesso all’applicativo informatico delle dimissioni telematiche vai su Servizi Lavoro, dove sono disponibili anche Guide e Manuali.

Cosa succede se accettare una supplenza e poi rinunciare?

Sanzioni GI – Le sanzioni, riguardanti le supplenze attribuite dalle graduatorie di istituto, sono indicate nell’articolo 14, comma 2, dell’OM n.112/2022, sono differenti a seconda che la supplenza sia su posto comune o di sostegno e sono applicate nei casi di seguito riportati:

  1. rinuncia alla proposta di contratto, alla proroga o conferma dello stesso, anche a titolo di completamente orario;
  2. mancata assunzione in servizio dopo l’accettazione ovvero mancata risposta, nei termini previsti, ad una proposta di contratto;
  3. abbandono del servizio.

1-2. Posto comune La rinuncia a una proposta contrattuale o alla sua proroga o conferma su posto comune comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze dalla specifica graduatoria di istituto sia per il medesimo insegnamento che per il relativo posto di sostegno dello stesso grado di istruzione,1-2.

Posto di sostegno La rinuncia a una proposta contrattuale o alla sua proroga o conferma su posto di sostegno comporta, esclusivamente per gli aspiranti specializzati, la perdita della possibilità di conseguire supplenze dalla specifica graduatoria di istituto sia per il medesimo posto di sostegno che per tutte le tipologie di posto o classi di concorso del medesimo grado di istruzione.

Precisiamo che: – le suddette sanzioni:

  • si applicano sia agli aspiranti inoccupati che a quelli che devono completare l’orario, a condizione che non abbiano già fornito accettazione per altra supplenza;
  • si applicano per il solo anno scolastico di riferimento ;
  • riguardano la sola graduatoria di istituto della scuola da cui si è convocati ;
  • non si applicano agli aspiranti impegnati per l’intero orario di servizio o che abbiano già fornito accettazione per altra supplenza,

– la mancata assunzione in servizio dopo l’accettazione ovvero la mancata risposta, nei termini previsti, ad una qualsiasi proposta contrattuale equivalgono alla rinuncia esplicita (per cui si applicano le sanzioni sopra riportate); – le sanzioni sopra riportate riguardano le sole graduatorie di istituto,3.

Abbandono del servizio L’ abbandono del servizio comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze sulla base delle graduatorie di istituto per tutte le graduatorie (classi di concorso/tipologie di posto) di ogni grado di istruzione, per l’intero periodo di vigenza delle graduatorie medesime.

In sostanza, non si potranno ottenere supplenze dalle GI, per il periodo di vigenza delle stesse, ossia per il biennio 2022/23 – 2023/24.

Cosa succede se accettare supplenza e poi rinunciare?

La rinuncia per un incarico su posto comune porta il candidato a perdere la sua possibilità di conseguire supplenze da quella determinata graduatoria di istituto per lo stesso tipo di insegnamento, per il relativo posto di sostegno dello stesso grado di istruzione.

Cosa succede se vado via prima dei giorni di preavviso?

Art.195 del CCNL Commercio: – La retribuzione di fatto è costituita dalle voci di cui al precedente art.193 nonché da tutti gli altri elementi retributivi aventi carattere continuativo ad esclusione dei rimborsi di spese, dei compensi per lavoro straordinario, delle gratificazioni straordinarie o una tantum, e di ogni elemento espressamente escluso dalle parti dal calcolo di singoli istituti contrattuali ovvero esclusi dall’imponibile contributivo a norma di legge.

Chi decide i giorni di preavviso?

Il preavviso è un istituto definito dalla legge a tutela della parte che subisce il recesso di un contratto, Nel diritto del lavoro il preavviso riguarda la quasi totalità dei casi di risoluzione del rapporto di lavoro ( licenziamento e dimissioni ), con alcune limitate eccezioni riguardanti le ipotesi di:

  • giusta causa, cioè per evento o comportamento che non consente la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto;
  • risoluzione consensuale, cioè quando le parti si siano accordate formalmente in maniera diversa.

