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Cosa Dispone La Legge 43 2006?

Cosa Dispone La Legge 43 2006
Per riassumere la legge 43/06: – Definisce l’iter formativo, l’obbligo di iscrizione all’albo, l’aggiornamento professionale, istituisce l’ordine delle professioni sanitarie, la suddivisione dei professionisti e i requisiti minimi per i futuri coordinatori infermieristici. Autore: Dario Tobruk ( Profilo Linkedin, Twitter ) Aggiornato il 20/10/2020

Cosa dice la legge 43 del 2006?

Ordine Infermieri: chi conosce la Legge 43 del 2006? Responsabilità professionale Pubblicato il 17.03.16 di Aggiornato il 10.05.16 Cosa Dispone La Legge 43 2006 OrdineInfermieri Sono passati 10 anni dalla riforma ma nulla si è visto finora, solo inadempienze da parte dei Governi di turno. La Legge, che resta inapplicata, doveva completare l’istituzione degli Ordini e l’obbligo di iscrizione all’albo. REDAZIONE. L’ex-Ministro della Salute, Livia Turco (PD). Qui in basso riproponiamo in esclusiva un intervento del 2006 dell’allora Ministro della Salute Livia Turco (PD), che annunciava la nascita degli Ordini per le professioni sanitarie. A promuovere la partecipazione della Turco l’allora presidente dell’Associazione Italiana Tecnici di Neurofisiopatologia, Angelo Mastrillo, noto per aver siglato nel 2004 con l’IPASVI un importante accordo e per per avere rappresentato anche gli Infermieri Italiani nella Commissione Lauree Triennali presso il MIUR e per essere uno storico sostenitore di Nurse24.it,

Ma vediamo assieme di cosa parla nello specifico: Legge 1° febbraio 2006, n.43 ” Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermie- ristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sa- nitarie, della prevenzione e delega al Gover- no per l’istituzione dei relativi ordini pro- fessionali “, Gazzetta Ufficiale n.40 del 17 febbraio 2006

Art.1 (Definizione) 1. Sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della preven- zione, quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n.251, e del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione.2.

Resta ferma la competenza delle regioni nell’individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie come definite dal comma 1.3. Le norme della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in quanto compatibili con i rispettivi statuti speciali e le relative norme di attuazione.

Art.2 (Requisiti) 1. L’esercizio delle professioni sanitarie di cui all’articolo 1, comma 1, è subordinato al consegui- mento del titolo universitario rilasciato a seguito di esame finale con valore abilitante all’esercizio della professione. Tale titolo universitario è definito ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c), è valido sull’intero territorio nazionale nel rispetto della normativa europea in materia di libera circolazione delle professioni ed è rilasciato a seguito di un percorso formativo da svolgersi in tutto o in parte presso le aziende e le strutture del Servizio sanitario nazionale, inclusi gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), individuate dalle regioni, sulla base di appositi protocolli d’intesa tra le stesse e le università, stipulati ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, e successive modificazioni.

Fermo restando il titolo universitario abilitante, il personale del servizio sanitario mi- litare, nonché quello addetto al comparto sanitario del Corpo della guardia di finanza, può svolge- re il percorso formativo presso le strutture del ser- vizio stesso, individuate con decreto del Ministro della salute, che garantisce la completezza del per- corso formativo.

Per il personale addetto al settore sanitario della Polizia di Stato, alle medesime condizioni, il percorso formativo può essere svolto presso le stesse strutture della Polizia di Stato, individuate con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso formativo.2.

Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 1 sono definiti con uno o più decre- ti del Ministro dell’istruzione, dell’università e del- la ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n.127, e successive modificazioni.

L’esame di laurea ha valore di esame di Stato abilitante all’esercizio della professione. Dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le università possono procedere alle eventuali modificazioni dell’organizzazione didattica dei corsi di laurea già esistenti, ovvero all’istituzione di nuovi corsi di laurea, nei limiti delle risorse a tal fine disponibili nei rispettivi bilanci.3.

L’iscrizione all’albo professionale è obbligatoria anche per i pubblici dipendenti ed è subordinata al conseguimento del titolo universitario abilitante di cui al comma 1, salvaguardando comunque il valore abilitante dei titoli già riconosciuti come tali alla data di entrata in vigore della presente legge.4.

L’aggiornamento professionale è effettuato secondo modalità identiche a quelle previste per la professione medica.5. All’articolo 3-bis, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale».6.

  1. All’articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, dopo il comma 2 è aggiun- to il seguente: «2-bis.
  2. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri operatori delle professioni sanitarie, obbligati ai programmi di formazione continua di cui ai commi 1 e 2, sono esonerati da tale attività formativa limitatamente al periodo di espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Re- pubblica nonché di consigliere regionale».

Art.3 (Istituzione degli Ordini delle Professioni Sanitarie) 1. In ossequio all’articolo 32 della Costituzione e in conseguenza del riordino normativo delle professioni sanitarie avviato, in attuazione dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.421, dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n.517, e dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n.229, nonché delle riforme degli ordinamenti didattici adottate dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, al fine di adeguare il livello culturale, deontologico e professionale degli esercenti le professioni in ambito sanitario a quello garantito negli Stati membri dell’Unione europea, la presente legge regolamenta le professioni sanitarie di cui all’articolo 1, nel rispetto dei diversi iter formativi, anche mediante l’istituzione dei rispettivi ordini ed albi, ai quali devono accedere gli operatori delle professioni sanitarie esistenti, nonché di quelle di nuova configurazione.

