Istituto Statale Comprensivo

Suggerimenti | Consigli | Recensioni

Codice Rosso: Cosa Prevede La Legge?

Codice Rosso: Cosa Prevede La Legge
Codice Rosso: i reati introdotti dalla legge La legge nota come Codice Rosso ha introdotto nel Codice penale i seguenti reati: il cosiddetto revenge porn, cioè il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone.

Cosa prevede la legge sul codice rosso?

COSA PREVEDE IL NUOVO “CODICE ROSSO” Dopo accesi dibattiti e complessi iter normativi, il 25 luglio ha visto la luce il ” codice rosso ” (L.69/19). Lungamente atteso dalle vittime di reati di stalking, abusi e maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, nonchè da tutti gli operatori di giustizia che, quotidianamente, combattono al loro fianco per tutelare con impegno, professionalità, energia e passione i diritti più basilari delle donne, calpestati in nome di un amore “malato”, che di amore non ha davvero nulla.

  • Si tratta dunque di un vero e proprio ” codice rosso ” investigativo e giudiziario, analogo a quello previsto in ambito ospedaliero, in cui le – in gran maggioranza donne e minori – dovranno essere sentite “obbligatoriamente” dai pubblici ministeri, e d’urgenza, entro tre giorni dall’iscrizione dei fatti denunciati nel registro delle notizie di reato (altrimenti l’indagine non potrà essere chiusa).
  • La prima nota di merito della nuova riforma, consiste, quindi nel fatto che, denunciati tali reati, potranno essere applicati con maggior rapidità alcuni provvedimenti di protezione per le vittime,
  • La polizia giudiziaria, dopo aver acquisito la notizia di reato, dovrà riferire immediatamente al Pubblico Ministero (anche in forma orale), il quale a sua volta, entro tre giorni dall’iscrizione di detta notizia di reato, dovrà assumere informazioni dalla persona offesa (giorni che possono arrivare fino ad un massimo di sei qualora vi siano particolari esigenze di tutela dei minori e di riservatezza delle indagini).

Quanto alle misure cautelari e di prevenzione ( custodia in carcere, arresti domiciliari con o senza braccialetto elettronico, obbligo di firma in commissariato o in caserma ), sono state apportate importanti modifiche relativamente al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o.; all’introduzione di procedure di controllo con l’uso del braccialetto elettronico o di altri strumenti analoghi; all’estensione delle misure di prevenzione anche al reato di maltrattamenti contro familiari.

  • Il Delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate: ” revenge porn “;
  • Il Delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso: “sfregio” ;
  • Il Delitto di costrizione o induzione al matrimonio ;
  • Il Reato d i violazione del divieto di allontanamento dalla casa familiare e di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o.
  1. Inoltre, per alcuni delitti, come la violenza sessuale, la vittima può sporgere querela fino a 12 mesi.
  2. Considerata altresì la delicatezza della materia, sono stati predisposti dei corsi professionali specifici per le forze dell’ordine, affinchè gli operatori siano sempre più preparati ad approcciare le vittime con l’attenzione e la cura che certe vicende necessitano, e adottino dei protocolli per la prevenzione e la valutazione del rischio di reiterazione di determinati abusi o condotte violente.
  3. Ma vediamo nello specifico cosa prevedono ora i nuovi reati e quali sono le pene applicabili:
  1. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. revenge porn ). E’ un delitto punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro : la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati. La condotta può essere commessa da chiunque diffonde, dopo averli realizzati o sottratti, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici.
  2. Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, cd “sfregio”. Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni. La condanna ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno (sarà inoltre più difficile ottenere benefici come l’assegnazione di lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione), S e lo sfregio causa la morte del danneggiato, la pena è l’ergastolo.
  3. Costrizione o induzione al matrimonio : è un nuovo reato punito con la reclusione da uno a cinque anni. La fattispecie è aggravata quando esso è commesso a danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia.
  4. La violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, viene sanzionata con la detenzione da sei mesi a tre anni.
  5. Delitto di costrizione o induzione al matrimonio : è un delitto che punisce con la reclusione da uno a 5 anni chi, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre vincolo di natura personale o un’unione civile, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona. Il reato è punito anche quando il fatto è commesso all’estero da un cittadino italiano o da straniero residente in Italia. La pena è aumentata se i fatti sono commessi ai danni di un minore di 18 anni; é aumentata da 2 a 7 anni se riguarda un minore sotto i 14.
  6. Stalking : la pena detentiva passa dai 6 mesi a 5 anni nel minimo; e da un anno a 6 anni e 6 mesi nel massimo.
  7. Violenza sessuale: è punita con la reclusione da 6 a12 anni. Inoltre, nel caso di atti sessuali con minori di 14 anni ai quali è stato consegnato o anche solo promesso, denaro o altra utilità, la violenza diventa aggravata, I n caso di violenza su un minore di dieci anni, la pena va da 12 anni fino a un massimo di 24 anni di reclusione. La violenza sessuale di gruppo viene invece punita con la reclusione da otto e 14 anni,
  8. Delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, è punito con la reclusione da tre e sette anni; se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da 4 a 9 anni; se deriva una lesione gravissima, la reclusione va da 7 a 15 anni. In caso di morte la reclusione è raddoppiata da 12 a 24 anni. La fattispecie viene ulteriormente aggravata della metà quando il delitto di maltrattamenti è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità,
  9. E’ introdotto anche l’omicidio aggravato dalle relazioni personali, che è punito con l’ergastolo anche in caso di relazione affettiva senza stabile convivenza o di stabile convivenza non connotata da relazione affettiva,

Nel caso di condanna per reati sessuali, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla partecipazione a percorsi di recupero, organizzati ad hoc da enti o associazioni che si occupano di assistenza psicologica, prevenzione, e recupero di soggetti condannati per reati sessuali. : COSA PREVEDE IL NUOVO “CODICE ROSSO”

Cosa succede con il codice rosso?

La normativa punisce i reati di violenza sessuale, stalking o atti persecutori, la violenza domestica. Con la legge del ‘ codice rosso ‘ sono state inasprite le pene di diversi reati e sono state introdotte 4 nuove fattispecie di reato: la diffusione illecita di immagini, o video sessualmente espliciti (revenge porn);

Quando si attiva il codice rosso?

Novità processuali – La prima grande novità introdotta da questa legge è la velocità, Veloci devono essere le forze dell’ordine nel riferire al pubblico ministero la notizia di reato. La legge parla di ” immediatamente “! Ciò significa che se una donna si reca in caserma o in questura per denunciare una violenza sessuale o un maltrattamento, i carabinieri o la polizia devono immediatamente avvisare il pubblico ministero che a sua volta deve sentire la persona offesa entro 3 giorni.

  1. Questa velocità serve per cercare di individuare il responsabile del reato nel più breve tempo possibile e magari applicargli una misura restrittiva (ad esempio arrestarlo e condurlo in carcere oppure agli arresti domiciliari).
  2. Più passano i giorni e meno possibilità ci sono per individuare il colpevole.

Questo tempo ” ristretto ” serve per tutelare la donna, per assicurare la sua incolumità, per metterla in sicurezza allontanando da lei chi la sta maltrattando. Importante sapere che la vittima ha un anno di tempo per proporre la querela e nel caso della violenza sessuale non la può più ritirare.

  • Se nella violenza sessuale sono coinvolti i minori non c’è più l’obbligo da parte del genitore di accompagnare il figlio in questura.
  • Questo reato diviene ora sempre procedibile d’ufficio, significa che la querela non è necessaria, basta avvertire le forze dell’ordine di quanto sta succedendo o è successo.

Un’altra grandissima novità è rappresentata dall ‘informazione, Molte donne infatti sono impaurite dal fatto che una volta uscito dal carcere, il soggetto che si è denunciato possa ritornare da loro con rinnovata violenza. Ebbene questa legge ha introdotto l’obbligo di tenere sempre informata la persona offesa su ogni spostamento e variazione del luogo di dimora in capo all’autore del fatto.

Alla vittima pertanto andrà comunicato se l’autore del fatto viene scarcerato, se si trova agli arresti domiciliari, se evade, se si rende irreperibile. Ogni provvedimento del giudice viene comunicato a lei e al suo difensore e ai servizi sociali. In caso di condanna inoltre se al soggetto viene concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena (la cosiddetta “condizionale”) questa è subordinata alla partecipazione di percorsi di recupero e assistenza psicologica.

Significa che per ottenere questo beneficio, l’autore del reato deve partecipare a percorsi psicoterapeutici. Infine, se le parti hanno già in corso un procedimento di separazione o una causa legata ai figli minorenni, il Giudice penale deve trasmettere al Giudice civile ogni provvedimento che riguarda il procedimento penale (per esempio la sentenza o l’archiviazione o anche il provvedimento con cui ha disposto il carcere etc).

Cosa succede dopo una denuncia per maltrattamenti in famiglia?

La richiesta di rinvio a giudizio e l’udienza – Una volta esaurita la fase dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, se il Pubblico Ministero si è convinto della fondatezza dei fatti denunciati, chiederà il rinvio a giudizio dell’indagato che diventerà, a tutti gli effetti, imputato.

Come difendersi da codice rosso?

Per difendersi da un’accusa del genere, la prima cosa da fare è sicuramente quella di rivolgersi ad un bravo avvocato penalista. Se l’imputato non può permettersi l’assistenza di un legale può sempre chiedere un difensore d’ufficio.

Cosa succede con una denuncia per maltrattamenti?

Cosa succede dopo che si denuncia una violenza? Abusi fisici, psicologici e sessuali: quali forme di violenza sono condannate dalla legge? Come ottenere tutela immediata dopo la querela alla polizia? Gli abusi fisici e psicologici sono sempre condannati dalla legge.

Nessun tipo di violenza è ammessa, se non eccezionalmente quando è necessaria per difendere sé stessi o altri da un’ingiusta aggressione. Non deve dunque stupire se ogni forma di maltrattamento sia punito dall’ordinamento giuridico. Il problema è che molte volte si ha timore di denunciare i soprusi subiti per via della sfiducia nella giustizia, ritenuta incapace di affrontare le emergenze derivanti dalla commissione di alcuni reati.

Si pensi alle tante donne che non denunciano gli abusi dei conviventi per paura di ritorsioni da parte dei loro aguzzini, oppure perché non hanno altro luogo dove andare. Con questo articolo vedremo cosa succede dopo che si denuncia una violenza, Innanzitutto, occorre fare una distinzione tra forme di violenza: non tutte, infatti, sono punite alla stessa maniera.

  • Ad esempio, per le forme di violenza fisica di poco conto, il colpevole potrà al massimo essere condannato a una multa; al contrario, nelle ipotesi più gravi, c’è il rischio concreto di essere condannati a scontare la pena in carcere.
  • Inoltre, è molto importante distinguere tra gli episodi isolati di violenza e quelli in cui, invece, i soprusi sono reiterati nel tempo contro le stesse persone.

Ancora diversa, poi, è la violenza sessuale, uno dei reati più gravi in assoluto. Insomma, non esiste un unico reato di violenza. Ecco perché è bene fare le necessarie distinzioni, ricordando peraltro che anche gli abusi psicologici e non solo quelli fisici costituiscono un illecito.

Quanto durano le indagini per codice rosso?

Il legislatore ha fissato i termini di durata delle indagini in 6 mesi, che decorrono dalla annotazione nel registro del reato (335). Il termine è di 1 anno per ipotesi delittuose di particolari gravità. Prima della scadenza del termine, il PM può fare richiesta di proroga al GIP indicandone i motivi.

Come funziona l allontanamento da una persona?

Dispositivo dell’art.282 bis Codice di procedura penale – (1) 1. Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’ imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede.

L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro.

In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati.

  • Il giudice determina la misura dell’assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell’obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento.
  • Può ordinare, se necessario, che l’assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante.

L’ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia.

  • Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1.
  • Il provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga l’ordinanza prevista dall’articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli.5.

Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni dell’obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate, 600, 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 septies 1, 600 septies 2, 601, 602, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies e 612, secondo comma, 612 bis del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280, anche con le modalità di controllo previste all’articolo 275 bis (2),

Cosa si rischia per maltrattamenti in famiglia?

Maltrattamenti in famiglia: pena – La pena prevista per il reato di maltrattamenti in famiglia è la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata fino alla metà nel caso in cui il fatto sia commesso in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità,

Se invece dal fatto deriva una lesione personale grave la pena è la reclusione da quattro a nove anni, Nel caso in cui ne derivi una lesione gravissima, si applica la pena della reclusione da sette a quindici anni, Se ne deriva la morte la pena è della reclusione da dodici a ventiquattro anni, Oltre alle pene previste dall’art 572 cp, è possibile che durante le indagini preliminari, il Pubblico Ministero, richieda l’applicazione di una misura cautelare,

Scopo della misura sarà quello di evitare possibili contatti tra l’autore del reato e la persona offesa. Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e gli arresti domiciliari sono le due misure più frequentemente applicate oltre alla custodia cautelare in carcere per i reati più gravi.