Tutte le altre forme di recesso debbono essere caratterizzate dall’intimazione della risoluzione del rapporto con preavviso, su iniziativa della parte che recede dal contratto. Il preavviso assolve quindi alla specifica funzione di “attenuare le conseguenze pregiudizievoli dell’improvvisa cessazione dei rapporto per la parte che subisce l’iniziativa del recesso”.

  1. La mancata effettuazione del preavviso comporta il risarcimento di un danno, quantificato economicamente nella retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per il periodo di lavoro non effettuato.
  2. Pertanto, nel caso in cui la mancata effettuazione del preavviso sia dovuta ad una decisione del lavoratore, a costui verrà trattenuto sulle competenze di fine rapporto un importo corrispondente al periodo di preavviso non prestato (completo o parziale).
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Viceversa, quando la decisione di dispensare il lavoratore dall’effettuazione del preavviso sia dovuta al datore di lavoro, al lavoratore spetterà un importo aggiuntivo alle competenze di fine rapporto calcolato secondo le stesse modalità. La contrattazione collettiva stabilisce il periodo di preavviso che viene quantificato normalmente sulla base della qualifica di inquadramento e dell’ anzianità di servizio.

  • Codice civile, art.2119
  • Contratto collettivo di Lavoro (CCNL) applicato

Il licenziamento, che non sia sorretto da una giusta causa (ovvero un inadempimento del lavoratore talmente grave, da rendere intollerabile la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto), deve essere intimato con il preavviso stabilito dal contratto collettivo di categoria.

Durante il periodo di preavviso, di regola, il lavoratore deve continuare a prestare la sua attività lavorativa. Tuttavia il datore di lavoro può dispensare il lavoratore da tale obbligo; in un simile caso, il datore di lavoro dovrà corrispondere al lavoratore l’indennità sostitutiva, pari alle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato durante il preavviso.

Dispensare il lavoratore dall’obbligo di lavorare durante il preavviso comporta vantaggi e svantaggi:

  • dal primo punto di vista, si deve osservare che il lavoratore mantiene il diritto alla retribuzione, senza dover prestare la propria attività lavorativa;
  • di contro, con la corresponsione della indennità sostitutiva del preavviso, il rapporto di lavoro viene immediatamente a cessare, e il lavoratore perde gli eventuali benefici che avrebbe potuto conseguire qualora il rapporto di lavoro fosse proseguito, sia pure solo fino alla scadenza del preavviso.

Per esempio, il lavoratore non fruirà degli aumenti retributivi che andranno a regime dopo la cessazione del rapporto. Inoltre, il lavoratore perderà i vantaggi derivanti dall’effetto interruttivo che la malattia ha nei confronti del preavviso. Si vede quindi che, a seconda dei casi, talvolta il lavoratore potrebbe essere interessato a lavorare durante il preavviso; altre volte, l’interesse potrebbe essere quello di percepire la corrispondente indennità sostitutiva.

In ogni caso il lavoratore non può, senza il consenso del datore di lavoro, pretendere di non effettuare la prestazione lavorativa, ricevendo in cambio l’indennità. Simmetricamente, il datore di lavoro non può, senza il consenso del lavoratore, pretendere che quest’ultimo non lavori, accontentandosi di ricevere l’indennità.

Più precisamente, se il datore di lavoro rinuncia al preavviso lavorato, il lavoratore non può unilateralmente pretendere di lavorare; tuttavia, può, se lo ritiene, fruire di tutti i benefici economici e normativi che gli sarebbero dovuti se lavorasse.

A questo fine, è necessario comunicare tempestivamente al datore di lavoro il proprio dissenso alla dispensa del preavviso lavorato, invitandolo a ricevere la propria prestazione lavorativa e avvertendolo che, in difetto, egli non è liberato dagli obblighi che sarebbero derivati qualora fosse stata adempiuta la prestazione lavorativa durante il preavviso.

