Mario Lodi: una scuola grande come il mondo Scatto fotografico tratto dalla mostra La scuola di Mario Lodi «C’è una scuola grande come il mondo» scriveva Rodari in una sua filastrocca e l’espressione sembra calzare a pennello per descrivere la pratica educativa di Mario Lodi, che è riuscito a portare i suoi alunni a misurarsi con il mondo, partendo dalle loro esperienze e curiosità e valorizzandole.
È, quella di Lodi, un’esperienza educativa e didattica innovativa e preziosa, che ha nella storia della scuola italiana una dignità e significatività come poche. Il percorso espositivo riesce a restituire la ricchezza – e il fascino – di tale esperienza, costruendo un racconto che si snoda su un doppio livello, fotografico e testuale.
Gli scatti fotografici mostrano l’organizzazione degli spazi e alcuni lavori, come il suggestivo esempio di pittura collettiva La vendemmia, ma soprattutto restituiscono l’immagine di un insegnante che sa entrare efficacemente in rapporto con gli alunni e della classe come vivace cantiere educativo, in cui i bambini sono «felici nel lavoro, seri, impegnati», alle prese con il limografo o il ciclostile, con il bilancio del giornalino, con la scrittura, la pittura, la musica Attraverso i testi si dà voce a Lodi stesso: si tratta infatti di un’interessante e significativa scelta di riflessioni tratte dai suoi scritti; accanto alle parole nitide di Lodi, quelle dei suoi alunni (interessanti scorci di dialoghi) e alcune tratte dalle lettere di Don Milani e Rodari,
Quest’ultimo, scrivendo alla classe, fornisce delle sollecitazioni su un aspetto che gli è caro: «Spero che ritornerete sull’argomento per approfondire la riflessione sul linguaggio della poesia (la parola giusta al posto giusto, la parola più espressiva, la parola più piena di significato)». Dettaglio da un pannello della mostra La scuola di Mario Lodi Emerge una figura di insegnante che si impegna a sollecitare la creatività e a coltivare «i primi germogli dell’atteggiamento scientifico» e che lavora a rendere la classe una piccola comunità, facendo maturare nei bambini l’adesione a valori saldamenti democratici.
- La scuola di Lodi appare un terreno in cui davvero, per dirla con Morin, crescono teste ben fatte.
- La mostra può essere un’occasione per conoscere più da vicino lo spessore umano, didattico e civile del suo percorso.
- Non solo per omaggiarlo a conclusione del centenario dalla nascita (1922) ma per provare magari, con la stessa serietà, a raccoglierne il testimone: «Abbiamo lasciato un segno a chi vuole continuare», suggerisce infatti Lodi nelle parole scelte come sottotitolo della mostra.
: Mario Lodi: una scuola grande come il mondo
Perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti?
Il cielo resta di tutti – Comune-info di Mauro Presini* “Spiegatemi voi dunque, in prosa od in versetti, perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti”. Questa parte finale della filastrocca di Gianni Rodari intitolata Il cielo è di tutti è di una bellezza inarrivabile. La semplicità della domanda, nella sua limpida purezza, contiene una forte provocazione su cui riflettere: perché le divisioni? Perché i muri? Perché i confini? Perché gli Stati? Perché? È un tema difficile e interessante da affrontare in classe anche con i bambini ; naturalmente ciò può aver senso solo se la discussione avviene a partire dalle loro esperienze di relazione con i coetanei e con gli adulti.
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Abbiamo concordato che facciamo fatica, qualcuno più qualcuno meno, a dare le nostre cose agli altri ma poi ci accorgiamo che ci piace molto quando gli altri ci mettono a disposizione le loro. Facciamo fatica, qualcuno più qualcuno meno, ad accogliere nuovi amici ma poi diventiamo curiosi, impariamo nuove cose e ci piace giocare insieme.
- Facciamo fatica, qualcuno più qualcuno meno, a invitare a casa nostra amici diversi ma poi, quando se ne vanno, ci sentiamo soli e non avremmo voluto che andassero via.
- Facciamo fatica, qualcuno più qualcuno meno, a metterci d’accordo su nuove regole ma poi ci divertiamo di più a scoprire nuovi modi di giocare e di stare insieme.
Alcuni bambini della classe terza che sto frequentando hanno detto così: “È più bello stare con gli altri e non stare da soli perché si possono condividere tutte le cose che vuoi”. “Se tutto fosse di tutti non si litigherebbe e non si farebbe più la guerra”.
- Sarebbe bello se la terra fosse intera come le persone”.
- A me è venuto da pensare che i loro pensieri assomigliano moltissimo a quelli che sono stati cantati meravigliosamente, anni fa, da John Lennon nell’inno nazionale del pianeta Terra: “Imagine” ( I hope someday you’ll join us and the world will be as one).
Anche per questo, auguro a tutti un buon ascolto dei bambini perché, come scrive Marianella Sclavi “un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili, che accetta e rispetta la divergenza di opinioni e non teme di mettere in discussione le proprie convinzioni e certezze per apprendere soluzioni nuove, creative e condivise”. IL CIELO È DI TUTTI di Gianni Rodari Qualcuno che la sa lunga mi spieghi questo mistero: il cielo è di tutti gli occhi di ogni occhio è il cielo intero. È mio, quando lo guardo. È del vecchio, del bambino, del re, dell’ortolano, del poeta, dello spazzino. Non c’è povero tanto povero che non ne sia il padrone. Il coniglio spaurito ne ha quanto il leone. ed ogni occhio, se vuole, si prende la luna intera, le stelle comete, il sole. Ogni occhio si prende ogni cosa e non manca mai niente: chi guarda il cielo per ultimo non lo trova meno splendente. Spiegatemi voi dunque, in prosa od in versetti, perché il cielo è uno solo
- e la terra è tutta a pezzetti.
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Che cos’è la felicità Gianni Rodari?
In cosa consiste la felicità? La bellissima risposta di Gianni Rodari Vorrei sapere in che consiste la felicità e se si può essere felici tutta la vita? Per essere sicuro di non sbagliare a rispondere, sono andato a cercare in un grosso vocabolario la parola “felicità” ed ho trovato che significa “essere pienamente contenti, per sempre e per un lungo tempo”.
Ma come si fa ad essere “pienamente contenti”, con tutte le cose brutte che ci sono al mondo, e con tutti gli errori che facciamo anche noi, ogni giorno dell’anno? Ho chiuso il vocabolario e l’ho rimesso in libreria, con molto rispetto perché è un vecchio libro e costa caro, ma ben deciso a non dargli retta.
La felicità dev’essere per forza qualche altra cosa, una cosa che non ci costringa ad essere sempre allegri e soddisfatti (e un po’ stupidi) come una gallina che si è riempita il gozzo. Forse la felicità sta nel fare le cose che possono arricchire la vita di tutti gli uomini; nell’essere in armonia con coloro che vogliono e fanno le cose giuste e necessarie.
- E allora la felicità non è semplice e facile come una canzonetta: è una lotta.
- Non la si impara dai libri, ma dalla vita, e non tutti vi riescono: quelli che non si stancano mai di cercare e di lottare e di fare, vi riescono, e credo che possano essere felici per tutta la vita.
