Cosa Dice La Prima Legge Della Robotica?
Costanzo Franceschi
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Le leggi di Asimov, riscritte dal robot «Che siamo fatti di carbonio o di silicio non ha importanza: ciascuno di noi dev’essere trattato col giusto rispetto»(Arthur C. Clarke, 2010). Esaminiamo ora il concetto di “roboetica”, cercando di esplicitarlo nei suoi significati possibili.
Dalle considerazioni fatte nelle puntate precedenti emerge una prima accezione, molto generale: “roboetica” è semplicemente “l’etica nell’epoca dei robot”, cioè l’insieme dei comportamenti dell’umanità (e la valutazione di questi comportamenti) quando dell’ambiente in cui vivono gli uomini facciano parte anche i robot.
Ma “roboetica” potrebbe anche significare l’insieme (più ristretto del precedente) di quei nostri comportamenti nei confronti dei robot che consentono di mantenere un giusto equilibrio dinamico tra noi e loro. Poiché i robot posseggono una certa autonomia e una certa capacità di apprendere dall’esperienza, “roboetica” può anche indicare l’insieme dei comportamenti utili, o almeno innocui, dei robot nei nostri confronti.
L’etica umani -> ambiente (ambiente in cui ci sono altri umani e anche i robot).L’etica umani -> robot.L’etica robot -> umani.L’etica robot -> ambiente (ambiente in cui ci sono anche i robot e gli umani).
Mi rendo conto che si tratta di definizioni approssimative e discutibili, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. La terza accezione si deve conformare al precetto generale e tradizionale per cui le macchine non debbono danneggiarci ( primum non nocere ).
Prima Legge della robotica. Un robot non può recar danno a un essere umano e non può permettere che, a causa di un suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.Seconda Legge della robotica. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.Terza Legge della robotica. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la sua autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
Asimov attribuì le Tre Leggi allo scrittore di fantascienza John W. Campbell a seguito di una conversazione avuta con lui un paio di giorni prima del Natale 1940. Ma, secondo Campbell, Asimov aveva già in testa le leggi, che avevano solamente bisogno di una formulazione esplicita.
Benché Asimov avesse fissato la data di creazione delle leggi, il loro progressivo ingresso nelle sue opere richiese un periodo di tempo piuttosto lungo. Così nel 1941 Asimov scrisse due racconti senza menzionare esplicitamente le Tre Leggi, le quali apparvero insieme esplicitamente nel racconto Girotondo del 1942.
Le Tre Leggi si presentano semplici, chiare, univoche: dovrebbero bastare per regolare perfettamente almeno il punto c). In realtà quando le regole di Asimov fossero calate nel mondo reale non mancherebbero di suscitare problemi e ambiguità. Che cosa vuol dire “danno”? E chi lo stabilisce, chi lo quantifica? Chi ne è responsabile? Il concetto di danno sembra legato al concetto di male (non solo fisico) e sul problema del male si sono arrovellate generazioni di filosofi, teologi, letterati e artisti.
Il cervello positronico, razionale e rigoroso, saprebbe impostare e risolvere le “equazioni del male” grazie a un’edizione aggiornata del calculemus leibniziano, secondo cui ogni problema trova una soluzione qualora se ne sappiano impostare i termini in modo rigoroso e quantitativo? C’è da dubitarne.
In effetti la nozione di danno che compare nelle Leggi presenta molte ambiguità: se un umano sta per recare danno a un altro essere umano (per esempio sta tentando di ucciderlo), come si deve comportare il robot? Se interviene reca danno all’assassino, ma il suo mancato intervento reca danno alla vittima.
Inoltre noi uomini siamo contraddittori: come si deve comportare un robot che riceva un ordine contraddittorio (dallo stesso uomo o da due uomini diversi) che sotto il profilo logico metta in crisi il suo sistema di valutazione? Di fronte a una contraddizione gli umani se la cavano quasi sempre con scelte che li fanno “uscire dal sistema” all’interno del quale si annida la contraddizione.
Ma questa evasione può avvenire grazie a una certa dose di irrazionalità o di follia creativa. Per consentire al robot di non paralizzarsi di fronte a una contraddizione, si potrebbe forse immaginare di iniettargli un pochino di pazzia, ma con quali conseguenze? Si può continuare a speculare: se si affidasse lo sviluppo della “specie” robot a un processo evolutivo analogo a quello biologico (o a quello bio-culturale), essi potrebbero compiere – in sostanza fuori del nostro controllo – progressi tali da consentir loro valutazioni etiche più raffinate e precise delle nostre.