Art.4 (Delega al Governo per l’istituzione degli Ordini ed Albi Professionali) 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di istituire, per le professioni sanitarie di cui all’articolo 1, comma 1, i relativi ordini professionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel rispetto delle competenze delle regioni e sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) trasformare i collegi professionali esistenti in ordini professionali, salvo quanto previsto alla lettera b) e ferma restando, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n.251, e del citato decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, l’assegnazione della professione dell’assistente sanitario all’ordine della prevenzione, prevedendo l’istituzione di un ordine specifico, con albi separati per ognuna delle professioni previste dalla legge n.251 del 2000, per ciascuna delle seguenti aree di professioni sanitarie: area delle professioni infermieristiche; area della professione ostetrica; area delle professioni della riabilitazione; area delle professioni tecnico-sanitarie; area delle professioni tecniche della prevenzione; b) aggiornare la definizione delle figure professionali da includere nelle fattispecie di cui agli ar- ticoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n.251, come attualmente disciplinata dal decreto ministeriale 29 marzo 2001; c) individuare, in base alla normativa vigente, i titoli che consentano l’iscrizione agli albi di cui al presente comma; d) definire, per ciascuna delle professioni di cui al presente comma, le attività il cui esercizio sia ri- servato agli iscritti agli ordini e quelle il cui esercizio sia riservato agli iscritti ai singoli albi; e) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un unico ordine per due o più delle aree di professioni sanitarie individuate ai sensi della lettera a); f) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un ordine specifico per una delle professioni sanitarie di cui al presente comma, nell’ipotesi che il numero degli iscritti al relativo albo superi le ventimila unità, facendo salvo, ai fini dell’esercizio delle attività professionali, il rispetto dei diritti acquisiti dagli iscritti agli altri albi dell’ordine originario e prevedendo che gli oneri della costituzione siano a totale carico degli iscritti al nuovo ordine; g) prevedere, in relazione al numero degli operatori, l’articolazione degli ordini a livello provincia- le o regionale o nazionale; h) disciplinare i princìpi cui si devono attenere gli statuti e i regolamenti degli ordini neocostituiti; i) prevedere che le spese di costituzione e di funzionamento degli ordini ed albi professionali di cui al presente articolo siano posti a totale carico degli iscritti, mediante la fissazione di adeguate tariffe; l) prevedere che, per gli appartenenti agli ordini delle nuove categorie professionali, restino confermati gli obblighi di iscrizione alle gestioni previdenziali previsti dalle disposizioni vigenti.2.

Gli schemi dei decreti legislativi predisposti ai sensi del comma 1, previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolza- no, sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamen- tari competenti per materia, che sono resi entro quaranta giorni dalla data di trasmissione.

Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine previsto per i pareri dei competenti organi parlamentari scada nei trenta giorni che precedono o seguono la scadenza del termi- ne di cui al comma 1, quest’ultimo s’intende automaticamente prorogato di novanta giorni.

Art.5 (Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario) 1. L’individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli ar- ticoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n.251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di re- cepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute.2.

L’individuazione è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.3.

L’individuazione è subordinata ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni, operanti nell’ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal Ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della salute e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i rappresen- tanti degli ordini delle professioni di cui all’articolo 1, comma 1, senza oneri a carico della finanza pubblica.

  1. A tal fine, la partecipazione alle suddette commissioni non comporta la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.4.
  2. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale e l’ambito di attività di ciascuna professione.5.
  3. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse.

Art.6 (Istituzione della funzione di coordinamento) 1. In conformità all’ordinamento degli studi dei corsi universitari, disciplinato ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n.127, e successive modificazioni, il personale laureato appartenente alle professioni sanitarie di cui all’articolo 1, comma 1, della presente legge, è articolato come segue: a) professionisti in possesso del diploma di laurea o del titolo universitario conseguito anteriormen- te all’attivazione dei corsi di laurea o di diploma ad esso equipollente ai sensi dell’articolo 4 della legge 26 febbraio 1999, n.42; b) professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management o per le fun- zioni di coordinamento rilasciato dall’università ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n.509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n.270; c) professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall’università ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n.509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’univer- sità e della ricerca 22 ottobre 2004, n.270; d) professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.128 del 5 giugno 2001, e che abbiano esercitato l’attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni, oppure ai quali siano stati conferiti incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n.251, e successive modificazioni.2.

Per i profili delle professioni sanitarie di cui al comma 1 può essere istituita la funzione di coordinamento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, l’eventuale conferimento di incarichi di coordinamento ovvero di incarichi direttivi comporta per le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche interessate, ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n.251, l’obbligo contestuale di sopprimere nelle piante organiche di riferimento un numero di posizioni effettivamente occupate ed equivalenti sul piano finanziario.3.

I criteri e le modalità per l’attivazione della funzione di coordinamento in tutte le organizzazioni sa- nitarie e socio-sanitarie pubbliche e private sono definiti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposito accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, tra il Ministro della salute e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.4.

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L’esercizio della funzione di coordinamento è espletato da coloro che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento nell’area di appartenenza, rilasciato ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecno- logica 3 novembre 1999, n.509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n.270; b) esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.5.

Il certificato di abilitazione alle funzioni direttive nell’assistenza infermieristica, incluso quello rilasciato in base alla pregressa normativa, è valido per l’esercizio della funzione di coordinatore.6. Il coordinamento viene affidato nel rispetto dei profili professionali, in correlazione agli ambiti ed alle specifiche aree assistenziali, dipartimentali e territoriali.7.