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: In cosa consiste la felicità? La bellissima risposta di Gianni Rodari
Quando è stata scritta la poesia promemoria?
Promemoria: la filastrocca di Rodari contro la guerra, illustrata da Guido Scarabottolo in un libro “a rovescio” Di solito, nei libri, le parole stanno dentro e le immagini — un guscio fatto di disegni, grafiche o fotografie, ad attirare l’attenzione e ad evocare, più o meno efficacemente, temi, trame e atmosfere che poi le pagine scritte andranno a raccontare — stanno fuori.
Ma perché, per una volta, non fare l’esatto contrario? Come in una “fiaba a rovescio” di Gianni Rodari, in cui «Cappuccetto Rosso è cattivo e il lupo è buono» oppure «Pollicino vuol scappare di casa con i fratelli, abbandonando i poveri genitori: i quali però hanno l’accortezza di fargli un buco nella tasca prima di riempirgliela di riso, che poi si sparge sul sentiero della fuga», come suggerì lui stesso in,E, già che ci siamo, perché non farlo proprio con Rodari, prendendo una delle sue filastrocche più celebri, Promemoria, e mettendola per intero in copertina, accompagnata solo da poche pennellate colorate?Va bene, d’accordo, ma dentro cosa mettiamo? Sarebbe poi davvero un libro, se avesse solo la copertina?Dentro ci metteremo dei disegni, ovviamente.
E di un autore che probabilmente Rodari avrebbe molto apprezzato (fin dal cognome, che sembra uscito da una delle sue storie). Uno di quelli che con poco riesce a dire molto, e che il molto riesce a sintetizzarlo in un nonnulla più profondo del mare. Uno di quelli, insomma, che del segno fa poesia.
Mica ce ne sono molti, così Me ne viene in mente uno:, «Lo sapevo che prima o poi mi capitava di fare delle illustrazioni per Gianni Rodari», «Per un illustratore Gianni Rodari è un po’ come le sedie per gli architetti: prima o poi bisogna farne una». Gianni Rodari, Guido Scarabottolo, “Promemoria”, Einaudi Ragazzi, 2022(foto: Frizzifrizzi) Gianni Rodari, Guido Scarabottolo, “Promemoria”, Einaudi Ragazzi, 2022(foto: Frizzifrizzi) Ed è così che è nata questa insolita edizione di, attualissima filastrocca contro la guerra uscita per la prima volta nell’85 (quando il grande Rodari era già scomparso da cinque anni) nella raccolta Il secondo libro delle filastrocche, in cui Einaudi infilò opere ancora inedite oppure già apparse su qualche rivista, e da allora diventata una sorta di patrimonio collettivo, inserita in antologie per la scuola, musicata, recitata, diventata oggetto di laboratori creativi, copia-incollata sui social network ogni volta che nel mondo si sente odore di polvere da sparo e di sangue.
Armato di matite, pennarelli e strani pennelli, Scarabottolo ha dato la sua interpretazione di Promemoria in tredici tavole dove le parole semplici, dirette e precise di Rodari volano leggere ma potenti tra scenari fantastici ed elementi familiari, stuzzicando lettrici e lettori a viaggiare nella Fantastica («cardine tra la fantasia e la ragione» come scrive Vanessa Roghi nell’indispensabile ), territorio tanto caro allo scrittore di Omegna, che qui, alla ragione, consegna l’invito a riflettere sull’assurdità della guerra.
Cosa significa il cielo non ha muri?
“Il cielo non ha muri” di Agustìn Fernàndez Paz, Piemme Ai bambini si può parlare di tutto. La moda dell’edulcorazione stile disneyano – una parentesi rosa tra le fiabe tradizionali è l’odierna letteratura per l’infanzia – è passata. E, aggiungerei, per fortuna.
Ai bambini quindi si possono raccontare anche le brutture della storia, le storture dell’essere umano, l’ingiustizia, la discriminazione, la violenza e il sopruso. Non perché smettano di sognare, di giocare e di essere bambini, ma esattamente per il motivo contrario: perché essendo bambini siano in grado di immaginare un mondo diverso, più giusto, più colorato; e crescendo poi abbiano la possibilità di conservare questa visione e magari, almeno in parte, lottare perché si realizzi.
Libri che seminano quindi, che scavano ampi solchi entro cui far germogliare la consapevolezza, la curiosità, l’interesse, l’impegno. Perché i piccoli sappiano che stanno ricevendo in eredità – ahimè – un mondo imperfetto ma che hanno il potere, se sapranno guardare al domani con ottimismo e volontà, di cambiarlo.
Il cielo non ha muri” di Agustìn Fernàndez Paz, edito da Piemme nella collana per l’infanzia Il battello a Vapore è un garbato, ma non morbido né rarefatto, racconto di presa di coscienza e ribellione. Una storia di fantasia che, pur nella sua lievità e delicatezza, si aggancia con forza alla realtà e sprona i piccoli a conoscere per cambiare le cose e i grandi a riflettere e ragionare.
I muri, qui narrati senza luogo né tempo preciso, si collegano alle tante barriere che nella storia l’uomo ha fisicamente innalzato per dividere e separare, ma anche a quelle del pensiero che discriminano e giudicano e che sono oltremodo pesanti, pur se composte di idee e non di mattoni.
- Razzismo, pregiudizio, diversità di religione, idee politiche, stili di vita, comportamenti socialitroppe sono le categorie che la razza umana ha posto a giustificare le divisioni, le guerre, gli odi, le violenze.
- E in nome di queste si è sentito in diritto di perseguitare, ghettizzare, uccidere, ma anche, più semplicemente, infamare e denigrare altre persone.
Quando la verità, che nessuno ha il coraggio di guardare in faccia, è che l’animo umano – il cuore, la mente, il pensiero, l’essenza della vita – è della stessa materia impalpabile del cielo e quindi non può essere ingabbiato da alcun muro. Come l’amore e l’amicizia, che anche quando si cerca di contenerli, come l’acqua filtrano da tutte le fessure.
- Questa è la storia di Helena e Adrian, che sono due bambini che si vogliono bene.
- Vivono in un paese dapprincipio bellissimo, dove sono liberi di giocare ed andare a scuola insieme, ritrovarsi in un prato verdeggiante all’ombra di un’ imponente quercia sognando e scambiandosi i propri desideri.
- A nessuno dei due importa che abbiano un colore diverso di pelle, ad esempio, che vestano abiti di fattura differente, che abitino in zone della città opposte, e via dicendo.
Queste sono tutte distinzioni insignificanti perché ciò che conta è il piacere di stare insieme, condividere e avere un cuore che batte secondo un ritmo simile. Ma un brutto giorno gli adulti decidono che non si può più vivere tutti insieme. Il motivo non è chiaro, ma noi lettori possiamo immaginare qualche sciocchezza che fa rima con razza, ceto sociale, religione, ricchezza e povertà, giudizio e pregiudizio.
Helena e Adrian, come è giusto che sia, non ne sanno nulla e quindi assistono con terrore all’innalzamento di un grosso muro, ascoltano i divieti a frequentarsi, assistono agli sberleffi della gente arrogante verso gli altri, quelli più deboli e discriminati, sentono, come una corrente che passa maligna lungo le strade, il dissapore, il desiderio di vendetta, il fanatismo.
