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Come Si Fa Una Programmazione Scuola Primaria?

Come Si Fa Una Programmazione Scuola Primaria
Come fare una programmazione

  1. Analisi della situazione iniziale.
  2. Individuazione degli obiettivi didattici-educativi.
  3. Individuazione dei contenuti da proporre.
  4. Scelta delle strategie didattiche.
  5. Valutazione delle risorse e degli strumenti a disposizione.
  6. Indicazione delle modalità di misurazione dell’apprendimento.

Cosa si scrive nella programmazione didattica?

Contiene la descrizione degli obiettivi specifici di apprendimento articolati in conoscenze, abilità e competenze Insieme agli obiettivi di apprendimento propri di ciascun indirizzo.

Quante sono le fasi della programmazione didattica?

Una breve riflessione sulla programmazione educativa e didattica Come Si Fa Una Programmazione Scuola Primaria Una relazione che ha come unico scopo quello di fornire una traccia di programmazione e alcuni suggerimenti operativi Non è mia intenzione sostituirmi al lavoro di psicologi o pedagogisti! Questa breve relazione ha come unico scopo quello di fornire una traccia di programmazione e alcuni suggerimenti operativi, perché i libri che sviluppano tali argomenti o sono troppo tecnici o si risolvono in un astratto verbalismo.

Si è ben lungi dal suggerire una soluzione al dibattito in corso, anche perché i confini interpretativi della programmazione sono alquanto labili e soggetti a continui aggiornamenti ed aggiustamenti, a livello teorico, dai ricercatori e dai pedagogisti; a livello operativo, dall’esperienza e dalle riflessioni d’ogni singolo docente.

Oggi, tra l’altro, si sta addirittura parlando di superare i limiti dalla programmazione aprendo una nuova fase dell’organizzazione scolastica tale da abbandonare l’attuale, e comoda, posizione positivista. È stata una visione scientifico-positiva quella che ha voluto razionalizzare, attraverso obiettivi, tempi, modi etc.

  1. L’attività dell’insegnante.
  2. Anche uno sprovveduto sa che qualsiasi attività umana deve essere organizzata ed orientata verso un fine, altrimenti sarebbe un agire a caso, come dimostra la storia della pedagogia dai gesuiti a Comenio, a Herder.
  3. Prima di procedere oltre è opportuno chiarire, concettualmente, i seguenti termini: programma e programmazione.

Programma, E’ l’insieme dei contenuti culturali da trasmettere ed è ordinato secondo una struttura che si adatta alle diverse fasi di sviluppo cognitivo degli alunni ed ha lo scopo di formare gli alunni e di prepararli agli studi universitari; inoltre la “funzione docente realizza il processo d’insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni sulla base delle finalità e degli obiettivi previsti per i vari ordini e gradi dell’istruzione”,

Il programma Ministeriale era detto prescrittivo in quanto obbligatorio, nonostante il DPR 417/74 riconoscesse l’autonomia e la libertà del docente. Alcuni docenti continuano a tirare in ballo il programma “da sviluppare” giustificando così l’assenza di pause o un rallentamento o una rivisitazione dei contenuti già svolti ma non appresi dagli alunni, ma ciò non può più essere una giustificazione, giacché le istituzioni scolastiche oggi sono in regime di autonomia, e quindi anche di autonomia didattica.

L’autonomia è stata introdotta con la legge n.59 del 1997 comma 9 art.21, conosciuta come legge Bassanini. Vigendo il regime di autonomia è altresì chiaro come vengano meno i programmi “ministeriali”, ma acquistano maggiore importanza i programmi dell’istituto correlati al territorio e alle richieste dell’utenza scolastica.

  1. L’autonomia scolastica consente: – la più ampia libertà di progettazione didattica; – il raggruppamento di discipline in aree o ambiti disciplinari; – l’offerta di insegnamenti opzionali o aggiuntivi.
  2. Ricordiamo il D.Lgs 59/2004, l’art.9 del DPR n.375/99 che prevede la possibilità di dividere il curriculum dell’alunno in due quote, delle quali una può definirsi nazionale, pari all’85% del monte ore annuale, e di un 15%, che può essere impiegato dalla scuola per proprie iniziative autonome.