Quali sono i reati di genere?

Con l’espressione violenza di genere si indicano tutte quelle forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.

Perché si chiama codice rosso?

Il Codice Rosso La legge 19 luglio 2019, n.69 (c.d. Codice Rosso ) è una legge che tutela le vittime di violenza domestica e di genere. Il nome della legge ricorda l’ordine di precedenza accordata in pronto soccorso a quei casi che necessitano un intervento immediato, vista la gravità della situazione,

Il Codice Rosso è composto da 21 articoli e ha introdotto degli inasprimenti di pena per reati di natura violenta realizzati nei confronti di donne o minori:-La pena prevista per la violenza sessuale dapprima prevedeva un minimo di 5 anni e un massimo di 10, mentre ora passa da 6 a 12 anni, La violenza sessuale di gruppo passa a un minimo di 8 e un massimo di 14.-La pena prevista per il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene innalzata ad un minimo di 3 e un massimo di 7 anni;-La pena per il reato di stalking è minimo un anno ed è previsto un massimo di 6 anni e 6 mesi;

Un’altra novità apportata dalla legge riguarda il termine per sporgere denuncia: non più 6 mesi, bensì 12 mesi. Il minore di 18 anni è sempre considerato vittima del reato, sia nel caso in cui assista alla violenza sia nel caso in cui la subisca; è stabilita, inoltre, la procedibilità d’ufficio nel caso di atti sessuali con minorenni.

Grazie a questa legge, sono stati inseriti nel codice penale 4 fattispecie di reato: – il c.d. Revenge porn, cioè il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro: la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati.

La condotta può essere commessa da chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, diffonde, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici.

Il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, sanzionato con la reclusione da otto a 14 anni. Se, con tale condotta, si provoca la morte della vittima, la pena prevista è l’ergastolo; – il reato di costrizione o induzione al matrimonio, punito con la reclusione da 1 a 5 anni.

Quando il reato è commesso a danno di minori il reato è aggravato e si procede anche quando il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia; – violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, » » Il Codice Rosso : Il Codice Rosso

Quali possono essere le vittime di maltrattamenti previste dal codice penale?

Cass. pen.n.45095/2021 Non configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bens l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei conviventi “more uxorio” ai danni dell’altro dopo la cessazione della convivenza.

  1. Rigetta, CORTE APPELLO BARI, 19/02/2021) Cass.
  2. Pen.n.43302/2021 Spetta al giudice ordinario la competenza a conoscere del delitto di maltrattamenti in famiglia allorch la condotta criminosa, bench iniziata quando l’imputato era ancora minorenne, sia terminata in epoca successiva al raggiungimento della maggiore et, trattandosi di una fattispecie di reato unica non suscettibile di frazionamenti.

(Dichiara competenza, GUP PRESSO TRIB.MINORI BRESCIA, 26/03/2021) Cass. pen.n.39532/2021 Non configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bens l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei componenti di una unione di fatto ai danni dell’altro, quando sia cessata la convivenza e siano conseguentemente venute meno la comunanza di vita e di affetti nonch il rapporto di reciproco affidamento.

(Rigetta, CORTE APPELLO BOLOGNA, 21/07/2020) Cass. pen.n.35591/2021 Ai fini della configurabilit del delitto di cui all’art.572 cod. pen., l’esistenza, in una casa di cura e ricovero per anziani, di un generalizzato clima di vessazione e di indifferenza nei confronti dei bisogni primari degli assistiti non esime dalla rigorosa individuazione degli autori delle varie condotte, in quanto il carattere personale della responsabilit penale impedisce che il singolo operatore sanitario, in mancanza di addebiti puntuali che lo riguardano, possa essere chiamato a rispondere, sia pure in forma concorsuale omissiva, del contesto in s considerato, anche nel caso in cui da tale contesto egli tragga vantaggio in termini di alleggerimento dei propri compiti.

(Fattispecie relativa ad addebito di responsabilit omissiva nei confronti di un’infermiera professionale, operante in una residenza per anziani in cui veniva fatto ricorso alla contenzione psichiatrica anche quando non strettamente necessaria). (Dichiara inammissibile, TRIB.

  • LIBERTA’ CATANZARO, 03/09/2020) Cass.
  • Pen.n.37628/2019 E’ configurabile il reato di maltrattamenti in situazione di condivisa genitorialit, anche in assenza di convivenza, a condizione che la filiazione non sia stata un evento meramente occasionale ma si sia quantomeno instaurata una relazione sentimentale, ancorch non pi attuale, tale da ingenerare l’aspettativa di un vincolo di solidariet personale, autonomo rispetto ai doveri connessi alla filiazione.

Cass. pen.n.24206/2019 In tema di maltrattamenti in famiglia, stante la natura di reato abituale, la competenza per territorio si radica innanzi al giudice del luogo di realizzazione dell’ultimo dei molteplici fatti caratterizzanti il reato. Cass. pen.n.10222/2019 Nel caso di “convivenza more uxorio”, il delitto di maltrattamenti in famiglia configurabile soltanto per le condotte tenute fino a quando la convivenza non sia cessata, mentre le azioni violente o persecutorie compiute in epoca successiva possono integrare il delitto di atti persecutori.

Cass. pen.n.6126/2019 Ai fini della configurabilit del reato abituale di maltrattamenti in famiglia, richiesto il compimento di atti che non siano sporadici e manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressivit, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalit della vittima.

(Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa in relazione a tre distinti episodi di minaccia, ingiuria e percosse, posti in essere dall’imputato a distanza di tempo l’uno dall’altro ed in un arco temporale di circa undici mesi).

Cass. pen.n.32368/2018 Integrano il reato di maltrattamenti in danno del figlio minore anche le condotte persecutorie poste in essere da un genitore nei confronti dell’altro quando il figlio costretto ad assistervi sistematicamente, trattandosi di condotta espressiva di una consapevole indifferenza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali del minore ed idonea a provocare sentimenti di sofferenza e frustrazione in quest’ultimo.

Cass. pen.n.18833/2018 Il delitto di maltrattamenti configurabile anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano indirettamente, come involontari spettatori delle liti tra i genitori che si svolgono all’interno delle mura domestiche (c.d.

violenza assistita), sempre che sia stata accertata l’abitualit delle condotte e la loro idoneit a cagionare uno stato di sofferenza psicofisica nei minori spettatori passivi. Cass. pen.n.25498/2017 In assenza di vincoli nascenti dal coniugio, il delitto di maltrattamenti in famiglia configurabile nei confronti di persona non pi convivente “more uxorio” con l’agente a condizione che quest’ultimo conservi con la vittima una stabilit di relazione dipendente dai doveri connessi alla filiazione.

(In motivazione, la S.C. ha precisato che la permanenza del complesso di obblighi verso il figlio implica il permanere in capo ai genitori, che avevano costituito una famiglia di fatto, dei doveri di collaborazione e di reciproco rispetto). Cass. pen.n.15299/2017 Il reato di sequestro di persona assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art.572 cod.

Pen. soltanto quando le condotte di arbitraria compressione della libert di movimento della vittima non sono ulteriori ed autonome rispetto a quelle specificatamente maltrattanti. (In applicazione di questo principio la S.C. ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale per il riesame che aveva escluso il concorso del reato di sequestro di persona con quello di cui all’art.572 cod.

pen., relativamente alle condotte di imbragare o legare su passeggini o seggiolini bambini in tenerissima et nell’ambito di maltrattamenti compiuti in loro danno all’interno di un asilo). Cass. pen.n.30704/2016 In tema di rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori (art.612-bis, cod.

pen.), salvo il rispetto della clausola di sussidiariet prevista dall’art.612-bis, comma primo, cod. pen. – che rende applicabile il pi grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie – invece configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art.612-bis, comma secondo, cod.

pen.) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunit familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualit temporale.

Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato il concorso tra i due reati, sul presupposto della diversit dei beni giuridici tutelati, ritenendo integrato quello di maltrattamenti in famiglia fino alla data di interruzione del rapporto di convivenza e poi, dalla cessazione di tale rapporto, quello di atti persecutori).

Cass. pen.n.44090/2014 E configurabile lo stato di quasi flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia purch: a) il singolo episodio lesivo risulti non isolato ma quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti o in altro modo lesivi; b) l’episodio delittuoso sia avvenuto immediatamente prima e l’autore di esso si sia dato alla fuga ovvero sia sorpreso con cose o tracce dalle quali appare che egli abbia appena commesso il reato.

(Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che correttamente il G.i.p. avesse escluso la quasi flagranza in relazione ad arresto eseguito per fatti gi avvenuti al momento dell’intervento della P.G. ed in presenza di un atteggiamento genericamente “aggressivo” dell’imputato, ma non connotato da minacce o ingiurie alla persona offesa).

Cass. pen.n.13088/2014 Le pratiche vessatorie realizzate ai danni di un lavoratore dipendente al fine di determinare l’emarginazione (cd. mobbing), anche dopo le modifiche apportate dalla legge n.172 del 2012, possano integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia soltanto quando s’inquadrino nel contesto di un rapporto che – per le caratteristiche peculiari della prestazione lavorativa ovvero per le dimensioni e la natura del luogo di lavoro – comporti relazioni intense e abituali, una stretta comunanza di vita ovvero una relazione di affidamento del soggetto pi debole verso quello rivestito di autorit, assimilabili alle caratteristiche proprie del consorzio familiare.

(Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la sussistenza del delitto in parola, per essersi verificate le condotte vessatorie nel contesto di un’articolata realt aziendale, caratterizzata da uno stabilimento di ampie dimensioni e da decine di dipendenti sindacalizzati). Cass. pen.n.12004/2014 In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, integra la circostanza aggravante della lesione grave, di cui al secondo comma dell’art.572 cod.

pen., la ritardata crescita del minore che, per via dei maltrattamenti, si sia trovato in condizioni di denutrizione o malnutrizione tali da cagionare la predetta malattia. Cass. pen.n.34551/2013 legittimo l’arresto in flagranza per il delitto di maltrattamenti qualora la polizia giudiziaria, dopo avere raccolto le dichiarazioni della persona offesa su comportamenti di reiterata sopraffazione, assista personalmente ad un singolo episodio che, pur non integrando autonoma ipotesi di reato, si pone inequivocabilmente in una situazione di continuit con le condotte denunziate dalla persona offesa medesima.

See also:  Cosa Si Può Fare Durante I Permessi Legge 104?

(Fattispecie in cui una persona, la cui convivente aveva denunciato reiterate ipotesi di violenze e sopraffazioni, il giorno dell’arresto, recatosi presso l’abitazione della donna e verificato che quest’ultima era in auto con i carabinieri, aveva provato in modo irruento ad aprire la portiera dell’auto di servizio per parlare con la predetta).

Cass. pen.n.28603/2013 Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. “mobbing”) possono integrare il delitto di cui all’art.572 c.p., anche nel testo modificato dalla l.n.172 del 2012 esclusivamente se, il rapporto tra il datore di lavoro ed il dipendente assume natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto pi debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia.

(Nella specie, la Corte pur escludendo la configurabilit del delitto di maltrattamenti, ha annullato con rinvio la sentenza assolutoria perch il giudice valutasse se i disturbi ansioso-depressivi lamentati dalla vittima potessero integrare il delitto di lesioni personali). Cass. pen.n.22915/2013 Il delitto di maltrattamenti configurabile pure se con la vittima degli abusi vi sia un rapporto familiare di mero fatto, desumibile, anche in assenza di una stabile convivenza, dalla messa in atto di un progetto di vita basato sulla reciproca solidariet ed assistenza.

(Nella specie, la Corte ha escluso ricorresse un rapporto di tal genere nel caso di due persone che, pur avendo generato dei figli, non avevano convissuto se non per brevissimi periodi ed avevano instaurato un legame caratterizzato da precariet ed instabilit).

Cass. pen.n.15571/2013 Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce anche gravi, ma non quelli di lesioni, danneggiamento ed estorsione, attesa la diversa obiettivit giuridica dei reati. Cass. pen.n.46848/2012 In tema di maltrattamenti in famiglia, integra la circostanza aggravante di cui all’art.572, secondo comma, c.p.

la condotta di colui che ponga in essere fatti di maltrattamento nel cui ambito si inscriva un’azione “finale”, anche se compiuta da un concorrente, la quale provochi direttamente il decesso della persona offesa, quando i maltrattamenti, globalmente considerati, pure in considerazione dell’ultimo episodio di violenza, abbiano idoneit concreta ad offendere il bene vita.

(Fattispecie in cui la sentenza impugnata aveva attribuito la morte di un minore non solo all’autore del colpo letale, ma anche ad altro soggetto che aveva maltrattato la vittima con medesime modalit, ritenendo l’ultima percossa ed il successivo decesso il naturale sviluppo dell’unitaria ed abituale condotta di maltrattamenti).

