Cosa Dice La Legge Sulla Legittima Difesa?
Costanzo Franceschi
- 0
- 41
La versione originaria del 1930 – Secondo la versione del codice Rocco del 1930 la norma disponeva: «Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.» La giurisprudenza della Corte di Cassazione nel 1994 precisò in tema: «Dal confronto fra la formulazione del codice Rocco – che si riferisce ad una situazione di un pericolo attuale di una offesa – e quella adottata dal codice Zanardelli – nel quale si parlava di respingere una violenza attuale – emerge chiaramente che la nuova previsione è più ampia essendo stato anticipato il momento utile per l’esercizio della difesa legittima: non è necessario, infatti, che sia in atto l’offesa, ma solo il pericolo dell’offesa».
Quando è possibile la legittima difesa?
Presupposti – I presupposti essenziali della legittima difesa sono l’ insorgenza del pericolo, di solito determinato da un’aggressione ingiusta, e una reazione difensiva. L’aggressione ingiusta si deve concretare nel pericolo attuale di un’offesa che, se non viene subito neutralizzata, può sfociare nella lesione di un diritto proprio o altrui, personale o patrimoniale, tutelato dalla legge.
- La reazione legittima deve rappresentare la necessità di difendersi, il non potere evitare il pericolo e deve sussistere una proporzione tra difesa ed offesa,
- La relazione al diritto proprio o altrui esclude che possano essere oggetto di reazione gli interessi pubblici dello Stato, quelli diffusi e collettivi o quello alla generica osservanza della legge.
La difesa è legittima quando il rapporto tra offesa temuta e reazione difensiva si pone in relazione al tempo nell’immediata prossimità dell’offesa oppure nella contestualità dell’immediata successione della difesa. L’offesa ingiusta si determina con una minaccia o un’omissione contraria alle regole del diritto.
La reazione difensiva si reputa necessaria quando la difesa si risolve nell’unica scelta possibile, in base alle condizioni nelle quali si verifica l’offesa e alle reali alternative di salvaguardia a disposizione della persona aggredita, in proporzione alla difesa valutata non più in base al rapporto tra i mezzi disponibili e utilizzati, ma alla stregua dei beni in gioco e dello squilibrio dei comportamenti posti in essere.
Sul punto:”Differenza tra scriminante putativa ed eccesso colposo”
Quando non è legittima difesa?
La non volontarietà del pericolo – Requisito implicito della legittima difesa è che il pericolo dal quale l’aggredito intende difendersi non sia da lui cagionato. Ed infatti, secondo la giurisprudenza, non è invocabile la legittima difesa da parte di colui che accetti una sfida o si ponga volontariamente in una situazione di pericolo dalla quale è prevedibile o è ragionevole attendersi che derivi la necessità di difendersi dall’altrui aggressione,
Esempio: Tizio offende spudoratamente e picchia in pubblico Caio, persona notoriamente vendicativa; Caio decide di farsi giustizia da sé e di “restituire” a Tizio l’offesa patita. Tizio non potrà uccidere Caio ed essere giustificato, perché la reazione di Caio era prevedibile e causata dalla condotta di Tizio stesso.
Allo stesso modo, non potrà essere invocata la scriminante della difesa legittima se entrambe le parti sono reciproci contendenti (Tizio e Caio si aggrediscono vicendevolmente allo stesso tempo), Lo stesso dicasi nel caso di rissa : sussiste, di norma, inconciliabilità tra la partecipazione alla colluttazione e la legittima difesa, potendo quest’ultima essere invocata solo da chi sia stato coinvolto nella contesa contro il suo volere,
Chi può invocare la legittima difesa?
52. A tal riguardo, la disposizione oggi prevede che ‘nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone’.
Cosa dice l’articolo 54 del codice penale?
CODICE PENALE Art.54. Stato di necessità. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Cosa dice l’articolo 51 del codice penale?
Art.51. (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorita’, esclude la punibilita’.
Cosa prevede l’articolo 53 del codice penale?
Art.53 codice penale – Uso legittimo delle armi Brocardi.it – L’avvocato in un click! Tu sei qui: > > > > >
Spiegazione
La norma in oggetto è strettamente collegata alle due precedenti (artt. e ) e ne rappresenta un complemento, atta a scriminare la condotta del (o la persona cui egli chiede assistenza) che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, faccia uso di armi o di altri mezzi di coercizione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità, o comunque di impedire una serie di delitti contro l’, contro il patrimonio o contro la persona,
Quanto ai soggetti, va esclusa l’operatività della scriminante per gli incaricati di e gli esercenti un, in quanto non contemplati. Essa opera invece per i pubblici ufficiali () e coloro che gli prestino assistenza, ove richiesta. Per adempimento del dovere va intesa l’attività cui la qualifica di pubblico ufficiale è preposta e quindi tutto ciò che si rende necessario al fine di perseguire le finalità proprie dell’ufficio.
La resistenza da vincere si interpreta come mera resistenza attiva, ossia l’insieme di tutte le condotte volte ad ostacolare il libero svolgimento della, mentre non viene contemplata la resistenza passiva o la fuga, Pertanto, il soggetto che si opponga all’arresto (senza esercitare alcuna violenza) o che fugga non rientra nell’ipotesi in cui il pubblico ufficiale possa adoperare armi nei suoi confronti.
Massime
Cass. pen.n.35962/2020 Ai fini della configurabilità della scriminante di cui all’art.53 cod. pen. occorre che l’uso dell’arma costituisca l'”extrema ratio” e che tra i vari mezzi di coazione venga scelto quello meno lesivo ed altresì graduato secondo le esigenze specifiche del caso, nel rispetto del principio di proporzionalità.
Fattispecie in cui la Corte ha escluso la scriminante nel caso di un carabiniere che aveva esploso alcuni colpi di arma da fuoco per forare gli pneumatici di un veicolo allontanatosi precipitosamente all’atto della identificazione degli occupanti, cagionando il decesso di uno degli stessi, attinto da un colpo di rimbalzo).
(Rigetta, CORTE APPELLO ANCONA, 22/03/2018) () Cass. pen.n.6719/2015 La scriminante dell’uso legittimo delle armi è configurabile anche quando l’attività dell’agente è posta in essere nel corso della fuga dei malviventi, purché detta fuga non sia finalizzata esclusivamente alla conservazione dello stato di libertà ma, per le sue modalità, determini l’insorgere di pericoli per l’incolumità di terzi (Nella fattispecie è stata riconosciuta la scriminate, giacché i malviventi, nel corso della fuga, avevano continuato ad esplodere colpi d’arma da fuoco nonché preso in ostaggio tre persone).
() Cass. pen.n.14670/2011 La disciplina in tema di uso legittimo delle armi in danno di chi si sottrae con la fuga ad una intimazione o all’arresto, prevista dalle leggi in materia di contrabbando, è eccezionale, e non può essere applicata in via analogica a casi diversi da quelli in essa contemplati.