Lo stesso Ministro scrive: L’autonomia scolastica e l’interazione, nei contesti locali, tra le diverse autonomie, costituisce il quadro di riferimento principale dei processi di innovazione e di riqualificazione di cui l’intero sistema educativo ha bisogno.

  1. Imporla dall’alto, con atti dirigistici, legislativi o amministrativi, sarebbe un grave errore, condannato in partenza all’incomprensione e all’inefficacia.
  2. Perché sia possibile mettere le istituzioni scolastiche nelle condizioni di sviluppare la loro autonomia educativa e didattica, senza che si passi dal centralismo burocratico allo spontaneismo improduttivo, vanno definite con precisione le competenze del centro, che rimangono essenziali, e che, in termini generali, sono esplicitate all’art.8 del DPR n.275/’99.

(). All’istituzione scolastica spetta l’elaborazione del Piano dell’Offerta Formativa, secondo quanto stabilito dal Titolo I cap. III del citato DPR n.275/’99 (titolato, significativamente, “Curricolo nell’autonomia”). Nella predisposizione del POF e del relativo curricolo didattico si manifesta appieno l’autonomia progettuale, didattica, organizzativa, di ricerca e sviluppo che è propria dell’istituzione scolastica, un’autonomia funzionale alla piena valorizzazione e realizzazione della persona umana, con le sue relazioni, così come richiamato tanto dalla normativa sull’autonomia quanto dalla successiva legge n.53/’03.

  1. Programmazione,
  2. Con la parola programmazione, in linea generale, s’intende sviluppare, puntualizzare, mettere in opera, una serie d’interventi coordinata che concorrono a conseguire, attraverso efficienza, efficacia economicità, un obiettivo.
  3. Sul piano strettamente didattico la programmazione permette al docente di superare l’improvvisazione, la causalità operativa e di organizzare in modo razionale e coerente gli interventi educativi, di organizzare i contenuti e le diverse attività scolastiche, verifiche comprese.

Consente, inoltre, di ” tradurre ” le discipline culturali in materie da insegnare e da apprendere, e consente di conciliare le regole della didattica in generale con le condizioni di insegnamento-apprendimento effettivamente riscontrate. Con la programmazione, quindi, si adeguano i programmi alla classe, s’individuano i collegamenti interdisciplinari, e si scelgono le metodologie che consentano effettivamente di facilitare il processo di apprendimento e di crescita, oltre che culturale, emotiva, relazionale e civile.

I riferimenti normativi possono essere reperti nel DPR 416/74 e nella L.517/77 art.2, 7. Alla formulazione della programmazione concorrono tutti i docenti attraverso la programmazione del piano annuale delle attività contenute nel POF, in una seconda fase, i consigli di classe e i singoli docenti renderanno operativa la programmazione individuando contenuti, metodi e tempi e modalità di verifica.

È quindi l’attività programmatica del collegio docenti ad avere un ruolo di fondamentale importanza operativa perché procede nell’ individuare, attraverso l’adozione del POF, gli obiettivi e le finalità educative (programmazione educativa) dell’istituto, obiettivi naturalmente coerenti con le finalità Costituzionali e le leggi vigenti; In un secondo momento i dipartimenti individuano i contenuti da impartire e gli obiettivi disciplinari, infine i consigli di classe e i singoli docenti attuano la programmazione educativa, didattica e disciplinare.

La ricerca pedagogica definisce così la programmazione: La programmazione è dunque un tipo d’elaborazione di contenuti e metodi didattici che spetta ai soggetti di insegnamento, ma non con criteri soggettivi: utilizza, infatti, criteri scientifici di validità generale, in altre parole si serve di regole e di leggi comuni a tutte le situazioni di insegnamento-apprendimento e quindi di tutte le condizioni scolastiche.