E, dall’altra parte, l’umiliazione, l’offesa, la lesa dignità, la paura. I due bambini non vogliono rassegnarsi e cominciano ad escogitare sotterfugi per potersi prima vedere senza toccarsi, poi parlare senza vedersi. Finché non potranno far altro che pensarsi con la sola consapevolezza che per loro nulla è cambiato e che l’affetto non conosce barriere.
- Quando poi ogni mezzo per entrare in comunicazione sembrerà essere fallito, l’ultima idea sarà la vincente.
- E sarà un’idea che vola nel cielo, che ricorda che i muri non possono toccare le nuvole e che nessuno potrà mai innalzarne di definitivi, né fisici né nel cuore delle persone.
- Un romanzo semplice ma profondo, facile alla lettura ma significativo.
Scorrevole e lineare ma allo stesso tempo carico di spunti di riflessione, di tracce, di simboli e rimandi. Un piccola parabola gentile dei tanti orrori della storia, passata e presente.
Un monito e un invito, una condanna e una speranza.E anche un impegno che spero i piccoli lettori di queste pagine – impreziosite dalle deliziose e vivaci illustrazioni di Desideria Guicciardini, così in sintonia con il giocoso spirito bambino – vorranno prendere su di sé: crescere e contribuire affinché il futuro veda cadere tutti i muri, quelli fatti di cemento e quelli composti dalle idee.(età consigliata: dai sette anni) Se il libro ti piace, compralo qui:
: “Il cielo non ha muri” di Agustìn Fernàndez Paz, Piemme
Dove il cielo è la terra si toccano?
Questo video è stato realizzato nel Salar de Uyuni, in Bolivia, ed è il luogo in cui si dice che cielo e terra si incontrino. Si scopre che per gran parte dell’anno, il salar (un deposito naturale di sale a
Qual è la tua idea di felicità?
Cos’è la felicità per la scienza – Esatto, hai letto bene. La felicità, finalmente, è diventata una materia di studio, Lo è diventata quando alcuni psicologi hanno mosso dei passi verso lo studio delle emozioni positive e non solo dei disturbi e problemi causati da menti malfunzionanti e malattie.
È un’ esperienza presente di un insieme di sensazioni positive e strutturate unite all’utilità e al significato
Questi sono tutti elementi importanti per comprendere come costruirla e ne parliamo dopo, perché prima voglio dire la mia.
Quanti tipi di felicità esistono?
I tre tipi di felicità – Seligman e il gruppo di ricercatori da lui guidato riconduce i risultati degli studi condotti su cosa è la felicità a 3 tipologie di vita:
la vita ricca di piacerela vita ricca di ingaggiola vita ricca di significato
Ognuna di queste tre tipologie di felicità porta ad una condizione di benessere. Ciò che cambia è come ci si arriva (e vedremo anche quali dei diversi tipi di benessere si trasformano in prosperità). La vita ricca di piacere Il primo tipo di felicità è quello legato alle esperienze piacevoli ed alle emozioni positive.
Qual è il concetto di felicità?
La felicità è quell’ insieme di emozioni e sensazioni del corpo e dell’intelletto che procurano benessere e gioia in un momento più o meno lungo della nostra vita. Se l’uomo è felice, subentrano anche la soddisfazione e l’appagamento.
Qual è la prima poesia italiana?
Ma è il Cantico di Frate Sole o Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi ad essere considerato il più antico componimento in volgare italiano.
Come si pronuncia Rodari in italiano?
Giovanni Francesco Rodari, detto Gianni (pronuncia Rodàri, /roˈdari/; Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980), è stato uno scrittore, pedagogista, giornalista e poeta italiano.
Chi ha inventato la prima poesia?
Poesia antica e moderna – Il sommo poeta, uno dei più importanti letterati fiorentini ed italiani La poesia è nata prima della scrittura: le prime forme di poesia erano orali, come l’antichissimo canto a batocco dei contadini e i racconti dei cantastorie, Nei paesi anglosassoni la trasmissione orale della poesia era molto forte e lo è ancor oggi.
- Successivamente fu accompagnata dalla lira, strumento musicale utilizzato a quell’epoca.
- La prima poetessa della storia di cui si abbia notizia fu la sacerdotessa sumera Enheduanna, vissuta nella Mesopotamia del XXIV secolo a.C.
- Nell’età romana la poesia si basava sull’alternanza tra sillabe lunghe e sillabe brevi: il metro più diffuso era l’ esametro,
Essa doveva essere letta scandendola rigorosamente a tempo. Dopo l’XI secolo il volgare, da dialetto parlato dai ceti popolari viene innalzato a dignità di lingua letteraria, accompagnando lo sviluppo di nuove forme di poesia. In Italia la poesia, nel periodo di Dante e Petrarca si afferma come mezzo di intrattenimento letterario e assume forma prevalentemente scritta: intorno alla fine del quattrocento prese piede anche la poesia burlesca,
Nel XIX secolo, con la nascita del concetto dell’arte per l’arte, la poesia si libera progressivamente dai vecchi moduli e compaiono sempre più frequentemente componimenti in versi sciolti, cioè che non seguono alcun tipo di schema e spesso non hanno nemmeno una rima. Via via che la poesia si evolve, si libera da schemi obbligati per poi diventare forma pura d’espressione.
Il concetto di poesia oggi è molto diverso da quello dei modelli letterari; molta della poesia italiana contemporanea non rientra nelle forme e nella tradizione, e il consumo letterario è molto più orientato al romanzo e in generale alla prosa, spostando la poesia verso una posizione secondaria.
Perché il cielo non è viola?
processo fisico – Il sole emette luce bianca, che è composta da luce di tutti i colori: rossa, arancione, gialla, verde, blu e viola. La luce è un’onda e ciascuno di questi colori corrisponde a una frequenza diversa e quindi a una diversa energia della luce.
- I colori nello spettro dell’arcobaleno sono organizzati in base alle loro frequenze/energie: la luce viola è quella più energetica, poi viene la blu, poi la verde, poi gialla, arancione e rossa che è la meno energetica.
- In realtà subito dopo c’è anche la radiazione infrarossa che non vediamo ma sentiamo con la nostra pelle quando siamo al sole (ma anche vicino ad un termosifone).
Quando la luce bianca del sole splende attraverso l’atmosfera terrestre, si scontra con le molecole di gas. Queste molecole diffondono la luce ma non tutte le energie/colori della luce si scontrano (scatterano) allo stesso modo. La luce più energetica “scattera” e quindi viene diffusa molto di più (circa dieci volte tanto).
- Quindi immaginiamo che ci siano 7 colori e 10 raggi di luce per ogni colore; avremmo che i raggi rossi passano senza sbattere e raggiungono la terra mentre quelli blu cominciano a scontrarsi con le molecole del gas atmosferico.
- Inoltre dopo questo primo urto con le molecole dell’aria la luce blu entra in una specie di “flipper” perchè la frequenza della luce blu, è più vicina alla frequenza di risonanza degli atomi e delle molecole che compongono l’aria.
L’oscillazione naturale delle molecole dell’aria è ad una frequenza persino superiore alla frequenza della luce blu. La luce blu ha una energia simile a quella di risonanza delle molecole dell’aria questo fa sì che la luce blu venga nuovamente irradiata in tutte le direzioni in un processo chiamato scattering.
