Cosa Cambia Con La Legge Cirinna?
Costanzo Franceschi
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La legge 76 del 2016 legge Cirinnà, introduce il riconoscimento delle coppie di fatto e delle unioni civili non equiparato al contratto matrimoniale per l’assenza di norme che regolino i rapporti personali, in particolare L’obbligo di fedeltà’
Che cosa stabilisce la Legge Cirinnà?
Nuove soluzioni per la tutela e la trasmissione del patrimonio in seguito alla recente legge “Cirinnà”: – Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”. L’evoluzione socio economica della famiglia e le nuove norme di legge evidenziano ed amplificano, soprattutto per alcune tipologie di coppie quali: conviventi tradizionali, coppie di fatto registrate, unioni civili, separati, divorziati, coppie senza figli, ecc., l’importanza di definire ed attivare soluzioni giuridiche, fiscali e finanziarie volte a tutelare i propri cari ed a trasmettere il patrimonio secondo le proprie volontà.
- Con la legge “Cirinnà”, dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione.
- Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.
- Il regime patrimoniale dell’unione è la comunione dei beni, salvo che la coppia non scelga la separazione.
In termini di diritti spettano al partner dell’unione sia la pensione di reversibilità che il TFR (trattamento di fine rapporto) maturato dall’altro, nonché i diritti successori, sorgendo in capo al compagno superstite il diritto alla legittima. La legge “Cirinnà” disciplina anche le convivenze di fatto, relative sia alle coppie eterosessuali che omosessuali, tra ” due persone maggiorenni unite stabilmente ” da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. La convivenza non ha ripercussioni in ambito successorio, essendo escluso qualsiasi diritto per il partner all’eredità. Per il resto i conviventi possono decidere di regolare i rapporti economici e patrimoniali di coppia, attraverso un apposito contratto di convivenza, sottoscritto, sotto forma di atto pubblico o scrittura privata, da un notaio o da un avvocato.
- Il contenuto del contratto può essere molto ampio rimanendo sempre nel limite che le questioni trattate siano inerenti ai rapporti patrimoniali della coppia.
- L’assenza di una corretta pianificazione patrimoniale può creare notevoli problemi ai nostri cari nel momento in cui si troveranno ad avere il maggior bisogno.
Kleros insieme ai suoi professionisti è in grado di proporti le soluzioni più adeguate considerando le tue esigenze nel rispetto della tua situazione familiare.
Che diritti hanno i conviventi di fatto?
Quali sono i diritti e doveri dei conviventi di fatto La possibilità di far visita al proprio partner in carcere. Il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, in caso di malattia o di ricovero del convivente di fatto.
Cosa fare per tutelarsi se non si è sposati?
La soluzione è quella di stipulare un contratto di convivenza, che può essere redatto da tutte le coppie che intendono iniziare a convivere ovvero che già convivono ma sentono la necessità di darsi delle regole ovvero di designare il convivente quale amministratore di sostegno in caso di necessità o proprio erede.
Come regolamentare la convivenza?
Come si formalizza una convivenza di fatto? – È possibile formalizzare davanti alla legge una convivenza di fatto effettuando una dichiarazione all’anagrafe del Comune di residenza. I due conviventi dovranno dichiarare all’ufficio anagrafe di costituire una coppia di fatto e di coabitare nella stessa casa.
La dichiarazione potrà essere sottoscritta di fronte all’ufficiale d’anagrafe o inviata tramite fax o per via telematica. I dichiaranti potranno in questo modo ottenere il certificato di stato di famiglia, Con la Legge Cirinnà ai conviventi di fatto viene riconosciuto il diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia, la possibilità di nominare il partner proprio rappresentante e il diritto di continuare a vivere nella casa di residenza dopo l’eventuale decesso del convivente proprietario dell’immobile.
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Che differenza c’è tra convivenza di fatto e unione civile?