() Cass. pen.n.45015/2008 Ai fini del riconoscimento della scriminante dell’uso legittimo delle armi o di altri mezzi di coazione fisica è irrilevante, in presenza degli altri requisiti previsti dall’art.53 c.p., che l’arma venga utilizzata dall’agente in modo improprio piuttosto che secondo le sue naturali modalità d’impiego.
- Fattispecie in cui un carabiniere aveva utilizzato la pistola d’ordinanza “a mò di clava” per infrangere il vetro di una autovettura determinando l’accidentale esplosione di un colpo che attingeva mortalmente il soggetto che si era asserragliato nel veicolo). () Cass.
- Pen.n.854/2008 Perché possa riconoscersi la scriminante dell’uso legittimo delle armi, quale prevista dall’art.53 c.p., occorre, nell’ordine: che non vi sia altro mezzo possibile; che tra i vari mezzi di coazione venga scelto quello meno lesivo; che l’uso di tale mezzo venga graduato secondo le esigenze specifiche del caso, nel rispetto del fondamentale principio di proporzionalità, da ritenersi operante, pur in difetto di espresso richiamo, anche con riguardo alla suddetta scriminante.
Solo ove risultino soddisfatte tali condizioni è poi da escludere che si possa porre a carico dell’agente il rischio del verificarsi di un evento più grave rispetto a quello da lui perseguito. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata affermata la responsabilità a titolo di eccesso colposo nei confronti di un agente di polizia il quale, in ora notturna ed in zona poco frequentata, a fronte del gesto di un soggetto che aveva estratto e puntato contro la pattuglia di cui detto agente faceva parte una pistola, rimanendo quindi fermo in tale atteggiamento, con un ginocchio a terra, nel mezzo della strada, aveva esploso contro costui, dopo essersi portato a distanza di sicurezza, al riparo dell’autovettura di servizio, i cui fari abbagliavano l’antagonista, alcuni colpi di pistola che ne avevano cagionato la morte).
Cass. pen.n.7337/2004 È legittimo l’uso delle armi ex art.53 c.p.da parte di un agente di polizia che, per sedare una colluttazione e respingere la violenza attuata nei suoi confronti da alcuni corrissanti, esplode dei colpi di pistola in aria a scopo intimidatorio, trovando il suo comportamento ragione nella necessità di tutelare l’autorità e l’incolumità di persone che esercitano una pubblica funzione.
() Cass. pen.n.9961/2000 Ai fini dell’operatività della scriminante dell’uso legittimo delle armi (art.53 c.p.), è irrilevante la distinzione tra resistenza attiva e resistenza passiva, dovendosi invece attribuire rilievo (pur in assenza di espressa previsione), al criterio della necessaria proporzione fra i contrapposti interessi, con estensione del relativo giudizio, oltre che alla legittimità dell’uso dell’arma in sé, anche alla graduazione di detto uso, fra quelli possibili, tenendo comunque presente che al pubblico ufficiale il quale si trovi in situazione che imponga l’adempimento del dovere non è riconosciuta — come invece nel caso della legittima difesa o dello stato di necessità — un’opzione di rinuncia o di commodus discessus.
In particolare, quando l’uso dell’arma sia finalizzato a bloccare la fuga di malviventi, la suddetta proporzione dev’essere ritenuta sussistente ove, per le specifiche modalità con le quali i fuggitivi cercano di sottrarsi alla cattura, siano ragionevolmente prospettabili, oltre all’avvenuta commissione di reati al cui accertamento essi cerchino di sottrarsi, anche rischi attuali per l’incolumità e la sicurezza di terzi.
Verificandosi tale ipotesi, ed accertata quindi la legittimità dell’uso dell’arma, nella specifica forma prescelta dal pubblico ufficiale, non può farsi poi carico a quest’ultimo dell’evento diverso e più grave da lui prodotto, rispetto a quello preventivato, quando tale evento non sia riconducibile a negligenza o imperizia, ma all’ineludibile componente di rischio che l’uso dell’arma in sé comporta.
(Nella specie, essendo risultato in fatto che gli occupanti di un veicolo, di cui era poi stata accertata la provenienza furtiva, avevano reagito all’intimazione di alt da parte di una pattuglia di carabinieri tentando di speronare l’autovettura di servizio, per poi darsi a spericolata fuga per strade urbane, mettendo a repentaglio l’incolumità dei passanti, la S.C., in applicazione dei suddetti principi, ha ritenuto che fosse da escludere ogni responsabilità a carico di un sottufficiale dei carabinieri il quale, nel corso dell’inseguimento intrapreso a seguito della condotta sopra descritta, aveva esploso una raffica di mitraglietta che, pur diretta alle ruote del veicolo inseguito, aveva, per un sobbalzo del veicolo inseguitore, raggiunto e ferito mortalmente uno dei fuggitivi).
() Cass. pen.n.7570/1999 La facoltà di arresto in flagranza da parte del privato (così come l’obbligo di arresto da parte di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria) non giustifica, di per sè, l’uso di armi contro persone che, dopo aver tentato di consumare un delitto, per sottrarsi alla cattura, si diano alla fuga.
Fattispecie in tema di furto tentato). () Cass. pen.n.2148/1995 Poiché per l’operatività dell’esimente prevista dall’art.53 c.p. occorrono due condizioni strettamente interdipendenti tra loro, vale a dire l’uso legittimo dell’arma e la necessità di vincere una resistenza attiva, nonché un rapporto di proporzione, di modo che, qualora altri mezzi siano possibili per respingere la violenza o vincere la resistenza, il pubblico ufficiale non è autorizzato ad usare le armi, salvo le eccezioni previste da specifiche disposizioni di legge, l’inosservanza dell’ordine di fermarsi impartito dal pubblico ufficiale integra una resistenza meramente passiva, inidonea a giustificare l’uso dell’arma da parte di quest’ultimo.
(Fattispecie relativa a riconoscimento di responsabilità per il reato di cui all’art.589 c.p. di un brigadiere dei carabinieri il quale, dopo avere intimato l’alta un veicolo sopraggiungente, vedendo che il conducente non si arrestava e proseguiva la marcia, ha esploso un colpo di pistola in direzione del mezzo, direttamente colpendo a morte il guidatore).
- Cass. pen.n.12137/1991 In tema di uso legittimo di armi, nel caso di resistenza posta in essere con la fuga, manca il rapporto di proporzione tra l’uso dell’arma e il carattere non violento della resistenza opposta al pubblico ufficiale.