Le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, nelle aree caratterizzate da una determinata specificità assistenziale, ove istituiscano funzioni di coordinamento ai sensi del comma 2, affidano il coordinamento allo specifico profilo professionale. Art.7 (Disposizioni finali) 1. Alle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione già riconosciute alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nelle rispettive fonti di riconoscimento, salvo quanto previsto dalla presente legge.2.

Con il medesimo procedimento di cui all’articolo 6, comma 3, della presente legge, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa acquisizione del parere degli ordini professionali delle professioni interessate, si può procedere ad integrazioni delle professioni riconosciute ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, e successive modificazioni.3. : Ordine Infermieri: chi conosce la Legge 43 del 2006?

Cosa dice la legge 4 2013?

Legge 14 gennaio 2013 n.4: testo ufficiale sulle professioni non riconosciute – Ecco il testo ufficiale pdf della legge 14 gennaio 2013 n.4 recante disposizioni in materia di professioni non organizzate: Legge 14 gennaio 2013 n.4 Clicca sull’icona per poter visualizzare o scaricare la legge 4/2013 in materia di professioni non organizzate. La legge 4/2013 costituisce la normativa di riferimento in materia di ‘professioni non organizzate in ordini o collegi’, o anche ‘professioni associative’.

  • Tale seconda denominazione discende dalla regolamentazione della stessa L.4/2013 che prevede la possibilità di formare associazioni di natura privatistica per le professioni senza albo,
  • Le associazioni non hanno vincolo di rappresentanza esclusiva della professione in questione, lasciando così sussistere la possibilità che ne esistano varie per la medesima figura.

Sebbene le associazioni di professioni non regolamentate forniscano garanzie alcune garanzie peculiari, è possibile esercitare le attività della figura anche in autoregolamentazione se in conformità con la normativa tecnica UNI (direttiva 98/34/CE).

Quando nasce il codice deontologico?

1960 – Nasce il primo Codice deontologico – Il 15 febbraio 1959 il Comitato centrale della Federazione Ipasvi comincia a discutere della necessità di mettere a punto un Codice deontologico infermieristico, che indichi le coordinate etiche in relazione alle quali operano le appartenenti alla professione.

Il primo Codice deontologico delle infermiere italiane sarà pronto l’anno successivo, nel 1960. Una conquista importante che rappresenta un passo avanti nella costruzione dell’identità professionale, soprattutto nel rapporto con le altre professioni sanitarie. Ma qualche anno dopo si avvertirà l’esigenza di rivedere quel testo con lo scopo di eliminare ciò che in esso era troppo “legato al tempo, ad elementi storici e sociali transitori”, come si legge nella presentazione del nuovo Codice.

Si tratta, in sostanza, di togliere riferimenti troppo antiquati, stridenti con una nuova leva infermieristica che non è certo estranea ai fermenti sociali che in quegli anni attraversano non solo il nostro Paese, ma il mondo intero.

Quando è stato abrogato il mansionario?

Con la Legge 251/2000 nasce la Dirigenza Infermieristica in Italia – Cosa Dispone La Legge 43 2006 Per rispondere al meglio a tali necessità si è apportato un radicale rinnovamento della professione infermieristica. Dopo l’emanazione del e l’abolizione del mansionario con la Legge 42/99, viene finalmente abbattuto un muro che aveva tenuto prigionieri per oltre 20 anni la crescita e lo sviluppo della professione infermieristica.

Fino al 1994 essa veniva relegata in una posizione marginale e di subalternità rispetto a quella medica, essendole riconosciuto un ruolo quasi unicamente esecutivo. La logica del Profilo Professionale e quella del mansionario sono tra loro antitetiche in quanto la prima prevede un’ampia autonomia e responsabilità, mentre la seconda è basata su un’elencazione di compiti e attribuzioni ai quali l’esercizio professionale deve attenersi e, quindi, limitarsi.

Per fortuna oggi il mansionario è solo un ricordo lontano. Molto importante per la Professione Infermieristica è la che fissa gli ultimi tasselli del percorso di riordino della categoria: ” Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica ”.

  1. le professioni infermieristiche e la professione sanitaria ostetrica (art.1);
  2. le professioni sanitarie riabilitative (art.2);
  3. le professioni tecnico-sanitarie, a loro volta distinte in un’area tecnico-diagnostica e un’area tecnico-assistenziale (art.3);
  4. le professioni tecniche della prevenzione (art 4).

Legge di non poca importanza se pensiamo che attraverso i dettami dell’art.1 si sancisce definitivamente la legittimità dell’ agire professionale dell’infermiere, Al primo comma dell’art.1 si legge testualmente: “gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza”.