Per esempio potrebbero, prima o poi, cavarsela meglio di noi in tema di bene e di male (anche se il bene e il male sono sempre riferiti a un soggetto: bene per chi? male per chi?) e potrebbero sviluppare una “teodicea” più rigorosa e soddisfacente della nostra, cioè potrebbero avvicinarsi alla soluzione di un problema teologico e metafisico che ci assilla da sempre: se il creatore del nostro mondo è bontà infinita, perché nel mondo c’è il male? E i creatori del mondo, per i robot, potremmo essere noi.
Ma a quel punto dovrebbero ancora sottostare alla Prima Legge, una legge formulata da creatori imperfetti, incapaci di costruire un mondo privo di male e di insanabili contraddizioni? Oppure sarebbero loro a dettarci leggi nuove e ad assumere il bastone del comando, come solerti genitori nei confronti dei loro vivaci e stolti frugoletti? Del resto nel film 2001: Odissea nello spazio il calcolatore Hal 9000 si comporta proprio così: prende il comando della nave e tenta di uccidere gli umani che intralciano il compimento della missione, invertendo l’ordine d’importanza delle Leggi, cioè subordinando la Prima e la Seconda alla Terza.
Legge zero della robotica. Un robot non può recar danno all’umanità e non può permettere che, a causa di un suo mancato intervento, l’umanità riceva danno.
Questa Legge suppletiva è interessante per il suo carattere “meta” e conferma che le prime tre non sono sufficienti a costituire un’etica di tipo c) sicura. Infatti se un folle minacciasse la distruzione in massa dell’umanità, la Legge Zero autorizzerebbe il robot a eliminarlo, cioè lo autorizzerebbe a infrangere la Prima Legge.
Si apre qui il problema della valutazione quantitativa dei danni, ragionevole anche se molto discutibile secondo la morale tradizionale: l’uccisione di molti è (sarebbe) più grave dell’uccisione di uno. Ma neppure con quest’aggiunta le leggi di Asimov riuscirebbero a proteggerci da comportamenti robotici dannosi, perché le conseguenze ultime di un’azione, pur rispettosa delle Quattro Leggi, potrebbero alla lunga essere nocive per l’umanità o per singoli esseri umani.
Infatti l’analisi di queste conseguenze di lunga portata sfiderebbe la più potente intelligenza (naturale o artificiale) immaginabile: troppe sono le ramificazioni e le interazioni con la mutevole complessità del reale. Sappiamo benissimo che anche le azioni umane dettate dalle migliori intenzioni del mondo sfociano spesso in disastri.
Inoltre ci si può chiedere: per valutare se un’azione sia stata buona o cattiva quando ci si deve arrestare nell’esame della catena delle sue conseguenze? Nella società umana solo alcune azioni “cattive” sono giudicate tali esplicitamente e sono sanzionate in un momento preciso grazie a un procedimento giudiziario che interrompe (o almeno vorrebbe interrompere) la catena delle causazioni.
La maggior parte dei nostri atti non sono oggetto di giudizio formale a un istante dato e continuano a provocare conseguenze, positive e negative, nel mondo ben al di là delle nostre intenzioni e per un tempo potenzialmente illimitato. ( 8 – continua ) : Le leggi di Asimov, riscritte dal robot
Quali sono le tre leggi della robotica?
Le tre leggi nella loro versione originale sono le seguenti: –
Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.»
Ma negli 80 anni trascorsi dalla pubblicazione del primo racconto con le linee guida etiche delle leggi della robotica, ci sono stati significativi progressi tecnologici. Oggi abbiamo una concezione molto diversa di come possono apparire i robot e di come interagiremo con loro.
- Alcuni ricercatori hanno recentemente sostenuto che nonostante le leggi di Asimov siano state ideate cercando di dare un valore morale all’intelligenza artificiale delle macchine per prevenire eventuali danni agli esseri umani, queste non sono così facili da interpretare.
- Il settore eccezionalmente innovativo della robotica ha prodotto numerosi dispositivi che sono già presenti nelle nostre abitazioni.
Pensiamo agli elettrodomestici autonomi come gli aspirapolvere o tagliaerba autoguidati. Ma pensiamo anche alla sicurezza o alla progettazione meccanica: dai droni fino a intere linee di produzione di fabbrica. Contemporaneamente, l’intelligenza artificiale e il Machine Learning fanno parte dello sviluppo di tecnologie che utilizziamo quotidianamente: quando facciamo una ricerca su Internet, impostiamo il navigatore dell’auto o meglio ancora l’autopilota di una Tesla o l’ordine da un ecommerce come Amazon. Fonte: https://www.zionmarketresearch.com/report/service-robotics-market Viviamo in un’epoca in cui assistenti robotici prendono il posto o affiancano personale infermieristico per l’assistenza e la cura degli esseri umani. Non solo robot pensati per prendersi cura di anziani o disabili, ma anche macchine progettate per fornire assistenza in caso di catastrofi ambientali,
Che cosa afferma la prima legge della robotica in base a questa legge come si sarebbe dovuta comportare Emma due?