- In tale ipotesi il pubblico ufficiale che abbia fatto uso dell’arma non può invocare l’esimente de qua sotto il profilo della putatività, assumendo di aver ritenuto di agire in presenza di una causa di giustificazione, essendo incontrovertibile che l’errore sull’esistenza delle circostanze di esclusione della pena spiega efficacia scriminante quando investe i presupposti di fatto che integrano la causa di giustificazione o una norma extrapenale integratrice di un elemento normativo della fattispecie giustificante, e non quando si risolve in un errore di diritto, sfociante nell’erronea e inescusabile convinzione che la situazione (nella specie: un uomo in fuga) nella quale l’agente si trova ad operare rientri tra quelle cui l’ordinamento giuridico attribuisce efficacia scriminante, giacché diversamente si finirebbe con il considerare inoperante, sul terreno delle cause di giustificazione, il principio generale, posto dall’art.5 c.p., secondo cui l’ignoranza (inescusabile) della legge non scusa.
(Fattispecie in cui un carabiniere, allo scopo di arrestare la fuga di un ciclomotorista che non aveva ottemperato all’invito di fermarsi, aveva esploso vari colpi d’arma da fuoco in direzione delle gomme del veicolo ed uno di tali colpi, rimbalzando, aveva attinto il conducente cagionandone la morte).
- Cass. pen.n.7583/1991 L’uso legittimo delle armi può avere esplicazioni di varia gravità fino all’uccisione degli aggressori; deve, però, cessare quando essi si facciano scudo dell’ostaggio: la vita dell’ostaggio è un bene preminente da tutelare.
- Nella specie, relativa ad affermazione di responsabilità dell’imputato per avere cagionato la morte dell’ostaggio per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi utilizzate per impedire la consumazione dei delitti di rapina a mano armata e di sequestro di persona, la S.C.
ha osservato che, in quel momento, il metronotte non correva un imminente grave pericolo non altrimenti evitabile; che non vi era dubbio che sussistesse la necessità di impedire la rapina, ma il diritto dell’ostaggio alla vita non poteva in alcun modo essere pretermesso).
() Cass. pen.n.6327/1989 La disposizione di cui all’art.53 c.p. trova il suo fondamento giuridico, e quindi la sua giustificazione normativa, nella necessità di consentire al pubblico ufficiale l’uso delle armi al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio; uso che può realizzarsi solamente nel caso egli si trovi di fronte alla necessità di respingere una violenza o superare una resistenza costruttiva, siccome integranti i reati previsti dagli artt.336 e segg.
del c.p. Ne consegue che, il soggetto, il quale all’intimazione di alt da parte di pubblico ufficiale, si dia alla fuga, realizzando una ipotesi di disubbidienza passiva, e non già di resistenza attiva, non integra un comportamento idoneo a giustificare l’uso delle armi.
- Cass. pen.n.941/1983 Tanto la violenza quanto la resistenza sono costituite dall’impiego della forza, fisica o morale, diversificandosi solo per lo scopo che anima i soggetti.
- Pertanto, poiché in caso di persona in fuga non è configurabile alcuna delle due ipotesi sopra menzionate, qualora contro di essa il pubblico ufficiale faccia uso delle armi non ricorre la scriminante di cui all’art.53 del codice penale.
L’esimente putativa dell’uso legittimo delle armi può ravvisarsi quando l’agente abbia ritenuto per errore di trovarsi in una situazione di fatto tale che ove fosse stata realmente esistente egli sarebbe stato nella necessità di fare uso delle armi. Tale esimente non può ravvisarsi, invece, quando l’errore sia caduto sull’efficacia della norma perché in tal caso l’errore si risolve nell’ignoranza della legge penale che non scusa.
Nella specie un poliziotto aveva sparato colpi d’arma da fuoco contro una persona in fuga ritenendo che la norma lo autorizzasse a fare uso dell’arma anche in una tale situazione di fatto). L’eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi presuppone l’esistenza di tutti gli elementi e di tutte le condizioni della scriminante reale (che esclude l’antigiuridicità) o putativa (che esclude il dolo) e consiste nell’oltrepassare per errore i limiti imposti dalla necessità, concretandosi nell’eccesso nell’uso dei mezzi.
()
Consulenza
: Art.53 codice penale – Uso legittimo delle armi
Come difendersi in caso di aggressione?
Spray al peperoncino, un’arma di difesa legale – In Italia l’unico strumento di difesa ammesso dalla legge è lo spray al peperoncino. In caso di suo utilizzo durante un’aggressione, la vittima è sollevata da qualsiasi responsabilità cosa che non avviene con altri oggetti,
- Inoltre, essendo approvato dalla legge, lo si può portare tranquillamente nella borsa.
- «Il suo funzionamento è molto semplice: lo spray spruzza un getto derivante dal peperoncino, ossia del tutto naturale, che va ad irritare le vie respiratorie e la vista dell’aggressore impossibilitandolo quindi a proseguire l’aggressione,
Con una semplice pressione di un pulsante si è in grado di fermare immediatamente uno o più aggressori, anche più forti, ma soprattutto di difendersi rimanendo a distanza. Questo è molto importante perché significa difendersi senza contatto fisico, evitando di scendere in una colluttazione.
- Ultimo aspetto fondamentale è che l’effetto è temporaneo, dura all’incirca 30 minuti, e non lascia segni o lesioni: significa che l’aggressore non potrà chiedere alcun risarcimento per eventuali danni» spiega Spadaccini.
- Ricevi news e aggiornamenti sulle ultime tendenze beauty direttamente nella tua posta Non tutti gli spray in commercio sono però pratici in certe situazioni, per questo l’esperto ne ha creato uno ad hoc « Si chiama Stay Safe e l’ho creato partendo dalle lacune presenti in quelli disponibili sul mercato,
Prima di tutto ho inserito una torcia, statisticamente le aggressioni avvengono quando c’è scarsa luce o al buio per cui la torcia che si accende automaticamente permettendo di abbagliare il criminale e di prendere la mira per non mancare il bersaglio.
Come si può evitare di dare la legittima?
Pertanto, il testatore non ha alcun potere di evitare di lasciare tale quota ai suoi famigliari (salvo i casi di indegnità). Dall’altra parte, però, il legittimario può : Rifiutare la quota di legittima attraverso la rinuncia all’eredità; Accettare le disposizioni del testamento anche se a lui sfavorevoli.
Come escludere dalla legittima?
La diseredazione nel testamento – Ma che fare quando un possibile erede si comporta ugualmente in maniera spregevole e tuttavia non ricorrono le cause legali di indegnità? In questo caso si può punire chi diventerebbe erede per legge, scrivendo in un testamento di volerlo escludere dalla propria successione.
In tal modo, costui non erediterà nulla e i beni del defunto andranno a tutti gli altri eredi. È questa la diseredazione in senso stretto. Tuttavia alcuni eredi legittimi non possono essere diseredati, I genitori, i nonni, i figli, i nipoti (figli dei figli) e il coniuge godono di una speciale immunità poiché la legge garantisce loro in ogni caso una quota dell’eredità del defunto.
