Descrizione – Con la legge di stabilità il Governo ha la facoltà di introdurre innovazioni normative in materia di entrate e di spesa, fissando anche il tetto dell’ indebitamento dello Stato, Deve essere presentata dal Governo al Parlamento entro il 15 ottobre (in passato era il 30 settembre).
- Il Parlamento ha tempo di esaminarla, emendarla e approvarla entro il 31 dicembre.
- Oltre la scadenza di fine anno, la Costituzione, all’art.81 c.2, prevede il limite del successivo 30 aprile, da autorizzare con legge apposita che conceda l’esercizio provvisorio del bilancio (contenendosi per ciascun mese nel limite di un dodicesimo della spesa dell’anno precedente).
A seguito dell’approvazione da parte del Parlamento, la legge finanziaria regola la vita economica del Paese nell’arco di un anno solare, Gli obiettivi economici di più lungo periodo sono invece definiti dal Governo nel Documento di economia e finanza (DEF).
Cosa è il patto di stabilità interno?
patto di stabilità interno in “Dizionario di Economia e Finanza” patto di stabilita interno Alberto Nucciarelli patto di stabilità interno Sistema di regole che identifica i vincoli alla finanza delle Regioni e degli enti locali, determinandone singolarmente gli obiettivi programmatici.
Esprime i risultati di bilancio degli enti territoriali e consente il controllo annuale dell’indebitamento netto delle Regioni e degli enti locali. Le regole del p. di s.i. sono stabilite con la predisposizione e l’approvazione della manovra di finanza pubblica (➔), così da definire e promuovere le necessarie azioni correttive e permettere il rispetto delle condizioni di risanamento della finanza pubblica stabilite dal Patto di Stabilità e Crescita (➔).
Il p. di s.i. dell’Italia per gli anni 2011-13 è disciplinato dalla l.220/2010 (➔ legge di stabilità), art.1, 87°-124° co., dove sono enunciati i criteri per il calcolo (e i valori massimi) dell’indebitamento di Province e Comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti e delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano.
In quale Documento è contenuto il patto di stabilità interno?
Camera dei deputati Il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall’ come successivamente modificato ed integrato dall’articolo 1, commi 428-447, della legge di stabilità per il 2013 (). Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, negli anni dal 2009 al 2012 sono stati assoggettati alle regole del patto le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, ai sensi dell’;le aziende speciali e le istituzioni, ai sensi dell’ ad eccezione di quelle che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e delle farmacie;gli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, ai sensi dell’ finora sostanzialmente esclusi dalla disciplina, in quanto per essi l’applicazione del patto era rinviata a partire dall’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali.
Si segnala, infine, che devono considerarsi assoggettate al patto anche le società cosiddette «in house» affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali, a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, ai sensi dell’ Tuttavia, le regole di assoggettamento di tali enti al patto devono ancora essere individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, al momento non ancora adottato.
L’obiettivo del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario – calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, comprese dunque le spese in conto capitale, con l’eccezione di alcune voci – espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l’obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita).Nel corso della legislatura i meccanismi di calcolo degli obiettivi di saldo sono stati via via rivisti: mentre nella prima parte della legislatura, il saldo obiettivo di ciascun ente è stato rapportato al saldo finanziario raggiunto dall’ente medesimo in un esercizio precedente, a partire dal 2011, con la gli obiettivi del patto sono stati ancorati alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio, criterio che ha reso ancor più stringenti ed impegnativi gli obiettivi da raggiungere.In particolare, per gli anni dal 2013 al 2016, il saldo obiettivo viene determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media da esso sostenuta nel triennio 2007-2009 – così come desunta dai certificati di conto consuntivo – determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni. Gli obiettivi così ottenuti sono però rettificati per neutralizzare il taglio dei trasferimenti erariali determinato dal Con riferimento al computo del saldo finanziario valido ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità, si evidenzia che, sia per evitare che i vincoli del patto potessero rallentare gli impegni e i pagamenti per interventi considerati prioritari e strategici, sia per correggere eventuali effetti anomali che potrebbero determinarsi sui saldi a causa del non allineamento temporale tra entrata e spesa, sono state previste alcune specifiche esclusioni di voci di entrata e di spesa, che non rientrano, pertanto, nei vincoli del patto.I saldi obiettivo così calcolati sono dichiaratamente ” transitori “, nelle more dell’applicazione del nuovo meccanismo di ripartizione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni sulla base delle classi di virtuosità, introdotto a partire dal 2012 dall’ che, come più avanti si illustra, comporta effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti. In particolare:
per gli enti che sono collocati nella classe dei virtuosi, è richiesto soltanto il conseguimento di un saldo obiettivo pari a zero ;per gli enti non virtuosi è prevista una penalizzazione, consistente nella rideterminazione in aumento – fino ad un limite massimo espressamente indicato – dei coefficienti da applicare alla spesa corrente media del triennio per l’individuazione del proprio saldo obiettivo.