Come si è visto, l’obbligo di preavviso è dovuto dal datore di lavoro ma anche dal lavoratore dimissionario, salvo nei casi di giusta causa e risoluzione consensuale. Non è tuttavia tenuta all’obbligo di preavviso la lavoratrice madre che si dimetta durante il periodo per il quale è previsto il divieto di licenziamento, ossia dall’inizio della gravidanza al compimento di un anno di età del bambino.

  1. In caso di licenziamento intimato dal curatore senza il rispetto del periodo di preavviso spetta al dipendente licenziato la relativa indennità sostitutiva, che deve essere ammessa al passivo dal fallimento in privilegio ai sensi dell’art.2751-bis n.1 c.c. (Trib. Milano 5/5/2015, decr., Pres. Mammone, in Riv. it. dir. lav.2015, con nota di Luigi Andrea Cosattini, “Retrocessione al fallimento dell’azienda affidata e licenziamento: il difficile equilibrio fra esigenze della massa e tutela del lavoratore”, 941)
  2. Il preavviso dell’art.2118 c.c. non trova applicazione, salvo diversa disposizione legale o contrattuale, quando l’esecuzione della prestazione di lavoro, dedotta in contratto, sia divenuta totalmente e assolutamente impossibile in relazione a specifiche mansioni, come per il pilota di aereo che, dichiarato inidoneo permanentemente al volo, potrebbe rendere una diversa prestazione di lavoro nell’ambito del personale di terra soltanto in esecuzione di un contratto di lavoro diverso per oggetto, configurandosi pertanto una causa di risoluzione del rapporto. (Cass.29/3/2010 n.7531, Pres. Roselli Est. Picone, in Lav. Nella giur.2010, con commento di Alessia Muratorio, 675)
  3. Mentre non può considerarsi legittima la disposizione di un contratto collettivo che esoneri il recedente dall’obbligo del preavviso, è invece del tutto legittima quella che, fermo restando tale obbligo, riconosca la facoltà, per la parte non recedente, di dispensare ex post il recedente medesimo dagli obblighi a lui derivanti dal preavviso, in quanto la disciplina degli aspetti economici connessi allo scioglimento del rapporto non è sottratta, sotto tale profilo, all’autonoma disponibilità delle parti, le quali, in sede di contrattazione sia individuale che collettiva, possono perciò validamente pattuire la facoltà per il non recedente, che abbia ricevuto la comunicazione del preavviso, di troncare immediatamente il rapporto di lavoro, senza che ne derivi alcun obbligo di indennizzo per il periodo di preavviso non compiuto, non derivandone pregiudizio per il recedente, che con la propria adesione al regolamento preventivo degli effetti del recesso è in condizioni di valutarne in anticipo le possibili conseguenze. (Cass.19/8/2009 n.28377, Pres. Roselli Est. Curcuruto, in Riv. it. dir. lav.2010, con nota di Tommaso Erboli, “Recesso del lavoratore ed esonero dal preavviso: no della Cassazione all’indennità sostitutiva”, 376)
  4. L’art.2118 c.c. va interpretato nel senso che esso riconosce in maniera inequivocabile sia al datore di lavoro, sia al lavoratore il diritto di recedere dal contratto previo preavviso, essendo regolate in maniera esaustiva tutte le conseguenze della mancanza di questo, così da precludere un’interpretazione del dato normativo nel senso della continuazione del rapporto di lavoro durante il periodo di preavviso allorché il datore abbia estromesso il lavoratore manifestando la volontà di interrompere il rapporto con effetto immediato. (Cass.21/5/2007 n.11740, Pres. Ciciretti Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav.2008, con nota di Francesco Alvaro, “Sulla natura obbligatoria del preavviso e sugli effetti del pagamento della relativa indennità sostitutiva”, 164)
  5. Il contenuto dell’obbligazione prevista per la parte recedente dall’art.2118 c.c., di pagare, in mancanza di preavviso lavorato, un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, attribuisce rilevanza agli aumenti retributivi intervenuti nel corso del preavviso, anche se non lavorato, ai fini della determinazione sia dell’indennità sostitutiva del preavviso sia dell’indennità supplementare per i dirigenti. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 11 maggio 2004). (Cass.15/5/2007 n.11094, Pres. Ciciretti Est. De Matteis, in Dir. e prat. lav.2008, 646)