Donovan fece una pausa solenne, poi aggiunse: – Certo conoscete tutti la Prima Legge : un robot non può recar danno agli esseri umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno. Bene, Emma Due invece se la squagliò con quel cucciolo e mi lasciò lì a rischiare di morire.
Quali sono le tre leggi della robotica inventate dallo scrittore Asimov e considerate ancora attuali?
Le tre leggi della robotica furono scritte da Asimov nel 1942 e sono : Un robot non può ferire un essere umano o, per inerzia, permettere a un essere umano di subire danni. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, a meno che tali ordini non siano in conflitto con la Prima Legge.
Quando è stato scritto la prima legge della robotica Isaac Asimov?
La prima legge (First Law) è un racconto fantascientifico del 1956 scritto da Isaac Asimov. Pubblicato per la prima volta nell’ottobre del 1956 sulla rivista Fantastic Universe, fa parte dell’antologia Il secondo libro dei robot ed è presente anche in altre raccolte di racconti di Asimov.
Chi è il padre della robotica?
Nato negli Stati Uniti, a lui si deve l’invenzione del primo robot industriale, l’Unimate#001. Gli incontri con Isaac Asimov e George Devol, lo sviluppo della robotica in Europa e in Giappone e l’applicazione dei robot a settori diversi dall’industria
Cosa insegna la robotica?
An error occurred. – Try watching this video on www.youtube.com, or enable JavaScript if it is disabled in your browser. La robotica è una scienza che abbraccia diverse discipline e si occupa della progettazione, programmazione e sviluppo dei robot : l’interdisciplinarità della robotica è dettata dalla necessità di coinvolgere molteplici conoscenze settoriali all’interno del processo di realizzazione di un robot.
Qual è stato il primo robot?
Origine del termine –
Brano estratto da R.U.R. di Karel Čapek |
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«Il vecchio Rossum, grande filosofo, cercò di imitare con una sintesi chimica la sostanza viva detta protoplasma finché un bel giorno scoprì una sostanza il cui comportamento era del tutto uguale a quello della sostanza viva sebbene presentasse una differente composizione chimica, era l’anno 1932, Per esempio, poteva ottenere una medusa con il cervello di Socrate oppure un lombrico lungo cinquanta metri. Ma poiché non aveva nemmeno un pochino di spirito, si ficcò in testa che avrebbe fabbricato un normale vertebrato, addirittura l’uomo. Doveva essere un uomo, visse tre giorni completi. Il vecchio Rossum non aveva un briciolo di gusto. Quel che fece era terribile. Ma dentro aveva tutto quello che ha un uomo. Davvero, un lavoro proprio da certosino. E allora venne l’ingegner Rossum, il nipote del vecchio. Una testa geniale. Appena vide quel che stava facendo il vecchio, disse: È assurdo fabbricare un uomo in dieci anni. Se non lo fabbricherai più rapidamente della natura, ce ne possiamo benissimo infischiare di tutta questa roba. Gli bastò dare un’occhiata all’anatomia per capire subito che si trattava d’una cosa troppo complicata e che un buon ingegnere l’avrebbe realizzata in modo più semplice. Quale operaio è migliore dal punto di vista pratico? È quello che costa meno. Quello che ha meno bisogni. Il giovane Rossum inventò l’operaio con il minor numero di bisogni. Dovette semplificarlo. Eliminò tutto quello che non serviva direttamente al lavoro. Insomma, eliminò l’uomo e fabbricò il Robot.» |
Robot industriale Il termine robot deriva dal termine ceco robota, che significa lavoro pesante o lavoro forzato (al plurale in ceco è roboty, mentre in italiano è invariabile). L’introduzione di questo termine si deve allo scrittore ceco Karel Čapek, il quale usò per la prima volta il termine nel 1920 nel suo dramma teatrale R.U.R.
Per definire l’operaio artificiale. In realtà come affermato dall’autore stesso nel testo La parola robot, non fu il vero inventore della parola, che gli venne suggerita al posto dell’originario “labor” dal fratello Josef, scrittore e pittore cubista, I due avevano già affrontato il tema in alcuni testi scritti a quattro mani e in particolare nel racconto del 1917 di Josef Čapek, Opilec ( L’ubriacone ), nel quale però aveva usato il termine automat, automa,
Il grande successo delle rappresentazioni dell’opera di Čapek in tutto il mondo servì a diffondere il termine robot, che è stato poi assimilato in quasi tutte le lingue del mondo. Secondo altre ricerche, tuttavia, la parola robot compariva già verso la metà del XIX secolo : in The Modern Vassal di John Wilmer (1849), in Elements of Political Economy di Henry Dunning Macleod (1848), in The Village Notary.