Va, infine, considerato, che il valore definitivo del saldo-obiettivo di ciascun ente locale potrà essere ulteriormente rideterminato nel corso dell’anno qualora l’ente benefici di del patto di stabilità interno (i c.d. Patti di solidarietà fra enti territoriali), le quali, si ricorda, sono state introdotte nell’ordinamento a partire dal 2009 al fine di rendere più sostenibili gli obiettivi individuali degli enti soggetti ai vincoli al patto di stabilità e, al contempo, allentare la compressione sulle spese di investimento degli enti locali, che si è venuta a determinare a causa dei meccanismi di calcolo dei saldi obiettivi in termini di competenza mista e del blocco della leva fiscale imposto alle amministrazioni territoriali dal 2008, che ha, di fatto, annullato la possibilità di intervento sulle entrate ai fini del raggiungimento dei saldi-obiettivo.
In merito, si segnala che il potere delle regioni e degli enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, è stato ripristinato, dall’articolo 4, comma 4, del decreto-legge n.16 del 2012, a decorrere dall’anno di imposta 2012. Per una analisi più dettagliata delle regole del patto, si rinvia alla scheda di approfondimento sulla disciplina del,
: Camera dei deputati
Cosa contiene il DEF?
Guida al DEF: cos’è e a cosa serve il Documento di Economia e Finanza – Pictet per Te Il DEF comprende la documentazione stilata dal Governo con gli obiettivi di politica economica e le strategie per raggiungerli e deve essere presentato ogni anno entro il 10 aprile al Parlamento,
Per stendere questo documento programmatico dello Stato italiano, il Governo deve tenere conto di molti scenari futuri come,, deficit, andamento economico italiano ed europeo, inflazione, mercato del lavoro, investimenti, fiducia dei consumatori e molto altro. È quindi un lavoro molto delicato e complesso, che però permette di capire quale direzione il Governo intende prendere per lo sviluppo del Paese,
Per tutti questi motivi, gli obiettivi del DEF abbracciano un orizzonte temporale di tre anni. Questo testo programmatico è stato introdotto in Italia dalla Legge 362 del 1988, per poi essere adeguato alle necessità dell’Unione Europea in termini temporali e di impegni.
- Va precisato che non si tratta di una legge, quindi non può essere applicato immediatamente e concretamente come avviene per le leggi, ma andrà a influenzare tutte le scelte economiche e finanziarie del Governo negli anni successivi.
- Ed è l’atto ufficiale che indica la strada e le aspettative sul breve e medio termine anche all’Unione Europea, alla comunità economico-finanziaria internazionale, ai creditori e ai partner commerciali del nostro Paese.
Il DEF si divide in tre diverse sezioni. La prima presenta il Programma di Stabilità, che precisa quali target bisogna raggiungere nel triennio successivo per abbassare il debito pubblico e assicurare lo sviluppo italiano. Contiene tuto ciò che serve all’Unione Europea per verificare che vengano rispettati i regolamenti e il Codice di condotta sull’attuazione del patto di stabilità e crescita.
Qui troviamo le previsioni economiche, dei tassi di crescita del PIL, dei tassi di interesse e i vari scenari sul debito. La seconda sezione del DEF approfondisce invece il conto economico della Pubblica Amministrazione nell’anno passato, includendo anche gli scostamenti rispetto agli obiettivi programmatici.
Sempre in questa sezione troviamo anche le previsioni sui conti dello Stato. Nella terza e ultima sezione del DEF infine è incluso lo schema del Programma Nazionale di Riforma, che presenta lo stato delle riforme con indicata l’eventuale differenza tra risultati attesi ed effettivamente raggiunti. Fonte infografica: Pictet AM Italia Il presente materiale di marketing è emesso da Pictet Asset Management (Europe) S.A. Esso non è indirizzato a, e non è concepito per la distribuzione a o l’utilizzo da parte di, qualsiasi persona o entità avente cittadinanza, residenza o ubicazione in qualsiasi località, Stato, Paese o giurisdizione in cui tale distribuzione, pubblicazione, messa a disposizione o utilizzo sono in contrasto con norme di legge o regolamentari.
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Che cosa è il DEFR?