Il termine programmazione viene usato anche per richiamare una determinata tecnologia della didattica: La programmazione () rappresenta una regolamentazione di un’attività secondo le tecnologie didattiche, vale a dire, un’organizzazione, una razionalizzazione ed una individuazione dei metodi e tempi di applicazione.

Il soggetto che interviene utilizzando le metodologie didattiche, è l’insegnante, non l’insegnante racchiuso come una monade nella propria disciplina d’insegnamento, ma un operatore che interagisce con altri colleghi, programma per aree disciplinari, perché non esiste una programmazione che non sia collegiale,

Purtroppo, la programmazione, continua a svolgere solo una funzione formale burocratica, senza attuare quella validità pedagogica per cui è stata pensata. La programmazione come razionalizzazione deve avere scopi ben precisi. Il primo in assoluto è quello di conferire organicità, coerenza, efficacia al lavoro del docente; il secondo organizzare il lavoro così da sfruttare il tempo scuola; il terzo individuare i metodi e gli strumenti con cui conseguire gli obiettivi; il quarto e non ultimo, facilitare l’apprendimento.

  1. Se non consente lo sviluppo di queste procedure non è una programmazione didattica, ma solo burocrazia funzionale più all’istituzione che all’alunno.
  2. Dire “solo burocrazia” è riduttivo ma, non bisogna dimenticare che è anche burocrazia.
  3. Ogni attività di insegnamento è giustificata e fondata solo se programmata, in altre parole se è inserita in un piano di lavoro ad inizio anno scolastico e modulata sulle reali capacità degli alunni, perché non bisogna mai dimenticare che sono gli alunni i destinatari della programmazione e delle attività del corpo docente.
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L’assenza di una programmazione, oltre a rendere più difficile il lavoro dell’insegnante, disorienta la classe e le attività risultano dispersive e caotiche, spesso mal collegate l’una con l’altra. L’alunno è facilitato nell’apprendimento se sono ben chiari i punti di partenza ed i punti di arrivo, le procedure operative, se la programmazione è dotata di una coerenza interna, ed infine se effettivamente tiene conto del ” sapere degli alunni”.

  1. Personalmente aggiungo che la programmazione dovrebbe partire anche da una ” idea della mente “, da una ” teoria dell’apprendimento “, o meglio, da una consapevole ” filosofia pedagogica ” che contempli la persona umana nella sua globalità.
  2. Non si può certo chiedere ciò a ciascun docente, però si può pretendere che ciascun docente ponga in gioco la propria visione del mondo e dell’apprendimento.

Certamente se si ha una teoria della mente e una teoria dell’apprendimento, o, dello sviluppo cognitivo, si potrà operare anche in linea con questi presupposti teorici, facilitando realmente il lavoro degli alunni. Alcuni presupposti teorici sulla programmazione.

Si fa risalire a Ralph Tyler il merito di aver dato avvio a quel settore di ricerca che va sotto il nome di teoria del curricolo, o anche della programmazione scolastica. Ritiene che “una programmazione didattica debba essere fondata su obiettivi precedentemente tradotti in comportamenti osservabili e misurabili; che altro sono i criteri di valutazione se non gli stessi obiettivi dell’apprendimento assunti come strumenti di verifica della loro realizzazione? Per il Tyler la programmazione deve partire dall’analisi del contesto sociale, dai bisogni dello studente e dal patrimonio culturale, perciò implica una “scelta” dei contenuti e dei metodi e degli strumenti di verifica e con essi anche un ben preciso sistema di valori etici e politici.

Non è opportuno addentrarci in questo campo che sarà oggetto magari di una ulteriore riflessione. I docenti delle materie scientifiche troppo spesso ritengono che la loro disciplina sia asettica, eppure cosa c’è di più conservatore del concetto stesso di ” trasmissione dei contenuti “? Il Tyler paga lo scotto di rifarsi esplicitamente al comportamentismo sia di Watson che di Skinner, ovvero di volere verificare i comportamenti oggettivamente osservabili, omettendo di fatto una “filosofia della educazione o una filosofia pedagogica” che stia alla base della programmazione.M.