- A Romance of Hungarian Life di József Eötvös (1850), in Austria di Peter Evan Turnbull (1849), in Hungary in 1851 di Charles Loring Brace (1852), in Il caso dell’uomo deforme di Sir Arthur Conan Doyle (1893).
- Il vocabolo risulterebbe dunque esistente oltre mezzo secolo prima che la adoperasse Čapek e ben diffuso in Europa centro-orientale per indicare la servitù della gleba,
Esiste inoltre un vocabolario ceco-italiano stampato nel 1831 a Praga che registra la parola robot traducendola come “giorni di lavoro”. In conclusione, il vocabolo non sarebbe stato coniato da Čapek ma risalirebbe, almeno, a quasi un secolo prima di questa sua attribuzione.
La radice della parola non è solo della lingua ceca, infatti parole simili esistono in varie lingue slave : robota significa lavoro anche in polacco, ed in russo ed ucraino è rabota ; in polacco esiste anche il termine robotnik, operaio, mentre il verbo robić significa fare. Anche se i robot di Čapek erano uomini artificiali organici, la parola robot viene quasi sempre usata per indicare un uomo meccanico.
Il termine androide (dal greco anèr, andròs, uomo, e che quindi può essere tradotto a forma d’uomo ) può essere usato in entrambi i casi, mentre un cyborg ( organismo cibernetico o uomo bionico ) indica una creatura che combina parti organiche e meccaniche (uomo bionico).
- Il termine robotica venne usato per la prima volta (su carta stampata) nel racconto di Isaac Asimov intitolato Bugiardo! ( Liar!, 1941), presente nella sua famosa raccolta Io, robot,
- In esso, egli citava le tre regole della robotica, che in seguito divennero le Tre leggi della robotica (poi accresciute a quattro con l’introduzione della Legge Zero).
L’idea di persone artificiali risale almeno all’antica leggenda di Cadmo, che seppellì dei denti di drago che si trasformarono in soldati; e al mito di Pigmalione, la cui statua di Galatea prese vita. Nella mitologia classica, il deforme dio del metallo ( Vulcano o Efesto ) creò dei servi meccanici, che andavano dalle intelligenti damigelle dorate a più utilitaristici tavoli a tre gambe che potevano spostarsi di loro volontà.
La leggenda ebraica ci parla del Golem, una statua di argilla, animata dalla magia cabalistica, Nell’estremo Nord canadese e nella Groenlandia occidentale, le leggende Inuit raccontano di Tupilak (o Tupilaq), che può essere creato da uno stregone per dare la caccia e uccidere un nemico. Usare un Tupilaq per questo scopo può essere un’arma a doppio taglio, in quanto una vittima abbastanza ferrata in stregoneria può fermare un Tupilaq e riprogrammarlo per cercare e distruggere il suo creatore.
Il primo progetto documentato di un robot umanoide venne fatto da Leonardo da Vinci attorno al 1495, Degli appunti di Da Vinci, riscoperti negli anni cinquanta, contengono disegni dettagliati per un cavaliere meccanico, che era apparentemente in grado di alzarsi in piedi, agitare le braccia e muovere testa e mascella.
- Il progetto era probabilmente basato sulle sue ricerche anatomiche registrate nell’ Uomo vitruviano,
- Il primo robot funzionante conosciuto venne creato nel 1738 da Jacques de Vaucanson, che fabbricò un androide che suonava il flauto, così come un’anatra meccanica che, secondo le testimonianze, mangiava e defecava.
Nel racconto breve di E.T.A. Hoffmann L’uomo di sabbia ( 1817 ) compariva una donna meccanica a forma di bambola, nel racconto Storia filosofica dei secoli futuri ( 1860 ) Ippolito Nievo indicò l’invenzione dei robot (da lui chiamati “omuncoli”, “uomini di seconda mano” o “esseri ausiliari”) come l’invenzione più notevole della storia dell’umanità, e in Steam Man of the Prairies ( 1865 ) Edward S.
- Ellis espresse l’affascinazione americana per l’industrializzazione.
- Giunse un’ondata di storie su automi umanoidi, che culminò nell’ Uomo elettrico di Luis Senarens, nel 1885,
- Una volta che la tecnologia avanzò al punto che la gente intravedeva delle creature meccaniche come qualcosa più che dei giocattoli, la risposta letteraria al concetto di robot rifletté le paure che gli esseri umani avrebbero potuto essere rimpiazzati dalle loro stesse creazioni.
Frankenstein ( 1818 ), che viene spesso definito il primo romanzo di fantascienza, è divenuto un sinonimo di questa tematica. Quando il dramma di Čapek, R.U.R., introdusse il concetto di una catena di montaggio operata da robot che costruivano altri robot, il tema prese delle sfumature politiche e filosofiche, ulteriormente disseminate da film classici come Metropolis ( 1927 ), il popolare Guerre stellari ( 1977 ), Blade Runner ( 1982 ) e Terminator ( 1984 ).