Il Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR) – Il D.Lgs.n.118/2011, che ha introdotto la riforma del sistema di contabilità per l’armonizzazione dei bilanci delle Regioni e degli Enti Locali, prevede un nuovo strumento di programmazione generale per le Regioni, con riferimento agli esercizi 2016 e successivi: il Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR).
- Il DEFR contiene il quadro congiunturale internazionale, nazionale e regionale, il contesto economico e i riflessi sulla finanza pubblica, il quadro di previsione delle entrate e di riferimento per la spesa, ed espone le linee programmatiche per il prossimo triennio.
- Il DEFR è strutturato in Missioni, Programmi, Obiettivi.
Le Missioni rappresentano le funzioni principali e le finalità strategiche perseguite dall’Amministrazione nel medio periodo, anche mediante il ricorso a enti strumentali e società partecipate; i Programmi rappresentano le linee programmatiche e gli indirizzi operativi, volti a perseguire le finalità delle Missioni; gli Obiettivi rappresentano le azioni concrete che contribuiscono al conseguimento dei risultati attesi dei Programmi.
- Decreto del Segretario Generale della Programmazione n.20 del 29 dicembre 2021 “Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR) 2022-2024.
- Approvazione ed assegnazione alle strutture della Giunta regionale degli obiettivi operativi complementari.D.Lgs.23 giugno 2011, n.118, articolo 36,
Allegato 4/1 DACR n.143 del 30 novembre 2021 “Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza Regionale 2022-2024” DACR n.135 del 29 novembre 2021 “Documento di Economia e Finanza Regionale 2022-2024” Deliberazione del Consiglio regionale n.127 del 17 dicembre 2020 Adozione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza regionale (DEFR) 2021-2023.
Articolo 36, comma 3 e allegato 4/1, punti 4.1 e 6, del decreto legislativo n.118/2011 e ss.mm.ii.; articolo 7 e Sezione III della legge regionale n.35/2001. (Proposta di deliberazione amministrativa n.5). Deliberazione del Consiglio regionale n.133 del 16/12/2020 Adozione del Documento di economia e finanza regionale (DEFR) 2021-2023.
Articolo 36, comma 3 e Allegato 4/1, punti 4.1 e 6, del decreto legislativo n.118/2011 e ss.mm.ii.; articolo 7 e sezione III della legge regionale n.35/2001. (Proposta di deliberazione amministrativa n.4). – DEFR anni precedenti Deliberazione del Consiglio regionale n.112 del 16/12/2020 Riallineamento della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza regionale (DEFR) 2020-2022 a seguito delle conseguenze derivanti dal Covid-19.
Deliberazione del Consiglio regionale 5 novembre 2019, n.118. Articolo 36, comma 3 e Allegato 4/1, punto 6, del decreto legislativo n.118. Deliberazione del Consiglio regionale n.118 del 05/11/2019 (BUR n.135 del 26/11/2019) Adozione della nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza regionale 2020-2022.
articolo 36, comma 3 e allegato 4/1, punti 4.1 e 6, del decreto legislativo n.118/2011 e ss.mm.ii.; articolo 7 e Sezione III della legge regionale n.35/2001. (Proposta di deliberazione amministrativa n.107). Deliberazione del Consiglio Regionale n.117 del 05 novembre 2019 Adozione del Documento di economia e finanza regionale (DEFR) 2020-2022.
Quale legge ha introdotto il DEF?
DEF 2022: cos’è e cosa prevede – Il Documento di Economia e Finanza, DEF, è stato introdotto in Italia dalla Legge numero 362 del 1988 ed è stato poi adeguato agli impegni e ai tempi dettati dall’Europa. Il DEF è un testo programmatico che il governo, entro il 10 aprile di ogni anno, propone al Parlamento: i suoi contenuti rappresentano la base per pianificare strategie economiche e finanziarie da realizzare nei tre anni successivi.
Definisce la manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale”, come recita l’articolo 3 della legge numero 362 del 1988. A Camera e Senato spetta il compito di approvarlo, e dopo l’ok deve essere inviato alla Commissione Europea entro il 30 aprile, Non è un testo di legge : ciò che viene inserito nel Documento di Economia e Finanza, quindi, non trova un’applicazione concreta e immediata seguendo un iter già definito.
Ma ha un’ importanza cruciale perché rappresenta la posa della prima pietra di tutte le misure economiche e finanziare che il governo vuole adottare ed è il primo banco di prova nel confronto con l’Europa. Obiettivi, strategie, direzioni sono le tre parole chiave del DEF e tracciano la strada economica e finanziaria che il paese intraprende.
Quante sezioni il DEF?