Cass. pen.n.16094/2012 Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (cosiddetto “mobbing”) possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto pi debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia.

  1. Fattispecie in cui stata esclusa la configurabilit del reato in relazione alle condotte vessatorie poste in essere dal vice Presidente di un ATER nei confronti di una dipendente). Cass.
  2. Pen.n.13898/2012 Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce, anche gravi, ma non quello di lesioni, attesa la diversa obiettivit giuridica dei reati.

Cass. pen.n.39228/2011 In tema di maltrattamenti in famiglia, l’intervenuta prescrizione degli autonomi illeciti eventualmente integrati da alcune delle condotte che concorrono a realizzare il reato non ne determina l’irrilevanza ai fini della sussistenza di quest’ultimo, qualora per esso la causa estintiva non si sia ancora perfezionata.

Cass. pen.n.36503/2011 Integra il delitto di maltrattamenti in famiglia il genitore che tenga nei confronti del figlio minore comportamenti iperprotettivi tali da incidere sullo sviluppo psicofisico dello stesso, a prescindere dal fatto che il minore abbia o meno percepito tali comportamenti come un maltrattamento o vi abbia acconsentito.

(Fattispecie in cui la madre, in concorso con il nonno del minore, aveva nel tempo e fino all’et preadolescenziale di quest’ultimo, posto in essere atteggiamenti qualificati dal giudice del merito come eccesso di accudienza e consistiti nell’impedimento dei rapporti coi coetanei, nell’esclusione del minore dalle attivit inerenti la motricit, anche quando organizzate dall’istituzione scolastica, nonch nell’induzione della rimozione della figura paterna costantemente dipinta in termini negativi, fino ad impedire allo stesso minore di utilizzare il cognome del padre).

Cass. pen.n.24688/2010 Il delitto di maltrattamenti in famiglia configurabile anche in danno di una persona legata all’autore della condotta da una relazione sentimentale, che abbia comportato un’ assidua frequentazione della di lei abitazione, trattandosi di un rapporto abituale tale da far sorgere sentimenti di umana solidariet e doveri di assistenza morale e materiale.

Cass. pen.n.22790/2010 Il reato di maltrattamento in famiglia assorbe i reati di ingiuria, minacce e violenza privata che rientrano nella materialit di detto delitto. Cass. pen.n.8592/2010 Ai fini della configurabilit del delitto di cui all’art.572 c.p., lo stato di sofferenza e di umiliazione delle vittime non deve necessariamente collegarsi a specifici comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un determinato soggetto passivo, ma pu derivare anche da un clima generalmente instaurato all’interno di una comunit in conseguenza di atti di sopraffazione indistintamente e variamente commessi a carico delle persone sottoposte al potere dei soggetti attivi, i quali ne siano tutti siano consapevoli, a prescindere dall’entit numerica degli atti vessatori e dalla loro riferibilit ad uno qualsiasi dei soggetti passivi.

(Fattispecie relativa alla continua espressione di frasi ingiuriose e a maltrattamenti fisici da parte delle operatrici di un istituto pubblico di assistenza nei confronti di persone anziane ivi ricoverate nel reparto di lunga degenza). Cass. pen.n.8284/2010 Integra il reato di maltrattamenti la ripetuta sottoposizione di una persona (nella specie di giovane et) a pratiche esoteriche “sataniche”.

Cass. pen.n.48272/2009 Integra il delitto di maltrattamenti in famiglia e non quello di abuso dei mezzi di correzione la consumazione da parte del genitore nei confronti del figlio minore di reiterati atti di violenza fisica e morale, anche qualora gli stessi possano ritenersi compatibili con un intento correttivo ed educativo proprio della concezione culturale di cui l’agente portatore.

Cass. pen.n.32824/2009 Non rileva, per l’integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia, nella specie in danno della moglie, il credo religioso dell’autore delle condotte, non potendo ritenersi che l’adesione ad un credo, che non sancisca la parit dei sessi nel rapporto coniugale, giustifichi i maltrattamenti in danno della moglie.

Cass. pen.n.28553/2009 La condotta vessatoria integrante “mobbing” non esclusa dalla formale legittimit delle iniziative disciplinari assunte nei confronti dei dipendenti mobbizzati. (Fattispecie nella quale, in fase cautelare, l’indagato, direttore generale di un’azienda municipalizzata per lo smaltimento dei rifiuti urbani stato ritenuto responsabile dei reati di maltrattamenti, lesioni personali e violenza privata).

Cass. pen.n.27469/2008 In tema di reato di maltrattamenti, rientra nel rapporto d’autorit di cui all’art.572 c.p. il rapporto intersoggettivo che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato in quanto caratterizzato dal potere direttivo e disciplinare che la legge attribuisce al primo nei confronti del secondo.

(Fattispecie di maltrattamenti rappresentati da molestie sessuali poste in essere sul luogo di lavoro da datore di lavoro nei confronti di propria dipendente ). Cass. pen.n.12129/2008 In tema di reato di maltrattamenti in famiglia, l’imputazione soggettiva dell’evento aggravatore, non voluto, della morte della vittima per suicidio ne richiede la prevedibilit in concreto come conseguenza della condotta criminosa di base, in modo che possa escludersi che sia stato oggetto di una libera capacit di autodeterminarsi della vittima.

Cass. pen.n.38962/2007 Integra il delitto di maltrattamenti in famiglia di cui all’art.572 c.p., la ripetuta esposizione del minore a contesti erotici inadeguati alla sua et, s da creare abitualmente un’atmosfera relazionale pregiudizievole per la sua equilibrata evoluzione psichica. (Fattispecie in cui il genitore usava sottoporre la figlia minore a ripetute esibizioni di nudit, visioni di film pornografici, conversazioni a contenuto erotico-sessuale, ecc.).

Cass. pen.n.22850/2007 Il delitto di maltrattamenti in famiglia concorre con quello di violenza sessuale qualora le reiterate condotte di abuso sessuale, oltre a cagionare sofferenze psichiche alla vittima, ledono anche la sua libert di autodeterminazione in materia sessuale, attesa la diversit dei beni giuridici offesi.

Cass. pen.n.3419/2007 Configura il delitto di maltrattamenti previsto dall’art.572 c.p. la condotta di chi, avuto in consegna un minore allo scopo di accudirlo, educarlo ed avviarlo ad una istruzione, consente che viva in stato di abbandono in strada, per vendere piccoli oggetti e chiedere l’elemosina, appropriandosi poi del ricavato e disinteressandosi del suo stato di malnutrizione e delle situazioni di pericolo fisico e morale cui egli si trovi esposto: si tratta infatti di una condotta lesiva dell’integrit fisica e morale del minore, idonea a determinare una situazione di sofferenza, di cui va ritenuto responsabile chiunque ne abbia l’affidamento.

Cass. pen.n.18447/2006 Non configurabile il rapporto di specialit tra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di sequestro di persona, giacch sono figure di reato dirette a tutelare beni diversi e poi, l’uno, integrato dalla condotta di programmatici e continui maltrattamenti psico-fisici ai danni di famigliari e, l’altro, da quella di privare taluno della libert personale.

Cass. pen.n.44262/2005 Il reato di maltrattamenti in famiglia configurabile anche al di fuori della famiglia legittima, in presenza di un rapporto di stabile convivenza, come tale suscettibile di determinare obblighi di solidariet e di mutua assistenza, senza che sia richiesto che tale convivenza abbia una certa durata, quanto piuttosto che sia stata istituita in una prospettiva di stabilit, quale che sia stato poi in concreto l’esito di tale comune decisione.

Cass. pen.n.39927/2005 Per la configurabilit del reato di maltrattamenti l’art.572 c.p. richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volont di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalit; ne consegue che deve escludersi che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalit educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella previsione di cui all’art.571 c.p., in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell’abuso dei mezzi di correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ci deputati, che tradiscano l’importante e delicata funzione educativa.

Cass. pen.n.17843/2005 Il reato di violenza sessuale concorre con quello di maltrattamenti allorch la condotta di maltrattamenti sia del tutto autonoma rispetto a quella che ha caratterizzato i rapporti sessuali, non rilevando in proposito il vincolo della continuazione eventualmente ritenuto tra le diverse condotte, mentre il concorso va escluso nell’ipotesi in cui vi sia piena coincidenza tra le due condotte nel senso che il delitto di maltrattamenti sia stato ravvisato per la mera reiterazione degli atti sessuali.

Cass. pen.n.35849/2004 In caso di maltrattamenti in famiglia integratisi anche attraverso la condotta di ripetute violenze sessuali, non ipotizzabile il concorso fra il delitto di violenza sessuale, di cui all’art.609 bis c.p., ed il delitto di maltrattamenti in famiglia, di cui all’art.572 c.p., atteso che in tale ipotesi in applicazione del principio di specialit si configura il solo delitto di violenza sessuale continuata, caratterizzato da un dolo unitario e programmatico Cass.

  1. Pen.n.28367/2004 La diversa obiettivit giuridica del reato di maltrattamenti in famiglia e di quello di lesioni personali volontarie esclude l’assorbimento del secondo nel primo, rendendoli concorrenti tra loro. Cass.
  2. Pen.n.7192/2004 Il reato di cui all’art.572 c.p.
  3. Consiste nella sottoposizione dei familiari ad una serie di atti di vessazione continui e tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni, le quali costituiscono fonte di un disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni di vita; i singoli episodi, che costituiscono un comportamento abituale, rendono manifesta l’esistenza di un programma criminoso relativo al complesso dei fatti, animato da una volont unitaria di vessare il soggetto passivo.

Cass. pen.n.6541/2004 Il dolo nel delitto di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) unitario e programmatico, nel senso che esso funge da elemento unificatore della pluralit di atti lesivi della personalit della vittima e si concretizza nell’inclinazione della volont ad una condotta oppressiva e prevaricatoria che, nella reiterazione dei maltrattamenti, si va via via realizzando e confermando, in modo che il colpevole accetta di compiere le singole sopraffazioni con la consapevolezza di persistere in una attivit illecita, posta in essere gi altre volte.

  • Cass. pen.n.984/2004 Il delitto di maltrattamenti in famiglia pu concorrere con quello di violenza sessuale, in quanto non vi assorbimento fra tali reati attesa la diversit dei beni giuridici protetti dai due delitti.
  • Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente configurata la continuazione fra i delitti nel caso di ripetute violenze fisiche e morali adottate nei confronti anche della sorella minore che tentava di sottrarsi a non gradite pretese sessuali dell’imputato).

Cass. pen.n.49109/2003 Il reato di maltrattamenti in famiglia configurabile, quanto al rapporto tra coniugi, anche in caso di separazione e di conseguente cessazione della convivenza, purch la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della fattispecie.

  1. Il principio stato affermato relativamente al caso di reiterate ed offensive manifestazioni di aggressivit, attuate per lettera o per telefono, tali da obbligare il coniuge separato a cambiare le proprie utenze telefoniche o a disattivarle). Cass.
  2. Pen.n.37019/2003 Nel reato di maltrattamenti di cui all’art.572 c.p.

l’oggetto giuridico non costituito solo dall’interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell’incolumit fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalit nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari; tuttavia, deve escludersi che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l’incolumit personale, la libert o l’onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilit del reato, che tali atti siano la componente di una pi ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (in motivazione, la Corte ha precisato che fatti episodici lesivi di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona).

Cass. pen.n.33106/2003 Il dolo del delitto di maltrattamenti in famiglia non richiede la sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale la serie di condotte aggressive e lesive, sin dalla loro rappresentazione iniziale, siano finalizzate; invece sufficiente la consapevolezza dell’autore del reato di persistere in un’attivit vessatoria, gi posta in essere in precedenza, idonea a ledere la personalit della vittima.

Cass. pen.n.16578/2003 Non configurabile il reato aggravato dall’evento di cui all’art.572, comma 2, c.p., quando la morte del familiare, che sia stato fino a quel momento sottoposto a maltrattamenti, anzich essere conseguenza non voluta della condotta abituale di maltrattamenti, sia cagionata intenzionalmente.

In tali circostanze non neppure configurabile il nesso teleologico tra il reato di maltrattamenti e quello di omicidio volontario, rappresentando quest’ultimo un salto qualitativo rispetto ai comportamenti di prevaricazione e violenza in ambito familiare, posti in essere fino a quel momento nei confronti della vittima.

Cass. pen.n.15098/2003 Perch sia configurabile l’aggravante di cui all’art.61, n.4 c.p. occorre che le modalit della condotta esecutiva di un delitto, ad esempio quello di maltrattamenti, siano caratterizzate dalla volont di infliggere un patimento, ulteriore rispetto alle ordinarie modalit esecutive del reato e che rivelino, senza inserirsi nel processo causale del reato, una particolare malvagit al soggetto agente.