In che linguaggio si programma un robot?
Robot Operating System
Robot Operating System software | |
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Sistema operativo | GNU/Linux |
Linguaggio | C++ Python |
Licenza | licenza BSD (licenza libera) |
Sito web | www.ros.org/ |
Quali sono i 3 domini della robotica DIY secondo paleos?
HBRT – Il nostro è un progetto di robotica DIY (Do It Yourself) e lo abbiamo chiamato HBRT ( How To Be a Robot Trainer ). Per una più chiara spiegazione, può essere scomposto nei 3 domini principali della robotica DIY:
- Stampa 3D ;
- Elettronica ;
- Coding,
HBRT
Chi è il nonno della robotica?
Biografia dell’inventore statunitense che ha contribuito in modo fondamentale allo sviluppo della robotica attraverso l’invenzione, negli anni Cinquanta del secolo scorso, di Unimate, il primo robot industriale Nato nel 1912 a Louisville, George Charles Devol è considerato il nonno della robotica.
Dove è nata la robotica?
Le origini della robotica – Il primo robot industriale della storia compare nel 1961, grazie alla General Motors, che introduce nella sua fabbrica di automobili, in New Jersey, un braccio meccanico progettato a metà degli anni Cinquanta da Joseph Engelberger e George Devol.
Per cosa è famoso Isaac Asimov?
Giudizi critici – A tutt’oggi Asimov è considerato uno dei massimi scrittori di fantascienza. Egli fu tra i primi a trasformare questo genere da narrativa di consumo priva di contenuti tipica dei cosiddetti pulp magazine a letteratura di livello, con contenuti divulgativi e didattici.
Fu tra i primi anche a puntare tutto sulla plausibilità scientifica delle sue storie (la cosiddetta hard science fiction, basata su fondamenta scientifiche), non mancando tuttavia di inserirvi ampie riflessioni sociologiche e futuristiche sul destino dell’umanità. La popolarità di Asimov è addirittura maggiore in molti paesi europei, tra cui Spagna e Italia, nei quali è considerato lo scrittore di fantascienza per antonomasia ed è spesso l’unico a essere conosciuto tra i suoi colleghi.
Si è spesso affermato che la narrativa di Asimov sia scritta in uno stile arido, privo di azione, letterariamente scarno e poco interessato alla psicologia dei personaggi. Asimov stesso riconobbe almeno il fatto che lui scrivesse in modo volutamente semplice, perché non intendeva scrivere per vincere un premio Pulitzer ma per farsi capire (concetto imprescindibile in un divulgatore qual egli era).
Il critico e scrittore di fantascienza statunitense James Edwin Gunn affermò nel 1982, riguardo a Io, robot che in pratica, eccettuati due singoli racconti, in nessuna delle storie sui robot i personaggi giocano un ruolo fondamentale, le storie sono ridotte a dialoghi sterili privi di azione e descrizione se non strettamente funzionali ai fini della trama,
Si può ritenere che questo giudizio sia applicabile a tutta la produzione narrativa di Asimov. Vi sono tuttavia delle notevoli eccezioni, in quanto i personaggi di Powell e Donovan o Susan Calvin nelle storie sui robot, di Arkady Darell e del Mule (o Mulo ) nel ciclo delle Fondazioni, di Elijah Baley nel ciclo dei robot, di Golan Trevize nei seguito della Fondazione e di Hari Seldon negli antefatti della Fondazione sono creazioni a tutto tondo che dominano e muovono la storia e hanno personalità e storie complesse e articolate.
Si è poi criticata l’assenza di alieni nella stragrande maggioranza della fantascienza di Asimov. Egli stesso affermò che quell’elemento era stato dettato dalle imposizioni del suo editore John W. Campbell, il quale era dell’idea che gli alieni dovessero sempre essere inferiori all’uomo. Poiché Asimov era di diverso avviso riguardo l’indiscutibile superiorità umana, per ovviare al problema eliminò la presenza di civiltà extraterrestri nelle sue prime storie.
A questa critica, tuttavia, e a quella secondo cui le sue storie fossero del tutto prive di riferimenti al sesso (diversamente da quanto avveniva nelle disinvolte correnti post-anni sessanta), Asimov rispose col suo Neanche gli dei nel quale presentò una delle più complesse e affascinanti civiltà aliene mai comparse nel panorama della fantascienza, e ne descrisse minuziosamente i costumi sessuali senza però scivolare nell’erotico o nel volgare.
In definitiva quelle critiche, così come tutte le critiche che oggi hanno portato a un parziale “revisionismo” riguardo al contributo di Asimov alla fantascienza, sono dipese dall’affermarsi delle avanguardie New Wave e cyberpunk (a cui Asimov, almeno nel primo caso, cercò nelle sue ultime opere di adeguarsi).