Anche se venissero diseredati, infatti, essi potrebbero impugnare il testamento e ottenere, attraverso un giudizio in Tribunale, la restituzione di quanto loro dovuto. Perciò gli unici eredi legittimi che possono essere diseredati senza timore di vedersi contestato il testamento sono i fratelli, tutti i loro discendenti e gli altri parenti che non ricadono nelle categorie sopracitate.
- Mentre chi è diseredato nel testamento è escluso subito dalla successione del disponente, l’indegno invece viene tagliato fuori dall’acquisto di beni ereditari solo dopo che il Tribunale lo ha dichiarato tale, accertandone la relativa causa.
- Nel frattempo quindi egli potrà disporre liberamente dei beni acquistati dal defunto.
La diseredazione pertanto, pur con i limiti sopra indicati, costituisce l’unico modo sicuro e immediato per escludere un erede dalla propria successione.
Cosa non rientra nella legittima?
Cosa non rientra nella legittima? Beni che non rientrano nell’asse ereditario e che non si calcolano ai fini delle quote di legittima: Tfr, indennità di preavviso, assicurazioni sulla vita e fondi pensione. È risaputo che chi fa testamento non è libero di destinare tutti i propri beni a chi vuole: una quota del suo patrimonio deve per legge andare ai parenti più stretti (i cosiddetti «legittimari») che sono il coniuge (a meno che sia intervenuto il divorzio), i figli (anche adottivi) o, in loro assenza, i genitori.
Tuttavia, ci sono dei beni che non rientrano nella quota legittima e che pertanto non solo possono essere destinati a chi si vuole ma non rientrano neanche nel calcolo della quota minima che il legittimario ha diritto a pretendere nei confronti degli altri eredi. Ebbene, cosa non rientra nella legittima? Di tanto ci occuperemo in questo breve articolo.
Spiegheremo innanzitutto cos’è la legittima per poi stabilire quali beni non vi rientrano. Ma procediamo con ordine.
Cosa spetta di legittima?
Cosa si intende per legittimari: chi sono – Gli articoli 536 e seguenti del codice civile riconoscono a favore di determinati soggetti una quota sul patrimonio del defunto. Alla cosiddetta “quota di legittima” hanno diritto i figli, gli ascendenti ed il coniuge di chi viene a mancare.
Che differenza c’è tra legittimi e legittimari?
Sono eredi legittimi il coniuge o soggetto unito civilmente, i figli e i parenti entro il 6° grado. Legittimari sono invece coloro i quali hanno comunque diritto alla ‘ legittima ‘, cioè ad una quota del patrimonio: il coniuge o soggetto unito civilmente, i figli ed in assenza dei figli i genitori.
Chi prende la legittima?
SUCCESSIONE TESTAMENTARIA L’atto con cui si dispone dei propri beni per il tempo successivo alla propria morte prende il nome di testamento. A seconda dell’oggetto, le disposizioni testamentarie si distinguono in:
- istituzione di erede, con cui colui che redige il testamento dispone dell’intero patrimonio o di una sua quota senza specificazione dei beni oggetto del lascito;
- legato, con cui il testatore dispone di uno o più beni specificamente identificati.
Come può essere redatto il testamento Si distinguono diversi tipi di testamento. Si riportano di seguito i principali Testamento pubblico Secondo l’art 603 del Codice Civile è il testamento ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. È un atto pubblico: ciò significa che, secondo quanto previsto dall’art 2700 del Codice Civile, fa piena prova fino a querela di falso della sua provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, e di quanto il notaio attesta esser stato fatto o detto in sua presenza.
Testamento olografo Secondo l’art.603 del Codice Civile è il testamento scritto per intero, datato e sottoscritto di mano dal testatore. La validità del testamento olografo richiede la sussistenza di tre elementi: olografia (scrittura da parte del testatore), data e sottoscrizione. Testamento segreto Secondo l’art.604 del Codice Civile è un atto redatto dal testatore e consegnato al notaio che lo sigilla in busta chiusa.
Il testatore deve consegnare l’atto al notaio alla presenza di due testimoni dichiarando che in quelle carte è contenuto il suo testamento: se è muto o sordomuto deve scrivere tale dichiarazione in presenza dei testimoni e deve anche dichiarare per iscritto di aver letto il testamento, se questo è stato scritto da altri.
LIMITI ALLA LIBERTÀ TESTAMENTARIA La possibilità di disporre dei propri beni tramite testamento non è assoluta. Si riportano di seguito alcuni limiti. Divieto di patti successori Sono tutti i patti, gli accordi o anche gli atti unilaterali che si riferiscono ai beni di una successione non ancora aperta.
Essi sono tutti vietati dall’art.458 del Codice Civile, con l’eccezione del patto di famiglia (link a separata scheda patto di famiglia). Si possono fare alcuni esempi:
- Patti rinunciativi: quando un soggetto conviene di rinunciare all’eredità di qualcuno che non è ancora deceduto;
- dispositivi: quando un soggetto cede o promette di cedere ad un terzo i beni che gli dovrebbero pervenire in eredità dal defunto;
- confermativi: con cui un soggetto conviene di lasciare la propria eredità ad un altro.
Testamento congiunto o reciproco La legge vieta anche:
- i testamenti congiunti: quando in un unico atto, due o più persone dettano le loro volontà insieme;
- i testamenti reciproci: quando due o più persone dispongono, nello stesso atto, l’una in favore dell’altra.
Sono validi invece i testamenti mediante i quali due o più persone, in atti separati, dispongono l’una in favore dell’altra. LA SUCCESSIONE DEI LEGITTIMARI Il testatore può disporre validamente dell’intero suo patrimonio, tuttavia gli articoli 536 e seguenti del Codice Civile riconoscono a favore di determinati soggetti il diritto ad una quota minima sul patrimonio del defunto, la cosiddetta quota di legittima,
- La parte di patrimonio non compresa nella quota di legittima è detta quota disponibile; di tale quota il testatore può liberamente disporre.
- Chi ha diritto alla quota di legittima Ne hanno diritto il coniuge o la parte dell’unione civile, i figli e i loro discendenti e – in assenza di figli – i genitori.
Questi soggetti sono chiamati legittimari. La quota di legittima spettante a ciascuno degli appartenenti a tali categorie varia a seconda di come gli stessi concorrono tra loro (uno più figli, coniuge e figli, etc.) Cosa succede se il testatore non ha rispettato la quota di legittima Un testamento che non rispetta la quota di legittima è ugualmente valido ed efficace, fino a che non venga impugnato dai legittimari.
L’azione spettante ai legittimari lesi nella quota loro riservata è chiamata azione di riduzione. Tale azione si attiva contro i beneficiari di disposizioni testamentarie lesive dei loro diritti, che dovranno essere ridotte proporzionalmente. Qualora la riduzione delle sole disposizioni testamentarie sia insufficiente per integrare i diritti spettanti ai legittimari (le quote corrispondenti alla legittima), potranno essere ridotte anche le donazioni effettuate in vita dal testatore.