Unioni civili, coppie di fatto e convivenza La disciplina che regola l’ unione civile e la convivenza è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge 20 maggio 2016, n.76, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.118 del 21 maggio 2016 ed entrata in vigore il 5 giugno 2016. La legge disciplina distintamente:
le ” UNIONI CIVILI ” fra persone dello stesso sesso”;le ” CONVIVENZE DI FATTO “, che riguarda sia coppie omosessuali che coppie eterosessuali.
La disciplina prevista per le “unioni civili” e quella prevista per le “convivenze di fatto” sono piuttosto diverse tra loro perché il legislatore, per le prime, ha sostanzialmente dettato una disciplina assimilabile al matrimonio, benchè riservata a persone dello stesso sesso; per le seconde, ha delineato una regolamentazione dei rapporti fra conviventi a prescindere dal fatto che questi siano o meno dello stesso sesso, purchè legati da “rapporti affettivi stabili”.
il matrimonio, che è ammesso solo fra persone di sesso diverso;le unioni civili, consentite solo fra persone dello stesso sesso;le convivenze di fatto, che possono riguardare sia coppie eterosessuali che coppie omosessuali.
Che diritti ha una compagna?
I principali diritti di una compagna – Di seguito l’elenco dei principali diritti che spettano ad una compagna:
diritto di continuare a vivere nella casa del compagno anche al termine della relazione. Più nello specifico, se l’ abitazione in cui si è svolta la convivenza è di proprietà del compagno, al termine della relazione la donna non può essere mandata via su due piedi, ma ha diritto a permanere per il tempo necessario a trasferirsi in una nuova casa; diritto di subentrare nel contratto di locazione alla morte del compagno, fino alla sua naturale scadenza; diritto all’affidamento dei figli : i rapporti tra i genitori, sposati o conviventi che siano, non intacca i doveri nei confronti della prole; diritto al risarcimento del danno nel caso di morte del compagno, Se l’uomo muore per fatto illecito di un terzo (per esempio, a causa di un sinistro stradale o di un’aggressione), la compagna ha diritto ad essere risarcita, al pari di un coniuge o di un convivente di fatto. Perché si abbia effettivamente diritto al risarcimento, però, occorre dimostrare che la convivenza sia stata stabile e duratura nel tempo e che, se non fosse intervenuta l’altrui azione illecita, sarebbe proseguita. In pratica, mentre al coniuge o al convivente di fatto spetta solamente dimostrare, formalmente, che l’unione era ancora in essere, alla compagna spetta di dimostrare l’effettività della convivenza e della relazione sentimentale; diritto a trattenere i regali e il danaro ricevuto, Al termine della relazione, il compagno non può chiedere la restituzione di ciò che è stato regalato o comunque dato alla compagna in ragione della relazione oramai finita. Dunque, la donna potrà trattenere tutto ciò che ha ricevuto dal compagno: versare del denaro al partner, durante la convivenza, configura, nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza, l’adempimento di un’obbligazione naturale, essendo espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo. diritto al risarcimento dei danni nel caso di violazione degli obblighi familiari, La donna che sia maltrattata (al di fuori delle ipotesi penali, ovviamente) oppure privata della necessaria assistenza morale e materiale, può chiedere al giudice la liquidazione del risarcimento dei danni morali e materiali patiti. Pensa all’uomo che, dopo una lunga convivenza con la sua compagna la quale, peraltro, sta portando avanti una gravidanza difficile, decida all’improvviso di interrompere la relazione per intraprenderne un’altra, abbandonandola in precarie condizioni economiche. diritto al permesso di soggiorno, Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno rileva anche la convivenza stabile dello straniero che dimostri di trarre da tale tipo di rapporto mezzi leciti di sostentamento; diritto a non subire maltrattamenti, i quali non solo darebbero luogo al risarcimento dei danni, ma anche al reato di maltrattamenti in famiglia, il quale può configurarsi non soltanto nel caso di coppia sposata ma, più in generale, nel caso di ogni convivenza: il codice penale dice che chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.
Legge n.76/2016 del 20.05.2016 (legge Cirinnà). Art.572 cod. pen. Autore immagine: Pixabay.com : Diritti di una compagna
Quali diritti non hanno le coppie di fatto?