- La luce rossa invece non si disperde e continua nella sua direzione originaria.
- Quando guardi in alto nel cielo vedi proprio la luce blu diffusa.
- Cosa succede invece al tramonto? Quando il sole è all’orizzonte, la sua luce passa per più strati di atmosfera prima di arrivare ai tuoi occhi rispetto a quando il sole è direttamente sopra la testa.
In tutti questi strati anche la luce meno energetica si è diffusa e la voce che vedi è arancione rossastra. La luce viola ha una lunghezza d’onda ancora più corta della luce blu: si disperde anche più della luce blu. Allora perché il cielo non è viola? Perché non ce n’è abbastanza luce viola fin dall’inizio.
Cosa significa toccare il cielo?
CORRIERE DELLA SERA.it – Forum – Scioglilingua Toccare il cielo con un dito Il cielo, non solo spazio che contiene nuvole e stelle ma sede per antonomasia della divinità, è protagonista anche di molti modi di dire come l’affine “essere al settimo cielo”,
“Essendovene sette, come sapete, cioè: il cielo della carrozza; il cielo del forno; il cielo dov’ è il sole e la luna; il ciel del cortinaggio; il ciel dell’ acqua, che è quello quando piove, dicendosi per proverbio, E’ rovina il ciel d’ acqua; il cielo dove non arrivano i ragghi d’ asino; ed il cielo che toccano col dito i fortunati”,
In tal guisa, il 6 settembre 1654, Lorenzo Panciatichi (accademico della Crusca) commentava beffardamente un sonetto del Bracceschi in occasione di uno “stravizio”. La locuzione, col significato di raggiungere il massimo di quanto uno desidera, è usata fin dall’antichità, l’equivalente latino è digito coelum attingere”, lo troviamo in Cicerone nell’epistole ad Attico ma è ripreso anche nei secc.
- XV come si può notare dalle sacre rappresentazioni dei secc.
- XIV, XV e XVI, raccolte dal D’Ancona, dove Quintiano dice a S.
- Teodora: “Ti sarò sempre benigno e umano/ E al mondo farotti tal onore/ Che quasi il ciel toccherai con tua mano”.
- Il modo di dire è presente non solo nel linguaggio colto ma anche in quello villereccio come citato da Pico Luri di Vassano: “Quella zitella che prese marito, Mangiò ben presto il pane tribolato; E si credea toccare il ciel col dito”.
Personalmente sono convinta che questo modo di dire si perda nella notte dei tempi allorché un essere umano, avendo raggiunto l’apice della felicità, ha pensato che il cielo, inteso come luogo di beatitudine, era a portata di mano. Curiosità: Il carattere cinese t’ien significa cielo e Tien an men (nome di una tristemente famosa piazza ) vuol dire “altare del Paradiso”.
Quando fa tre metri sopra il cielo?
Quando va in onda Tre metri sopra il cielo – Tre metri sopra il cielo (conosciuto anche con l’acronimo 3MSC ) va in onda nella prima serata di mercoledì 10 agosto 2022, su La5, alle 21:10. Offerta Tre metri sopra il cielo
Regista: Luca Lucinivarie (Attore)varie (Direttore)Valutazione del Pubblico: Non valutato
Perché la terra non si avvicina al Sole?
Tutte le cose si attraggono – Tutti i corpi che hanno una massa, come una mela, un sasso, la Terra, i pianeti e il Sole, si attraggono tra loro. Per questo la mela cade dall’albero: perché la mela e la Terra si attraggono. Dato che la Terra è molto più grande della mela, è la mela che si muove verso la Terra e non viceversa.
Quanto siamo distanti dal cielo?
Il cielo, le stelle, i pianeti e perfino il nostro Sole a volte ci sembrano a “portata di mano”, ma la realtà è molto diversa da quello che immaginiamo. visto che non ci rendiamo conto della distanza che può esistere tra due corpi celesti. Ad esempio, qual è la distanza tra la Terra e il Sole ? La distanza dalla Terra al Sole è chiamata unità astronomica (o AU), ed è stata presa in considerazione per misurare le distanze in tutto il Sistema Solare.
- Il nostro pianeta, quindi, è distante da un minimo di circa 147 milioni di chilometri (durante il perielio) a un massimo di circa 152 milioni di chilometri (afelio).
- Una unità astronomica, per arrotondare, è pari a 150.000.000 chilometri.
- Come ben sappiamo, infatti, l’orbita della Terra non è un cerchio perfetto e ha la forma più simile a un ovale o un’ellisse.
Per questo motivo nel corso di un anno, il pianeta si sposta a volte più vicino al Sole ( perielio ) e talvolta più lontano ( afelio ). Nel nostro Sistema Solare l’unità astronomica viene utilizzata come unità di misura per la distanza con gli altri pianeti: Giove si trova a 5,2 UA dal Sole, Nettuno ha un’incredibile distanza di 30,07 AU, mentre la distanza dalla stella più vicina, Proxima Centauri ( dove recentemente è stato captato un segnale radio davvero misterioso ), è di circa 268.770 UA.
Come è fatto il cielo?
Perchè il cielo è blu – base Non c’è dubbio che sia stato proprio il bel colore blu ad ispirare Manzoni nella descrizione, nei Promessi Sposi, di ” quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello, così splendido, così in pace “. Ad un fisico, tuttavia, il cielo pone riflessioni più prosaiche: perché il cielo è blu? E perché il Sole, al tramonto, appare rosso? Com’è noto, la luce visibile di color bianco proveniente dal Sole è composta dalla sovrapposizione di onde elettromagnetiche di diverse lunghezza d’onda che variano dai 380 nm della radiazione che percepiamo come violetta, fino ai 720 nm della radiazione che ci appare rossa, passando per il blu, verde, giallo, arancio.
Una volta raggiunta la Terra, un raggio solare interagisce con l’atmosfera. Quest’ultima è composta per il 78% da azoto e per il 21 % da ossigeno. Sono anche presenti argon, acqua (in forma di vapore, goccioline e cristalli di ghiaccio) e particelle solide (polveri, ceneri dai vulcani e sale dal mare).
Gli effetti dell’interazione tra luce ed atmosfera dipendono dalla lunghezza d’onda della radiazione e dalle dimensioni degli oggetti su cui questa incide. Le particelle di polvere e le goccioline d’acqua sono molto più grandi della lunghezza d’onda della luce visibile: in questo caso la luce viene riflessa in tutte le direzioni allo stesso modo, indipendentemente dalla propria lunghezza d’onda.
Le molecole di gas hanno dimensioni inferiori e la luce si comporta diversamente a seconda della sua lunghezza d’onda. La luce rossa ha una lunghezza d’onda maggiore e tende a “scavalcare” le particelle più piccole senza “vederle”; questa luce, dunque, interagisce molto debolmente con l’atmosfera e prosegue la sua propagazione rettilinea lungo la direzione iniziale.
Al contrario, la luce blu ha una lunghezza d’onda inferiore e si “accorge” della presenza delle molecole da cui è infatti riflessa in tutte le direzioni (fu Einstein a dimostrare nel 1911, contrariamente a quanto si credeva in principio, che erano proprio le molecole, e non le polveri in sospensione, la causa della diffusione).