  6. In tema di rapporti contrattuali di durata, l’esercizio di diritti potestativi attribuiti dalla legge o dal contratto a una delle parti produce immediatamente la moficazione della sfera giuridica dell’altra parte, senza che sia configurabile, neppure in base al principio di correttezza e buona fede, un obbligo di preavviso, in difetto di limitazioni in tal senso previste dalla fonte attributiva del potere. In tema di contratto di agenzia, l’art.1750, quarto comma, c.c., nel porre la regola inderogabile secondo cui i termini di preavviso devono essere sempre gli stessi per le due parti del rapporto, pone un divieto di pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso, con la conseguenza che è nullo, per violazione di detto precetto, il patto che contempli, in aggiunta all’obbligo di pagare l’indennità di mancato preavviso, una clausola penale a carico del solo agente che si renda inadempiente dell’obbligo di preavviso. (Cass.14/11/2006 n.24274, Pres. Sciarelli est. Picone, in Riv. it. dir. lav.2007, con nota di Enrico Raimondi, “Frode alla legge e principio di parità in materia di recesso: una sentenza innovativa della Corte di cassazione”, 403)
  7. Gli effetti reali del preavviso si realizzano solo ove questo sia lavorato. In seguito al licenziamento, l’accettazione senza riserve dell’indennità sostitutiva del preavviso da parte del lavoratore ben può costituire comportamento concludente espressivo del consenso alla cessazione immediata degli effetti del rapporto. (Cass.24/1/2005 n.1373, Pres. Mercurio est. De Matteis, in Riv. it. dir. lav.2006, con nota di Maddalena Rosano, “Ancora sulla questione dell’efficacia reale del preavviso”, 94)
  8. L’unico obbligo risarcitorio che ai sensi dell’art.2118 c.c. fa capo al lavoratore dimissionario, che non rispetti il termine di preavviso, è quello di pagare la relativa indennità sostitutiva, con la conseguenza che ogni ulteriore danno derivante al datore di lavoro dalle modalità di risoluzione del rapporto presuppone la prova della violazione di specifici obblighi ulteriori posti dal contratto in capo al lavoratore. (trib. Milano 25/11/2004, Est. Di Ruocco, in D&L 2005, con nota di Matteo Paulli, “Dimissioni senza preavviso e obblighi risarcitori”, 243)
  9. La comunicazione di recesso dal rapporto di lavoro senza alcuna menzione relativa al periodo di preavviso non può qualificarsi come espressione di una volontà diretta a prestare il preavviso, ma come manifestazione di una volontà di cessazione immediata del rapporto. (Corte d’appello Catania, 29/10/2004, Pres. Pagano Rel. Maiore, in Lav. nella giur.2005, 700)
  10. Il preavviso ha efficacia reale e come tale comporta la prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni. (Cass.30/8/2004 n.17334, Pres. Senese Rel. Cataldi, in Lav. nella giur.2005, 283)
  11. L’art.2118 c.c. va interpretato nel senso che il datore di lavoro recedente, in difetto di giusta causa, è soggetto ad una obbligazione alternativa, con facoltà di scegliere tra l’intimazione del preavviso e la corresponsione dell’indennità sostitutiva, in quest’ultimo caso con risoluzione immediata del rapporto di lavoro nel momento della comunicazione del recesso. (Trib. Genova 15/7/2004 n.1694, Giud. Gelonesi, in Lav. e prev. oggi 2004, 2029)
  12. Il principio in base al quale il preavviso di licenziamento, nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, comporta la prosecuzione del rapporto medesimo e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine è derogabile per accordo delle parti quando queste, prima di detta scadenza, pattuiscono l’esonero immediato dagli obblighi relativo alle reciproche prestazioni. L’accertamento in ordine alla esistenza di tale accordo – che è desumibile anche da comportamenti taciti e concludenti, come quello dell’accettazione senza riserva da parte del lavoratore della preventiva liquidazione e corresponsione della indennità sostitutiva del preavviso – forma oggetto di un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da errori logici e giudici. In tale ipotesi, la data di cessazione del rapporto va fatta coincidere con quella del licenziamento, e non con la scadenza del periodo di preavviso dovuto, e ciò a tutti gli effetti, ed anche nei confronti di soggetti diversi dal datore di lavoro, quali gli enti gestori di previdenza ed assistenza. (Cass.8/5/2004 n.8797, Pres. Mileo Rel. Picone, in Lav. e prev. oggi 2004, 1099)