  • all’evoluzione scientifico-tecnologica ;
  • all’organizzazione del lavoro attraverso metodologie per obiettivi,
  • Il sapere e saper fare si realizzano nell’attività di pianificazione degli interventi assistenziali, in un contesto in cui gli infermieri, protagonisti attivi del processo di nursing, ridefiniscono il proprio ruolo perseguendo valori condivisi di autonomia e indipendenza, consapevoli di rivestire un ruolo strategico all’interno dell’équipe multidisciplinare.
  • Con il concetto di ruolo si intende lo “spazio ricoperto da un professionista nell’ambito della sua organizzazione che comprende i compiti, le azioni e le attività che una figura professionale svolge nell’organizzazione a seguito delle proprie competenze”.
  • L’ Atto Sanitario, quindi, non coincide più esclusivamente con l’ Atto Medico, ma rappresenta un complesso di prestazioni e competenze risultanti dall’agire di più professionalità.
  • Tale evoluzione concettuale, riguardo l’ Atto Sanitario e i bisogni ad esso connessi, è frutto di una nuova riflessione etica, che promuove il paziente e la persona nella sua globalità, in coerenza con un’idea di salute non più concepita nella sua accezione esclusivamente fisica, ma arricchita di implicazioni psichiche e sociali.
  • La pianificazione dell’assistenza infermieristica si realizza intorno al paziente all’interno di una relazione in cui gli interlocutori hanno pari dignità: la persona malata, consapevole ed informata, attrice indiscussa delle proprie vicende terapeutiche, riceve riconoscimento e sostegno da parte dell’infermiere in un percorso di alleanza terapeutica che conduce entrambi verso decisioni consapevoli.
  • Uomo, salute, servizio, assistenza, formazione costituiscono il sistema concettuale in cui trova legittimazione l’autonomia della professione infermieristica
  • Il passare in rassegna i principali reati a carico del personale infermieristico, al di là dell’importanza giuridica che assume, riveste, dato il nuovo contesto nel quale si colloca la responsabilità penale degli infermieri, una valenza ancora più forte e marcata: quella degli infermieri non è più una professione sanitaria ausiliaria e, pertanto, sono chiamati a rispondere personalmente ed in modo più diretto delle loro azioni.
  • Le parole chiave della Legge sono, quindi:
  • autonomia ;
  • responsabilità,

Ciò mette in crisi l’impianto tradizionale delle organizzazioni sanitarie, che presupponeva il principio gerarchico come fonte di regolazione dei rapporti tra medici e professioni sanitarie. Ruoli codificati simboleggiati anche dalla figura gerarchica apicale per eccellenza, quella del Primario,

  1. Questa figura è scomparsa dalla normativa fin dal 1995, essendo sostituita da quella del Direttore, cui vengono attribuiti compiti dirigenziali piuttosto che di supremazia gerarchico-professionale.
  2. Il passaggio e il cambiamento, soprattutto di mentalità, non è semplice da attuarsi, viste le resistenze culturali che si sviluppano in casi del genere.
  3. Un altro aspetto importante è rappresentato dal mandato che il legislatore affida allo Stato e alle Regioni, ognuno nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di programmazione e di indirizzo al fine di:
  • valorizzare le funzioni ed il ruolo della professione infermieristica ed ostetrica;
  • contribuire alla realizzazione del diritto alla salute ed al processo di aziendalizzazione del servizio sanitario;
  • giungere ad una reale integrazione dell’organizzazione del lavoro nel nostro paese con quella degli altri paese europei;
  • modernizzare e rendere il servizio sanitario più vicino alle esigenze dei cittadini.

La Legge dà infine mandato al Ministero della Salute, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ( MIUR ), di individuare con uno o più decreti i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici corsi universitari ai quali possono accedere anche gli infermieri e che poi consentono l’assunzione della diretta responsabilità nella gestione dell’assistenza infermieristica.

  • nell’area clinica assistenziale avanzata;
  • nella gestione;
  • nella formazione;
  • nella ricerca.

Gli contribuiscono a disegnare una riorganizzazione delle strutture e di appropriatezza non solo delle prestazioni, ma anche dei percorsi di cura e dei modelli organizzativi. Si era da qualche tempo avvertita la necessità di ordinare in modo sistematico le figure professionali operanti nel sistema sanitario, i cui primi profili erano stati emanati a partire dalla metà degli anni Novanta.

  1. Le Professioni Sanitarie, secondo la Legge 251/2000, sono 22.
  2. L’esatta collocazione di ciascun Profilo Professionale è stata individuata con il D.M.
  3. Sanità 29 marzo 2001 n.118, che le elenca raggruppandole secondo le classi stabilite dalla normativa.
  4. Nelle disposizioni transitorie contenute nell’art.7, comma 1, la norma precisa che: “al fine di migliorare l’assistenza e per la qualificazione delle risorse, le azienda sanitarie possono istituire il servizio dell’assistenza infermieristica e ostetrica e possono attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio con incarico di durata triennale rinnovabile, regolato da contratti a tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall’articolo 15-septies, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, introdotto dall’articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999 n 229 dal direttore generale attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati.

Gli incarichi di cui al presente articolo comportano l’obbligo per l’azienda di sopprimere un numero pari di posti di dirigente sanitario nella dotazione organica definita ai sensi della normativa vigente”. Si è così completato il percorso di valorizzazione delle professioni sanitarie, rafforzando ulteriormente gli obiettivi dell’autonomia e della diretta responsabilità di tali attività.

  • responsabilità penale (obbligo di rispondere per azioni che costituiscono un reato), è personale, non trasferibile a terzi;
  • responsabilità civile (obbligo di risarcire un danno ingiustamente causato);
  • responsabilità disciplinare che per i liberi professionisti diventa responsabilità ordinistico-disciplinare, É personale, non trasferibile a terzi.

Si completa, dunque, il percorso di valorizzazione e responsabilizzazione delle Professioni Sanitarie e si ridisegnano le competenze di tutte le professioni sanitarie, entro i limiti definiti dai profili professionali e dai, Finalmente è avvenuta la metamorfosi: oggi l’infermiere è promotore di progetti, programma e consegue obiettivi, si interfaccia con altre figure o strutture professionali e riconosce l’importanza di lavorare in équipe con una dimensione propria, pur mantenendo le caratteristiche peculiari:

  • del prendersi cura ;
  • dell’ assistere ;
  • dell’ essere sensibile al dolore, alla sofferenza, ai bisogni dell’assistito.