- Questa diffusione differenziale dipendente dalla lunghezza d’onda è chiamata, in inglese, Rayleigh scattering (da Lord John Rayleigh, il fisico inglese che per primo la descrisse nella seconda metà dell’Ottocento).
- Più precisamente, la quantità di luce diffusa è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda.
Ne consegue che la luce blu è diffusa più di quella rossa di un fattore (700/400) 4 ~ 10. Proprio nel Rayleigh scattering risiede la risposta alle domande che ci siamo posti all’inizio. Nell’attraversare l’atmosfera, la maggior parte della radiazione di maggior lunghezza d’onda prosegue la sua traiettoria rettilinea. La luce rossa, arancione e gialla viene influenzata solo in minima parte dalla presenza dell’aria.
Al contrario, la luce blu è diffusa in tutte le direzioni. In qualunque direzione si osservi, parte di questa luce giunge ai nostri occhi. Il cielo, pertanto, appare blu. Vicino all’orizzonte il cielo è di un azzurro più chiaro perché la luce, per raggiungerci da questa direzione, deve attraversare più aria e viene diffusa maggiormente; pertanto siamo raggiunti da una minor quantità di luce blu.
Le nuvole e la nebbia ci appaiono bianche perché consistono di particelle più grandi delle lunghezze d’onda della radiazione visibile, e diffondono tutti i colori allo stesso modo. Tuttavia, in particolari condizioni, è possibile che in aria si trovino in sospensione particelle più piccole.
Alcune montagne sono famose per le loro foschie blu (ad es. a Les Vosges in Francia). In questo caso gli aerosol di terpene rilasciati dalla vegetazione reagiscono con l’ozono dell’atmosfera formando particelle di circa 200 nm adatte a diffondere la luce blu. A volte, l’incendio di una foresta o un’eruzione vulcanica possono riempire l’atmosfera con particelle delle dimensioni di 500-800 nm.
Queste particelle sono pertanto in grado di diffondere la luce rossa, provocando un effetto opposto a quello usuale. In questo caso è la luce rossa ad essere diffusa via dal raggio incidente e questo provoca, in alcuni casi, una colorazione blu della Luna.
Se fossimo sulla Luna, a causa dell’assenza di atmosfera (e della diffusione ad essa connessa), il cielo apparirebbe nero e il Sole sarebbe bianco. Sulla Terra, invece, in conseguenza del Rayleigh scattering, parte della componente blu è rimossa dai raggi diretti del Sole che pertanto ci appare giallo.
- Questo effetto è amplificato al tramonto, quando il Sole è vicino all’orizzonte.
- I raggi solari diretti attraversano uno strato maggiore di atmosfera e vengono maggiormente impoveriti della componente blu.
- Il Sole, dunque, diventa sempre più rosso man mano che il tramonto procede.
- Le immagini inviateci dalle sonde Viking nel 1977 e Pathfinder nel 1997 hanno mostrato che il cielo visto da Marte appare rosso.
Questo è dovuto alla polvere ricca di ossido di ferro (che appare rosso), sollevata durante le bufere che si verificano di tanto in tanto sul pianeta rosso (come viene appunto soprannominato Marte). Il colore del cielo marziano dipende dunque dalle condizioni atmosferiche.
Che colore ha la felicità?
Ed è infatti il blu ad essere il colore della felicità per il biologo Wallace J. Nichols: un colore che si unisce all’orizzonte cielo e mare. Evoca una rassicurante sensazione di libertà nonché di felicità.
Qual è il vero segreto della felicità?
Il segreto della felicità è più semplice di quello che pensate Getty Il segreto della gioia è più facile da trovare di quanto non si possa pensare. Per essere felici basta volerlo. Anche solo provare ad esserlo aiuta il benessere. Lo sostengono due ricerche pubblicate sul Journal of Positive Psychology.
I ricercatori Yuna L. Ferguson dello Knox College e Kennon M. Sheldon dell’Università del Missouri hanno scoperto, nel corso di due esperimenti, che basta il pensiero per vivere meglio. Nel primo esperimento, gli studiosi hanno fatto ascoltare a 167 studenti del college ” di Copland, generalmente considerata musica “allegra”.
Gli studenti sono stati divisi in due gruppi. Al primo è stato chiesto di fare uno sforzo consapevole di sentirsi felici, mentre al secondo è stato “chiesto di evitare ogni sforzo cosciente di alterare il proprio umore, di rilassarsi e anzi di osservare passivamente le proprie reazioni”.
I ricercatori hanno scoperto che i partecipanti a cui era stato chiesto di provare a sentirsi felici – e che avevano ascoltato una musica gioiosa – avevano i livelli di umore più alti. “Ciò dimostra che – si legge nella ricerca – associare le proprie intenzioni a un metodo appropriato è importante nel migliorare l’umore”.
L’altro esperimento è stato condotto su un periodo di tempo più lungo, e ha coinvolto 68 studenti a cui sono stati fatti ascoltare diversi generi di musica “positiva” nel corso di due settimane. I ricercatori li hanno divisi in due gruppi: a uno è stato chiesto di concentrarsi sul sentirsi felici, all’altro è stato detto di non fare alcuno sforzo di esserlo.
Ancora una volta, il gruppo a cui è stato chiesto di concentrarsi ha ottenuto una spinta decisamente superiore al benessere rispetto a quello a cui non era stato chiesto. Cercare di essere felici, conclude la ricerca, potrebbe rappresentare un metodo efficace per ottenere vantaggi per la propria salute, soprattutto quelli che derivano da un senso di benessere e da un atteggiamento positivo.
La felicità viene spesso legata a condizioni psicofisiche ottimali, a un livello superiore di soddisfazione nel rapporto con il partner, a una minore vulnerabilità alle malattie, nonché a una vita più lunga. Stati di rabbia prolungata, al contrario – insieme ad altre emozioni negative –, sono in grado di incidere significativamente sulla nostra salute, fisica e mentale.
Tanto che una ricerca dell’Università di Granada del 2012 ha scoperto che un atteggiamento pessimista o fatalista verso il passato, presente e futuro viene associato a una più bassa qualità della vita, e a una percezione più negativa della propria salute. Tuttavia i ricercatori hanno anche notato che le buone intenzioni di per sé non bastavano ad accrescere la felicità, ma che dovevano essere sostenute da attività che la favorissero.
Quindi il senso è: sommare il desiderio della felicità ad attività positive come l’esercizio, il sonno e l’interazione sociale serve ad elevare il tuo umore, e a migliorare la tua prospettiva di vita. “Chiaramente non possiamo alterare il patrimonio genetico o le circostanze specifiche delle nostre vite”, scrivono gli autori, “ma potremmo essere in grado di modificare intenzionalmente il nostro comportamento in modo tale da migliorare il nostro benessere”.
Cosa vuol dire come in cielo così in terra?
Come in cielo, così in terra Per ben intendere quale fosse il concetto e il significato di giustizia nell’antica Grecia e nell’antica Roma risulta per prima cosa necessario analizzare etimologicamente il significato originario di molti termini che noi tendiamo a inglobare e tradurre senza evidenziare le necessarie differenze che intercorrono tra essi.