LA SUCCESSIONE LEGITTIMA Si ha successione legittima (o successione ex lege o ab intestato) in mancanza di valide disposizioni testamentarie. La successione legittima è disciplinata agli articoli 565 e seguenti del Codice Civile. I soggetti che ereditano per legge sono
- il coniuge o la parte dell’unione civile;
- i figli;
- i genitori;
- i fratelli e le sorelle;
- i parenti fino al sesto grado.
Le quote di eredità dipendono da quali tra i soggetti elencati siano effettivamente presenti. La presenza di figli esclude tanto i genitori quanto i fratelli e sorelle e i parenti meno prossimi. Può succedere che il testamento vi sia ma disponga solo di una parte del patrimonio: in questo caso per la parte restante operano le regole della successione legittima in concorso con quella testamentaria.
- Se nessuno di questi parenti è vivente e non esiste un testamento, l’eredità è devoluta allo Stato Casi particolari Coniuge Al coniuge spetta in ogni caso il diritto di abitazione della casa coniugale e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
- Il coniuge separato, cui non è stata addebitata la separazione, ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato.
Convivente di fatto Una posizione particolare è quella del convivente di fatto: egli ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per due anni o per un periodo pari alla convivenza, se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni; ove nella casa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il convivente ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
L’apertura della successione L’art.456 del Codice Civile stabilisce che la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto. Tale norma individua anche il Tribunale competente alla trattazione delle diverse cause che possono essere connesse alla successione del defunto, che è il Tribunale del luogo dell’ultimo domicilio del defunto.
La fase della delazione o chiamata all’eredità Si tratta della fase nella quale si deve individuare a chi spetta il patrimonio ereditario ed in quale misura. L’erede infatti diviene tale solo dopo aver accettato l’eredità, prima si parla di chiamato. Il chiamato è la persona che, in seguito all’apertura della successione, ha un’aspettativa ereditaria, o perché indicato come erede nel testamento o perché prossimo congiunto del defunto.
L’accettazione o la rinuncia all’eredità
Con l’accettazione il chiamato diventa erede, accettando l’eredità. L’accettazione non è obbligatoria, infatti il chiamato può anche scegliere di rinunciare all’eredità, ad esempio quando l’eredità sia composta in gran parte da debiti. Eredità giacente Attraverso la nomina di un curatore dell’eredità giacente è possibile, quando il chiamato non abbia ancora accettato l’eredità e non sia nel possesso dei beni ereditari, garantire la tutela e amministrazione del patrimonio del defunto.
- La nomina viene effettuata dal Tribunale del circondario dell’ultimo domicilio del defunto, su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio.
- L’assistenza di un difensore è facoltativa.
- Il curatore è preposto alla custodia e all’amministrazione dei beni dell’eredità, deve procedere all’inventario, effettuare la dichiarazione di successione, deve esercitare e promuovere le ragioni dell’eredità, rispondere alle istanze proposte contro la medesima e rendere il conto della propria amministrazione.
Per ulteriori informazioni: Tribunale di MIlano
Cosa dice l’articolo 27 della Costituzione italiana?
La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, Non è ammessa la pena di morte.
Cosa dice l’articolo 157 del codice penale?
La prescrizione estingue il reato ( 2 ) decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.
Cosa dice l’articolo 660 del codice penale?
REATO DI MOLESTIA EX ART.660 C.P. – L’art.660 del Codice Penale prevede che chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero con mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo, è punito con l’ arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a Euro 516,00,
Cosa dice l’articolo 339 del codice penale?
Art.339 codice penale – Circostanze aggravanti Brocardi.it – L’avvocato in un click! Tu sei qui: > > > > >
Spiegazione
Il legislatore ha predisposto l’applicazione di tale specifica per i reati di violenza e resistenza contro un o contro un corpo politico, amministrativo o giudiziario, al fine di punire maggiormente condotte caratterizzate da maggior carica offensiva nei confronti dei beni giuridici tutelati.
Innanzitutto la pena è aumentata se i fatti sono commessi avvalendosi di armi, sussistendo l’aggravante anche in caso di “arma apparente”, ovvero qualora il soggetto passivo sia indotto a pensare che l’arma sia comunque vera. Il fatto che la persona sia travisata ha il duplice effetto di impedire l’identificazione del soggetto e di soggiogare maggiormente il soggetto passivo, potendo quest’ultimo pensare che, data la maggior probabilità di restare impunito, il colpevole possa compiere gesti estremi. Per quanto riguarda lo, vi è un aggravamento di pena a causa della natura subdola della,
Perché ricorra l’aggravante delle più persone riunite è sufficiente che i soggetti attivi siano due ed in concorso tra oro, in modo da determinare una più grave coercizione morale. La medesima ratio è sottesa alle aggravanti delle cinque o delle dieci persone riunite di cui al secondo comma.
Massime
Cass. pen.n.25303/2021 In tema di resistenza a pubblico ufficiale, ricorre la circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più persone riunite nel caso in cui un numero elevato di abitanti del quartiere intervenga, su sollecitazione del reo, per impedire, con modalità aggressive e violente, l’espletamento dell’attività di servizio da parte dei pubblici ufficiali.
- Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO NAPOLI, 23/10/2020) () Cass.
- Pen.n.17942/2020 In tema di minaccia, ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi una roncola, trattandosi di arma impropria, ai sensi dell’art.4, comma secondo, della legge 18 aprile 1975, n.110, per il quale rientra in questa categoria qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l’offesa della persona.
(Conf. Sez. V, n.6763 del 1982, Rv.154534-01). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO LECCE, 07/11/2018) () Cass. pen.n.10179/2013 Sussiste l’aggravante dell’uso dell’arma nel delitto di minaccia, ancorché la minaccia sia proferita con l’uso di un’arma giocattolo, in quanto, in unione con le ulteriori modalità con cui è attuata la minaccia (nella specie consistita nella affermazione ‘ti sparò) determina un maggior effetto intimidatorio sull’animo del minacciato.
(Rigetta, App. Palermo, 29/09/2011) () Cass. pen.n.31473/2007 L’efficacia intimidatoria di una pistola scacciacani sia per la somiglianza con una vera arma da fuoco, sia per l’effetto sonoro prodotto è tale da configurare, in ipotesi di violenza privata commessa con la minaccia della scacciacani, l’aggravante dell’uso dell’arma.
() Cass. pen.n.15546/1989 Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più di dieci persone, di cui all’art.339, secondo comma, c.p., non rileva che alcune di esse siano rimaste non identificate. (Fattispecie in tema di resistenza a un pubblico ufficiale).
Cass. pen.n.13611/1989 Perché ricorra la circostanza aggravante della minaccia commessa da più persone riunite, di cui all’art.339 c.p., richiamato dall’art.611 cpv.c.p. per la sussistenza dell’ipotesi aggravata della violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, occorre che la partecipazione di più persone sia percepita dalla vittima al momento della consumazione del reato.