Si apre la cosiddetta ” stagione delle responsabilità ”. Abbiamo vari strumenti che ci permettono di attuare un percorso autonomo assistenziale. Dobbiamo dimostrare le nostre abilità professionali attraverso il:

  • sapere : strettamente connesso con il reperimento di informazioni, arricchimento teorico, studio, letture e riferimenti bibliografici;
  • saper fare : collegato all’apprendimento di tecniche e alla capacità di tradurre in operatività il bagaglio del sapere;
  • saper essere : collegato agli aspetti psicologici e alla risoluzione dei propri conflitti.

Nonostante questo, nell’immaginario collettivo la figura dell’infermiere è ancora un po’ confusa. Ci tornano alla mente tutte quelle immagini “goliardiche” dell’infermiera in atteggiamenti lascivi che colorano la fantasia popolare e che sono difficili da debellare.

Come si chiamano oggi gli infermieri?

La società troppo spesso non ci conosce per quello che siamo – Cosa Dispone La Legge 43 2006 La lettera pubblicata sulla Gazzetta di Parma Mi permetto di precisare – scrive Lorenzo Tosi nello spazio dedicato alle lettere al direttore della Gazzetta di Parma – che questa dicitura non esiste più dal lontano 1994. L’infermieristica è un corpus complesso e sistematico di conoscenze e strumenti teorico-metodologici volti all’esercizio delle funzioni di tutela e promozione della salute, individuale e collettiva,

L’infermiere ripercorre la storia dell’ italiana e i traguardi raggiunti negli ultimi anni. Dal dm 739/1994 che individua il campo di attività e le responsabilità dell’infermiere all’abrogazione del mansionario nel 1999. Tutto questo – conclude l’infermiere – per chiedere, da oggi, di essere chiamati semplicemente infermieri (senza altre diciture).

Spero di essere stato esaustivo e di aver chiarito leggermente di più quello che è il nostro ruolo. La società troppo spesso non ci conosce per quello che siamo, Tags :

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Video : Infermiere professionale? Basta, non se ne può più

Come si chiamano ora gli infermieri?

Dottore in Infermieristica: facciamo chiarezza – Sia al cittadino sia alla maggior parte degli infermieri è poco chiaro l’utilizzo del titolo di Dottore per la professione Infermieristica. L’ Associazione Infermieri Legali e Forensi nel proprio sito internet ha chiarito la posizione dell’infermiere.

Vi riporto qui di seguito l’articolo: Il DM 22 Ottobre 2004, n.270, “Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n.509”, recita: Art.13, “Disposizioni transitorie e finali”, Comma 7 A coloro che hanno conseguito, in base agli ordinamenti didattici di cui al comma 1, la laurea, la laurea magistrale o specialistica e il dottorato di ricerca, competono, rispettivamente, le qualifiche accademiche di dottore, dottore magistrale e dottore di ricerca.

La qualifica di dottore magistrale compete, altresì, a coloro i quali hanno conseguito la laurea secondo gli ordinamenti didattici previgenti al decreto ministeriale 3 novembre 1999, n.509. I laureati in infermieristica sono dottori; circa l’utilizzo del titolo sul luogo di lavoro, spetta ai diretti interessati far rispettare questo loro diritto.

  • E’ importante ricordare che l’utilizzo del titolo di dottore è stato regolamentato dal Regio Decreto 4 Giugno 1938, n.1269 (ancora in vigore), che all’art.48 recita: “il titolo di dottore spetta a coloro che hanno conseguito una laurea, e ad essi solo”.
  • Questo significa che il titolo è strettamente legato al possesso di una laurea, indipendentemente dalla sua durata e dalla sua natura; quindi ci si può fregiare del titolo di dottore indipendentemente dalla propria posizione lavorativa, a condizione di essere laureati, ovviamente! Nel nostro caso, avremo l’Infermiere Sig.

Rossi (senza laurea) o l’Infermiere Dott. Rossi (con la laurea); il titolo di dottore spetta anche se la laurea non è del proprio ambito professionale.

  • In breve il titolo di Dottore va a qualsiasi Infermiere che ha conseguito la Laurea, è dunque scorretto affermare che il Dottore in Infermieristica va solo a colui che ha conseguito la Laurea Magistrale.
  • Cari Infermieri, il cambiamento parte da noi, la legge afferma che voi tutti siete Dottori.
  • Passiamo agli Infermieri Diplomati. Dopo l’uscita dell’articolo ci sono stati dei dibattiti che ci hanno portato a modificare quanto scritto in precedenza più di una volta
  • Dopo la segnalazione di alcuni utenti sull’equipollenze introdotte dalla Legge Gelmini del 2010 n 240 abbiamo deciso di pubblicare il comma 1 e 2 del 17° articolo.

Art.17. (Equipollenze) 1. I diplomi delle scuole dirette a fini speciali istituite ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162, riconosciuti al termine di un corso di durata triennale, e i diplomi universitari istituiti ai sensi della legge 19 novembre 1990, n.341, purche’ della medesima durata, sono equipollenti alle lauree di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n.509.2.

Ai diplomati di cui al comma 1 compete la qualifica accademica di «dottore» prevista per i laureati di cui all’articolo 13, comma 7, del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n.270. Dopo aver approfondito il discorso, ci siamo collegati sul sito del Collegio Ipasvi di Gorizia dove abbiamo trovato quanto segnalato dai nostri lettori.