Con il termine Themis si intende una legge di origine sovrannaturale e trascendente, precedente alla comunità stessa; Themis è la legge umana e naturale che viene posta all’uomo dall’alto in quanto dettata dagli dei (dal verbo greco tithemi, ‘porre’). Sulle origini etimologiche di Dike, invece, si è a lungo dibattuto: oggi si tende ad attribuire al termine il duplice significato di ‘giudizio, decisione’ e di ‘comportamento giusto e corretto’.
Si associa, dunque, a questo termine un significato prettamente giuridico, ma tale interpretazione potrebbe causare ulteriori problemi e fraintendimenti: infatti, risulta necessario riconoscere un legame, legittimato dal mito, tra Themis e Dike, sottraendo quest’ultima al campo meramente giuridico e pragmatico.
Dike, da interpretare come giustizia umana, diventa il legame tra l’ordine cosmico e religioso espresso da Themis e gli interessi del singolo e della comunità. Themis, quindi, sotto certi aspetti diventa comprensibile e vicina agli uomini grazie a Dike e di quest’ultima rappresenta la fonte, l’ archè : nel mito, questo rapporto è espresso dal fatto che Dike sia considerata figlia di Zeus e Themis.
Nomos è, invece, è la legge dell’uomo, che si contrappone o si identifica, secondo le diverse visioni e prospettive, con la legge naturale fin qui analizzata; è la ratificazione di norme, l’ordine espresso dalla legge, «il testo visibile della giustizia» (Cacciari-Irti 2019).
- Ora il problema risiede nell’individuare il rapporto tra Nomos e Dike, tra potere e giustizia, tra legge dello Stato e legge interiore, nel cogliere questo rapporto nella sua evoluzione storica e nel ricostruire le riflessioni che su di esso sono state elaborate nel corso del tempo.
- La nascita del nomos è successiva alla nascita stessa della polis ed è strettamente legata a essa in quanto il suo fine è evitare controversie tra gli uomini della comunità.
Nell’antica polis vi era una perfetta coincidenza tra nomos, ovvero il diritto codificato, e dike, ovvero la giustizia come valore assoluto, trascendente e antecedente il nomos stesso. Rispettare il nomos, quindi, significava rispettare la dike e allo stesso modo trasgredirlo voleva dire andare contro l’ordine prestabilito dagli dei e commettere atto empio.
Il potere della città e la forza delle leggi, dunque, trovavano una giustificazione e legittimazione in nome di un ordine superiore, dettato dagli dei e per questo sacro e inviolabile: in questo oggi possiamo accusare un uso strumentalizzato, secondo il modello machiavelliano, della religione, chiamata a giustificare l’applicazione di un sistema politico, ma in realtà è opportuno tenere a mente che questa dimensione rappresentava per gli antichi greci e gli antichi romani la dimensione reale ed effettiva delle cose e, dunque, era per loro naturale considerare la legge e il potere costituito come l’espressione della volontà divina.
Ripercorrere la storia per comprendere quando e dove sia avvenuta l’innegabile spaccatura tra nomos e dike non è certo compito facile e immediato. Luogo in cui si manifestano, anche secondo l’opinione di Hegel, i laceranti conflitti dialettici che la cultura e la polis greca custodiscono segretamente al loro interno è il teatro, e in particolare la tragedia.
- Così, Sofocle, mettendo in scena la sua avvincente e temeraria Antigone, mostra a tutti i suoi spettatori l’esistenza di un conflitto insanabile, quello tra legge interiore e legge di Stato.
- Antigone è considerata da Hegel la spaccatura, l’antitesi, la negazione dell’eticità greca in cui l’individuo viveva in perfetta armonia con la polis, con la natura e con la divinità: l’eroina non sente più sue le leggi della polis, leggi stilate da uomini, rappresentati in questo caso dalla figura dello zio Creonte.
Non vuole obbedirvi perché le avverte ormai immensamente distanti e diverse dalle leggi che gli dei, il suo cuore, il suo sangue e la sua moralità le dettano. Di fronte a questa spaccatura tra nomos e dike, di fronte a una legge sbagliata, Antigone sceglie, d’impulso ma comunque con grande consapevolezza, di seguire le leggi divine, molto più antiche, certamente più forti e importanti di quelle fissate dagli uomini e totalmente coincidenti con i valori che sente crescere dentro di sé.
- Tuttavia, davanti a questa spaccatura, quella di Antigone non è l’unica via percorribile: la sorella Ismene, ad esempio, sceglie di non seguirla e di rispettare la legge.
- Un ulteriore esempio ci è fornito dal comportamento di Socrate alla sua morte, narrataci da Platone nel Critone : Socrate decide di rispettare fino alla fine quelle leggi umane che ingiustamente l’hanno condannato a morte, decide di non tradirle in nome di un principio più grande, ovvero la necessità di preservare, custodire e obbedire alla polis in qualunque caso.
Socrate avverte costantemente la presenza delle leggi e immagina che queste gravino e veglino su di lui, controllando il suo operato e quello di tutti gli altri cittadini, e proprio per questo motivo Platone concede loro la parola con l’espediente della prosopopea.
La scissione, nel caso di Socrate, può considerarsi già avvenuta, in quanto le leggi della città discordano con ciò che è realmente giusto e morale, ma in relazione a tale incoerenza l’atteggiamento di Socrate è totalmente diverso da quello adottato da Antigone e simile, invece, seppur vissuto con maggior cognizione di causa, consapevolezza e coraggio, a quello adottato dalla rispettosa Ismene.
Antigone e Socrate, pertanto, rappresentano due modi antitetici di porsi di fronte all’ingiustizia del nomos, che, scisso dalla dike, diventa contestabile e opinabile. Un’altra spaccatura nel mondo antico avviene con i sofisti, che, forse per primi da un punto di vista filosofico, affermano e determinano la scissione tra nomos e dike, separando dunque il primo da qualsiasi richiamo alle leggi di natura o ai legami religiosi ed etici, che rimangono invece prerogative della seconda.
Teorizzando un relativismo gnoseologico per cui non esistono una verità assoluta e un bene assoluto, ma solamente verità individuali e fini egoistici, si giunge alla conclusione che non possono esistere leggi oggettive, valide e giuste per tutti. La polis, dunque, diventa, lo scenario di una continua lotta tra interessi egoistici e discordanti.
Compito dei sofisti, spesso e a lungo criticati per la loro attività, era insegnare ai propri alunni l’arte del persuadere per far trionfare le proprie ragioni su quelle altrui. Appurata la scissione tra leggi dello stato e leggi di natura e ormai lontani da quel senso di armonia della bella eticità greca, resta da capire secondo quali meccanismi e con quali fini vengano emanate tali leggi, ormai considerate, almeno dai sofisti, slegate dalla dike.
Nella Repubblica Platone mette in scena un dialogo tra Socrate e Trasimaco e attribuisce al secondo l’idea secondo la quale le leggi, considerate erroneamente il “giusto”, sono solo l’espressione dell’utile dei potenti: non sono giuste in senso assoluto o per tutti gli uomini, ma vengono spacciate per tali da chi dimostra di essere superiore agli altri.