I diritti che le coppie di fatto non possono vantare – Ai diritti delle coppie di fatto sopra elencati si contrappongono una serie di situazioni e circostanze che non si possono attribuire ai semplici conviventi. Le coppie di fatto non hanno diritto: A non essere traditi.
- Non sussiste l’obbligo alla reciproca fedeltà.
- All’assegno di mantenimento successivo alla separazione, relativo in modo esclusivo alle coppie sposate, né agli alimenti, salvo che tra le parti non intercorra un diverso accordo scritto.
- All’eredità del convivente defunto, a meno che lo stesso non faccia testamento.
Anche in questo caso, non può spettare più della quota disponibile, non essendo il convivente un erede legittimario. Alla pensione di reversibilità. Alla possibilità di costituire un fondo patrimoniale, diretto in modo esclusivo alle coppie sposate. La legge consente di costituire un vincolo di destinazione o istituire un trust nel caso se si intendessero tutelare gli interessi di figli nati dall’unione.
Quando non conviene sposarsi?
Il matrimonio conviene per Isee e reddito di cittadinanza? – Il matrimonio può risultare non conveniente anche ai fini Isee, nel caso in cui entrambi i coniugi producano reddito o possiedano beni immobili o patrimonio mobiliare (carte, conti, libretti, titoli, partecipazioni) con valore al di sopra di determinate soglie.
- Ma come mai l’Isee è considerato così importante? L’indicatore Isee, che ha lo scopo, in sostanza, di “misurare” la ricchezza della famiglia, è indispensabile per ottenere la maggior parte delle agevolazioni pubbliche e diversi sussidi, tra i quali il reddito di cittadinanza e la,
- Con la separazione, o col divorzio, il valore dell’Isee può abbassarsi, in quanto non sono più considerati i redditi e il patrimonio del coniuge uscito dal nucleo familiare: la valutazione della convenienza va fatta, però, caso per caso.
Se, ad esempio, i coniugi sono entrambi molto poveri o nullatenenti, la separazione non conviene, in quanto è applicata una scala di equivalenza che fa crescere il valore del reddito di cittadinanza e abbassa l’Isee al crescere del numero dei familiari.
Ad ogni modo, bisogna considerare che, a fini della, non sempre la composizione del nucleo familiare coincide con la famiglia anagrafica (risultante all’anagrafe del Comune): se la coppia ha figli, entrambi i genitori vengono comunque considerati nell’indicatore, anche se non sono mai stati sposati, o risultano separati o divorziati (salvo rare eccezioni).
Ne abbiamo parlato in:, Inoltre, i coniugi separati o divorziati fanno parte dello stesso nucleo familiare Isee se continuano a risiedere nella stessa abitazione; se la separazione o il divorzio si sono verificati dopo il 1° settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da un apposito verbale della polizia locale, per evitare gli abusi.
Chi sono gli eredi in caso di convivenza?
Decesso del convivente senza testamento – Nel caso in cui si muoia senza aver redatto un testamento, è la legge che prevede quali siano (ed in che ordine) i soggetti chiamati ad accettare l’eredità, i cd. eredi “legittimi”. Tra questi, oltre al coniuge ed all’unito civilmente (che nel caso di coppia di fatto non ci sono), viene prima di tutto il figlio, o i figli qualora siano più di uno, i quali quindi, in assenza di testamento, riceveranno l’intera eredità del genitore.
È da precisare che, nel caso in cui il convivente deceduto abbia in passato contratto un matrimonio e non abbia divorziato, ma sia soltanto separato, senza addebito al coniuge, anche quest’ultimo concorrerà all’eredità, insieme al figlio. La stessa cosa accade se non sia formalmente cessata la precedente unione civile: la parte unita civilmente rientra tra gli eredi legittimi.