Documento di Economia e Finanza – DEF – Il Documento di Economia e Finanza – DEF, previsto dalla L.7 aprile 2011 n.39, è composto da tre sezioni: (i) la prima, Programma di Stabilità dell’Italia, curata dal Dipartimento del Tesoro; (ii) la seconda “Analisi e tendenze della finanza pubblica”, di competenza del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato; (iii) la terza, Programma Nazionale di Riforma, curata dal Dipartimento del Tesoro d’intesa con il Dipartimento delle Politiche europee.
In quale documento è contenuto il patto di stabilità interno?
Camera dei deputati Il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall’ come successivamente modificato ed integrato dall’articolo 1, commi 428-447, della legge di stabilità per il 2013 (). Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, negli anni dal 2009 al 2012 sono stati assoggettati alle regole del patto le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, ai sensi dell’;le aziende speciali e le istituzioni, ai sensi dell’ ad eccezione di quelle che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e delle farmacie;gli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, ai sensi dell’ finora sostanzialmente esclusi dalla disciplina, in quanto per essi l’applicazione del patto era rinviata a partire dall’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali.
Si segnala, infine, che devono considerarsi assoggettate al patto anche le società cosiddette «in house» affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali, a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, ai sensi dell’ Tuttavia, le regole di assoggettamento di tali enti al patto devono ancora essere individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, al momento non ancora adottato.
L’obiettivo del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario – calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, comprese dunque le spese in conto capitale, con l’eccezione di alcune voci – espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l’obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita).Nel corso della legislatura i meccanismi di calcolo degli obiettivi di saldo sono stati via via rivisti: mentre nella prima parte della legislatura, il saldo obiettivo di ciascun ente è stato rapportato al saldo finanziario raggiunto dall’ente medesimo in un esercizio precedente, a partire dal 2011, con la gli obiettivi del patto sono stati ancorati alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio, criterio che ha reso ancor più stringenti ed impegnativi gli obiettivi da raggiungere.In particolare, per gli anni dal 2013 al 2016, il saldo obiettivo viene determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media da esso sostenuta nel triennio 2007-2009 – così come desunta dai certificati di conto consuntivo – determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni. Gli obiettivi così ottenuti sono però rettificati per neutralizzare il taglio dei trasferimenti erariali determinato dal Con riferimento al computo del saldo finanziario valido ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità, si evidenzia che, sia per evitare che i vincoli del patto potessero rallentare gli impegni e i pagamenti per interventi considerati prioritari e strategici, sia per correggere eventuali effetti anomali che potrebbero determinarsi sui saldi a causa del non allineamento temporale tra entrata e spesa, sono state previste alcune specifiche esclusioni di voci di entrata e di spesa, che non rientrano, pertanto, nei vincoli del patto.I saldi obiettivo così calcolati sono dichiaratamente ” transitori “, nelle more dell’applicazione del nuovo meccanismo di ripartizione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni sulla base delle classi di virtuosità, introdotto a partire dal 2012 dall’ che, come più avanti si illustra, comporta effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti. In particolare:
per gli enti che sono collocati nella classe dei virtuosi, è richiesto soltanto il conseguimento di un saldo obiettivo pari a zero ;per gli enti non virtuosi è prevista una penalizzazione, consistente nella rideterminazione in aumento – fino ad un limite massimo espressamente indicato – dei coefficienti da applicare alla spesa corrente media del triennio per l’individuazione del proprio saldo obiettivo.
Va, infine, considerato, che il valore definitivo del saldo-obiettivo di ciascun ente locale potrà essere ulteriormente rideterminato nel corso dell’anno qualora l’ente benefici di del patto di stabilità interno (i c.d. Patti di solidarietà fra enti territoriali), le quali, si ricorda, sono state introdotte nell’ordinamento a partire dal 2009 al fine di rendere più sostenibili gli obiettivi individuali degli enti soggetti ai vincoli al patto di stabilità e, al contempo, allentare la compressione sulle spese di investimento degli enti locali, che si è venuta a determinare a causa dei meccanismi di calcolo dei saldi obiettivi in termini di competenza mista e del blocco della leva fiscale imposto alle amministrazioni territoriali dal 2008, che ha, di fatto, annullato la possibilità di intervento sulle entrate ai fini del raggiungimento dei saldi-obiettivo.
- In merito, si segnala che il potere delle regioni e degli enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, è stato ripristinato, dall’articolo 4, comma 4, del decreto-legge n.16 del 2012, a decorrere dall’anno di imposta 2012.