Pellery partendo invece da una riflessione filosofica sulla programmazione divide gli obiettivi educativi dagli obiettivi didattici, Gli obiettivi educativi concorrono alla formazione globale della personalità umana, spaziando dall’aspetto cognitivo a quello relazione e affettivo; gli obiettivi didattici, invece, sono tipici di ogni disciplina.

Il Pellery “giunge ad individuare due livelli di programmazione: una programmazione e educativa e una programmazione didattica, con la prima che adempie rispetto alla seconda, una funzione di guida”. Se il Tyler e il Pellery incentrano la loro attenzione sulla pedagogia e sulla programmazione R.

  • Massa ritiene che la pedagogia come scienza è da indicare nel suo essere come “metodologia” per cui le sue riflessioni teoriche vanno alla ricerca di una “autonomia della didattica”, ovvero delle procedure che la programmazione deve attivare per rispettare il processo evolutivo dell’alunno,
  • Ritorneremo in un secondo momento sulla didattica e sulle metodologie più comuni.

Le fasi della programmazione possono essere così descritte : 1. Presa d’atto della situazione di partenza – Presentazione della classe – Presenza di alunni diversamente abili – Provenienza geografica – Ripetenti – Nuovi inserimenti 2. Accertamento dei prerequisiti – Uso di metodi e mezzi come il questionario, il test 3.

Obiettivi: – Educativi – Trasversali – Disciplinari o didattici 4. Contenuti – Scansione temporale dei contenuti 5. Moduli didattici lineari o trasversali – I Moduli didattici sono composti da unità didattiche 6. Metodi – Mezzi 7. Verifica – Valutazione 8. Attività di recupero 9. Relazione finale e miglioramenti ottenuti ed accertati rispetto alla situazione di partenza 1.§ Accertare la situazione di partenza della classe è uno dei momenti più difficili, perché dalla prima impressione, dall’analisi dei risultati delle verifiche, tese a conoscere il livello generale culturale, le competenze e le capacità, scaturiscono gli elementi che concorreranno a determinare i contenuti, i tempi e gli obiettivi.

Una conoscenza affrettata della classe, o strumenti di verifica inadeguati, possono rivelarsi estremamente dannosi, sia sotto il profilo relazionale, sia nello sviluppo del processo insegnamento-apprendimento. È necessario, quindi, ” disporre di metodi di verifica che permettano di strutturare la programmazione in modo coerente e organico “, palesando le effettive capacità e potenzialità degli alunni.

  • Oggi, l’editoria provvede a ridurre le difficoltà offrendo spunti, strumenti di verifica, allegati ai manuali, per determinare la situazione di partenza, attività che prima era lasciata all’inventiva del docente.
  • Lo scopo di una attendibile conoscenza di una situazione di partenza consiste nel “ridurre le impressioni personali, ed individuare, per quanto possibile, ed al di là di uno stretto soggettivismo, le variabili dipendenti e le condizioni ” oggettivamente rilevabili ” della classe.

Si sa che non è possibile eliminare la dimensione soggettiva, ma è possibile limitarne il campo d’azione, ricorrendo a strumenti e procedure tali, che se pur non rilevano dati oggettivamente validi, forniscono comunque dati ragionevolmente attendibili.

Accertare, sul piano generale, le condizioni d’ingresso di un alunno è semplicemente utopia, però possono accertati, interessi, abilità, competenze conoscenze, stili di linguaggio, gli stili cognitivi, le competenze culturali, cioè tutti quegli elementi che concorrono a definire il quadro d’ingresso o la situazione di partenza.

L’insegnante che intende intraprendere una attività didattica su dei precisi contenuti deve limitare l’accertamento esclusivamente ai prerequisiti necessari per potere affrontare i contenuti, L’accertamento dei prerequisiti “una volta che siano stati individuati dall’insegnante, sulla base della letteratura esistente o sulla base all’esperienza diretta e personale può avvenire in due modi: uno attraverso tecniche rigorose con strumenti quali il test di profitto che portano a risultati quantificabili; l’altro più tradizionale attraverso strumenti quali il colloquio o il testo scritto, senza esprimere alcuna valutazione di profitto.