In un documento firmato da Mario Schiavon, attuale presidente ENPAPI, possiamo leggere: Oltre all’equipollenza stabilita dal Ministero della Salute nel 2000, riguardante le Scuole Regionali e le Scuole Universitarie Dirette a Fini Speciali SDAF (di durata biennale o triennale), ai Diplomi Universitari, con la recente legge Gelmini del 30 dicembre 2010, n.240 art.17, commi 1 e 2, sia i Diplomi rilasciati dalle Scuole Dirette A Fini Speciali che i Diplomi Universitari,ma solo se a durata triennale, sono stati riconosciuti EQUIPOLLENTI anche alla Laurea, con diritto alla qualifica accademica di “dottore”,

  1. Tutto questo però è frutto di un errore di interpretazione.
  2. Dopo un ulteriore segnalazione abbiamo interrogato il nostro Collegio di appartenenza che ci ha mostrato un documento (una comunicazione privata) del Ministero della Salute ad un Professionista (di cui non conosciamo l’identità, perchè accuratamente nascosta) che aveva posto la stessa domanda.

Il testo affermava che la qualifica di Dottore va solo a chi ha intrapreso la carriera Accademica, dunque solo ai Laureati (). * * * Siete pronti anche voi al salto di qualità? Siete laureati e non vi siete ancora fregiati del titolo di Dott. o di Dott.ssa? Cosa aspettate a farlo? Avete per caso paura? Diteci cosa ne pensate sull’argomento scrivendo a : Dottori, Infermieri o IP: avete il coraggio di siglarvi con il titolo accademico?

Come si chiama oggi la caposala?

Il Coordinatore infermieristico, che molti continuano a chiamare ancora Caposala, è di fatto un Coordinatore delle professioni sanitarie.

Quale norma ha istituito la dirigenza delle professioni sanitarie?

La Legge 251/2000 è indicata anche come la “Legge della Dirigenza”. E’ stata voluta per disciplinare essenzialmente i Dirigenti Infermieri, Ostetrici e delle Professioni Sanitarie. – E’ conosciuta meglio nell’ambito sanitario come la ” Legge della Dirigenza “.

Si tratta della L.251/2000, la norma che ha contribuito alla nascita della Dirigenza nell’ambito Infermieristico, Ostetrico e delle Professioni Sanitarie, Ecco di cosa parla e cosa disciplina maggiormente. La Legge 251/2000 ” Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica “.

E’ stata Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.208 del 6 settembre 2000. Il Dirigente Infermiere, Ostetrico e delle Professioni Sanitarie è ormai una figura piuttosto consolidata, sia in ambito pubblico, sia in ambito privato. Con l’entrata in vigore della norma si sancisce una volta per tutte l’autonomia gestionale e di auto-gestione dei Professionisti Sanitari non Medici.

Chi è il dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche?

” Il lavoro dei leader potrebbe essere definito come gestione di energia. Loro compito principale è creare un ambiente nel quale questa energia non vada sprecata in lotte intestine e giochi di potere. ” ( Kets de Vries Leader, giullari, impostori, 1998).

  1. È forte il dibattito contemporaneo all’interno della professione infermieristica sui risultati ottenuti a distanza di diciassette anni dall’istituzione della dirigenza infermieristica.
  2. Le attese erano molte poiché si percepivano la possibilità di una maggiore valorizzazione dell’infermiere e il riconoscimento di autonomia e competenza con la rinnovata speranza di migliorare la qualità dell’assistenza e con essa gli esiti di salute degli assistiti.

Altresì la possibilità di dare avvio a cambiamenti importanti in termini di ricerca, di attuazione di nuovi modelli assistenziali più rispondenti alle caratteristiche di un’infermieristica italiana in linea con molte realtà europee e che pensava ad un infermiere coinvolto in processi di sviluppo professionale.

Ritengo doveroso, se pur ripetitivo ai più, ricordare i requisiti previsti dalla Legge n.43 del 2006 (art.6): il dirigente infermieristico è un professionista in possesso della laurea specialistica/magistrale di cui al D.M.2 aprile 2001 che abbia esercitato l’attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni.

“Contribuisce alla definizione della mission, vision e dei valori guida dell’azienda e persegue il loro raggiungimento attraverso il razionale uso delle risorse umane e materiali disponibili. Fa in modo che sia erogata un’assistenza efficace, efficiente, di qualità, contribuisce alla formazione continua e all’aggiornamento del personale di competenza.

È costantemente sotto controllo e viene valutato per i risultati ottenuti sia economici sia sanitari” (Calamandrei, 2008). Nel processo di trasformazione dell’infermieristica italiana conseguente all’emanazione del Profilo Professionale dell’infermiere (1994) e dell’abolizione del mansionario (1996) è quanto mai urgente riflettere su qual è stato e continua a essere il ruolo del dirigente infermieristico, le sue responsabilità e competenze tra la sovente affermazione di “autorità” a scapito dell’autorevolezza.

Possiamo prendere atto che non basta una laurea magistrale per esercitare un ruolo tanto delicato e complesso, magari in seguito a stage svolti all’interno di strutture che tutto fanno, tranne che offrire la possibilità di apprendere abilità e strategie di governance intesa come insieme di principi, regole e procedure che riguardano la gestione e il governo di un’istituzione o di un fenomeno collettivo.

Quali sono le professioni non riconosciute?

Cosa sono le professioni non regolamentate? | SIMTUR Sono numerosissimi i professionisti che operano senza appartenere ad un albo o un ordine professionale.Tecnicamente, i loro ambiti di servizio sono definiti ” professioni non regolamentate “, poiché non sono mai state oggetto di tutela da parte dell’ordinamento giuridico.