Fattispecie in materia di maltrattamenti concretizzantesi in violenze di ogni genere quali insulti, minacce con armi, percosse con schiaffi, pugni e calci inflitti alla moglie anche quando era in stato interessante, e consistenti anche nel farle sbattere la testa contro l’asfalto ed il parabrezza dell’auto).

Cass. pen.n.7781/2003 Poich l’interesse protetto dal reato di cui all’art.572 c.p. la personalit del singolo in relazione al rapporto che lo unisce al soggetto attivo, configurabile il reato continuato nel caso di maltrattamenti posti in essere nei confronti di pi familiari.

Cass. pen.n.55/2003 Il reato di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) integrato dalla condotta dell’agente che sottopone la moglie ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionarle sofferenza, prevaricazione e umiliazioni, costituenti fonti di uno stato di disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di esistenza.

N l’elemento soggettivo del reato in questione pu essere escluso dalla circostanza che il reo sia di religione musulmana e rivendichi, perci, particolari potest in ordine al proprio nucleo familiare, in quanto si tratta di concezioni che si pongono in assoluto contrasto con le norme che stanno alla base dell’ordinamento giuridico italiano, considerato che la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali, cui certamente da ascrivere la famiglia (art.2 Cost.), nonch il principio di eguaglianza e di pari dignit sociale (art.3, commi 1 e 2 Cost.) costituiscono uno sbarramento invalicabile contro l’introduzione di diritto o di fatto nella societ civile di consuetudini, prassi o costumi con esso assolutamente incompatibili.

Cass. pen.n.32363/2002 Non sussiste rapporto di specialit (art.15 c.p.) tra il delitto di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) e quello di riduzione in schiavit (art.600 c.p.), trattandosi di reati che tutelano interessi diversi – la correttezza dei rapporti familiari nella prima ipotesi, lo status libertatis dell’individuo nella seconda – e che presentano un diverso elemento materiale, in quanto nell’ipotesi dell’art.572 c.p.

necessario che un componente della famiglia sottoponga un altro a vessazioni, mentre nel caso di riduzione in schiavit necessario che un soggetto eserciti su un altro individuo un diritto di propriet, con la conseguenza che le due ipotesi di reato, sussistendone i presupposti, possono concorrere.

  1. Cass. pen.n.12545/2000 In tema di maltrattamenti in famiglia, il reato di cui all’art.572 c.p.
  2. Configurabile anche al di fuori della famiglia legittima in presenza di un rapporto di stabile convivenza, in quanto suscettibile di determinare obblighi di solidariet e di mutua assistenza.
  3. Nella specie la Corte ha peraltro ritenuto irrilevante, ai fini penali, la circostanza che tra l’imputato e la persona offesa esistesse un matrimonio contratto all’estero nel paese di comune origine non dichiarato efficace in Italia, posto che le disposizioni regolatrici della materia – art.17, primo comma, disp.

prel.c.c. e art.28 L.n.218 del 1995 – rinviano per la validit del matrimonio alla legge del luogo in cui esso stato celebrato o alla legge nazionale dei coniugi al momento della celebrazione). Cass. pen.n.3398/1999 Il reato di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) non pu essere scriminato dal consenso dell’avente diritto, sia pure affermato sulla base di opzioni sub-culturali relative ad ordinamenti diversi da quello italiano.

Dette sub-culture, infatti, ove vigenti, si porrebbero in assoluto contrasto con i principi che stanno alla base dell’ordinamento giuridico italiano, in particolare con la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo sanciti dall’art.2 Cost., i quali trovano specifica considerazione in materia di diritto di famiglia negli articoli 29-31 Cost.

(Fattispecie in cui la scriminante del consenso dell’avente diritto era stata fondata sull’origine albanese dell’imputato o delle persone offese per le quali varrebbe un concetto dei rapporti familiari diverso da quello vigente nel nostro ordinamento).

Cass. pen.n.8193/1999 Il reato di violenza privata pu concorrere materialmente con il reato di maltrattamenti in famiglia quando le violenze e le minacce del soggetto attivo siano adoperate, oltre che con la coscienza e volont di sottoporre la vittima a sofferenze fisiche e morali in modo continuativo e abituale, anche con l’intento di costringerlo ad attuare un comportamento che altrimenti non avrebbe volontariamente posto in essere.

(Nel caso di specie, il marito, oltre che sottoporre la moglie, continuativamente e abitualmente, a ingiurie, minacce e percosse, l’aveva anche costretta a sottoscrivere numerosi effetti cambiari). Cass. pen.n.3570/1999 Integra gli estremi del reato di cui all’articolo 572 c.p.

  1. La sottoposizione dei familiari, ancorch non conviventi, ad atti di vessazione continui e tali da cagionare agli stessi sofferenze, privazioni, umiliazioni, che costituiscano fonte di uno stato di disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni di esistenza.
  2. Ed invero, comportamenti abituali caratterizzati da una serie indeterminata di atti di molestia, di ingiuria, di minaccia e di danneggiamento, manifestano l’esistenza di un programma criminoso di cui i singoli episodi, da valutare unitariamente, costituiscono l’espressione ed in cui il dolo si configura come volont comprendente il complesso dei fatti e coincidente con il fine di rendere disagevole in sommo grado e per quanto possibile penosa l’esistenza dei familiari.

Cass. pen.n.7803/1998 Il delitto di maltrattamenti in famiglia, di cui all’art.572 c.p., non viene meno, quale reato abituale, se nel periodo considerato, tra una serie e l’altra di episodi di violenza, venga ripristinata la convivenza ad opera della persona offesa, qualora quest’ultima sia indotta a ci a causa della mancanza di disponibilit di una diversa situazione alloggiativa.

  • Cass. pen.n.10023/1996 Lo stato di separazione legale, pur dispensando i coniugi dagli obblighi di convivenza e di fedelt, lascia tuttavia integri i doveri di reciproco rispetto, di assistenza morale e materiale nonch di collaborazione.
  • Pertanto il suddetto stato non esclude il reato di maltrattamenti, quando l’attivit persecutoria si volga proprio o comunque incida su quei vincoli che, rimasti intatti a seguito del provvedimento giudiziario, pongono la parte offesa in posizione psicologica subordinata.

(Fattispecie nella quale il marito separato pure dinanzi a terzi percuoteva abitualmente e minacciava la moglie di ritorsioni gravi sul figlio minore). Cass. pen.n.8618/1996 Ai fini della configurabilit del reato di cui all’art.572 c.p. – maltrattamenti in famiglia – la materialit del fatto deve consistere in una condotta abituale che si estrinsechi con pi atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualit ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrit fisica o morale del soggetto passivo infliggendogli abitualmente tali sofferenze.

Ne consegue che per ritenere raggiunta la prova dell’elemento materiale di tale reato, non possono essere presi in considerazione singoli e sporadici episodi di percosse o lesioni, n un eventuale precedente specifico che pu valere soltanto per la valutazione della personalit dell’imputato agli effetti della determinazione della pena da infliggere in concreto.

Cass. pen.n.8510/1996 La materialit del delitto di maltrattamenti in famiglia si concreta in una serie di atti lesivi dell’integrit fisica o della libert o del decoro del soggetto passivo nei confronti del quale viene cos posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica tale da rendere particolarmente dolorosa la stessa convivenza; l’elemento psichico, poi si concretizza in modo unitario ed uniforme che deve evidenziare nell’agente una grave intenzione di avvilire e sopraffare la vittima e deve ricondurre ad unit i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest’ultima, pur non rilevando, data la natura abituale del reato, che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell’agente periodi di normalit e di accordo con il soggetto passivo.

Cass. pen.n.8396/1996 Nello schema del delitto di maltrattamenti in famiglia non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignit, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, fra esse annoverando espressamente la condotta del marito, che costringa la moglie a sopportare la presenza della concubina nel domicilio coniugale.

Peraltro, in ordine alla configurabilit del delitto in oggetto, non assume rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalit e che siano stati, a sua volta, cagionati da motivi contingenti, poich, data la natura abituale del delitto in oggetto l’intervallo di tempo tra una serie e l’altra di episodi lesivi non fa venir meno l’esistenza dell’illecito.

Cass. pen.n.8314/1996 Nella valutazione della prova il giudice deve prendere in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme non in modo parcellizzato e avulso dal generale contesto probatorio verificando se essi, ricostruiti in s e posti vicendevolmente in rapporto, possano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante che consenta, attraverso la valutazione unitaria del contesto, di attingere la verit processuale, cio la verit limitata, umanamente accertabile e umanamente accettabile del caso concreto.

Viola tale principio il giudice che, dovendo giudicare in tema di maltrattamenti da parte di un insegnante nei confronti degli alunni, abbia smembrato i singoli episodi sottoposti alla sua valutazione rinvenendo per ciascuno giustificazioni sommarie od apodittiche e omettendo di considerare se nel suo insieme la condotta non fosse tale da realizzare un metodo educativo fondato sull’intimidazione e la violenza.

L’abuso dei mezzi di correzione da parte di un insegnante sicuramente integrato dall’uso di sanzioni corporali, vietato espressamente dal R.D.26 aprile 1928, n.1297, e da qualunque condotta di coartazione fisica o morale che renda dolorose e mortificanti le relazioni tra l’insegnante e la classe attuata consapevolmente, foss’anche per finalit educative astrattamente accettabili.

Cass. pen.n.7651/1996 Richiedere abitualmente il compimento di atti sessuali contro natura alla convivente in rapporto di coppia, di cui si conosca l’indisponibilit, bench la donna resista ed esiga rispetto e bench al rifiuto della stessa talora segua offerta di scuse, integra gli estremi del reato di maltrattamento perch la ripetizione insistente delle richieste, dato il disvalore che la persona convivente vi attribuisce, cagiona a costei sofferenze per il disprezzo che l’uomo mostra delle sue condizioni.

  • Cass. pen.n.5541/1996 Ai fini della sussistenza del delitto di maltrattamenti in famiglia il movente non esclude il dolo, alla cui nozione estraneo, ma lo evidenzia, rivelando la comunanza del nesso psicologico fra i ripetuti e numerosi atti lesivi. Cass.
  • Pen.n.4904/1996 Alla luce della concezione personalistica e pluralistica della Costituzione, del riformato diritto di famiglia e della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, non pu pi ritenersi lecito l’uso sistematico della violenza quale ordinario trattamento del minore, sia pure sostenuto da animus corrigendi.
See also:  Cosa Significa Porre La Fiducia Su Una Legge?

Pertanto, l’eccesso di mezzi violenti di correzione non rientra della fattispecie di cui all’art.571 c.p., e la differenza tra il delitto previsto da tale articolo (abuso dei mezzi di correzione o di disciplina) e quello previsto dall’art.572 c.p. (maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli) deve essere ricercato nella condotta, e non gi nell’elemento soggettivo del reato, che si atteggia in entrambe le fattispecie come dolo generico.

  • Il delitto di maltrattamenti di minore (art.572 c.p.) si consuma non soltanto attraverso azioni, ma anche mediante omissioni giacch trattare un figlio (per di pi minore degli anni 14) da parte di un padre implica almeno il rispetto della norma di cui all’art.147 c.c.
  • Che impone l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacit, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli e, per converso, maltrattare vuol dire, in primo luogo, mediante costante disinteresse e rifiuto, a fronte di evidente stato di disagio psicologico e morale del minore, generare o aggravare una condizione di abituale e persistente sofferenza, che il minore non ha alcuna possibilit n materiale, n morale di risolvere da solo.

Cass. pen.n.4015/1996 In tema di maltrattamenti familiari (art.572 c.p.), correttamente il giudice di merito desume dalla ripetitivit dei fatti di percosse e di ingiurie l’esistenza di un vero e proprio sistema di vita di relazione abitualmente doloroso ed avvilente, consapevolmente instaurato dall’agente, a seguito di iniziali stati di degenerazione del rapporto familiare.

Per la configurabilit del reato non richiesta una totale soggezione della vittima all’autore del reato, in quanto la norma, nel reprimere l’abituale attentato alla dignit e al decoro della persona, tutela la normale tollerabilit della convivenza. Cass. pen.n.3536/1996 Per stabilire se configurabile il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina oppure altro reato (nella specie, maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli), assumono rilevanza sia l’elemento oggettivo della fattispecie concreta, e cio la correlazione tra i mezzi e i metodi utilizzati e la finalit educativa e disciplinare, sia l’elemento soggettivo, e cio che il motivo determinante dell’agente sia quello disciplinare e correttivo.

Cass. pen.n.3111/1996 Il delitto di maltrattamenti non pu ritenersi assorbito in quello di tentata violenza carnale: il carattere unitario, che tipico del delitto di maltrattamenti, vale a distinguere la condotta di tale delitto da quella di tentata violenza carnale poich, se le minacce integrano, di volta in volta, gli estremi del tentativo di violenza carnale, costituisce, rispetto a siffatte azioni, elemento specificante e distintivo il dolo unitario e programmatico del delitto di maltrattamenti, riconducibile alla coscienza e volont di sottoporre il soggetto passivo a sofferenze fisiche e morali in modo continuo e abituale.