L’accertamento dei prerequisiti necessari per strutturare in modo organico e coerente i saperi non è altro che “una diagnosi in grado di evidenziare uno “stato”, non di giudicare un comportamento e tanto meno di impedire uno sviluppo futuro, anzi deve poter “agevolare” uno sviluppo futuro.2.§ Un problema non meno rilevante è rappresentato dagli obiettivi,

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Come sappiamo gli obiettivi sono educativi e didattico disciplinari, gli uni contemplano lo sviluppo complessivo della personalità e sono espressi nel POF, gli altri vengono individuati dai dipartimenti, dai singoli consigli di classe e dai singoli docenti.

Con l’espressione obiettivi didattici si indicano esclusivamente i comportamenti degli alunni che l’insegnamento è in grado di suscitare e debbono poter essere verificati al temine di un ciclo di insegnamento. Debbono perciò essere formulati in maniera chiara e comprensibile dall’alunno, senza ricorrere all’uso di termini equivoci o che possono dar luogo a fraintendimenti.

Debbono anche tenere conto dello sviluppo cognitivo dell’alunno e del fatto che l’apprendimento non è mai sincronico, cioè non avviene secondo i processi temporali impostati dal docente, ma secondo ritmi e tempi di apprendimento propri dell’alunno, spesso anche influenzati dai comportamenti e dalle abitudini del gruppo famigliare.

  • È anche chiaro che il processo di insegnamento-apprendimento deve potere ridurre i tempi di assimilazione e di elaborazione dei contenuti, altrimenti non si avrà nessun miglioramento né culturale né personale, né relazione o affettivo.
  • Se un alunno studia, ma studia secondo i suoi ritmi e non riesce a ridurre i tempi di assimilazione è anche chiaro che pur avendo buone capacità cognitive di partenza, le stesse non verranno affatto migliorate.

Gli obiettivi debbono essere calibrati sugli alunni e proporzionati alla situazione di partenza rivelata. Obiettivi irraggiungibili finiscono con lo scoraggiare l’alunno e spesso condurlo all’insuccesso. Devono perciò essere graduali, partire dal facile al complesso, dal globale all’analitico, e debbono essere strutturati in modo coerente.

Obiettivi metodologici: L’alunno deve essere capace di – organizzare il proprio lavoro; – risolvere correttamente un problema; – preparare una relazione; – costruirsi il proprio metodo di studio.Obiettivi tecnici: L’alunno deve essere capace di – padroneggiare la lingua parlata; – partecipare alle discussioni; – esporre i risultati di un lavoro; – sapere scrivere – ascoltare gli altri;Obiettivi di comportamento: L’alunno deve essere capace di – curiosità e stupore; – creatività; – pensiero critico; – autonomia di giudizio,Obiettivi legati ai saperi disciplinari vanno individuati all’interno degli argomenti che si intendono affrontare in classe.

3.§ Moduli didattici. H-C.A. Chang afferma che i moduli didattici corrispondono alle unità didattiche : il termine modulo (dal lat. modulus, diminutivo di modus, misura, regola, modello ) nell’ambito didattico viene utilizzato per indicare un insieme di esperienze di apprendimento organizzate generalmente in forma di unità didattica, riferite ad una disciplina o ad alcune discipline di studio, con l’indicazione precisa degli obiettivi da raggiungere, dei prerequisiti e della durata complessiva di svolgimento, con la possibilità di innestarvi ulteriori argomenti attigui.