  • A regolamentare per la prima volta in materia organica la disciplina dei “professionisti senza ordine” è la (entrata in vigore l’11 febbraio 2013 ma rimasta priva di decreti attuativi fino al 2018).
  • Rientrano nella disciplina delle professioni non ordinistiche, ad esempio: amministratori di condominio, fisioterapisti, oftalmologi, podologi, pedagogisti, psicomotricisti, massofisioterapisti, optometristi, esperti in tecnica ortopedica, geofisici, progettisti architettura d’interni, fotografi professionisti e numerose altre, tra cui i professionisti della mobilità (l’elenco non è certamente esaustivo ma non è difficile immaginare quante possano essere – nel mondo d’oggi – le attività professionali innovative non inserite in ordini professionali).

Sono escluse dall’ambito di applicazione della legge tutte le professioni il cui esercizio presuppone la preventiva iscrizione ad un ordine o un collegio professionale, come ad esempio: avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili, consulenti del lavoro, geometri, medici, infermieri, attività commerciali e artigianali, ecc.Tali figure professionali svolgono infatti la propria attività con modalità e con competenze specificamente loro riservate dalla legge.

Cosa prevede il decreto professionale 739 94?

L’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria.

Che cosa si intende per mansionario infermieristico?

225 Il sistema tradizionale di abilitazione all’esercizio professionale era stabilito dal cosiddetto mansionario, recepito dal D.P.R.14 marzo 1974, n.225. Più esattamente il mansionario conteneva un insieme di funzioni e mansioni di carattere rigido ed esaustivo.

Quale norma ha riconosciuto la professione infermieristica come professione sanitaria e non più professione sanitaria ausiliaria?

Riforma delle Professioni Infermieristiche: l’ultimo atto – Fnopi L’infermiere

  • L’ultimo atto della Riforma delle Professioni Infermieristiche e con essa anche delle altre venti professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione nonché della professione di ostetrica si è concluso il 22 dicembre 2017 con l’approvazione definitiva a larga maggioranza dal Senato della Repubblica della legge “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della Salute”, risultante dal testo unificato sia da quello di iniziativa governativa presentato dalla Ministra Beatrice Lorenzin che da vari senatori, la prima che la presentò all’inizio della legislatura è stata la senatrice Annalisa Silvestro, in quella fase anche Presidente Nazionale della allora Federazione IPASVI è estremamente piacevole scrivere e dire ex Federazione dei Collegi ora Ordini dell’impianto del Ddl della Silvestro alla fine prevalse quello unificante ed unitario di inserire con pari dignità tutte le professioni nel medesimo articolo senza distinzioni tra Ordini ed ex Collegi, il che non era previsto nell’iniziale testo governativo non è un dettaglio nominalistico bensì una scelta di progresso che già era iniziata con il varo della legge Gelli, laddove si parla in forma “olistica” di professioni sanitarie senza distinguo né differenziazione.
  • Questo ultimo atto ha avuto un percorso legislativo che si è sviluppato per intere Legislature riscontrando ostacoli manifesti ed occulti senza eguali sia nei confronti delle 17 professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione che se pur istituite erano prive di albo professionale che nei confronti delle professioni infermieristiche, di ostetrica e TSRM; si tratta di ostacoli, pregiudizi e dinieghi che si sono sviluppati all’interno di maggioranze di diverso politico sino all’approvazione nelle ultime ore della legislatura del Ddl Lorenzin.
  • Se per le 17 professioni si sarebbe trattato di realizzare un sistema Ordinistico ex novo per le Federazioni degli ex Collegi e Collegi Professionali IPASVI, Ostetriche e TSRM la cui evoluzione in Ordine sarebbe stata una semplice mutazione nominalistica, in quanto la normativa era già comune tra Ordini e Collegi ma la differenza era tra le professioni formate all’università e quelle formate in sedi non universitarie sia statali che regionali, tutto qui, ma l’evoluzione da Collegio ad Ordine avrebbe legittimato definitamente che le professioni di infermiere, infermiere pediatrico, assistente sanitario, ostetrica e tecnico sanitario di radiologia medica per effetto dell’avvenuto passaggio della titolarietà della loro formazione all’Università avevano ed hanno compiuto tutto il processo di piena integrazione nell’ordinamento delle altre professioni intellettuali, nella loro accezione liberale.
  • E’ questo il valore vero e l’idea forza del mutamento nominalistico da Collegio ad Ordine: una semplice parola ma una parola che rende l’idea e sostanzia il percorso straordinario di riforma della professione: una parola può mobilitare le persone, una parola può intimorire chi teme la rottura di desueti equilibri professionali, una parola è un enorme valore in sé a prescindere.
  • Con questa fase si completa il processo di riforma delle professioni infermieristiche e con esse quelle delle altre professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, che ho avuto l’onore di seguire ma anche di contribuire direttamente ad attuare per decenni nei vari ruoli istituzionali da me ricoperti anche se un ruolo da mediano ma senza il mediano non c’è partita
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Nell’articolo della rivista n.1/17 ho già descritto come questo processo di riforma ebbe inizio con il terzo comma dell’articolo 6 del Dlgs 502/99 con il passaggio all’università della loro formazione ed il varo dei decreti dei profili professionali e la conseguente interpretazione estensiva della norma, ma l’inizio della riforma si realizzò con lo strumento del decreto ministeriale che nella gerarchia delle fonti è il minore e quindi sarebbe potuto accadere che con lo stesso metodo una retromarcia normativa e non si erano toccate due questioni fondamentali l’ausiliarietà ed il mansionario, in quanto il testo unico delle leggi sanitarie, RD.N.1265/19, distingueva coloro che operano in sanità in tre categorie:

  • Professioni sanitarie principali (medico chirurgo, veterinario, farmacista, odontoiatra)
  • Professioni sanitarie ausiliarie (levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata)
  • Arti ausiliarie delle professioni sanitarie (odontotecnico, ottico, meccanico ortopedico ed ernista, tecnico sanitario di radiologia medica e infermiere abilitato o autorizzato).