  1. Nella specie la S.C.
  2. Ha considerato che le minacce e le vessazioni non si esaurivano nel perseguimento del piano delittuoso, limitato al reato di tentata violenza carnale contro la figlia, ma coinvolgevano anche la moglie dell’imputato e, in ogni caso, la reiterazione di tali comportamenti minacciosi e vessatori, pur se fossero stati circoscritti alla persona della figlia, non si configuravano come un mero cumulo di azioni, in s illecite, ma, a causa dell’abitualit della condotta, assumevano il carattere unitario che tipico del delitto di maltrattamenti).

Cass. pen.n.4636/1995 Il delitto di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) non costituisce reato permanente, bens reato abituale. Ne consegue la inapplicabilit del principio secondo cui l’intrinseca idoneit del reato permanente a durare nel tempo, anche dopo l’avverarsi dei suoi elementi costitutivi, comporta che, quando nel capo di imputazione sia indicata soltanto la data iniziale e non quella della cessazione della permanenza, l’originaria contestazione si estende all’intero sviluppo della fattispecie criminosa, con la conseguenza che l’imputato chiamato a difendersi, oltre che in ordine alla parte gi realizzatasi di tale fattispecie, anche in ordine a quella successiva emergente dall’istruttoria dibattimentale, senza necessit di una ulteriore specifica contestazione da parte del pubblico ministero.

Nel reato abituale, invece, i fatti nuovi acclarati in dibattimento, specialmente quando questo si svolga a distanza di anni dalla denuncia, devono essere sempre contestati all’imputato, sia che servano a perfezionare o ad integrare la fattispecie criminosa rispettivamente enunciata nel capo di imputazione, sia – e a maggior ragione – che costituiscano una serie autonoma unificabile alla precedente per vincolo di continuazione.

– Il reato di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) integra una ipotesi di reato necessariamente abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti, per lo pi commissivi, ma anche omissivi, i quali isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili (atti di infedelt, di umiliazione generica, etc.) ovvero non perseguibili (ingiurie, percosse o minacce lievi, procedibili solo a querela), ma acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo; esso si perfeziona allorch si realizza un minimo di tali condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualit e pu formare oggetto anche di continuazione ex art.81 cpv.c.p., come nel caso in cui la serie reiterativa sia interrotta da una sentenza di condanna ovvero da un notevole intervallo di tempo tra una serie di episodi e l’altra.

Cass. pen.n.356/1995 Nel delitto di maltrattamenti il dolo, dovendo caratterizzarsi con l’intento di infliggere sofferenze fisiche e morali al soggetto passivo, s unitario, in modo da non confondersi con la coscienza e volont di ciascun frammento della condotta, ma non necessario che scaturisca da uno specifico programma criminoso rigorosamente finalizzato alla realizzazione del risultato effettivamente raggiunto.

Cass. pen.n.3965/1994 Il dolo del delitto di maltrattamenti, dovendo caratterizzarsi per l’intento di infliggere sofferenze fisiche e morali al soggetto passivo, s unitario, in modo da non confondersi con la coscienza e volont di ciascun frammento della condotta, ma non necessario che scaturisca da uno specifico programma criminoso rigorosamente finalizzato alla realizzazione del risultato effettivamente raggiunto; vale a dire, non occorre che debba essere fin dall’inizio presente una rappresentazione della serie degli episodi.

Quel che la legge impone solo che sussista la coscienza e volont di commettere una serie di fatti lesivi della integrit fisica e della libert o del decoro della persona offesa in modo abituale. Un intento, dunque, riferibile alla continuit del complesso e perfettamente compatibile con la struttura abituale del reato, attestata ad un comportamento che solo progressivamente in grado di realizzare il risultato.

La conseguenza che il momento soggettivo che travalica le singole parti della condotta e che esprime il dolo del delitto di maltrattamenti pu ben realizzarsi in modo graduale, venendo esso a costituire il dato unificatore di ciascuna delle componenti oggettive.

Ci anche (e soprattutto) quando la condotta si sostanzi nella violazione di un dovere di garanzia, tanto pi rispetto a persone affidate ad una pubblica struttura di assistenza e cura. Cass. pen.n.6319/1994 Per la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di maltrattamenti di cui all’art.572 c.p. non si richiede una intenzione di sottoporre il convivente in modo continuo e abituale, ad una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell’agente di persistere in un’attivit vessatoria e prevaricatoria, gi posta in essere altre volte, la quale riveli, attraverso l’accettazione dei singoli episodi, una inclinazione della volont a maltrattare una o pi persone conviventi.

Cass. pen.n.888/1994 legittimo l’arresto in flagranza del delitto di maltrattamenti in famiglia, tutte le volte in cui il fatto risulti alla polizia giudiziaria non isolato, ma quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti. (Nel caso di specie, la corte ha annullato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che aveva ritenuto di non convalidare l’arresto nonostante – secondo quanto risultava dallo stesso provvedimento di diniego di convalida – la polizia giudiziaria fosse intervenuta immediatamente dopo che l’inquisito aveva percosso i figli e la moglie, ricevendo contestualmente dichiarazioni circa la ripetizione di atti di violenza).

  1. Cass. pen.n.3141/1994 L’elemento psicologico del reato di maltrattamenti in famiglia costituito dal dolo generico, che consiste nella coscienza e volont di sottoporre il soggetto passivo (o i soggetti passivi) a sofferenze fisiche e morali continuate.
  2. Il fatto che i singoli episodi costituenti, nel loro complesso, la condotta criminosa siano commessi durante lo stato di ubriachezza fatto irrilevante: l’ubriachezza, infatti, non esclude il dolo.

Cass. pen.n.2042/1993 Il reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, previsto dall’art.572 c.p., esige per la sua configurabilit una abituale sottoposizione della persona offesa a sofferenze fisiche e psichiche, espressione di un atteggiamento di normale prevaricazione da parte del soggetto attivo del reato.

Cass. pen.n.1999/1993 Ai fini della configurabilit del delitto di maltrattamenti sufficiente un lasso di tempo, ancorch limitato, e tuttavia utile alla realizzazione della ripetizione di atti vessatori idonea a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della parte offesa. Cass. pen.n.2130/1992 Il delitto di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) costituito da una condotta abituale che si estrinseca con pi atti, delittuosi o meno, che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi ma collegati da un nesso di abitualit ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrit fisica o il patrimonio morale del soggetto passivo, cio, in sintesi, di infliggere abitualmente tali sofferenze.

E ad integrare l’abitualit della condotta non necessario che la stessa venga posta in essere in tempo prolungato, essendo sufficiente la ripetizione degli atti vessatori, come sopra caratterizzati ed unificati, anche se per un limitato periodo di tempo.

  • Cass. pen.n.468/1992 Per la configurabilit del delitto di maltrattamenti in famiglia (art.572 c.p.) non necessario un comportamento vessatorio continuo ed ininterrotto.
  • L’elemento unificatore dei singoli episodi costituito da un dolo unitario, e pressoch programmatico, che abbraccia e fonde le diverse azioni; esso consiste nell’inclinazione della volont ad una condotta oppressiva e prevaricatoria che, nella reiterazione dei maltrattamenti, si va via via realizzando e confermando, in modo che il colpevole accetta di compiere le singole sopraffazioni con la consapevolezza di persistere in una attivit illecita, posta in essere gi altre volte.

Cass. pen.n.3020/1991 Nella nozione di maltrattamenti rientrano i fatti lesivi della integrit fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo, che rendano abitualmente dolorose le relazioni familiari, e manifestantisi mediante le sofferenze morali che determinano uno stato di avvilimento o con atti o parole che offendono il decoro e la dignit della persona, ovvero con violenze capaci di produrre sensazioni dolorose ancorch tali da non lasciare traccia.

  1. Cass. pen.n.1067/1991 Agli effetti del delitto di cui all’art.572 c.p.
  2. Deve considerarsi famiglia ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidariet.
  3. Fattispecie in cui la Cassazione ha ritenuto far parte della famiglia nel senso suesposto la zia dell’imputato che conviveva con questa in virt di un contratto di rendita vitalizia nella forma del cosiddetto vitalizio alimentare o contratto di mantenimento, che secondo quanto precisato dalla stessa Corte non ha contenuto meramente economico, ma obbliga il vitaliziante anche a provvedere alle esigenze dell’altro soggetto e ad assisterlo in caso di malattia).

– Per la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art.572 c.p. non necessario che l’agente abbia perseguito particolari finalit n il pravo proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico, cio la coscienza e volont di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuativo ed abituale.

  1. Cass. pen.n.394/1991 Il delitto di maltrattamenti previsto dall’art.572 c.p.
  2. Pu essere realizzato anche mediante condotte omissive, individuabili pure nel deliberato astenersi da parte dei responsabili di una pubblica struttura di assistenza e cura in presenza del contrario dovere incombente su di loro dall’impedire condotte illegittime realizzanti la materialit del reato, sussistendo le altre condizioni previste dalla fattispecie legale; infatti non impedire il verificarsi di un evento che si ha il dovere giuridico di impedire equivale a cagionarlo.

(Fattispecie in cui si contestava a taluno dei responsabili di una pubblica struttura di assistenza e cura di non aver impedito ad estranei di maltrattare anziani col ricoverati). – Il delitto di maltrattamenti riferito a fatti commessi in una struttura assistenziale specie se pubblica per persone anziane (o minori o minorate o comunque bisognose di aiuto), pu essere realizzato anche a mezzo di soggetto estraneo; ci si verifica quando i responsabili dell’assistenza consapevolmente e deliberatamente si astengano dall’impedire che persone non autorizzate realizzino condotte integranti l’elemento oggettivo del reato, posto che in tale situazione, stante il dovere funzionale, di natura pubblicistica, di attivarsi, non impedire la verificazione dell’evento, sotto il profilo eziologico, equivale a cagionarlo.

In tema di maltrattamenti di persone affidate ad una pubblica struttura di assistenza e cura, la valutazione dei comportamenti tenuti dai soggetti obbligati a garantire cura e livelli di vita decorosi e conformi ai regolamenti dell’ente, va operata con massimo rigore, dato che i comportamenti di aggressione fisica, o di lesione del patrimonio morale, o di sopraffazione sistematica, costituenti l’essenzialit dell’elemento materiale del delitto de quo, sono, in negativo, esaltati dalla violazione dei doveri funzionali, connessi alla posizione di garanzia di cui quei soggetti sono onerati.

Cass. pen.n.16661/1990 Nella materialit del delitto di maltrattamenti rientrano non soltanto percosse, minacce, ingiurie, privazioni imposte alla vittima, ma anche atti di scherno, disprezzo, umiliazione e di asservimento idonei a cagionare durevoli sofferenze fisiche e morali.

Ne consegue che riservato alla valutazione del giudice di merito accertare se singoli episodi vessatori rimangono assorbiti nel reato di maltrattamenti (ad esempio, lesioni non volute) oppure integrino ipotesi criminose autonomamente volute dall’agente e, quindi, concorrenti, con il delitto di cui all’art.572 c.p.

Cass. pen.n.14413/1990 Il reato di maltrattamenti in famiglia, previsto dall’art.572 c.p., pu concorrere (materialmente) con il reato di cui all’art.610 stesso codice, qualora le violenze e le minacce del soggetto attivo siano adoperate, oltre che con la coscienza e volont di sottoporre il soggetto passivo a sofferenze fisiche e morali in modo continuo e abituale, anche come nel caso di specie con l’intento criminoso di obbligare la moglie ad abbandonare il domicilio coniugale e quindi con violazione di una obiettivit giuridica (libert psichica e morale di decisione tutelata dall’art.610 c.p., diversa da quella tutelata dall’art.572 predetto, che l’assistenza famigliare in generale) (capo IV del titolo XI).

Cass. pen.n.12562/1990 In tema di maltrattamenti (art.572 c.p.), il fatto che i singoli episodi costituenti nel loro complesso la condotta criminosa siano commessi durante lo stato di ubriachezza, in cui l’imputato frequentemente versa, non implica che esse siano da considerarsi frutto di violazioni episodiche perch scaturite improvvisamente dalla crisi alcolica e, quindi, non inserite in quella unitaria coscienza e volont di sottoporre i soggetti passivi a continui patimenti fisici o morali, che integra il delitto.

Cass. pen.n.8405/1990 Sussiste la circostanza aggravante della morte derivata dal fatto dei maltrattamenti in famiglia, prevista dall’art.572, cpv., c.p., qualora il suicidio del soggetto passivo, bench non espressamente voluto, sia da mettere in sicuro e diretto collegamento con i ripetuti e gravi episodi di maltrattamenti per effetto dei quali lo stato di prostrazione indotto nella vittima sia da identificarsi quale vero e proprio trauma fisico e morale che la determinarono a darsi la morte.