Le leggi civili esprimono gli interessi individuali di pochi, dei potenti, dei governatori, ma allo stesso tempo vengono considerate espressione di giustizia, lasciando che quest’ultima assuma un carattere ipocrita e strumentale. Secondo questa prospettiva, la legge non rimane sempre invariata, cosa che accadrebbe se fosse espressione dell’immutabile legge di natura, ma cambia continuamente per meglio esprimere e soddisfare gli interessi di chi conquista il potere ed esercita la sua influenza.
Ciò emerge chiaramente anche da una riflessione di Nietzsche, che così si esprime nell’aforisma 472 di Umano, troppo umano : «Nessuno sentirà verso una legge altro obbligo che quello di inchinarsi per il momento al potere che avrà introdotto la legge, per poi subito rivolgersi a minarla con un nuovo potere, con una maggioranza di nuova formazione».
Secondo l’opinione di Callicle (espressa ancora una volta in un’opera di Platone, il Gorgia ) le leggi civili sono, anche in questo caso, lontane dalle leggi di natura ed espressione della volontà di chi comanda, ma chi comanda nella sua prospettiva non è il più forte, bensì il più debole.
I deboli, attraverso le leggi, fanno in modo di tenere sotto controllo le personalità forti, che, in caso contrario, non avrebbero difficoltà a prevalere; in questo modo, propugnano un ideale di uguaglianza che, nell’ottica di Callicle, è contro natura: in natura, per gli uomini così come per gli animali, vige la regola del più forte, ma tale norma viene oscurata e nascosta dalle leggi civili, che i deboli adottano per evitare che affiori in superficie.
Nel De officiis, Cicerone ci fornisce un’ulteriore prospettiva per analizzare l’utile: infatti, se questo è considerato dal soggettivismo sofistico variabile da uomo a uomo, egli invece vi riscontra la presenza di leggi universali, dunque valide per tutti i cittadini: l’utile segue le leggi di natura e non può coesistere con il turpe, ma è al contrario in tutto ciò che è buono e onesto, finendo in tal modo per coincidere con il sommo bene, il bene di tutta la comunità.
Dato che è secondo natura seguire l’utile e in questo consiste la virtù, le leggi tendono naturalmente a questo fine e mirano alla conservazione della comunità tutta e al conseguimento dell’utile comune, che è sempre preferibile a quello personale. Quindi, vi è un ritorno a una dimensione che assomiglia a quella originaria della polis greca, un ritorno del nomos all’interno dei confini della dike o comunque all’interno di un interesse comunitario e condiviso.
Tuttavia, è bene considerare che Cicerone vive nel pieno dell’età repubblicana e, figlio del suo tempo, ha inevitabilmente una visione di giustizia differente rispetto a quella che andrà ad affermarsi nel periodo imperiale: l’adempimento della legge era strettamente connesso all’applicazione del mos maiorum e dunque era massima aspirazione per tutti i cittadini e gli uomini di Roma.
Quando la Repubblica cade, con l’inaugurarsi dell’età imperiale, la prospettiva muta significativamente: il Senato perde importanza e influenza, le decisioni e le emissioni di leggi spettano al principe o a un consiglio ristretto, che svolge comunque un ruolo consultivo e non decisionale, e qualsiasi infrazione della legge è punita con una repressione più dura rispetto a quella dell’epoca repubblicana.
Lo Stato cade inesorabilmente nelle mani di un singolo uomo e la sua stessa esistenza dipende dalla sola volontà di questi. Nel periodo imperiale si attestano prìncipi buoni, moderati, rispettosi della tradizione e dei buoni valori che in essa si incarnano, ma anche governatori crudeli e dispotici, le cui decisioni possono risultare poco condivisibili, ingiuste e immorali.
Ancora una volta, ricorre il problema del comportamento di uomini e cittadini di fronte a un potere dispotico e della conservazione di una virtus anche in relazione a esso. Un esempio ci viene fornito da Tacito, che nel suo De vita Iulii Agricolae traccia un elogio della figura del suocero, sottolineandone i successi, il carattere e le grandi virtù.
Agricola è, secondo il parere di Tacito, un illustre esempio del comportamento che ogni buon cittadino deve tenere nei confronti di un potere dispotico e spesso ingiusto, in questo specifico caso quello di Domiziano: in nome del benessere e del vantaggio dello Stato, bisogna disporsi su una via intermedia, evitando l’avventato e vile servilismo, ma anche l’ostentata opposizione e resistenza al potere, che, seppur coraggiosa, nell’ottica di Tacito non giova allo Stato; bisogna mantenere una certa libertà di riflessione e di azione, senza però porsi in aperto contrasto.
Ai giorni nostri, un esempio del primo atteggiamento, servile e ossequioso, sono senza dubbio i gerarchi nazisti che, durante il processo di Norimberga intentato contro le loro disumane azioni, giustificarono queste ultime in nome dell’adempimento di un ordine proveniente da un potere superiore e, dunque, per loro inviolabile e indiscutibile, seppur contrario a tutti i valori morali ed umani: senza dubbio, la scissione tra ciò che è giusto per legge e ciò che è giusto per natura ha toccato l’apice della sua espressione proprio durante il secolo XX.
Manifestazione del secondo comportamento, quello di aperta ribellione al potere, appare invece l’atteggiamento della Resistenza, che strenuamente lottò contro il potere fascista in chiara e dichiarata opposizione a esso. Pur considerandolo certamente degno di encomio e di riconoscenza e pur apprezzandolo di più dell’ingenuo servilismo, Tacito non riconosce neanche in questo atteggiamento un’ottima risposta a un potere ingiusto e afferma l’importanza di una sintesi, equilibrata e ragionata, tra questi due modi d’agire.
Sul contrasto tra legge di Stato e potere da un lato e legge interiore, morale ed etica dall’altro, indubbiamente, è difficile, se non impossibile, effettuare una valutazione rigida, oggettiva e applicabile in qualunque occasione e circostanza, dato che non solo le leggi, ma anche l’etica e la morale variano muovendosi nel tempo e nello spazio, e spesso anche da un individuo a un altro.
Ed è anche difficile affermare se sia preferibile adempiere le leggi di Stato, in quanto uguali per tutti, o seguire le leggi interiori, che, se considerate soggettive e personali, sovvertono il principio stesso di uguaglianza e rischiano di sfociare in un’anarchia generata da volontà e intenzioni sempre diverse e sempre nuove.
Invece, nel considerare la moralità uguale per tutti gli individui e per tutti i cittadini, bisogna definire il rapporto di dipendenza tra essa e la legge positiva, e dunque valutare se la morale preceda il diritto, che si basa su di essa (Kant), o se dal diritto derivi la morale collettiva in quanto interiorizzazione, applicazione ed evoluzione del primo (Hegel nell’espressione del concetto dello Spirito oggettivo).
In tutto ciò bisogna inserire il “fattore istinto” e considerare nell’individuo non solo un elemento razionale, ma anche un’entità irrazionale e inconscia che spesso porta ad agire con inconsapevolezza e di certo tralasciando alcune tappe del necessario ragionamento equilibrato che tenga eventualmente conto tanto della legge positiva quando di quella interiore: in questa prospettiva, risulta necessaria l’esistenza e l’adempimento delle leggi per evitare uno stato confusionario, contrastante e di conseguenza nocivo.
- Per saperne di più Massimo Cacciari-Natalino Irti (2019), Elogio del diritto, La nave di Teseo.