  13. Nei campi dei rapporti di lavoro di natura privatistica (e quindi anche con riferimento al rapporto di lavoro dei dipendenti delle Poste Italiane dopo l’intervenuta privatizzazione), dal principio secondo cui la risoluzione del rapporto per limiti di età anagrafica non è automatica in quanto quei limiti, ai sensi dell’art.4, della legge n.108 del 1990, determinano, se non sia esercitata l’opzione, solo l’inapplicabilità della tutela reale del rapporto, discende l’obbligo di preavviso, restando irrilevante la conoscenza da parte del lavoratore della clausola contrattuale di risoluzione automatica al compimento dei sessantacinque anni e la circostanza che la stessa clausola si inserisca in un regime contrattuale complessivamente di maggior favore, che non potrebbe comunque disciplinare la risoluzione del rapporto in difformità da norme inderogabili di legge. (Cass.6/2/2004 n.2339, Pres. Mattone Rel. Vigolo, in Lav. e prev. oggi 2004, 531)
  14. In ipotesi di dimissioni del lavoratore, laddove il Ccnl applicato dalle parti, preveda, da un lato, la determinazione della durata del preavviso, dall’altra, la decorrenza dello stesso dal primo e dal sedicesimo giorno del mese, occorre tener conto che le due previsioni mirano a preservare interessi differenti; consegue che la trattenuta a titolo di mancato preavviso- espressamente prevista per la mancata osservanza del periodo di preavviso e posta a presidio della conoscenza anticipata della risoluzione del rapporto- non può essere estesa anche a tutela della decorrenza del medesimo periodo dai termini suddetti ed è pertanto illegittima. (Corte d’appello Trento 19/11/2003, Pres. ed est. Caracciolo, in D&L 2004, 145)
  15. Nell’area della tutela obbligatoria il licenziamento, ancorchè illegittimo, comporta l’estinzione del rapporto di lavoro, con la conseguenza che al lavoratore, in aggiunta all’indennità risarcitoria di cui all’art.8 L.15/7/66 n.604, come modificato dall’art.2 L.11/5/90 n.108, continua ad essere dovuta l’indennità sostitutiva del mancato preavviso. (trib. Milano 16/4/2003, Est. Marasco, in D&L 2003, 789, con nota di Giuseppe Bulgarini d’Elci, “Sul diritto all’indennità di mancato preavviso in caso di licenziamento illegittimo nell’area della tutela obbligatoria”) Con il preavviso, il dipendente anticipa al datore di lavoro la data in cui il rapporto cesserà: sino a quella data il dipendente ha diritto – ere di prestare la sua attività. Se, dunque, il datore di lavoro decide-del tutto arbitrariamente e solo perché il Ccnl prevede un termine più breve di preavviso-di porre fine al rapporto in data anteriore a quella indicata dal dipendente-nonostante la messa a disposizione, da parte di quest’ultimo, della sua attività-e ricorre all’opera di altro lavoratore, imputet sibi, l’obbligo di corrispondere una doppia retribuzione deriva non da una scelta del lavoratore dipendente ma dallo “stravagante” comportamento del datore di lavoro, avvalsosi dell’attività di altro dipendente in sostituzione di chi è da considerarsi a pieno titolo in servizio sino alla comunicata data di cessazione del rapporto. (Corte d’appello Bari 25/11/2002, Pres. Berloco, Rel. Nettis, in Lav. nella giur.2003, 389)
  16. Il principio di non sovrapponibilità delle ferie al preavviso, sancito dall’art.2109 c.c., ult. Comma, è posto esclusivamente a favore del lavoratore ed a tutela dell’effettiva funzione di ristoro delle energie psicofisiche delle ferie; conseguentemente esso non consente al datore di lavoro, che abbia autorizzato un periodo di ferie dopo aver ricevuto le dimissioni del dipendente, di pretendere il corrispondente prolungamento del periodo di preavviso; ne segue l’illegittimità della relativa trattenuta per mancato preavviso. (Trib. Milano 28/12/2002, Est. Frattin, in D&L 2003, 754)
  17. Nel calcolo dell’indennità sostitutiva del preavviso devono essere computati i ratei delle mensilità aggiuntive. (Trib. Milano 15/11/2001, Est. Porcelli, in D&L 2002, 417, con nota di Stefano Chiusolo, “Le dimissioni del giornalista con diritto all’indennità sostitutiva del preavviso”. In senso conforme, v. Trib. Milano 13/12/2001, Est. Curcio, in D&L 2002, 417)