  1. Cass. pen.n.7073/1990 Agli effetti dell’art.572 c.p., deve considerarsi famiglia ogni consorzio di persone tra le quali intercorra un legame di relazioni continuative e di consuetudine di vita affini a quello di una normale famiglia legittima.
  2. Fattispecie in tema di convivenza more uxorio, nella quale si precisato che non ha alcuna rilevanza la cessazione dei rapporti sessuali).

Cass. pen.n.3103/1990 Ai fini della configurabilit del delitto di maltrattamenti in famiglia non assume rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalit e che siano stati, a volte, causati da motivi contingenti. Il delitto in questione, invero, quale reato abituale, non resta escluso se nel tempo considerato vi siano, nella condotta dell’imputato, periodi di normalit o di accordo con i familiari; un intervallo di tempo fra una serie e l’altra di episodi lesivi, non fa, infatti, venir meno l’esistenza del reato, ma pu dar luogo come per ogni reato permanente, alla continuazione.

Cass. pen.n.1857/1990 La cessazione del rapporto di convivenza non influisce sulla configurabilit del delitto di maltrattamenti in famiglia, la cui consumazione pu aver luogo anche nei confronti di persona non convivente con l’imputato quando essa sia unita all’agente da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione.

(Nella specie l’imputato aveva commesso ripetuti atti di violenza fisica e morale in danno della moglie anche dopo la separazione di fatto). – Nello schema del delitto di maltrattamenti in famiglia non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo, di umiliazione.

Fra tali atti, che si risolvono in vere e proprie sofferenze morali, deve annoverarsi anche la condotta del marito che costringa la moglie a sopportare la presenza della concubina nel domicilio coniugale. Cass. pen.n.9595/1989 Il delitto di maltrattamenti in famiglia consiste in una serie di atti lesivi dell’integrit fisica o morale, della libert o del decoro delle persone di famiglia, in modo tale da rendere abitualmente dolorose e mortificanti le relazioni tra il soggetto attivo e le vittime.

L’elemento psicologico costituito dal dolo generico e consiste nella coscienza e volont di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche o morali in modo continuato. Cass. pen.n.5029/1989 Il delitto di maltrattamenti in famiglia, quale reato abituale, non resta escluso se nel tempo considerato vi siano parentesi di normalit nella condotta dell’agente e di accordo con i familiari.

  • Pertanto, un intervallo di tempo fra una serie e l’altra di episodi lesivi dell’integrit fisica o morale del soggetto passivo non fa venir meno l’esistenza del reato, ma pu dar luogo, come per ogni reato permanente, alla continuazione. Cass.
  • Pen.n.8957/1987 Nell’ipotesi in cui dai maltrattamenti derivi una lesione grave o gravissima ovvero la morte della persona offesa, configurabile il reato circostanziato di cui al cpv.

dell’art.572 c.p., soltanto se detti eventi siano conseguenza involontaria del fatto costituente tale delitto. Sono invece da ravvisare autonomi reati in concorso con il precedente, quando l’agente abbia avuto anche l’intenzione di ledere l’integrit fisica della vittima.

Cass. pen.n.3032/1987 Ai fini della sussistenza del delitto di maltrattamenti in famiglia, di cui all’art.572 c.p., particolarmente rigoroso per il giudice l’obbligo della motivazione, poich occorre dimostrare che tutti i fatti sono tra loro connessi e cementati in maniera inscindibile dalla volont unitaria, persistente e ispiratrice di una condotta insistita nella finalit criminosa.

Infatti, il reato di maltrattamenti reato a condotta plurima, in quanto tutta la condotta dell’imputato che deve essere considerata come caratterizzata da una serie o insieme di azioni od omissioni finalizzate e quale comportamento assunto a sistema e distinto dal nesso di abitualit fra i vari fatti, con assoluta esclusione della mera occasionalit e del dolo d’impeto, isolato e frammentario.

Il reato di maltrattamenti reato abituale poich caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti i quali, isolatamente considerati, potrebbero anche non costituire delitto, ma che rinvengono la ratio dell’antigiuridicit penale nella loro reiterazione, che si protrae nel tempo, e nella persistenza dell’elemento intenzionale.

Pertanto, poich i fatti debbono essere molteplici e la reiterazione presuppone un arco di tempo che pu essere pi o meno lungo, ma comunque apprezzabile, la consumazione del reato si perfeziona con l’ultimo di questa serie di fatti. (Nella specie la Suprema Corte ha disatteso la tesi, sostenuta dal ricorrente, relativa al rinvenimento della competenza per territorio nel luogo ove aveva avuto inizio la consumazione e motivata dall’assimilabilit del reato abituale a quello permanente).

Cass. pen.n.4566/1986 Per la sussistenza del nesso di causalit tra maltrattamenti e lesioni (o morte) non necessario che i fatti di maltrattamento costituiscano la causa unica ed esclusiva degli eventi pi gravi, trovando applicazione il principio recepito nel primo comma dell’art.41, secondo cui il concorso di cause preesistenti, simultanee e sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalit fra l’azione e l’evento.

E tra le cause preesistenti debbono ritenersi comprese anche eventuali stati patologici della vittima, che in unione al comportamento dell’agente abbiano contribuito alla produzione dell’evento, cos da integrare gli estremi dell’aggravante di cui all’art.572 secondo comma c.p.

Anche per il solo fatto di accelerare, attraverso fatti di maltrattamenti, il momento della morte di una persona destinata a soccombere per grave malattia. Cass. pen.n.12464/1985 Concorrono tra loro il delitto di maltrattamenti e quello di violazione degli obblighi di assistenza familiare, allorch l’agente reiteri la violenza e le ingiurie nei confronti dei figli, rendendo intollerabile la vita al punto da costringere le vittime ad interrompere la convivenza e stabilirsi al di fuori della residenza familiare, e faccia mancare agli stessi i mezzi di sussistenza, riducendoli in stato di completa povert, per essersene del tutto disinteressato e per averli abbandonati.

Cass. pen.n.7787/1983 Nello schema del delitto di maltrattamenti in famiglia rientrano non soltanto le percosse, le minacce, le ingiurie e le privazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di scherno, di disprezzo, di umiliazione, di vilipendio e di asservimento che cagionano durevole sofferenza morale.

Fra tali ultimi atti che consistono in sofferenze morali vere e proprie debbono farsi rientrare anche i tentativi e le azioni dirette ad ottenere pratiche sessuali contro natura, sempre s’intende che essi atti non realizzino, per difetto di un qualche elemento, le ipotesi delittuose di cui agli artt.519 e 521 c.p.

e semprech essi si rivelino come manifestazioni consapevoli di recare o produrre nella vittima offesa, disprezzo, umiliazione, vilipendio o asservimento e che la vittima stessa finisca per subirli al di fuori e al di l di uno specifico fatto di violenza, ma nell’ambito delle complessive sofferenze infertegli.

Cass. pen.n.2364/1983 La coscienza e la volont di maltrattare, ai fini della configurabilit del reato di cui all’art.572 c.p., va intesa non come la semplice somma dei profili psicologici di ciascun fatto lesivo, ma come volont di realizzare la fattispecie in tutti i suoi presupposti ed elementi costitutivi.

Cass. pen.n.1065/1983 Nel delitto ex art.572 c.p. ogni azione sorretta da un proprio elemento psicologico a cui si aggiunge, com’ nella natura stessa delle azioni a serie, un nesso psicologico comune, pur senza costituire quella unit di disegno criminoso che propria del reato continuato.

  1. Cass. pen.n.11630/1982 Il reato, previsto dall’art.572 c.p., assorbe soltanto quelli di percosse e di minacce, i quali costituiscono gli elementi essenziali della violenza fisica o morale propria del delitto di maltrattamenti.
  2. Ne consegue che qualora il bene giuridico offeso non riguardi l’assistenza familiare, l’ipotesi di cui al citato art.572 c.p., concorre con i reati eventualmente verificatisi.

Cass. pen.n.9722/1982 Il delitto di maltrattamenti e quello di lesioni possono concorrere materialmente tra loro, poich le lesioni personali volontarie non costituiscono sempre elemento essenziale del delitto di maltrattamenti. Pertanto il delitto di lesioni non pu essere assorbito da quello di maltrattamenti secondo la disciplina del reato complesso, ma configura un reato autonomo.

Cass. pen.n.9694/1982 Lo stato di nervosismo o la gelosia, tanto pi se morbosa, non escludono l’elemento psicologico del reato di maltrattamenti in famiglia ma costituiscono, a volte, uno dei pi pericolosi moventi della speciale ipotesi delittuosa. Cass. pen.n.755/1981 Il reato di maltrattamenti, come tutti i reati permanenti, ammette la continuazione sia nel caso che la permanenza sia stata interrotta da una sentenza di condanna, sia nel caso che tra una serie di episodi e l’altra vi sia stato un intervallo di tempo.

Cass. pen.n.4084/1980 Il delitto di maltrattamenti in famiglia configurabile anche nei riguardi di una persona convivente more uxorio. Invero, con questa, il soggetto attivo ha creato uno stabile rapporto di comunit familiare, sia pure naturale e di fatto, con legami di reciproca assistenza e protezione.

Cass. pen.n.5329/1975 Il reato di maltrattamenti in famiglia ha una propria obiettivit giuridica, che consiste nella coscienza e volont di sottoporre il soggetto passivo a sofferenze fisiche e morali in modo continuo e abituale, e non si identifica, quindi, con le violenze o minacce adoperate da parte dello stesso soggetto attivo per la realizzazione dei reati sessuali.

Ne segue che quando, con azioni dirette a maltrattare, si ledono volutamente altri beni, interessi o valori del soggetto passivo, oggetto di autonoma tutela penale, quale quello della libert sessuale, di tali azioni l’agente tenuto a rispondere in modo autonomo.

  • Fattispecie relativa a concorso tra il delitto di maltrattamenti e quelli di atti di libidine violenti e violenza carnale). Cass.
  • Pen.n.1227/1970 Il reato di maltrattamenti in famiglia un reato abituale, essendo costituito da una pluralit di fatti commessi reiteratamente dall’agente con l’intenzione di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali.

Allorch i maltrattamenti siano posti in essere in danno di due o pi familiari, si in presenza di una pluralit di violazioni dell’art.572 c.p., ed pertanto configurabile il reato continuato.

Cosa rischia chi viene denunciato per violenza psicologica?

582 del c.p L’articolo riguarda in primis le forme di danno che la violenza può provocare sia a livello fisico che anche psichico ed in questo contesto rientra, senza ombra di dubbio, anche la violenza psicologica. Nel caso di accertata colpevolezza, le pene vanno da 3 mesi fino a 3 anni di reclusione.

Come si svolgono le indagini per maltrattamenti?

In seguito al deposito della denuncia-querela viene aperto un fascicolo presso la Procura della Repubblica al quale viene assegnato un ruolo generale. In tale fase il pubblico ministero, personalmente o tramite la polizia giudiziaria, svolge le indagini per valutare se la notizia di reato è fondata o meno.

Quando non sono maltrattamenti in famiglia?

Famiglia. Non si configura il reato quando c’è capacità di reazione in base al livello culturale. Niente maltrattamenti se c’è parità. Marzo 1st by 0 0 Il reato di maltrattamenti in famiglia si può escludere considerando le qualità personali dei coniugi.

Lo ritiene la Cassazione, nella sentenza 5258/2016, depositata il 9 febbraio dalla Sesta sezione penale: l’inesistenza dei maltrattamenti è dimostrata dal fatto che entrambi gli interessati avessero un “livello di formazione professionale, cultura, condizioni sociali ed economiche ben superiori alla media”, che la moglie reagisse alle intemperanze del marito e che la loro figlia fosse stata affidata ai servizi sociali e non a uno dei genitori.

Tutto nasce dal “rapporto di accesa conflittualità, tensione e radicata contrapposizione” instauratosi tra i coniugi, “causa di grave disagio soprattutto per la figlia minore”. Perciò, nella causa di separazione giudiziale, il Tribunale ne aveva disposto “in via provvisoria ed urgente” l’affidamento ai servizi sociali, affievolendo le potestà dei genitori e ammonendoli sulla “gravità delle conseguenze giuridiche ed esistenziali delle loro inadempienze”.

Alla luce di questo, la Cassazione ritiene fondata e correttamente motivata la valutazione fatta nella sentenza d’appello, che aveva riformato quella di primo grado, assolvendo il marito dai reati di maltrattamenti in famiglia e violenza privata nei confronti della moglie. In sostanza, la Corte resta sul suo orientamento prevalente secondo cui per configurare il reato previsto dall’articolo 572 del Codice penale, “la materialità del fatto deve consistere in una condotta abituale che si estrinsechi con più atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o morale del soggetto passivo infliggendo abitualmente tali sofferenze”.