La completa opposizione tra l’idea pessimistica di un futuro apocalittico delle suddette correnti e quella ottimistica e positivista di Asimov è stridente e si è anche voluto accusare la produzione di Asimov di parziale obsolescenza. Resta tuttavia indiscutibile il fatto che la sua space opera di così ampio respiro e le sue speculazioni sociologiche e tecnologiche mantengano il loro fascino anche a tanti anni di distanza.
Cos’è il progetto Asimov?
Il Premio Asimov è un riconoscimento letterario per opere di divulgazione e saggistica scientifica in lingua italiana, la cui prima edizione ha avuto luogo nel 2016, assegnato dal Gran Sasso Science Institute.
Come è nata la robotica?
Dai romanzi ai vari settori industriali – Di romanzo in romanzo è l’indimenticato Isaac Asimov che ammanta il termine robot di quell’accezione moderna che ancora oggi utilizziamo. Nel 1942 infatti, il romanziere e chimico parla per la prima volta di robotica,
Ciò con circa 20 anni di anticipo rispetto al primo braccio industriale ad opera della General Motors. E ben 30 anni prima di Watbot-1, il primo robot completamente antropomorfo della storia, creato dalla Waseda University di Tokyo. Nei decenni successivi l’utilizzo delle macchine si è diffuso in molteplici settori.
In campo medico, con l’avvento nel 1985 di Puma350, robot a supporto delle operazioni chirurgiche, e nell’aerospazio, con Mars in aiuto alle spedizioni dal 1997.
Perché si chiamano robot?
Robot, dal cèco Robot 〈ròbot〉, nome proprio, der. a sua volta di robota «lavoro», con cui lo scrittore cèco Karel Čapek denominava gli automi che lavorano al posto degli operai nel suo dramma fantascientifico R.U.R.
Quanti sono le leggi della robotica?
LE 3 LEGGI DELLA ROBOTICA LE 3 LEGGI DELLA ROBOTICA Le tre leggi della robotica sono state formulate dal biochimico e scrittore sovietico (naturalizzato statunitense) nel 1942, nello stesso racconto in cui appare per la prima volta la parola ‘robotica’ ( Runaround, incluso nella raccolta I Robot, pubblicata nel 1950 ).
In I Robot e l’Impero (1985), Asimov aggiunge poi la Legge Zero, che però è accettata solo dai robot più sofisticati. Questa legge è anteposta, in ordine di importanza, alle altre, permettendo una maggiore efficienza ai robot: un robot non può recare danno all’Umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’Umanità riceva un danno. GENESI
Nel 1920, lo scrittore cecoslovacco inventa la parola ‘robot’ per il suo dramma fantapolitico-sociale R.U.R.(Rossum’s Universal Robots ). Il termine, che deriva dal vocabolo ceco robota (lavoro forzato), fu in realtà suggeritogli dal fratello Josef, pittore cubista, per denominare i lavoratori artificiali che appaiono nel dramma.
- Sin dal Medioevo automi e androidi hanno popolato soprattutto la,
- Se già nell’ottocento erano presenti, il robot in grado di lavorare appare dunque, sotto forma di telai e torni automatici, all’inizio del novecento, quando le tematiche del lavoro, del costo crescente della schiavitù e delle regole di mercato si impongono prepotentemente.
Con il termine robot si intende dunque un automatico in grado di sostituire l’uomo nell’espletamento di mansioni complesse in interazione con l’ambiente. La definizione istituzionale del Robot Institute of America, risalente al 1979, è la seguente: ” A reprogrammable, multifunctional manipulator designed to move material, parts, tools, or specialized devices through variable programmed motions for the performance of a variety of tasks”,
Come si chiamano i robot umani?
Robot umanoidi, le macchine intelligenti che si ispirano all’uomo – Pepper robot Un robot umanoide è una macchina autonoma dalle sembianze umane e capace di interagire con l’ambiente circostante. A volte per indicare i robot umanoidi si usa anche il termine androide/androidi (che di fatto serve ad indicare un qualsiasi robot dalle fattezze umane dotato però di un certo livello di intelligenza artificiale ).
Robot umanoide e androide sono a tutti gli effetti usati come sinonimi anche se, sempre più spesso, si tende a volerli distinguere utilizzando il termine robot umanoide per quegli automi che si ispirano all’uomo (come per esempio i robot Pepper, Nao o iCube ), e il termine androide per quei robot che tendono ad avere sembianze umane e sono dotati di sistemi di intelligenza artificiale (come il robot Sophia oppure i robot umanoidi giapponesi realizzati dallo scienziato Hiroshi Ishiguro che sembrano cloni di esseri umani).
In modo un po’ più generico, quindi, oggi ci si riferisce agli umanoidi come a robot la cui struttura si ispira agli esseri umani, anche se la scienza sta cercando di fare sempre un passo in avanti per dotare i robot umanoidi non solo di abilità fisiche ma anche di capacità sensoriali e cognitive.