() Cass. pen.n.10941/1986 In tema di resistenza, minaccia o violenza a pubblico ufficiale, non possono ritenersi mancanti gli elementi individualizzanti della «associazione segreta», ai fini della sussistenza dell’aggravante relativa all’avvalersi «della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni esistenti o supposte» di cui al primo comma dell’art.339 c.p., qualora l’imputato stesso abbia rivendicato, in precedenza, l’appartenenza a specifici gruppi eversivi, e a nulla rilevando il fatto che si sia poi successivamente «dissociato».
- Essenziale è, infatti, che il comportamento dell’agente, comunque manifestato, abbia ingenerato nel soggetto passivo un timore di rappresaglia da parte dell’associazione segreta, creduta esistente, di cui l’agente possa o lasci credere di poter determinare l’intervento. () Cass.
- Pen.n.2034/1982 In tema di resistenza a pubblico ufficiale l’omessa menzione dell’estremo delle «più persone riunite» ai fini della contestazione dell’aggravante ex art.339 c.p.
nell’ordinanza di rinvio a giudizio non è causa di nullità allorquando sia richiamato il concetto d’una «collettività», come nel caso di un equipaggio della nave. (Nella specie si è osservato che il risalto dato ad un gruppo omogeneo di persone, costituente una «collettività», caratterizzata dalla comune e contestuale presenza a bordo di una nave in navigazione, implica l’emersione del concetto di «più persone riunite» ancorché non espressamente menzionato).
Consulenza
: Art.339 codice penale – Circostanze aggravanti
Cosa dice l’articolo 544 del codice penale?
Chiunque, per crudelta’ o senza necessita’, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche e’ punito con la reclusione ((da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro)).
Cosa afferma l’articolo 43 del codice penale?
43 c.p. comma I il quale recita:<< è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell 'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione.>>.
Quali sono gli elementi di legittima difesa?
Elementi strutturali della legittima difesa – “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.” Così recita l’art.52 c.p., esprimendo in modo chiaro il concetto secondo cui se l’offesa è ingiusta, la difesa è legittima nei limiti della necessità.
La ragion d’essere di questo istituto lo troviamo nell’autotutela (“vim vi repellere licet” = è lecito respingere la violenza altrui con la violenza), in quei casi in cui la legittimazione alla difesa rappresenta l’affermazione della prevalenza del diritto dell’aggredito su quello dell’aggressore, il quale poi risulterà leso.
La legge prevede inoltre la tutela non solo della propria ma anche della incolumità altrui, infatti ammette anche il “soccorso in difesa” e quindi legittima l’intervento del terzo a favore dell’aggredito in quanto in difesa del diritto altrui.
Perché non può esistere una difesa privata sempre legittima?
Dieci domande e risposte sulla legittima difesa Pubblicato: 31 Luglio 2018 Scritto da Il Caso: Tizio si sta recando al supermercato in auto con la propria famiglia. Giunto nel parcheggio dell’edificio, mentre sta per posizionarsi all’interno dell’unico spazio disponibile, viene superato repentinamente dal veicolo guidato da Caio che gli ‘ruba’ il posto.
Arrabbiato, Tizio scende dalla propria vettura e rivolge alcune imprecazioni nei confronti di Caio. Quest’ultimo, di tutta risposta, lo affronta avvicinandosi e gli dà uno spintone, facendolo cadere al suolo. A questo punto, Tizio, da terra, estrae dalla tasca dei pantaloni una pistola e spara in direzione del proprio aggressore, colpendolo al torace.
Caio, impietrito, stramazza al suolo e muore dinanzi alla propria moglie e al figlio di 5 anni, rimasti in auto ad osservare la cruenta scena. Con alcuni irrilevanti aggiustamenti, quello appena richiamato è un caso tratto dalla recente cronaca statunitense che ha consegnato alla storia l’ennesimo risvolto pratico della Stand Your Ground Law presente in molti Stati Americani (Alabama, Alaska, Arizona, Florida, Georgia, Indiana, Kansas, Kentucky, Louisiana, Michigan, Mississippi, Montana, Nevada, New Hampshire, North Carolina, Ohio, Oklahoma, Pennsylvania, South Carolina, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah, West Virginia).
La legge concede a chiunque si sentisse in pericolo, come Tizio di cui sopra, il diritto di reagire in difesa del proprio ‘spazio vitale’, finanche uccidendo il proprio aggressore e tornarsene impunito a casa, immune da qualsiasi sindacato da parte della magistratura sulla necessità o meno di difendersi e sulla proporzionalità della risposta difensiva rispetto al pericolo corso.
Prendiamo spunto dalla cruenta vicenda per fare chiarezza, in flash attraverso dieci quesiti, sulla disciplina della difesa legittima italiana e interrogarci sulle proposte di riforma in cantiere (cfr. proposte di legge nn.274, 308 e 580).1. Esiste una difesa sempre legittima? Si, essa corrisponde all’intervento preventivo e repressivo dello Stato che trova la propria legittimazione nella tutela di interessi rilevanti per una data collettività, in modo che la compressione della libertà personale conseguente alla sanzione penale sia ‘giustificata’ dalla necessità di garantire la sicurezza generale.
Quale precipitato logico, ne deriva che l’autodifesa del privato è legittima soltanto qualora l’intervento dello Stato, quale primo detentore del potere di tutelale gli interessi di ciascuno, non possa essere tempestivo e l’attesa rischi di esporre a ulteriore pericolo l’interesse che si vuole proteggere.2.
Perché non può esistere una difesa privata sempre legittima? Un sistema che permettesse a ciascuno di farsi giustizia da sé sarebbe altamente iniquo e criminogeno. Iniquo, in quanto non esisterebbe alcuna misura di giustizia prevedibile e uguale per tutti, bensì essa varierebbe in relazione alle disponibilità, mezzi e spregiudicatezza del singolo giustiziere; criminogena, inoltre, perché finirebbe per tramutarsi in una incontrollata licenza di uccidere, idonea ad incrementare le recrudescenza dell’azione offensiva dell’aggressore, il quale, una volta determinatosi a commettere il reato, prenderà ogni opportuna precauzione per evitare di essere quello ‘a lasciarci le penne’.
Una sorta di far-west contemporaneo, dove il primo che spara avrà la meglio sul proprio competitor.3. Quali sono le condizioni normativamente previste perché ci si possa difendere da soli? Dalla eccezionalità del potere di ‘autotutela’ derivano una serie di requisiti che qualificano la difesa del privato come legittima e che sono normativamente fissati dall’art.52 c.p.
In estrema sintesi, la difesa deve essere necessaria, ossia l’imminenza del pericolo, che può ricadere anche su interessi di natura patrimoniale, e la sua intensità non rendono possibile il ricorso alle forze dell’ordine ovvero alla fuga senza aggravare l’esposizione a pericolo.