- Per una analisi più dettagliata delle regole del patto, si rinvia alla scheda di approfondimento sulla disciplina del,
: Camera dei deputati
Cosa è il patto di stabilità interno?
patto di stabilità interno in “Dizionario di Economia e Finanza” patto di stabilita interno Alberto Nucciarelli patto di stabilità interno Sistema di regole che identifica i vincoli alla finanza delle Regioni e degli enti locali, determinandone singolarmente gli obiettivi programmatici.
- Esprime i risultati di bilancio degli enti territoriali e consente il controllo annuale dell’indebitamento netto delle Regioni e degli enti locali.
- Le regole del p. di s.i.
- Sono stabilite con la predisposizione e l’approvazione della manovra di finanza pubblica (➔), così da definire e promuovere le necessarie azioni correttive e permettere il rispetto delle condizioni di risanamento della finanza pubblica stabilite dal Patto di Stabilità e Crescita (➔).
Il p. di s.i. dell’Italia per gli anni 2011-13 è disciplinato dalla l.220/2010 (➔ legge di stabilità), art.1, 87°-124° co., dove sono enunciati i criteri per il calcolo (e i valori massimi) dell’indebitamento di Province e Comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti e delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano.
Cosa è la stabilità finanziaria?
Banca nazionale svizzera (BNS) – Domande e risposte sulla stabilità finanziaria
Un sistema finanziario è stabile quando le sue singole componenti – banche, mercati finanziari e infrastrutture del mercato finanziario – espletano la loro funzione e danno prova di capacità di tenuta di fronte a eventuali shock. La stabilità finanziaria costituisce un importante presupposto per lo sviluppo dell’economia. Anche per la Banca nazionale è essenziale poter fare affidamento su mercati finanziari ben funzionanti ai fini dell’attuazione della politica monetaria (). Conformemente alla quest’ultima contribuisce alla stabilità del sistema finanziario. Essa assolve tale compito analizzando le fonti di rischio per il sistema finanziario e individuando le eventuali misure correttive necessarie. La Banca nazionale partecipa anche a livello internazionale, in particolare nell’ambito del Comitato di Basilea, ai lavori per la definizione e attuazione del quadro regolamentare della piazza finanziaria. Essa designa altresì le banche di rilevanza sistemica e svolge funzioni, Inoltre, sorveglia le infrastrutture del mercato finanziario di rilevanza sistemica, ossia quelle da cui possono derivare rischi per la stabilità del sistema finanziario. In caso di crisi, la Banca nazionale adempie il suo mandato intervenendo all’occorrenza come prestatrice di ultima istanza (“lender of last resort”). Non rientra per contro fra i suoi compiti la vigilanza sulle banche, competenza che spetta all’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA (). La Banca nazionale pubblica le proprie valutazioni in merito alla stabilità del settore bancario svizzero nel suo rapporto annuale sulla stabilità finanziaria (in, e ), concentrandosi sulle tendenze osservabili a livello del sistema bancario e dei mercati finanziari, nonché sul piano macroeconomico. Con tale pubblicazione la BNS intende in primo luogo evidenziare tensioni o vulnerabilità che potrebbero rappresentare un rischio per la stabilità sistemica a breve o a più lungo termine e indicare le eventuali misure correttive necessarie per ridurre tale rischio. Nel rapporto la Banca nazionale analizza sia la situazione delle grandi banche svizzere attive a livello globale sia le banche di credito orientate al mercato interno. Anche in occasione dei frequenti la Banca nazionale esprime il suo giudizio sugli sviluppi correnti relativi alla stabilità finanziaria. Le misure macroprudenziali mirano ad aumentare la stabilità del sistema finanziario rafforzandone la resilienza nei confronti di eventuali shock, da un lato, e contrastando l’insorgenza di rischi sistemici, dall’altro. Esse sono rivolte non tanto ai singoli operatori finanziari, quanto piuttosto al settore bancario svizzero nel suo insieme. Un’importante misura macroprudenziale è per esempio il cuscinetto anticiclico di capitale. Un altro esempio è costituito dai, In virtù della disposizione relativa al cuscinetto anticiclico di capitale, il Consiglio federale può richiedere alle banche di detenere, a titolo precauzionale, una dotazione addizionale di capitale proprio. Il cuscinetto di capitale è pari al massimo al 2,5% dell’insieme dell’attivo ponderato per il rischio di una banca residente in Svizzera. La sua attivazione implica per le banche l’obbligo di aumentare in via temporanea e graduale la dotazione di fondi propri. Il cuscinetto anticiclico