  18. La precedente intimazione del licenziamento con preavviso non preclude al lavoratore di esercitare, a norma del sopravvenuto d. lgs.n.503/92, l’opzione per la prosecuzione del rapporto di lavoro fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età, poiché con il preavviso gli effetti tipici del licenziamento (nonostante il già intervenuto perfezionamento dell’atto quale negozio unilaterale recettizio) sono differiti a un momento successivo; né a detta conclusione osta il principio di irretroattività della legge (art.11 disp. prel.), poiché esso non preclude l’applicabilità della nuova legge a effetti non esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente. In conseguenza dell’operatività dell’opzione, che determina la permanenza nel tempo del rapporto di lavoro fino al conseguimento della prevista età anagrafica (con il medesimo regime preesistente quanto alla sua eventuale stabilità), gli effetti del licenziamento precedentemente intimato vengono meno (Cass.5/4/00, n.4221, pres. Amirante, est. Coletti, in Riv. It. dir. lav.2001, pag.118, con nota di Putaturo donati, Sulla natura del preavviso e sulla prosecuzione del rapporto di lavoro – per il dirigente – in età pensionabile)
  19. Il preavviso di licenziamento che il datore di lavoro, esaurite le procedure per la messa in mobilità dei lavoratori individuati in base ai criteri di scelta concordati con le organizzazioni sindacali, deve dare a tali lavoratori (art.4, 9° comma, l.n.223/91) è regolato dall’art.2118, 2° comma, c.c., secondo il quale “in mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a una indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”. Il mancato rispetto dell’obbligo di preavviso non determina l’illegittimità del licenziamento, bensì il semplice sorgere dell’obbligo di pagamento dell’indennità (Cass.20/3/00, n.3271, pres. Lanni, est. Prestipino, in Riv. It. dir. lav.2001, pag.139, con nota di Borzaga, Indennità di preavviso e licenziamento collettivo)
  20. Ove il datore di lavoro comunichi il proprio recesso, offrendo al lavoratore l’indennità sostitutiva del preavviso, il rapporto cessa immediatamente solo qualora il lavoratore consenta alla cessazione, anche tacitamente, accettando senza riserve l’indennità sostitutiva. In caso contrario, il rapporto di lavoro continua sino alla scadenza del periodo di preavviso (Trib. Milano 29 gennaio 2000, pres. Mannacio, est. Gargiulo, in D&L 2000, 459) Stante il carattere cautelare del preavviso che comporta un limitato proseguimento del rapporto di lavoro – tanto che quest’ultimo cessa solo alla scadenza del termine – e, di conseguenza, l’applicazione dell’eventuale ius supeveniens, ne consegue che la sostituibilità del periodo di preavviso con l’indennità a esso corrispondente non rientra nella unilaterale disponibilità della parte recedente (nel caso di specie la società datrice di lavoro) essendo necessario il consenso del destinatario del recesso (la lavoratrice) (cd. efficacia reale del preavviso). Né tantomeno il datore di lavoro, pur continuando a erogare la retribuzione per l’intero, potrà rifiutare la concreta prestazione lavorativa perché ciò comporterebbe la violazione del principio di tutela della dignità del lavoratore sancito da una pluralità di norme del nostro ordinamento giuridico positivo (artt.4, 35, 2° comma, 41, 2° comma, Cost.; art.2087 c.c.) (Trib. Roma 4/12/99, est. Sannite, in Riv. Giur. Lav.2001, pag.77, con nota di Leotta, Preavviso lavorato e recesso unilaterale)
  21. L’indennità sostitutiva del preavviso spetta al lavoratore per il solo fatto dell’intervenuto recesso da parte della datrice di lavoro e del mancato rispetto del periodo di preavviso, senza che sia necessaria la sussistenza di un danno reale per il lavoratore licenziato, e quindi anche nell’ipotesi in cui il lavoratore trovi subito una nuova occupazione (Pret. Nola, sez. Pomigliano d’Arco, 25/2/99, est. Perrino, in D&L 1999, 607, n. Pavone)
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Il lavoratore padre ha diritto a dare le dimissioni senza preavviso, durante il periodo di divieto di licenziamento della lavoratrice madre previsto dall’art.54 del D.Lgs.151/2001, anche se non abbia fruito del congedo di paternità (Trib. Monza, 18 febbraio 2020, in Newsletter 5/2020)