Inoltre, è richiesto un rapporto di proporzionalità tra il pericolo e la reazione difensiva. Per richiamare Il Caso di cui sopra, l’attuale sistema normativo non ammette reazioni talmente eccessive (sparo ad altezza uomo) rispetto a un pericolo per la propria incolumità decisamente attenuato (spintone senza ulteriore escalation aggressiva).
Infine, il sistema italiano non concede nessun diritto di vendetta privata o di neutralizzazione preventiva in capo al singolo, potendo difendersi legittimamente soltanto in caso di pericolo attuale, non anche in quello di pericolo scampato o futuro.4.
Per la difesa legittima domiciliare e sui luoghi di lavoro valgono le stesse regole? No, dal 2006 la possibilità di autodifesa in tali luoghi è stata incrementata, attraverso la presunzione di proporzionalità della risposta difensiva nei confronti di chi si sia introdotto abusivamente nell’abitazione o nei luoghi di lavoro e metta in pericolo l’incolumità delle persone ivi legittimamente presenti ovvero non desista dalla propria azione criminosa sui beni e vi sia pericolo di aggressione.
In altre parole, il legislatore ha introdotto una presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa in virtù del brocardo non habet staderam in manu, ossia l’impossibilità di misurare con il bilancino la reazione da parte di chi veda violati i luoghi della propria intimità, in cui ci si sente generalmente al sicuro.5.
Cosa accade a chi erroneamente ritiene di essere in pericolo ovvero eccede per errore il limite di proporzionalità della reazione difensiva? Soccorrono sul punto gli artt.55 e 59 del nostro codice penale, i quali estendono le coordinate di applicazione della difesa legittima anche ai casi di percolo meramente ‘virtuale’.
In buona sostanza, colui che erroneamente ritenesse di doversi difendere da una minaccia soltanto apparente, viene tutelato alla stregua di chi si trovi effettivamente in pericolo. Così, per rifarci a un noto seppur datato caso di cronaca giudiziaria, il gioielliere che colpì mortalmente il calciatore di una nota squadra di Serie A, il quale per uno scherzo finito male gli si fiondò davanti in gioielleria incappucciato e scimmiottando il ruolo del rapinatore, non rispose del reato di omicidio in quanto indotto in errore dalla condotta del calciatore che rappresentò ‘virtualmente’ gli estremi di un pericolo che, laddove reale, avrebbe ammesso la legittima reazione in propria difesa con armi legittimamente detenute nel luogo di lavoro.
Ovviamente, tale tutela viene meno in caso di autosuggestione o di errore provocato da distrazione o poca attenzione da parte di chi si difende. Il medesimo principio si applica anche al caso in cui, pur in presenza dei requisiti per difendersi (ossia, il pericolo che ricade su di un diritto proprio o altrui), la vittima reagisca travalicando, per eccessiva foga o erronea valutazione, i limiti fissati dal principio di proporzionalità tra offesa e difesa (ad esempio, la vittima che, attaccata con un innocuo ramoscello, ritenendolo erroneamente – e colposamente – una pericolosa mazza da baseball, reagisca esplodendo un colpo di fucile in direzione del proprio aggressore, anziché tramortirlo con il calcio dello stesso).
In tale ipotesi, infatti, secondo il sistema penale italiano, costui risponderà del corrispondente reato colposo, ossia con una pena attenuata.6. Ci sono delle criticità nell’attuale impalcatura della difesa legittima? Ci sono degli aspetti sicuramente migliorabili.
- Ad esempio, appare eccessivamente oneroso pretendere una lucida e non erronea valutazione dei presupposti di fatto necessari per difendersi, specie negli ambienti dove ci si sente maggiormente vulnerabili come il proprio domicilio.
- La disciplina omette di considerare l’autosuggestione ‘incolpevole’, ossia quella generata dalla fibrillazione del momento, cui il comune cittadino potrebbe non essere aduso e non avere la necessaria prontezza valutativa.7.
Cosa prevedono i disegni di legge in discussione al Parlamento? Le proposte di legge di riscrittura della difesa legittima attualmente in discussione alla Camera sono tre: la n.274 con primo firmatario l’on. Molteni, la n.308 con primo firmatario l’on.
- Meloni e la n.580 con primo firmatario l’on. Gelmini.
- Il primo progetto legislativo aggiungerebbe il seguente comma all’attuale disposizione: “Si considera che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di una o più persone, con violazione del domicilio di cui all’articolo 614, primo e secondo comma, ovvero in ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.
La proposta di riforma a firma dell’on. Meloni modifica invece il terzo comma e introduce un quarto comma: “3. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale ovvero nelle immediate adiacenze dei luoghi indicati nel presente articolo se risulta chiara e in atto l’intenzione di introdursi negli stessi con violenza o di volersene allontanare senza desistere dall’offesa.4.
Il pericolo di aggressione e l’assenza di desistenza di cui al terzo comma sono presunti quando l’offesa ingiusta avviene, all’interno dei luoghi indicati nel presente articolo, in ore notturne o con modalità atte a creare uno stato di particolare paura e agitazione nella persona offesa”. Infine, il terzo disegno di legge riscrive completamente l’istituto, modificandone anche la rubrica che passa da “Difesa legittima” a “Diritto di difesa”.
L’ipotesi di articolato prevede: “1. Esercita il diritto di difesa colui che commette il fatto per difendere un diritto proprio o altrui contro un pericolo attuale.2. È sempre riconosciuto il diritto di difesa a chi, nei casi di cui all’articolo 614, primo e secondo comma, reagisce a seguito dell’introduzione, anche tentata, nei luoghi ivi indicati senza il consenso dell’avente diritto o comunque con violenza alle persone o sulle cose ovvero con minaccia o con inganno.3.
- Nei casi di cui al primo comma, la difesa deve essere non manifestamente sproporzionata rispetto all’offesa.4.
- Nei casi di cui al secondo comma, il diritto di difesa si presume ed è esclusa la sussistenza del reato, anche colposo.5.
- Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.8.
Le modifiche proposte migliorano la normativa in vigore? L’intento è sicuramente quello di rafforzare gli strumenti di tutela, tendando di evitare a chi si difende la ‘pena’ del procedimento penale, ma la ricetta immaginata è foriera di numerose controindicazioni.9.
Quali sono i punti di maggiore criticità delle proposte di modifica? Analizziamole con ordine. La proposta di legge n.274 considera legittima difesa qualsiasi atto volto a respingere l’ingresso o l’intrusione indesiderata nel proprio domicilio ovvero in ogni altro luogo dove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale, lasciando tuttavia irragionevolmente al di fuori della presunzione giuridica il momento forse maggiormente invasivo dell’ iter criminis della violazione di domicilio, che consiste nella abusiva permanenza nell’immobile.