mira, da una parte, ad accrescere la capacità di resistenza del settore bancario di fronte ai rischi ciclici sul mercato creditizio, e, dall’altra, può contribuire a contrastare l’accumulo di tali rischi. Esso può essere attivato per l’intero mercato creditizio oppure solo per determinati segmenti, come il mercato ipotecario. Tale misura è applicabile in Svizzera dal luglio 2012. Se la Banca nazionale giudica che sia necessario attivare, adeguare o disattivare il cuscinetto di capitale, sottopone la relativa proposta al Consiglio federale, dopo aver consultato l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA (). Il cuscinetto anticiclico di capitale settoriale, ossia mirato ai prestiti ipotecari concessi per il finanziamento di immobili residenziali in Svizzera, è stato attivato dal Consiglio federale per la prima volta nel febbraio 2013, su proposta della Banca nazionale (comunicato stampa in, e ). Nel gennaio 2014, il Consiglio federale ha adottato la proposta della Banca nazionale di innalzarne il livello (comunicato stampa in, e ). A fine marzo 2020 il cuscinetto di capitale è stato disattivato dal Consiglio federale in seguito alla proposta presentata dalla Banca nazionale nel quadro della crisi legata al coronavirus, per accordare alle banche il margine di manovra più ampio possibile nell’erogazione di crediti (). Nel gennaio 2022 il Consiglio federale ha riattivato il cuscinetto settoriale di capitale, su proposta della Banca nazionale, poiché le ragioni che avevano condotto alla sua disattivazione non sussistevano più e perché, successivamente a quest’ultima, le vulnerabilità sul mercato ipotecario e immobiliare residenziale erano aumentate (). Le banche orientate al mercato interno, in particolare, presentano una quota elevata di prestiti ipotecari nei propri bilanci. Pertanto, la presenza di eccessi sul mercato immobiliare può essere causa di seri problemi non solo per chi ha in corso prestiti, ma anche per le banche stesse. Il mercato ipotecario e immobiliare costituisce quindi una potenziale fonte di rischio per la stabilità finanziaria. L’esperienza maturata in Svizzera e all’estero insegna che le crisi immobiliari possono pregiudicare gravemente il sistema finanziario e quindi l’intera economia. La Banca nazionale segue perciò attentamente gli sviluppi su tali mercati e concorre alla definizione delle misure regolamentari volte ad attenuare tali rischi. Per ridurre i rischi sul mercato ipotecario e immobiliare sono stati innalzati i requisiti patrimoniali delle banche per i prestiti ipotecari con un elevato rapporto prestito-valore e sono state rivedute più volte le direttive in materia di autodisciplina delle banche per la concessione di tali prestiti. Con il più recente adeguamento, entrato in vigore a inizio 2020, l’Associazione svizzera dei banchieri, in considerazione degli sviluppi nel segmento degli immobili residenziali a reddito osservati negli ultimi anni, ha inasprito i requisiti relativi al valore di finanziamento creditizio (valore di anticipo) e all’ammortamento dei nuovi prestiti ipotecari per questo tipo di immobili. L’Accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali minimi delle banche emanato dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, un comitato permanente della Banca dei regolamenti internazionali (BRI, ), si prefigge di rafforzare la stabilità del sistema finanziario internazionale e di promuovere la parità concorrenziale fra le banche. La prima versione dell’accordo (Basilea 1) è stata adottata nel 1988 e aveva come elemento centrale la copertura minima dei rischi di credito. Nel 1996 è stata integrata con le disposizioni sui requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di mercato. Con la prima revisione dell’accordo (Basilea 2), avvenuta nel 2004, le prescrizioni sui fondi propri sono state estese al rischio operativo e dotate di un grado più elevato di sensibilità al rischio; inoltre, accanto ai requisiti patrimoniali minimi sono stati introdotti altri due pilastri, ossia il processo di controllo prudenziale e gli obblighi di informativa al pubblico per rafforzare la disciplina di mercato. La seconda revisione dell’accordo (Basilea 3) è stata avviata in seguito alla crisi finanziaria mondiale del 2008 ed è avvenuta in due fasi. Nella prima, nel 2010, sono stati adottati requisiti patrimoniali basati sul rischio più severi e concepiti in funzione anticiclica, nonché una limitazione dell’indebitamento (coefficiente patrimoniale non ponderato per il rischio, “leverage ratio”). Inoltre, sono stati istituiti requisiti quantitativi minimi a livello internazionale per il rischio di liquidità, che contemplano un indicatore di breve termine (“liquidity coverage ratio”) e un indicatore strutturale (“net stable funding ratio”). La seconda fase è stata portata a termine dal Comitato di Basilea nel 2017. Le ultime misure adottate mirano sostanzialmente a rafforzare la credibilità dei requisiti su base ponderata per il rischio. A tale scopo il Comitato ha limitato l’impiego di modelli interni delle banche e ha migliorato la sensibilità al rischio dei metodi standardizzati prestabiliti. Inoltre, esso ha definito una nuova soglia minima per i requisiti che si basano sui modelli interni, fissandola al 72,5% dei requisiti determinati con i metodi standardizzati. Le nuove disposizioni entreranno in vigore il 1º gennaio 2023 con un periodo di transizione di cinque anni per la piena applicazione della soglia minima relativa ai requisiti che si basano sui modelli interni. In base alla Legge sulle banche e le casse di risparmio (Legge sulle banche, ) una banca o un gruppo bancario è di rilevanza sistemica quando il suo dissesto danneggerebbe notevolmente l’economia svizzera e il sistema finanziario svizzero. Un criterio importante per valutare la rilevanza sistemica di una banca o di un gruppo bancario è la sua quota di mercato nell’attività di deposito e di credito a livello nazionale. Sono presi in considerazione anche altri criteri, come la dimensione, il profilo di rischio e il grado di interconnessione. Nell’ambito della normativa “too big to fail” la Legge sulle banche attribuisce alla Banca nazionale il mandato di designare, previa consultazione della FINMA e delle banche in questione, quali istituti e quali delle loro funzioni hanno rilevanza sistemica. A fine 2021 le banche di rilevanza sistemica in Svizzera erano Credit Suisse, UBS, la Banca cantonale di Zurigo (ZKB), Raiffeisen e PostFinance (comunicati stampa sulle decisioni della BNS in, e ). La normativa “too big to fail” stabilisce requisiti speciali per le banche di rilevanza sistemica. Questi sono definiti nella Legge sulle banche, nell’Ordinanza sulle banche e le casse di risparmio (Ordinanza sulle banche, ), nell’Ordinanza sui fondi propri e sulla ripartizione dei rischi delle banche e delle società di intermediazione mobiliare (Ordinanza sui fondi propri, ) e nell’Ordinanza sulla liquidità delle banche e delle società di intermediazione mobiliare (Ordinanza sulla liquidità, ). La normativa si prefigge di risolvere il problema “too big to fail” in Svizzera, ossia di evitare che in caso di crisi le banche di rilevanza sistemica debbano essere salvate attingendo al denaro dei contribuenti. Essa comprende prescrizioni concernenti i fondi propri, la liquidità, la ripartizione dei rischi e l’assetto organizzativo. Quest’ultimo aspetto riguarda le misure volte ad agevolare l’ordinata risoluzione di una banca di rilevanza sistemica in caso di crisi. La normativa svizzera è conforme ai requisiti internazionali del Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB, ) – un organismo internazionale composto da ministri delle finanze, autorità di vigilanza e banche centrali -, nonché a quelli del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. Gran parte della normativa “too big to fail” si riferisce a requisiti che le banche devono adempiere in stato di continuità operativa (“going concern”) e mira così a evitare un caso di dissesto della banca. Poiché quest’ultimo però non può essere escluso, sono previste anche misure per il risanamento e l’ordinata liquidazione (risoluzione) dell’istituto nell’eventualità in cui non sia più possibile assicurarne la continuità operativa (“gone concern”). La pianificazione e l’attuazione della risoluzione sono di competenza della FINMA. Importanti misure nell’ambito della risoluzione sono legate alla capacità di assorbimento delle perdite, alla liquidità (“funding in resolution”) e ai piani di emergenza. In caso di crisi la Banca nazionale può agire nella veste di prestatrice di ultima istanza (“lender of last resort”). Qualora una o più banche non siano più in grado di rifinanziarsi sul mercato, essa può mettere a disposizione di queste ultime risorse monetarie nel quadro del sostegno straordinario di liquidità (). A tal fine la banca o il gruppo bancario richiedente deve avere rilevanza per la stabilità del sistema finanziario ed essere solvibile. Inoltre, il credito erogato deve essere interamente coperto in ogni momento da sufficienti garanzie. Al culmine della crisi finanziaria nell’ottobre 2008 il Consiglio federale, la Commissione federale delle banche CFB (organismo predecessore della FINMA) e la Banca nazionale hanno varato un pacchetto di riforme con l’obiettivo di stabilizzare UBS e rafforzare così il sistema finanziario svizzero. La Banca