- Cicerone (ed.2019), De officiis, a cura di Giusto Picone e Rosa Rita Marchese, Einaudi.
- Friedrich Nietzsche (1979 ), Umano, troppo umano, ed.
- Italiana a cura di Sossio Giametta, Adelphi.
- Platone, Apologia di Socrate-Critone (ed.2013), a cura di Maria Michela Sassi, Rizzoli, BUR classici greci e latini.
Platone, Gorgia (ed.2001), a cura di Giovanni Reale, Bompiani. Platone, La Repubblica (ed.2007), a cura di Mario Vegetti, Rizzoli, BUR classici greci e latini. Sofocle, Antigone (ed.2017), a cura di Massimo Cacciari, traduzione di Federica Montevecchi, Einaudi.
Come è fatto il cielo?
Perchè il cielo è blu – base Non c’è dubbio che sia stato proprio il bel colore blu ad ispirare Manzoni nella descrizione, nei Promessi Sposi, di ” quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello, così splendido, così in pace “. Ad un fisico, tuttavia, il cielo pone riflessioni più prosaiche: perché il cielo è blu? E perché il Sole, al tramonto, appare rosso? Com’è noto, la luce visibile di color bianco proveniente dal Sole è composta dalla sovrapposizione di onde elettromagnetiche di diverse lunghezza d’onda che variano dai 380 nm della radiazione che percepiamo come violetta, fino ai 720 nm della radiazione che ci appare rossa, passando per il blu, verde, giallo, arancio.
- Una volta raggiunta la Terra, un raggio solare interagisce con l’atmosfera.
- Quest’ultima è composta per il 78% da azoto e per il 21 % da ossigeno.
- Sono anche presenti argon, acqua (in forma di vapore, goccioline e cristalli di ghiaccio) e particelle solide (polveri, ceneri dai vulcani e sale dal mare).
Gli effetti dell’interazione tra luce ed atmosfera dipendono dalla lunghezza d’onda della radiazione e dalle dimensioni degli oggetti su cui questa incide. Le particelle di polvere e le goccioline d’acqua sono molto più grandi della lunghezza d’onda della luce visibile: in questo caso la luce viene riflessa in tutte le direzioni allo stesso modo, indipendentemente dalla propria lunghezza d’onda.
- Le molecole di gas hanno dimensioni inferiori e la luce si comporta diversamente a seconda della sua lunghezza d’onda.
- La luce rossa ha una lunghezza d’onda maggiore e tende a “scavalcare” le particelle più piccole senza “vederle”; questa luce, dunque, interagisce molto debolmente con l’atmosfera e prosegue la sua propagazione rettilinea lungo la direzione iniziale.
Al contrario, la luce blu ha una lunghezza d’onda inferiore e si “accorge” della presenza delle molecole da cui è infatti riflessa in tutte le direzioni (fu Einstein a dimostrare nel 1911, contrariamente a quanto si credeva in principio, che erano proprio le molecole, e non le polveri in sospensione, la causa della diffusione).
- Questa diffusione differenziale dipendente dalla lunghezza d’onda è chiamata, in inglese, Rayleigh scattering (da Lord John Rayleigh, il fisico inglese che per primo la descrisse nella seconda metà dell’Ottocento).
- Più precisamente, la quantità di luce diffusa è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda.
Ne consegue che la luce blu è diffusa più di quella rossa di un fattore (700/400) 4 ~ 10. Proprio nel Rayleigh scattering risiede la risposta alle domande che ci siamo posti all’inizio. Nell’attraversare l’atmosfera, la maggior parte della radiazione di maggior lunghezza d’onda prosegue la sua traiettoria rettilinea. La luce rossa, arancione e gialla viene influenzata solo in minima parte dalla presenza dell’aria.
- Al contrario, la luce blu è diffusa in tutte le direzioni.
- In qualunque direzione si osservi, parte di questa luce giunge ai nostri occhi.
- Il cielo, pertanto, appare blu.
- Vicino all’orizzonte il cielo è di un azzurro più chiaro perché la luce, per raggiungerci da questa direzione, deve attraversare più aria e viene diffusa maggiormente; pertanto siamo raggiunti da una minor quantità di luce blu.
Le nuvole e la nebbia ci appaiono bianche perché consistono di particelle più grandi delle lunghezze d’onda della radiazione visibile, e diffondono tutti i colori allo stesso modo. Tuttavia, in particolari condizioni, è possibile che in aria si trovino in sospensione particelle più piccole.
- Alcune montagne sono famose per le loro foschie blu (ad es.
- A Les Vosges in Francia).
- In questo caso gli aerosol di terpene rilasciati dalla vegetazione reagiscono con l’ozono dell’atmosfera formando particelle di circa 200 nm adatte a diffondere la luce blu.
- A volte, l’incendio di una foresta o un’eruzione vulcanica possono riempire l’atmosfera con particelle delle dimensioni di 500-800 nm.
Queste particelle sono pertanto in grado di diffondere la luce rossa, provocando un effetto opposto a quello usuale. In questo caso è la luce rossa ad essere diffusa via dal raggio incidente e questo provoca, in alcuni casi, una colorazione blu della Luna.
Se fossimo sulla Luna, a causa dell’assenza di atmosfera (e della diffusione ad essa connessa), il cielo apparirebbe nero e il Sole sarebbe bianco. Sulla Terra, invece, in conseguenza del Rayleigh scattering, parte della componente blu è rimossa dai raggi diretti del Sole che pertanto ci appare giallo.
Questo effetto è amplificato al tramonto, quando il Sole è vicino all’orizzonte. I raggi solari diretti attraversano uno strato maggiore di atmosfera e vengono maggiormente impoveriti della componente blu. Il Sole, dunque, diventa sempre più rosso man mano che il tramonto procede. Le immagini inviateci dalle sonde Viking nel 1977 e Pathfinder nel 1997 hanno mostrato che il cielo visto da Marte appare rosso.
Questo è dovuto alla polvere ricca di ossido di ferro (che appare rosso), sollevata durante le bufere che si verificano di tanto in tanto sul pianeta rosso (come viene appunto soprannominato Marte). Il colore del cielo marziano dipende dunque dalle condizioni atmosferiche.
Chi guarda il cielo per ultimo?
Poesia “Il cielo è di tutti” di Gianni Rodari – Tags: Nessun tag Qualcuno che la sa lunga mi spieghi questo mistero: il cielo è di tutti gli occhi di ogni occhio è il cielo intero. È mio, quando lo guardo. È del vecchio, del bambino, del re, dell’ortolano, del poeta, dello spazzino.
Non c’è povero tanto povero che non ne sia il padrone. Il coniglio spaurito ne ha quanto il leone. Il cielo è di tutti gli occhi, ed ogni occhio, se vuole, si prende la luna intera, le stelle comete, il sole. Ogni occhio si prende ogni cosa e non manca mai niente: chi guarda il cielo per ultimo non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque, in prosa od in versetti, perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti.
Quando il cielo è pesantemente coperto il sole non è sparito è ancora lì dall’altra parte delle nuvole?
Amato Fotografia – ‘Quando il cielo è pesantemente coperto, il sole non è sparito. È ancora lì, dall’altra parte delle nuvole.’ Eckhart Tolle | Facebook.