Dunque, non bastano singoli e sporadici episodi di percosse o lesioni, perché il reato di maltrattamenti è necessariamente abituale: si realizza e si caratterizza “per la sussistenza di una serie di fatti, per lo più commissivi, ma anche omissivi, i quali isolatamente considerati, potrebbero anche essere non punibili (atti di infedeltà, di umiliazione generica) ovvero non perseguibili (ingiurie, percosse o minacce lievi – procedibili solo a querela), ma acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo” secondo il concetto di abitualità.

See also:  Casette In Legno Cosa Dice La Legge?

Nel caso in questione, sono stati provati solo episodi “derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare”, fatti che “pur non integrando il delitto di maltrattamenti, conservano la propria autonomia di reati contro la persona”.

Secondo la Cassazione, hanno operato bene i giudici di appello, che hanno sì esaminato l’atteggiamento del marito rilevando il ricorso da parte di quest’ultimo “a toni di particolare veemenza e in comportamenti spesso trasmodanti nella maleducazione”, ma hanno anche evidenziato come l’atteggiamento della moglie si caratterizzasse per una “costante capacità reattiva e l’assenza di un supino atteggiamento rispetto alle intemperanze del marito”.

Una situazione protrattasi per anni, con la conseguente impossibilità di configurare chi, tra i due, avesse mai assunto una posizione di passiva soggezione dell’una nei confronti dell’altro.,,,,,,,,,,,,,,,, : Famiglia. Non si configura il reato quando c’è capacità di reazione in base al livello culturale.

Niente maltrattamenti se c’è parità.

Cosa si rischia per un pugno in faccia?

Quando si verifica un reato di percosse? – Secondo il codice penale, chiunque percuote una persona, se dal fatto non deriva una malattia, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro, come sottolinea l’art.581 del codice penale.

  • Secondo i maggiori dizionari della lingua italiana, percuotere significa battere, colpire, picchiare, malmenare, bastonare,
  • Nulla di positivo, dunque: percuotere significa in ogni caso usare la forza bruta contro qualcosa o qualcuno, a prescindere dal mezzo utilizzato (bastone, pietra, randello, mani nude, ecc.).

Dal punto di vista prettamente giuridico le percosse, pur cagionando una sensazione dolorosa, si caratterizzano per l’assenza di postumi apprezzabili. Sempre secondo la Suprema Corte, non tutte le percussioni dell’altrui corpo costituiscono percosse in senso giuridico, ma solo quelle che, con un contenuto di apprezzabile violenza, siano dirette a produrre una rilevante sensazione dolorifica, cioè a cagionare l’altrui male.

In alcuni, sporadici casi, l’atto di percuotere, quando non è idoneo a provocare dolore ma solamente a umiliare o mortificare la vittima, è stato in passato ricondotto al reato (oggi abrogato) di ingiuria : si pensi al buffetto dato in pubblico solamente per scherno. Il reato di percosse è stato devoluto alla competenza del giudice di pace: questo significa che la persona riconosciuta colpevole di percosse non potrà mai andare in carcere, considerato che il giudice di pace non può condannare alla reclusione, ma solamente alla permanenza domiciliare e ai lavori pubblica utilità.

Nel caso concreto, la legge prevede che la persona che venga riconosciuta colpevole di percosse possa essere condannato alla pena della multa da 258 a 2.582 euro. Leggi Anche: Violenza Domestica: come riconoscerla e difendersi.

Quanto si sta in prigione per aggressione?

Denuncia per aggressione, le conseguenze penali

  • Premesso che non è aggressione solo quella fisica ma anche l’aggressione verbale, e che quest’ultima trova uguale tutela nel nostro Ordinamento giuridico, vediamo quali sono nel caso di querela o denuncia per aggressione le conseguenze penali e come procedere.
  • Oltre ai casi purtroppo ricorrenti della discussione che trascende in lite, della rapina o dello scippo che terminano con la vittima bisognosa di cure mediche o, infine, dell’aggressione scaturente da temi sociali come discussioni politiche, religiose, per omofobia et similia, esiste una importante casistica di o di diversi comportamenti all’interno delle mura domestiche che possono arrivare a giustificare la per il cui approfondimento rimandiamo ai nostri approfondimenti appena citati.
  • Nell’inquadrare la tutela data dalla legge penale all’aggredito, dobbiamo richiamare anzitutto l’articolo 581 del Codice penale vigente prende in considerazione le percosse :

Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, ​è​ punito, a querela della persona offesa, ​salvo che ricorra la circostanza aggravante (),​ con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a € 309​,00​.

Articolo 581 del Codice penale – Percosse e successivamente l’ che prende in considerazione le lesioni eventualmente provocate dalle percosse: Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, ​è​ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni,

Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti ​() il delitto ​è​ punibile a querela della persona offesa. Art.582 del Codice penale – Lesione personale

  1. Appare evidente che nel caso di denuncia per aggressione le conseguenze penali sono piuttosto blande solo finché le conseguenze dell’aggressione per la vittima siano però altrettanto blande,
  2. La legge distingue infatti tra lesioni gravissime quando siano pressoché inguaribili, lesioni gravi quando siano tali da pregiudicare le ordinarie attività per oltre 40 (quaranta) giorni, lesioni lievi quando siano guaribili in più di 20 (venti) e meno di 40 (quaranta) giorni e, infine, lesioni lievissime quando siano guaribili in meno di 20 (venti) giorni.
  3. Solo in questa ultima eventualità la ricerca e punizione del colpevole a opera dell’Autorità giudiziaria è lasciata alla discrezione della vittima che potrà decidere se sporgere querela o denuncia entro 90 (novanta) giorni dai fatti mentre, mentre tutte le volte che richiedano più di 20 (venti) giorni per la guarigione, l’esercizio dell’azione penale sarà obbligatoria per l’Ufficiale di Polizia giudiziaria che ne venga a conoscenza.
  4. Altrettanto, la ricerca e punizione del colpevole sono sottratte alla discrezionalità della vittima nel caso in cui ricorrano le previste circostanze aggravanti ossia quando le lesioni siano state provocate intenzionalmente, con dolo, così come all’interno di comportamenti illeciti più ampi quali lo stalking, i maltrattamenti in famiglia oppure, a detta di chi scrive, la violenza di genere o per omofobia oggetto di recente dibattito.
  5. A parere di chi scrive, un referto del Pronto soccorso sarà sempre opportuno come suggerivamo nell’articolo:, anche per aiutare la vittima nella corretta valutazione dell’accaduto che potrebbe trascurare la serietà delle lesioni riportate.
  6. In conclusione, sia che sia presentata volontariamente dalla vittima che abbia riportato lesioni lievi, gravi o gravissime oppure in tutti i casi in cui si riscontrino le previste circostanze aggravanti, così come altrettanto nel caso in cui si debba procedere d’ufficio ricorrendo tutte le sopra citate condizioni, per una denuncia per aggressione le conseguenze penali possono essere molto gravi per l’aggressore senza dimenticare una successiva responsabilità, di tipo civile, che comporti il risarcimento dei danni cagionati
  7. Potrebbe infine interessare l’approfondimento:,
  8. Photo credit, Adobe Stock license 274675170

Il calcolo del termine di opposizione a decreto ingiuntivo è di vitale importanza per non perdere il diritto a far valere le proprie ragioni opponendosi a un decreto ingiuntivo ‘sbagliato’ nella sostanza o nella forma. Nel valutare l’onerosità dell’acquisto di un immobile vanno considerate una serie di spese accessorie e sapere quando e come si calcola l’imposta di registro sulla prima casa può essere molto utile.

La Corte costituzionale ha anticipato la sentenza con la quale ha dichiarato legittimo l’obbligo vaccinale e ineludibile quindi l’obbligo di pagamento delle sanzioni senza possibilità di ricevere alcuna retribuzione per il periodo di sospensione. Il costo dell’assicurazione proposta in occasione di un prestito o di un mutuo concorre a determinare la usurarietà del finanziamento e attribuisce al cliente il diritto di ottenere lo stralcio di ogni somma pattuita in conto interessi! Dall’inizio delle ostilità in Ucraina si è iniziato subito a parlare dell’articolo 5 NATO, sia da parte della Russia che dei Paesi confinanti le aree interessate.

Vediamo cos’è e cosa comporta concretamente. Chiunque abbia investito in FTX può giustamente sentire il sangue gelare nelle vene da quando la nota piattaforma ha dichiarato bancarotta e si sente parlare di una presunta truffa FTX dalle dimensioni colossali : Denuncia per aggressione, le conseguenze penali

Come difendersi da accuse infondate?

Accusa ingiusta: come chiedere il risarcimento? – Come anticipato in premessa, se sei stato accusato ingiustamente di un reato, puoi sporgere una, Nel processo penale che verrà intrapreso contro il calunniatore potrai costituirti parte civile e chiedere il risarcimento del danno subito.

  1. Come già ricordato, però, perché si abbia calunnia è necessaria la certezza dell’innocenza dell’accusato; in tutti gli altri casi (quando, ad esempio, ci si trovi in errore sul fatto costituente reato o sull’autore, oppure si ha un dubbio ragionevole sull’innocenza di questi) il delitto di calunnia non si integrerà e non vi sarà nessun rischio di essere denunciati per calunnia.
  2. Nel caso in cui il giudice riterrà colpevole il calunniatore, allora potrà liquidarti una somma a titolo di risarcimento danni, oppure rinviare al giudice civile affinché determini l’entità precisa del risarcimento da riconoscerti.
  3. Per la precisione, il giudice procederà alla quantificazione dei danni in base alla portata delle accuse, alla diffusione della falsa notizia di reato e al danno all’immagine subito dalla vittima.
  4. Inoltre, se il giudice lo ritiene necessario, il colpevole può essere condannato al pagamento di una somma a titolo provvisorio immediatamente esecutiva, nell’attesa della quantificazione definitiva dei danni arrecati.

Quanto si rischia per aggressione verbale?

Aggressione verbale e reato di minaccia – Non sono in molti a sapere che un’aggressione verbale contenente minacce costituisce un reato per la legge italiana. Il legislatore ha cercato di porre un freno alle situazioni in cui un soggetto, superando i limiti, potrebbe causare dei danni morali alla vittima, innescando turbamenti e la sensazione di pericolo imminente.

  • Leggi Anche: Esposto: cos’è e a cosa serve? Tale situazione è descritta dall’art.612 del codice penale: Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro.
  • Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno.

Vengono considerate le aggressioni verbali con minacce collegate alla volontà di fare del male a qualcuno, ma anche inerenti a causare danni ai beni appartenenti alla vittima. Alcuni potrebbero obiettare che alcune persone sono più suggestionabili di altre, quindi più facili da colpire, ma in realtà la legge intende punire qualsiasi forma di limitazione della libertà a tranquillità altrui, indipendentemente dalla sensibilità del soggetto.

Leggi Anche: Licenziamento illegittimo: come può difendersi il lavoratore? Aggressioni verbali minacciose, infatti, possono causare stati di profonda ansia, tali da sconvolgere la vita quotidiana. Ad esempio una persona che si sente minacciata, magari non si reca al lavoro. Lo Stato, quindi, cerca di proteggere i cittadini da situazioni di questo tipo, tutelando i diritti fondamentali dell’uomo, e punendo chi tende a limitarli.

La legge fa riferimento al concetto di danno ingiusto, ovvero alla capacità di un fatto illecito di provocare presunte o probabili lesioni alla vittima. A seguito di un reato di minaccia, infatti, non c’è un vero danno fisico, ma solo la paura che possa accadere qualcosa, sufficiente ad innescare stati di preoccupazione e stress.

Cosa si rischia per lesioni lievi?

Il reato di lesioni personali è una delle fattispecie dei delitti che offendono l’integrità fisica o psichica della persona ed è disciplinato dal codice penale all’art.582, il quale stabilisce che ” chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni”.

Le lesioni personali rappresentano un reato d’evento a forma libera che, pertanto, può essere commesso con qualunque mezzo in grado di sottoporre la persona altrui ad una violenta manomissione, compresi un urto e una spinta intenzionale, anche mediante un’omissione e persino con una condotta priva di violenza fisica, ma in grado di cagionare malattia (come ad es.

nel caso di esposizione alle intemperie, privazione di cibo, spruzzo di spray urticante, ecc.). L’elemento centrale di questa tipologia di delitto è la malattia, intesa come qualsiasi alterazione anatomica o funzionale che comporti una riduzione apprezzabile di funzionalità, anche se di breve durata.

  1. Lesioni personali lievi : si tratta di lesioni determinanti una malattia di durata compresa tra i 21 e i 40 giorni (altrimenti si ricadrebbe nelle ipotesi di cui all’ 583 c.p.), sono procedibili d’ufficio e sanzionate con la reclusione da tre mesi a tre anni.
  2. Lesioni personali lievissime : sono punite a querela della persona offesa, ove non superiori ai venti giorni e non in concorso con le circostanze aggravanti previste dagli artt.583 e 585 c.c.

Entrambe le tipologie sono disciplinate dall’articolo 582 c.p.