  1. Fatta questa doverosa premessa vediamo ora come si organizza una U.D.
  2. L’unità didattica si identifica con la strategia che l’insegnante è chiamato ad inserire nella sua programmazione, e rappresenta una “frazione”, un momento del processo di apprendimento individuato.
  3. Secondo il Frabboni, l’U.D.
  4. Deve avere una identità teorica ben delineata e precisamente deve possedere le seguenti caratteristiche fondamentali: – Chiarezza cognitiva; – Autosufficienza cognitiva; – Interconnessione cognitiva,

L’U.D. è individuata dal docente all’interno dei contenuti da svolgere, e deve essere modulata sulle capacità e sui tempi di apprendimento degli alunni. Chiariamo. Se in filosofia si intende affrontare un percorso storico che vada da Hegel all’irrazionalismo dell’800, possono essere individuate tre U.D.: una sul Romanticismo, una seconda sull’Idealismo ed Hegel, una terza sulla reazione all’idealismo da parte dei pensatori irrazionali, Kierkegaard o Schopenhauer.

Gli argomenti all’interno dell’U.D. vanno individuati secondo i criteri di: gradualità, sequenzialità ed espansività cognitiva, Lo schema operativo di una U.D. può essere così riassunto : A. Individuare il contenuto minimo del programma; B. Attività di insegnamento-apprendimento; C. Obiettivi; D. Metodi; E.

Tempi; F. Verifica formativa; G. Eventuale attività di recupero; H. Verifica complessiva o sommativa. Nel predisporre la programmazione il docente dovrà prestare particolare attenzione a strutturare le attività di recupero per quanto disposto dal D.M.n.42 del 22 maggio 2007, perché la presenza di un debito formativo è ostativa per l’ammissione agli esami di Stato.

Si ricorda, infine, che i moduli disciplinari possono interessare più discipline. Spetta in tal caso al consiglio di classe programmare gli interventi inter o pluridisciplinari.4.§ L’argomento diviene ancora più complesso se si affronta il problema del metodo e della didattica. Complesso perché un metodo “predefinito” non esiste, ma va ricercato all’interno della stessa disciplina, nella prassi della didassi e nell’attività quotidiana, ma riflettere sul metodo è particolarmente importante per due motivi, uno di ordine formale e contrattuale, l’altro di ordine didattico in senso stretto.

Il primo caso ci riporta direttamente al contratto, art.25: “Il profilo dei docenti è costituito da competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologiche didattiche, organizzativo relazionali e di ricerca, tra loro correlate ed interagenti () “. Lo stesso contratto prevede che il docente possieda competenze didattiche e metodologiche per potere “operare in classe e perseguire gli obiettivi di insegnamento-apprendimento”.

  1. Il secondo motivo è strettamente operativo e psicopedagogico, perché ” un buon metodo facilita l’apprendimento “.
  2. Sotto il profilo teorico nulla da ribadire, ma quando si cerca un metodo da utilizzare in classe il problema appare in tutta la sua complessità, e di solito si risolve o nel seguire “quel docente che maggiormente ha segnato l’esperienza scolastica del docente”, o nel ripetere i contenuti in una lezione frontale senza tener in debito conto le capacità cognitive degli alunni.

La ricerca di un metodo è un’attività continua di riflessione teoretica, di sperimentazione pratica in classe, fino a strutturarne uno personale, efficace e funzionale alle necessità di apprendimento degli alunni. Una breve e superficiale visita alla storia della pedagogia ci mette in luce la difficoltà di strutturare un metodo d’insegnamento.

  • Il primo grande pedagogista che ha dedicato la propria vita al rinnovamento della didattica ed alla ricerca metodologica è G.A.
  • Omenski, latinizzato “Comenio”.
  • Per il Comenio la funzione fondamentale dell’istruzione è condurre l’uomo a riconoscere la propria dignità umana e a formare la propria ragione, e ciò non può essere perseguito che seguendo i principi di una didattica naturale, ovvero seguendo le tappe di sviluppo naturali del fanciullo.

Nella Didactica Magna individua ben 10 punti in cui si articola la sua proposta didattica. In sintesi insiste, oltre che sul rispetto del fanciullo, sulla ciclicità, sulla gradualità, sulla continuità ed omogeneità del metodo, ed infine sulla “motivazione ad apprendere”.