Solo in assenza di coniuge (o unito civilmente) e figli, concorreranno all’eredità del convivente i suoi genitori, i suoi fratelli e sorelle e via via, per gradi, i suoi parenti più prossimi, fino al sesto grado (che, secondo le definizioni del diritto civile, corrisponde al nipote del cugino, in linea retta).
Cosa cambia per i figli se i genitori non sono sposati?
Quali sono gli effetti del riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio? – Il riconoscimento produce gli effetti che seguono:
- Rapporto di filiazione, attraverso il quale il figlio e il genitore assumono reciproci diritti e doveri
- Legame di parentela tra il figlio e i parenti del genitore
- Attribuzione del cognome del genitore che ha effettuato il riconoscimento
Cosa spetta alla madre non sposata?
Quali sono i doveri dei genitori verso i figli? – Sempre secondo il Codice civile, il figlio ha diritto ad essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha inoltre diritto a crescere in famiglia e a mantenere rapporti significativi con i parenti.
In pratica, per la legge, non c’è differenza tra doveri dei genitori sposati e i doveri dei genitori non sposati nei riguardi della loro prole: per eliminare ogni discriminazione tra figli nati in costanza di matrimonio e figli nati al di fuori del vincolo di coniugio, il Codice civile impone ai genitori, per il solo fatto di aver messo al mondo la prole, il dovere inderogabile di occuparsi di essa.Ciò significa che il padre e la madre, anche se non sposati oppure non conviventi, dovranno sempre educare, istruire e sostenere, materialmente e moralmente, i propri figli, almeno fino a quando non saranno abbastanza grandi per poter essere indipendenti.Da quanto detto nel precedente paragrafo si evincono anche quali sono i diritti di una madre non sposata:
crescere ed educare la prole ;rappresentare il figlio minorenne e gestire i suoi beni;avere l’affidamento e far visita al minore, nel caso in cui i genitori siano separati;ricevere il mantenimento nell’interesse del figlio, nel caso di affidamento esclusivo;godere dei permessi sul lavoro.
Insomma: i diritti di una madre non sposata nei confronti dei propri figli sono identici a quelli che spettano a una madre coniugata. I diritti, infatti, non sono altro che il corrispettivo dei doveri vero la prole.
Cosa succede se due conviventi si separano?
I conviventi di fatto – La Legge 20 maggio 2016 n.76 (c.d. Legge Cirinnà) fornisce per la prima volta una specifica regolamentazione delle “convivenze di fatto”, La legge specifica che conviventi di fatto sono ” due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile “.
in caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali; sono riconosciuti specifici diritti per quanto concerne l’assegnazione degli alloggi di edilizia popolare; si garantisce la tutela al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’ impresa familiare dell’altro convivente; è prevista la possibilità, per ciascun convivente di fatto, di designare l’altro quale suo rappresentate in caso di malattia, ovvero per le decisioni concernenti la donazione di organi, le modalità di trattamento della salma e le celebrazioni funerarie; è previsto il diritto di abitazione a favore del convivente superstite, qualora l’altro convivente di fatto fosse proprietario della casa adibita a residenza comune.
In caso di cessazione della convivenza di fatto l’articolo 1 comma 65 della Legge prevede che il giudice possa sancire il diritto del convivente, in stato di bisogno e non in grado di provvedere al proprio mantenimento, a ricevere dall’altro convivente gli alimenti,
Quando decade la coppia di fatto?
Approfondimenti – I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti del coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario. Malattia, ricovero o morte I conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, secondo le regole previste per i coniugi e i familiari.
per decisioni sulla propria salute, se incapace di intendere e di volere in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
Se uno dei conviventi di fatto muore a causa di un fatto illecito commesso da un terzo, l’altro sarà risarcito con gli stessi criteri applicati per un coniuge. Abitazione Salvo quanto previsto dal Codice Civile, art.337-sexies, se il proprietario della casa di comune residenza muore, il convivente può continuare ad abitarvi per due anni o per un periodo pari alla convivenza e comunque non oltre i cinque anni.
smette di abitare stabilmente nella casa di comune residenza contrae matrimonio, unione civile o nuova convivenza di fatto.