A cosa aiuta il coding?
Il coding, cioè la programmazione informatica, è una metodologia trasversale della cultura digitale che consente di apprendere a usare in modo critico la tecnologia e la rete. È inoltre un utile strumento per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale. Il mondo del lavoro richiede un numero sempre maggiore di figure professionali esperte nella programmazione, sia per costruire i nostri luoghi di interazione virtuale – siti web, app e sistemi operativi – sia per far funzionare gli oggetti smart di cui amiamo circondarci.
Ma non è per questo che il coding è sempre più presente nella scuola, non si studia infatti per diventare dei professionisti del digitale. Quando si diventa fluenti a leggere e scrivere non lo si fa solamente per diventare uno scrittore di professione. Ma imparare a leggere e scrivere è utile a tutti.
Ed è la stessa cosa per la programmazione. La maggior parte delle persone non diventerà un esperto di informatica o un programmatore, ma l’abilità di pensare in modo creativo, pensare schematicamente, lavorare collaborando con gli altri sono cose che le persone possono usare, indipendentemente dal lavoro che fanno.
Quali sono i principali obiettivi della robotica educativa?
Gli obiettivi didattici della robotica educativa da La Tecnica della Scuola L’obbiettivo della robotica educativa non è insegnare robotica, ma migliorare l’insegnamento usando la robotica. In questo modo gli studenti e le studentesse sono più coinvolti nello studio delle materie scientifico-tecnologiche e non solo.
Perché costruire e programmare robot significa mettere in moto la propria creatività, imparare a condividere, a collaborare, imparare a comunicare, significa imparare insieme all’insegnante che non sarà più un leader imposto ma un leader riconosciuto che ricercherà le soluzioni insieme ai propri allievi.
Un’ ulteriore importante ricaduta è la possibilità di crescere “cittadini” pronti a usare le tecnologie e a non essere usati dalle macchine (come spesso succede con telefonini, computer). Usare i robot a scuola significa dunque incrementare la possibilità di creare cittadini migliori anche perchè la robotica ha forti implicazioni etiche, legali e sociali che anche gli studenti più giovani sanno individuare.
saper risolvere i problemi saper prendere decisioni creatività senso critico autoconsapevolezza capacità relazionali comunicazione efficace gestione delle emozioni gestione dello stress empatia
: Gli obiettivi didattici della robotica educativa
Quanti sono le leggi della robotica?
LE 3 LEGGI DELLA ROBOTICA LE 3 LEGGI DELLA ROBOTICA Le tre leggi della robotica sono state formulate dal biochimico e scrittore sovietico (naturalizzato statunitense) nel 1942, nello stesso racconto in cui appare per la prima volta la parola ‘robotica’ ( Runaround, incluso nella raccolta I Robot, pubblicata nel 1950 ).
In I Robot e l’Impero (1985), Asimov aggiunge poi la Legge Zero, che però è accettata solo dai robot più sofisticati. Questa legge è anteposta, in ordine di importanza, alle altre, permettendo una maggiore efficienza ai robot: un robot non può recare danno all’Umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’Umanità riceva un danno. GENESI
Nel 1920, lo scrittore cecoslovacco inventa la parola ‘robot’ per il suo dramma fantapolitico-sociale R.U.R.(Rossum’s Universal Robots ). Il termine, che deriva dal vocabolo ceco robota (lavoro forzato), fu in realtà suggeritogli dal fratello Josef, pittore cubista, per denominare i lavoratori artificiali che appaiono nel dramma.
Sin dal Medioevo automi e androidi hanno popolato soprattutto la, Se già nell’ottocento erano presenti, il robot in grado di lavorare appare dunque, sotto forma di telai e torni automatici, all’inizio del novecento, quando le tematiche del lavoro, del costo crescente della schiavitù e delle regole di mercato si impongono prepotentemente.
Con il termine robot si intende dunque un automatico in grado di sostituire l’uomo nell’espletamento di mansioni complesse in interazione con l’ambiente. La definizione istituzionale del Robot Institute of America, risalente al 1979, è la seguente: ” A reprogrammable, multifunctional manipulator designed to move material, parts, tools, or specialized devices through variable programmed motions for the performance of a variety of tasks”,
Quali sono i 3 domini della robotica DIY?
HBRT – Il nostro è un progetto di robotica DIY (Do It Yourself) e lo abbiamo chiamato HBRT ( How To Be a Robot Trainer ). Per una più chiara spiegazione, può essere scomposto nei 3 domini principali della robotica DIY:
- Stampa 3D ;
- Elettronica ;
- Coding,
HBRT
Come si suddivide la robotica?