  1. Lesioni personali gravi : si concretizzano quando dalla lesione sia derivata una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, un’incapacità di svolgere ordinarie attività per un tempo superiore ai 40 giorni, ovvero un indebolimento permanente di un senso o di un organo; punite con la reclusione da tre ai sette anni.
  2. Lesioni personali gravissime : quando la malattia è con probabilità o certezza inguaribile (es. provoca la perdita di un senso, di un arto, di un organo, della capacità di procreare, oppure la deformazione o uno sfregio permanente del viso). La reclusione, in tal caso, va da un minimo di sei a un massimo di dodici anni.

Questi ultimi due tipi di lesioni rientrano tra le fattispecie aggravanti di cui all’art.583 c.p. Si distinguono le lesioni personali “dolose” da quelle “colpose”; a queste ultime è dedicata una disciplina ad hoc contenuta nell’art.590 c.p. Di conseguenza, l’elemento soggettivo richiesto nelle lesioni personali di cui all’art.582 c.p.

  • È il dolo,
  • Si tratta di un dolo “generico”, quindi consistente nella consapevolezza che la propria azione provochi o possa provocare danni fisici alla vittima; non occorre, al contrario, che la volontà dell’agente sia diretta a produrre determinate conseguenze lesive.
  • Il soggetto attivo, come afferma la stessa norma, può essere ” chiunque ” cagioni ad altri una lesione personale, mentre si indica come soggetto passivo la persona cui la lesione è stata cagionata, se dalla stessa deriva una malattia, nel corpo o nella mente, come dispone expressis verbis l’art.582 c.p., e non già una mera sensazione di dolore, trattandosi in tal caso del delitto di percosse ex art.581 c.p.

Questa tipologia di reato è procedibile a querela della persona offesa, se la malattia ha una durata non superiore ai 20 giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti di cui all’art.583 e 585 c.p., da sporgere nel termine di 3 mesi dal fatto rivolgendosi direttamente alle autorità o ad un avvocato penalista che rediga un atto in funzione di un risarcimento del danno.

In questo caso la competenza è del Giudice di Pace ed è prevista come pena la multa che va da un minimo di 516 a un massimo di 2.582 euro o la permanenza domiciliare da un minimo di 15 a un massimo di 45 giorni o la prestazione di lavoro di pubblica utilità da un minimo di 20 giorni a un massimo di 6 mesi.

Per tutte le altre ipotesi, nelle quali dunque il reato sia procedibile d’ufficio, la competenza spetta al tribunale in composizione monocratica.

Quanto tempo ci vuole per archiviare una denuncia?

Per quanto tempo posso essere indagato? – Tirando le somme, se sei stato denunciato per un reato, devi sapere che la durata massima delle indagini preliminari è di diciotto mesi mentre, per i reati di particolare gravità, la durata massima delle indagini è di due anni,

TIPOLOGIA DI REATO DURATA INDAGINI (senza proroga) DURATA MASSIMA INDAGINI (con proroga)
REATI ORDINARI 6 mesi 18 mesi
REATI GRAVI 1 anno 2 anni

Che cosa prevede la legge italiana per i reati di violenza domestica?

69 del 2019 prevede, a fronte di notizie di reato relative a delitti di violenza domestica e di genere: che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale; alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta.

Quali novità ha introdotto la legge codice rosso sulle lesioni permanenti al volto?

Codice rosso: quali le principali novità introdotte dalla legge 19 luglio 2019, n.69? Codice Rosso: Cosa Prevede La Legge Reading time: 5 minutes Ringraziamo l’associazione Keiron – la Casa dei Penalisti per questo articolo. La legge n.69 del 19 luglio 2019 ” Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia della tutela delle vittime di violenza domestica e di genere “, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 25 luglio 2019 ed entrata in vigore il 9 agosto scorso, ha apportato diverse modifiche sia al codice penale che al codice di procedura penale con l’obiettivo di fornire una maggiore e più efficace tutela per le vittime di violenza domestica e di genere.

La presente legge è intervenuta su più fronti: potenziamento di istituti introdotti dalla Direttiva 2012/29/UEin materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato; inasprimento del trattamento sanzionatorio per reati già presenti nel codice penale; introduzione di nuove fattispecie delittuose; accelerazione del “tempo” volto all’instaurazione del procedimento penale per i reati di violenza.

Tra le nuove fattispecie di reato che sono state delineate, l’art.7 l.69/2019 introduce l’art.558- bis nel codice penale relativo alla costrizione o induzione al matrimonio, che è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. Sono previste aggravanti quando il reato è commesso a danno di minori, e si procede quand’anche il fatto sia compiuto all’estero da/in danno di un cittadino italiano o cittadino straniero residente in Italia.
 Un nuovo articolo introdotto nel codice penale è l’art.612- ter relativo alla diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (c.d.

Revenge porn ). In tal senso, chiunque sottrae, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito – destinati a rimanere privati – senza il consenso delle persone rappresentate è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con multa da euro 5.000 a 15.000. Lo stesso trattamento sanzionatorio è riservato a chi, avendo ricevuto o acquisito le immagini o i video, li invia o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

Il delitto è punito a mezzo di querela della persona offesa che deve essere proposta entro il termine di 6 mesi. Si pu procedere d’ufficio quando il fatto è connesso ad altri delitti per i quali si deve procedere d’ufficio. Sono previste delle aggravanti nel caso in cui il fatto sia commesso dal coniuge (anche separato o divorziato) o da persona che è stata legata da una relazione affettiva alla persona offesa, o se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è altresì aumentata se il fatto è commesso in danno di una persona in condizione di inferiorità psichica o fisica o in danno di una donna in stato di gravidanza. L’art.12 della l.69/2019 introduce l’art.583- quater c.p. che tipizza la condotta di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, punendo gli autori di tali reati con la reclusione da 8 a 14 anni.

Qualora dal delitto in questione ne derivi la morte della vittima la pena prevista è l’ergastolo. I condannati per tali reati saranno trattati più severamente non potendo beneficiare di permessi premio, misure alternative alla detenzione in carcere e lavoro esterno.

Come già indicato nell’introduzione del presente articolo, la legge n.69/2019 è intervenuta anche su fattispecie di reato già disciplinate dal codice penale. In materia di violenza sessuale ex art 609- bis c.p. la pena base prevista è quella della reclusione dai 6 ai 12 anni (che era prima prevista per le sole ipotesi aggravate di cui all’articolo 609- ter e che ora sono punite con la pena base aumentata di un terzo) senza fare riferimento alla particolare età della vittima, rilevando solo la minore età, e il fatto che l’autore del reato sia un ascendente/tutore dalla vittima.

L’età rileva in termini di aggravante in particolar modo se la vittima non ha compiuto 14 anni, e soprattutto se il compimento degli atti sessuali avviene in cambio di denaro o di altra utilità (anche solo promessi). Si è raddoppiato il termine per la proposizione della querela, la quale pu essere presentata entro 12 mesi dal fatto, sulla base dell’art.609- septies c.p.

  • In materia di atti persecutori ex art.612- bis c.p.
  • La pena è aumentata e va da 1 anno a 6 anni e 6 mesi.
  • La condanna per questo tipo di reato potrebbe eventualmente giustificare anche l’adozione del divieto di avvicinarsi a determinati luoghi frequentati abitualmente dalla vittima.
  • Si applica invece l’ergastolo nel caso di omicidio aggravato dalle relazioni personali, di cui all’art.577 c.p., nel caso sia di relazioni affettive stabili anche senza convivenza, sia di convivenza senza relazione affettiva stabile.

La pena è aumentata anche nel caso di violenza sessuale di gruppo punita con la reclusione da 8 a 14 anni. L’art.8 della l.69/2019 modifica il trattamento sanzionatorio nel caso di reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi innalzando la pena edittale da 3 a 7 anni, nonché inserendo una circostanza aggravante nel caso in cui il fatto sia commesso in presenza o in danno di una persona minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, oppure se il fatto è commesso con armi.

Il minore che eventualmente assista ai maltrattamenti si considera persona offesa dal reato. Ulteriore novità introdotta dal Codice Rosso è relativa alla fase di denuncia e di indagini, Infatti, l’art.1 della legge n.69/2019 fissa un obbligo per la Polizia Giudiziaria di riferire al Pubblico Ministero la notizia di reato per le fattispecie indicate dal legislatore, che includono anche i reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate avvenute in famiglia o tra soggetti conviventi.

La Polizia Giudiziaria è tenuta a comunicare tutti gli elementi essenziali raccolti, le fonti di prova e le attività compiute. È previsto un obbligo di comunicazione delle generalità, del domicilio e di tutti quei dati che consentono la identificazione della persona nei cui confronti si svolgono le indagini.

  • Nel caso in cui la Polizia Giudiziaria abbia compiuto atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore, la comunicazione della notizia di reato al Pubblico Ministero deve essere trasmessa entro le 48 ore dal compimento dell’atto, salvo la previsione di termini particolari.
  • Per alcuni delitti (come i maltrattamenti di cui all’art.572 c.p., violenza sessuale ex art.609- bis c.p., corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo e atti persecutori) la comunicazione della notizia di reato è immediata e pu avvenire anche in forma orale, a cui seguirà senza ritardo quella scritta.

Il Pubblico Ministero assume le informazioni entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini che potrebbero giustificare una proroga del termine.

Con l’obiettivo di prevenire nel lungo termine i reati di violenza domestica e di genere, il Legislatore è intervenuto anche sul fronte della sospensione condizionale della pena : quest’ultima è subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni, i cui oneri ricadono sul condannato.

La legge è stata ben accolta da parte del mondo politico e dall’opinione pubblica in quanto espressione dall’intenzione dello Stato di voler adottare delle soluzioni concrete a fenomeni che sono sempre più rilevanti nella nostra società (ricordando le sei donne uccise solo la scorsa settimana).

La stessa Cassazione si è espressa così sul punto: “L’importanza della tutela delle persone offese, in particolare dei reati suscettibili di arrecare conseguenze gravissime sul piano psicologico come la violenza sessuale, è da tempo avvertita e le riflessioni condotte in base ad un attento esame della realtà e con il supporto delle acquisizioni scientifiche hanno indotto le organizzazioni internazionali e gli Stati a promuoverne ed implementarne i livelli di generale protezione anche all’interno del processo penale con l’adozione di atti normativi vincolanti per i paesi membri e con la stipula di apposite convenzioni internazionali.

In tutti gli atti normativi internazionali si afferma la necessità della tutela della persona offesa da reati come la violenza sessuale e dalla vittimizzazione secondaria”, di Giovanna Cannella Secondo la Convenzione di Istanbul « si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima».

In che cosa consiste il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa?

È legittimo l’arresto obbligatorio in flagranza di chi violi il divieto di avvicinamento alla persona offesa La riforma penale della legge 134/2021 ha esteso l’obbligatorietà a violazioni di provvedimenti coercitivi diposti a tutela della vittima Codice Rosso: Cosa Prevede La Legge La violazione di misure cautelari personali come il divieto di avvicinamento alla persona offesa o l’ordine di allontanamento dalla casa familiare consente l’arresto in flagranza anche se si tratta di fattispecie al disotto del limite edittale per il quale esso è di regola possibile.

La mancata convalida dell’arresto dell’imputato da parte del giudice non poteva essere giustificata dal fatto che il reato di violazione di provvedimenti dell’autorità giudiziaria fosse sanzionato con pene inferiori a quelle previste dalla norma del Codice penale che disciplina i casi di arresto obbligatorio in caso di flagranza di reato.

Così la Corte di cassazione, con la, ha accolto il ricorso della Procura della Repubblica contro la mancata convalida dell’imputato che aveva violato il divieto di avvicinamento alla persona offesa ed era stato tratto in arresto mentre compiva la condotta delittuosa dell’articolo 387 bis del Codice penale.

Infatti, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso che lamentava la non presa in considerazione da parte del Gip dell’intervento legislativo recato dalla legge 134/2021 che aveva ampliato la categoria di reati per i quali scatta l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza in deroga alla regola generale dei limiti edittali per i quali è previsto.

In tal caso non vale quindi la necessaria circostanza che il reato preveda un massimo di pena pari a 5 anni. Quindi a partire dall’entrata in vigore della legge 134/2022 di riforma penale i reati previsti dall’articolo 387 bis del Codice penale (Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) come quello contestato all’imputato del caso ora risolto prevedono l’arresto obbligatorio in flagranza ex articolo 380 del Codice anche se sono sanzionati con il masimo di tre anni di pena detentiva.

La norma in vigore da ottobre 2021 Il comma 15 dell’articolo 2 della legge 134/2021 ha aggiunto altre ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza sostituendo la lettera l-ter) del comma 2 dell’articolo 380 del Codice di procedura penale che ne consente il compimento per specifici reati al di là della regola generale del massimo edittale a 5 anni (delitti di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti dagli articoli 387-bis, 572 e 612-bis del Codice penale).

: È legittimo l’arresto obbligatorio in flagranza di chi violi il divieto di avvicinamento alla persona offesa