Se il convivente a cui è intestato il contratto di locazione della casa di comune residenza muore o recede, l’altro può succedergli nel contratto. Alloggi ERP Se appartenere a un nucleo familiare è un requisito di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, i conviventi di fatto possono godere di questo titolo a parità di condizioni ( Legge 20/05/2016, n.76, art.45 ).
agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati con essi agli incrementi dell’azienda commisurati al lavoro eseguito.
La partecipazione non spetta se i conviventi sono soci o hanno un contratto di lavoro subordinato ( Legge 20/05/2016, n.76, art.46 ). Tutore Se uno dei due conviventi di fatto è stato dichiarato interdetto o inabilitato, l’altro può essere nominato suo tutore, curatore o amministratore di sostegno.
la residenza le indicazioni su come ciascuno dei conviventi debba contribuire economicamente alle necessità della vita in comune il regime patrimoniale della comunione dei beni che può essere modificato in qualsiasi momento nel corso della convivenza con le stesse modalità di stesura del contratto.
Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione. La copia del contratto è conservata agli atti dell’ufficio anagrafe e può essere visionata da chiunque ha valido interesse, come previsto dalla Legge 07/08/1990, n.241, inviando apposita domanda di accesso agli atti.
- Con una dichiarazione indirizzata al Comune è possibile comunicare la conclusione della convivenza che avrà effetto immediato.
- La coppia, pur non riconoscendosi più conviventi di fatto vincolati da legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, continua a costituire una famiglia anagrafica.
La fine della coabitazione fa automaticamente concludere la convivenza di fatto, ma non ha effetti sull’eventuale contratto di convivenza sottoscritto. Quest’ultimo si risolve solo ed esclusivamente con:
un accordo delle parti, attraverso un atto pubblico o una scrittura privata autenticata da un notaio o un avvocato un recesso unilaterale, attraverso un atto pubblico o una scrittura privata autenticata da un notaio o un avvocato che dovrà inviare comunicazione al Comune e una copia all’ex convivente un matrimonio o un’unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un’altra persona la morte di uno dei due conviventi.
Anche lo scioglimento del contratto deve essere registrato nella scheda anagrafica di famiglia dei conviventi, oltre che nelle schede anagrafiche individuali, indicando gli estremi e i dati contenuti nella notifica del notaio o dell’avvocato. Se prevista, la comunione dei beni termina con la risoluzione del contratto.
Che cosa riconosce la legge n 76 del 2016?
Unioni civili e convivenze di fatto L.20 maggio 2016, n.76 – Dopo un travaglio lungo trent’anni, l’Italia si è data una regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze “di fatto” omo ed eterosessuali con L.20 maggio 2016 n.76 (G.U.21 maggio 2016, n.118).
La disciplina si era ormai resa necessaria a seguito della condanna da parte della Corte Edu e dei moniti rivolti al legislatore da parte della Corte costituzionale. La presente opera è frutto della collaborazione di esperti del diritto di famiglia, dei diritti umani, di costituzionalisti e comparatisti.
Il risultato è un’analisi lucida e approfondita dei nuovi istituti, ma anche una guida di valore operativo: • alle modalità di costituzione e di scioglimento delle unioni • alle cause impeditive e di nullità; • agli obblighi dei contraenti; • al regime patrimoniale; • agli effetti legali e ai diritti dei conviventi di fatto; • ai diritti post mortem dei conviventi superstiti; • alla procreazione e all’adozione; • ai contratti di convivenza (di cui è riportato un esempio pratico).
Quali diritti sono stati riconosciuti alle nuove tipologie di famiglie con la legge n 76 del 2016?
La nuova legge 20 maggio 2016 n.76 ha riformato il diritto di famiglia introducendo le unioni civili per le coppie dello stesso sesso, da un lato, e la possibilità per le coppie conviventi, indipendentemente dal sesso dei loro componenti, di regolare gli effetti patrimoniali della loro convivenza.