nazionale ha partecipato a tale pacchetto con il Fondo di stabilizzazione (StabFund), svolgendo in tal modo il suo ruolo di prestatrice di ultima istanza. Il Fondo di stabilizzazione era una società veicolo costituita dalla Banca nazionale a cui sono state trasferite le attività illiquide di UBS. Per l’acquisizione di tali attività la Banca nazionale ha concesso un prestito al Fondo. Quest’ultimo è stato poi riscattato da UBS nel novembre 2013 (comunicato stampa in, e ). Sì. A questo riguardo la Banca nazionale ha svolto un’inchiesta a fine 2018 con l’obiettivo di ricavare un quadro di insieme rappresentativo dell’impatto della digitalizzazione e del fintech sulle banche dedite all’attività di deposito e di credito. I sono stati pubblicati nell’agosto 2019. Fra le infrastrutture del mercato finanziario da cui possono derivare rischi per la stabilità del sistema finanziario figurano in Svizzera il sistema di pagamento Swiss Interbank Clearing (SIC), il depositario centrale SIX SIS e la controparte centrale SIX x-clear. Queste infrastrutture sono gestite operativamente da SIX Group () e dalle sue affiliate SIX Interbank Clearing SA, SIX SIS SA e SIX x-clear SA. Per la stabilità del sistema finanziario svizzero sono altresì rilevanti il sistema di regolamento delle operazioni in valuta Continuous Linked Settlement (CLS) e le controparti centrali Eurex Clearing e London Clearing House (LCH). I gestori di queste infrastrutture hanno sede negli Stati Uniti, in Germania e nel Regno Unito. La Legge sulla Banca nazionale assegna a quest’ultima il compito di sorvegliare tali infrastrutture del mercato finanziario gestite dall’economia privata. Assicurandosi che dette infrastrutture adempiano i requisiti particolari definiti nell’Ordinanza sulla Banca nazionale, la Banca nazionale ne promuove la sicurezza. A questo riguardo riveste un’importanza primaria la riduzione dei rischi sistemici. Da una parte, occorre impedire che una disfunzione di natura tecnica (p. es. dovuta a un attacco cibernetico) o difficoltà finanziarie dei gestori di queste infrastrutture causino seri problemi creditizi o di liquidità agli intermediari finanziari o generino gravi turbative nei mercati finanziari. Dall’altra, le basi contrattuali e in particolare le regole e procedure dei sistemi devono essere concepite in modo tale che eventuali difficoltà di pagamento o consegna di singoli partecipanti a tali infrastrutture del mercato finanziario non si diffondano in modo incontrollato ad altri intermediari, a infrastrutture collegate o ai mercati finanziari. La Banca nazionale coopera a questo fine con la FINMA e con le autorità di vigilanza e sorveglianza estere. Disfunzioni e arresti dei sistemi IT a causa di eventi cibernetici possono pregiudicare sensibilmente la disponibilità, l’integrità e la riservatezza dei dati nonché servizi e funzioni cruciali del sistema finanziario. Spetta in primo luogo alle singole istituzioni finanziarie proteggersi dai rischi cibernetici. Tuttavia, data la forte integrazione del sistema finanziario e l’esistenza di molti processi interistituzionali è necessaria anche l’adozione di misure a livello dell’intero settore. Da un lato ciò richiede una stretta collaborazione tra gli attori dell’economia privata; dall’altro anche le autorità, in particolare la Confederazione, la FINMA e la Banca nazionale, sono chiamate nel quadro del loro mandato a contribuire alla sicurezza cibernetica del settore finanziario. In Svizzera, per l’attuazione coordinata della strategia volta a proteggere il Paese dai rischi cibernetici è responsabile il Centro nazionale per la cibersicurezza () insediato presso il Dipartimento federale delle finanze (DFF). La Banca nazionale partecipa al progetto volto al rafforzamento della resilienza cibernetica della piazza finanziaria svizzera “Erhöhung Cyberresilienz Finanzmarkt Schweiz”, avviato nel 2020 sotto la guida dell’NCSC. Esso si prefigge di promuovere la collaborazione istituzionalizzata fra il settore privato e le autorità su questioni strategiche e operative inerenti alla sicurezza cibernetica. A tal fine, a inizio aprile 2022 è stata creata un’associazione destinata a favorire lo scambio di informazioni, l’individuazione e attuazione di misure preventive e di protezione a livello settoriale, nonché il superamento di crisi nel caso di turbative cibernetiche di portata sistemica. La Banca nazionale ne è membro. La BNS segue o partecipa ad altri progetti che puntano al rafforzamento della sicurezza cibernetica, in particolare nell’ambito del circuito dei pagamenti senza contante nel sistema di pagamento SIC.
: Banca nazionale svizzera (BNS) – Domande e risposte sulla stabilità finanziaria