Quanti giorni di preavviso bisogna dare prima di dare le dimissioni?

Minimo 15 giorni di preavviso per lavoratori a tempo indeterminato full-time con più di 5 anni di anzianità. Minimo 8 giorni di preavviso per lavoratori a tempo indeterminato full-time e un massimo di 5 anni di anzianità.

Come si presentano le dimissioni per giusta causa?

Come “licenziarsi” per giusta causa: procedura telematica – Qual è la procedura da seguire per “licenziarsi” per giusta causa? Il dipendente che intende presentare dimissioni per giusta causa non è tenuto a comunicare immediatamente i motivi che le hanno determinate.

Deve tuttavia rendere noto che non si tratta di dimissioni ordinarie. Il primo passo da compiere è formalizzare le dimissioni in modalità telematica, attraverso l’invio di appositi moduli al datore di lavoro; dove il dipendente può selezionare l’opzione “dimissioni per giusta causa”. Le dimissioni comunicate in altre forme sono inefficaci.

Leggi anche: dimissioni telematiche Il modulo telematico può essere inviato:

Dal lavoratore in autonomia in possesso del PIN dispositivo INPS (PIN dismesso dal 1° ottobre 2021) o SPID collegandosi al sito cliclavoro.gov.it ; Tramite intermediari abilitati quali patronati, sindacati, consulenti del lavoro, enti bilaterali, commissioni di certificazione e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (in questi casi non è necessario il PIN dispositivo INPS o SPID).

Entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo le dimissioni possono essere revocate con le stesse modalità sopracitate. E’ importante precisare che il recesso per giusta causa deve essere una reazione immediata alla condotta grave del datore; per cui non è ammesso che il lavoratore posticipi l’interruzione del rapporto, venendo meno in questo caso l’essenza stessa della giusta causa da intendersi come quel comportamento tale da non consentire la prosecuzione del rapporto nemmeno nel periodo di preavviso.