Questo ultimo punto necessita di una ulteriore riflessione. Motivare e incuriosire l’alunno non è semplice soprattutto quando si affrontano argomenti che richiedono una capacità di astrazione e di operatività formale, come nella matematica o nella filosofia, tuttavia l’insegnante deve poter svolgere altrettante funzioni didattiche miranti a semplificare l’apprendimento; vediamole: – Far da guida all’allievo come modello da imitare (); – Far sì che l’insegnamento muova da conoscenze che riguardano l’ambiente con cui l’allievo è quotidianamente in contatto (); – Nel corso delle lezioni esplicative esprimersi con chiarezza (); – Far subito applicare quanto appreso (); – Nella scelta degli argomenti, optare per quelli che possono suscitare l’interesse degli alunni; – Presentare le materie in modo attraente (),

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Dobbiamo necessariamente tralasciare la riflessione sul metodo. Un suo prosieguo potrebbe presentarsi come spunto per una successiva riflessione ma ciò non è coerente con lo scopo di questa breve relazione sulla programmazione; proponiamo, invece, di seguito, una sintesi dei più importanti metodi e cinque prassi didattiche del ‘900.

Cosa si fa con la programmazione?

I linguaggi di programmazione consentono a tutti i dispositivi elettronici come computer e smartphone di interpretare istruzioni e codici che permettono di creare siti web, app, web app, programmi e piattaforme che ormai tutto il mondo utilizza ogni giorno.

Chi fa la programmazione?

La programmazione è un atto dovuto della funzione docente (decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150) – È necessaria non solo per «dare razionalità e scientificità all’insegnamento, sottraendolo al caso e all’improvvisazione e liberando la professionalità didattica dell’insegnante dallo stereotipo del missionario colto che sempre lo accompagna» (come ci ricorda Massimo Baldacci in Unità di apprendimento e programmazione ), ma anche e soprattutto per migliorare la nostra didattica.

Cosa sono le ore di programmazione scuola primaria?

Come specificato nell’ art.28 del CCNL scuola, l’orario di servizio settimanale nella scuola primaria è di 22 ore di lezione con l’aggiunta di 2 ore settimanali di programmazione. Nella circolare per le supplenze dell’anno scolastico 2022-2023, l’aggiunta delle ore di programmazione per la scuola primaria è definita anche per gli spezzoni orari.

  1. I posti, gli spezzoni orari ed i posti part-time che residuino dopo le utilizzazioni del personale di ruolo devono essere integrati con le ore di programmazione da attribuire nei contratti a tempo determinato secondo il seguente criterio ed entro il limite orario massimo previsto dal CCNL.
  2. Le ore da considerare per l’adeguamento devono riguardare le sole ore di insegnamento frontale pari a 22 settimanali.

A tali ore si aggiungono rispettivamente, 1 ora di programmazione per ogni 11 ore e 2 ore di programmazione per ogni 22 ore. Ne consegue, pertanto, che da 1 a 11 ore si aggiunge un’ora di programmazione, da 12 a 22 ore si aggiungono 2 ore,

Chi decide i programmi scolastici?

Domanda di: Ettore Rossi | Ultimo aggiornamento: 29 marzo 2023 Valutazione: 4.7/5 ( 34 voti ) Il piano, comprensivo degli impegni di lavoro, è deliberato dal collegio dei docenti nel quadro della programmazione dell’azione didattico-educativa e con la stessa procedura è modificato, nel corso dell’anno scolastico, per far fronte a nuove esigenze.

Come è fatto un linguaggio di programmazione?

Cos’è un linguaggio di programmazione? Definizione – Un linguaggio di programmazione è una lingua formale pensata per realizzare set di istruzioni (input) con cui si producono dati in uscita (output). Fondamentalmente i linguaggi di sviluppo convertono i concetti astratti dell’uomo in codice macchina, ovvero la lingua con cui opera il computer.

  • Tutti i sistemi informatici moderni lavorano tramite una serie di direttive comunemente chiamate codice binario,
  • Le macchine infatti immagazzinano e gestiscono le informazioni tramite una serie complessa di bit ( binary digit ), cioè di 0 e 1.
  • Leggere e scrivere degli enormi gruppi di dati dati in questo formato è ovviamente impossibile per l’uomo ed ecco perché sono stati creati dei sistemi, i linguaggi di programmazione appunto, che traducono il binario in una lingua molto simile a quella parlata dai developer.