Se infatti ci si accorgesse dell’indesiderato ospite quando questi si sia già introdotto e trattenuto all’interno del domicilio, non troverebbe applicazione la presunzione di cui sopra, bensì quella più blanda relativa al solo rapporto di proporzione tra minaccia e difesa prevista dalla difesa legittima c.d.
- Domiciliare.
- La proposta di legge n.308 introdurrebbe una presunzione di difesa legittima c.d.
- Domiciliare qualora l’intrusione avvenisse nelle ore notturne o con modalità atte a creare uno stato di particolare paura e agitazione, creando ancora una volta una irragionevole asimmetria rispetto ad analoghe condotte invasive perpetrate durante le ore diurne.
Infine, la proposta di legge più pervasiva, la n.580, potrebbe introdurre in Italia i capisaldi della Stand Your Ground Law prima citata, dal momento che riconoscerebbe il diritto di difendersi con una reazione non manifestamente sproporzionata (invece che necessariamente proporzionata) contro ogni pericolo attuale che ricada su un diritto proprio o altrui (anche patrimoniale).
Con il rischio di indesiderate licenze di uccidere. Immaginiamo così il marito vendicativo che inviti il partner della propria moglie fedifraga a casa sua rivelandogli di essere a conoscenza della loro liaison, Ipotizziamo che da ciò nasca una discussione e che l’amante, invitato a questo punto ad abbandonare il domicilio, permanga nell’immobile utilizzando gli stessi toni accesi.
A quel punto, il marito tradito potrebbe tranquillamente e impunemente colpire con un’arma da fuoco il proprio ‘nemico’, liberandosi dello scomodo ostacolo, stante la presunzione assoluta del diritto di difesa nei luoghi privati prevista dalla proposta di riforma n.580, che escluderebbe la rilevanza di ogni reato sia doloso che colposo.10.
Quali potrebbero essere i correttivi in grado di migliorare l’attuale disciplina normativa? Partiamo da una premessa necessaria: nessuna delle proposte sopra menzionate escluderebbe il necessario accertamento da parte della magistratura procedente rispetto alla complessa stratificazione normativa di regole ed eccezioni che si verrebbe a creare.
Ma vi è di più. Il vaglio della magistratura, lungi dal rappresentare una ingiusta ritorsione verso chi si sia trovato costretto a difendersi, costituisce un importante presidio di garanzia contro arbitrari regolamenti di conti, giustizia fai-da-te e strumentali logiche vendicative.
- Il punto, pertanto, è un altro: bisogna accelerare i tempi della Giustizia e le relative determinazioni nel merito della vicenda, così da consegnare in tempi brevi il sigillo di legittimità alla persona che si sia difesa.
- Stabilito ciò, alcuni correttivi sono possibili (francamente anche auspicabili) e riguardano istituti di carattere generale, piuttosto che la messa a punto di un catalogo che presenterà sempre irragionevoli lacune.
Bisognerebbe cioè intervenire sull’eccesso colposo e sulla difesa legittima c.d. putativa (ossia immaginata come tale dall’agente), attenuando (rectius: escludendo) espressamente il rigore del rimprovero colposo per coloro che si siano fatti suggestionare a causa del turbamento provocato da una situazione oggettivamente spiacevole e imprevedibile, come l’improvvisa illecita intrusione nei luoghi di privata dimora o esercizio professionale e imprenditoriale.
Come difendersi in caso di aggressione?
Spray al peperoncino, un’arma di difesa legale – In Italia l’unico strumento di difesa ammesso dalla legge è lo spray al peperoncino. In caso di suo utilizzo durante un’aggressione, la vittima è sollevata da qualsiasi responsabilità cosa che non avviene con altri oggetti,
Inoltre, essendo approvato dalla legge, lo si può portare tranquillamente nella borsa. «Il suo funzionamento è molto semplice: lo spray spruzza un getto derivante dal peperoncino, ossia del tutto naturale, che va ad irritare le vie respiratorie e la vista dell’aggressore impossibilitandolo quindi a proseguire l’aggressione,
Con una semplice pressione di un pulsante si è in grado di fermare immediatamente uno o più aggressori, anche più forti, ma soprattutto di difendersi rimanendo a distanza. Questo è molto importante perché significa difendersi senza contatto fisico, evitando di scendere in una colluttazione.
Ultimo aspetto fondamentale è che l’effetto è temporaneo, dura all’incirca 30 minuti, e non lascia segni o lesioni: significa che l’aggressore non potrà chiedere alcun risarcimento per eventuali danni» spiega Spadaccini. Ricevi news e aggiornamenti sulle ultime tendenze beauty direttamente nella tua posta Non tutti gli spray in commercio sono però pratici in certe situazioni, per questo l’esperto ne ha creato uno ad hoc « Si chiama Stay Safe e l’ho creato partendo dalle lacune presenti in quelli disponibili sul mercato,
Prima di tutto ho inserito una torcia, statisticamente le aggressioni avvengono quando c’è scarsa luce o al buio per cui la torcia che si accende automaticamente permettendo di abbagliare il criminale e di prendere la mira per non mancare il bersaglio.
Che cosa si intende per legittima difesa putativa?
Cos’è la legittima difesa putativa – In genere, le scriminanti sono quelle situazioni, al verificarsi delle quali, è esclusa la sussistenza del reato, Le scriminanti putative sono regolate dall’ art.59 comma quarto del codice penale, Sono considerate tali, quelle situazioni per le quali il soggetto ritiene, in buona fede, che esista una delle cause di giustificazione di cui agli articoli 52 e seguenti del codice penale, che tuttavia è inesistente.
“Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. Sebbene la norma parli di “circostanze”, lo fa in senso atecnico, riferendosi invece alle scriminanti putative.
Difatti le circostanze, di per sé, sono situazioni che aumentano o attenuano il disvalore del reato (ossia la antigiuridicità del fatto), mentre le scriminanti putative, come detto, escludono in toto la colpevolezza del fatto, Con le scriminanti putative, la legge equipara due situazioni : – la situazione in cui la causa di giustificazione sussista realmente, – la situazione in cui il soggetto agisce ritenendo, erroneamente ma incolpevolmente, i presupposti di fatto di una causa di giustificazione, in realtà inesistenti,
In particolare, si parla di legittima difesa putativa, in caso di una errata percezione delle circostanze oggettive inerenti il pericolo attuale o l’aggressione ingiusta, Se l’aggredito ritiene erroneamente di trovarsi in pericolo, mentre in realtà il pericolo non esiste, la legittima difesa putativa viene comunque applicata come causa di giustificazione.
A condizione, tuttavia, che l’errore sia giustificato da elementi oggettivi, e che non sia comunque determinato da negligenza, imprudenza o imperizia. Al contrario, qualora l’errore sia “colpevole”, ed il fatto è previsto come delitto colposo, allora il soggetto è punibile,