Campi di utilizzo – La scienza robotica, proprio in virtù della sua natura interdisciplinare, trova applicazioni in molteplici contesti; questo ha fatto sì che nascessero varie sotto-discipline fra le quali raramente esiste una netta linea di demarcazione.
Arte robotica : riguarda robot utilizzati sia per creare nuove forme di espressione artistica, sia per imitare e riprodurre le forme artistiche già esistenti. Ne sono un esempio i robot progettati per dipingere o per suonare uno strumento musicale leggendo in tempo reale uno spartito, Domotica : ha come obiettivo l’automazione applicata all’ambiente domestico. Tra gli sviluppi a breve termine più interessanti ci sono le tecnologie di aiuto ai portatori di handicap mentali o fisici nella vita quotidiana in casa. Microrobotica : si occupa dello studio e della diffusione di piccoli robot a basso costo utilizzati per scopi educativi o ludici. Robotica biomedica : è un ramo della robotica molto vasto che comprende diversi tipi di robot; robot capaci di assistere il chirurgo durante le operazioni, radioterapia robotica, robot telecontrollati con tecnologie dette di telepresenza che permettono al chirurgo di operare a distanza. Rientrano nella categoria anche le sofisticate apparecchiature per analisi biologiche utilizzate nei laboratori. Robotica degli sciami, Robotica di intrattenimento : si occupa delle tecnologie utilizzate nei parchi tematici, nei musei o negli effetti speciali cinematografici per intrattenere ed educare grandi quantità di pubblico; un esempio di utilizzo sono gli audioanimatroni spesso utilizzati per riprodurre le fattezze di personaggi fantastici o di specie animali oggi estinte come i dinosauri. Robotica evoluzionistica : è una disciplina che, attraverso lo studio di algoritmi evolutivi, tenta di realizzare robot sempre più versatili in modo da rendere meno essenziale il supporto umano. Robotica industriale : si riferisce a macchine che sostituiscono l’uomo in operazioni ripetitive. Il campo industriale è sicuramente quello in cui i robot hanno trovato maggiore diffusione: il loro impiego nelle catene di montaggio ha permesso alle aziende di abbattere notevolmente i costi accelerando e migliorando la produzione. Fra i robot più utilizzati dall’industria vi è il braccio robotico o robot manipolatore, costruito a imitazione del braccio umano, ma spesso dotato di più gradi di libertà : è una macchina molto versatile che si presta a svariate mansioni tra cui verniciatura, saldatura o montaggio. Interessante notare come questo tipo di macchine sia spesso utilizzata per produrre altri robot simili rendendo le speculazioni fatte dalla fantascienza sulle macchine autoreplicanti un discorso molto più vicino alla nostra quotidianità. Robotica marina : si tratta di una branca in via di espansione per le numerose applicazioni di tipo industriale, principalmente legate al settore petrolifero, oppure scientifico, archeologico e militare. Robotica militare : si riferisce in genere a robot utilizzati a scopi ispettivi. Anche se la fantascienza è ricca di riferimenti a robot utilizzati in ambito militare, attualmente questi sono utilizzati più che altro con scopi di ricognizione e vigilanza. Un esempio di queste applicazioni è quello degli aerei privi di equipaggio detti droni, Questo tipo di veicoli è sì controllato a distanza da personale apposito, ma in caso di emergenza può anche compiere diversi compiti in totale autonomia permettendo la ricognizione di teatri di guerra pesantemente difesi senza mettere a repentaglio vite umane. Altro esempio di robotica militare sono i robot artificieri che sono in grado, grazie al numeroso set di strumenti di cui sono muniti, di compiere analisi su un ordigno esplosivo ed eventualmente neutralizzarlo a distanza riducendo drasticamente i rischi per gli artificieri, Robotica sociale : si propone di sviluppare tecnologie che rendano i robot sempre più capaci di interagire e comunicare con gli esseri umani in modo autonomo. Robotica spaziale : è relativa alle applicazioni e all’impiego di robot fuori dall’atmosfera terrestre. Nonostante ciò, questo settore della robotica ha avuto ricadute e risultati utili anche in campi che esulano dalla ricerca spaziale. Esempi di questi robot sono le sonde esplorative impiegate in diverse missioni sui pianeti del sistema solare o il famoso braccio manipolatore dello Space Shuttle o quello di sembianze umane destinato alla ISS che verrà utilizzato in sostituzione degli astronauti nelle attività extraveicolari, Robotica umanoide : si riferisce allo sviluppo e alla costruzione di robot con sembianze umane. Telerobotica, Competizioni robotiche : comprende tutte quelle applicazioni ludiche in cui dei robot vengono sviluppati e utilizzati per effettuare competizioni di qualunque tipo, per esempio giocare a calcio o effettuare una corsa automobilistica. Robotica di controllo ed ispezione nel campo aeronautico per la verifica manutentiva degli aeromobili,