In generale tutti i linguaggi usati per lo sviluppo software hanno vari elementi in comune, ovvero:

  • i set di istruzioni : dei comandi o delle regole descrittive;
  • le variabili e le costanti : un dato, o un insieme di dati, memorizzati o da memorizzare;
  • l’espressione : una combinazione di variabili e costanti unite da un operatore. L’espressione viene utilizzata per produrre un determinato valore;
  • strutture di dati: dei meccanismi pensati per gestire e organizzare dati complessi;
  • strutture di controllo : i sistemi che dirigono il flusso d’esecuzione di un programma;
  • sottoprogramma : un insieme di codici sorgente che può essere richiamato in qualsiasi punto del programma in base alle necessità dello sviluppatore.

Che differenza c’è tra modulo e unità di apprendimento?

Un modulo si differenzia da una Unità didattica in quanto è relativo ad una sezione significativa della disciplina o ambito interdisciplinare, tale da determinare una modifica profonda di chi apprende: individuazione di una nuova connessione tra nodi concettuali già esistenti, creazione di un nuovo nodo concettuale

Qual è la prima fase di un processo di programmazione?

Qual è la prima fase di progettazione di un software? – Raccolta dei requisiti ed analisi Il progetto inizia con la fase di raccolta dei requisiti. In questa fondamentale fase vengono adottate e combinate tra loro diverse tecniche volte ad “estrarre dalla mente del cliente o del committente tutto ciò che il progetto software dovrà fare”.

Cosa vuol dire progettare attività didattiche?

Cos’è un attività didattica – Definire cos’è un’attività didattica è il primo passo per progettarla in maniera soddisfacente e affrontare la prova orale del concorso ordinario. Possiamo dire che l’attività didattica è in primis l’ insieme dei metodi di insegnamento usati all’interno delle attività e teorie educative,

  • Per progettare l’attività didattica è dunque richiesto di padroneggiare consapevolmente una serie di tecniche e metodologie psicologiche e pedagogiche in modo da trovare strategie e modalità efficaci, conformi al contesto classe reale in cui il docente è calato,
  • Gli obiettivi della progettazione sono collegati a specifiche modalità di intervento educativo e riguardano la sua:
  • Analisi
  • Verifica
  • Misurazione
  1. La progettazione di un’attività didattica si può dunque intendere come l’impalcatura dell’attività dell’insegnante, ovvero il modo in cui l’insegnante realizza l’insegnamento, la verifica e la valutazione di determinati contenuti, tramite specifiche attività conformi agli obiettivi prestabiliti.
  2. Per attività didattica non si intende un programma chiuso e rigido, Le linee guida stabilite in fase di progettazione sono infatti passibili di modifiche e integrazioni durante l’anno in basi a fattori quali:
  • Evoluzione del contesto classe;
  • Feedback della classe all’attività didattica;
  • Imprevisti interni o esterni alla classe.

Quali sono modelli di progettazione didattica?

Quanti tipi di progettazione didattica esistono? – Esistono molteplici forme di progettazione didattica: la progettazione per obiettivi, quella per contenuti e quella per concetti, la progettazione per situazioni, quella per padronanze e quella per soggetti in difficoltà.

Quali sono le caratteristiche della programmazione pedagogia?

La programmazione è caratterizzata da intenzionalità educativa, contestualizzazione, cioè conoscenza degli allievi e della loro situazione formativa, e razionalizzazione: è un’attività complessa che richiede un periodo di riflessione. Il momento della programmazione, infatti, arriva per l’insegnante dopo un tempo “vuoto di studenti” piuttosto lungo, un periodo da usare per riposarsi e ricaricarsi, ma anche per studiare e progettare, pensando alle classi che incontrerà di nuovo o che conoscerà per la prima volta a settembre.