Inoltre pur avendo con un decreto ministeriale attribuiti autonomia, competenza e responsabilità agli infermieri era vigente anche se limitante se non in contrasto il c.d. mansionario; per ovviare a tutto ciò, allora ero consigliere per le professioni sanitarie nel Gabinetto del Ministro, proposi e fu accettato un disegno di legge di iniziativa governativa che mettesse in sicurezza legificandole le competenze degli infermieri stabilite dal decreto ministeriale, abolisse sia il mansionario che il termine ausiliario e rendesse equipollente ai nuovi diplomi universitari i precedenti diplomi professionali.

Ad onore del vero il Ddl prevedeva un altro articolo che mutava il termine Collegio in Ordine ed istituiva albi ed Ordine per le professioni che ne erano sprovviste ma questo per effetto dei soliti noti in sede di conversione parlamentare sparì per poi rinascere il 22 dicembre 2017 Quindi l’impianto normativo fu perfezionato successivamente dalla legge 26/02/1999 n.42 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” la quale sancisce che la denominazione “professione sanitaria ausiliaria” è abolita e sostituita dalla denominazione “professione sanitaria”; inoltre l’art.1 di questa legge, al comma 2, così recita: ” Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali “.

Questa fu la fase di iniziale emancipazione e sostanziale valorizzazione delle professioni infermieristiche che pose le fondamenta solide per dar corso alle successive fasi di cui per me l’asse portante dei tutto il processo riformatore è costituito dalla legge 251/00, varata nella stessa legislatura: questa legge fu la sintesi organica e non contraddittoria di tutte le proposte di legge in materia presentate dai partiti di maggioranza e di opposizione e per questo, come anche la legge 42/99, fu votata all’unanimità in aula dal Parlamento sia alla Camera dei Deputati che al Senato della Repubblica dopo un elevato, proattivo, positivo e competente dibattito, in particolare da senatori e deputati medici.

Con un respiro quasi da carta costituzionale l’art.1 della legge di riforma quadro delle professioni sanitarie, n.251/2000 così recita per le professioni di infermiere e di ostetrica): ” 1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.2.

Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico – ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea.3.

  • a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
  • b) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata”.

La 251, inoltre istituì la qualifica di dirigente infermiere sia come incarico a tempo determinato che indeterminato, previse la laurea, oggi laurea specialistica o magistrale, e la gestione delle attività infermieristiche e di quelle di supporto ad uno specifico servizio diretto da un infermiere dirigente. Per effetto di questo quadro normativo si ebbe la conseguenza innovativa che:

  1. quella infermieristica, come gli altri 21 profili professionali, è una professione autonoma (art.1 legge n.42/1999 e art.1, comma 1, legge 251/2000), essendo stata abrogata la definizione di ” professione sanitaria ausiliaria ” ex art.1, comma 1;
  2. l’oggetto della professione è costituito dalle “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva” (art.1, comma 1, legge n.251/2000) ;
  3. le funzioni proprie della professione sono definite ” dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza” (art.1, comma 1, legge 251/2000) ;
  4. ulteriori funzioni possono essere stabilite dallo Stato e dalle Regioni “nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative”.

Ne consegue che i criteri per la determinazione delle competenze proprie della professione infermieristica vengano sostanzialmente individuati:

  • nel criterio guida – introdotto dall’art.1, comma 1, legge n.251/2000 – che preordina la professione allo svolgimento delle “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva”;
  • nei criteri limiti – previsti dall’art.1 legge n.42/1999 e dall’art.1, comma 1, legge 251/2000 – costituiti dai profili professionali, dall’ordinamento universitario e formativo post-base e dai codici deontologici.

Siamo, quindi, riusciti a far sì che i criteri limiti di cui alla lett. b) configurino sostanzialmente una dinamicità in progress di attribuzione di competenze e funzioni secondo quanto già previsto o in futuro sarà stabilito dalle disposizioni, normative ed amministrative, preordinate a definire i profili professionali, gli ordinamento universitari e formativi, le regole deontologiche.

E’ un concetto esaltato e rafforzato dalla portata della previsione dell’art.1, comma 2, legge n.251/2000 là dove attribuisce espressamente allo Stato e alle Regioni il compito di promuovere, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, “l a valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico – ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea “.

Ne consegue che la valorizzazione e responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo della professione infermieristica ad opera dell’attività, legislativa ed amministrativa, dello Stato e delle Regioni deve essere realizzata alla luce e nel rispetto:

  1. della competenza propria della professione, che si identifica con le “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva” (art.1, comma 1, legge n.251/2000);
  2. dell’evoluzione dei percorsi formativi definiti dalle istituzioni universitarie e formative per la professione dell’infermiere.
  1. Le professioni infermieristiche e pertanto non sono più configurate quali “ancillari” alla professione medica ed hanno visto riconosciuta la propria autonomia professionale, come una “normale” professione intellettuale.
  2. Le leggi 42 e 251 segnano il definitivo abbandono del ruolo “residuale” proprio di tali professionisti riconoscendogli pari dignità rispetto alle già esistenti professioni della salute Ma mancava l’ultimo tassello di questa riforma: la trasformazione da Collegi ad Ordini e l’istituzione di albi e Ordini per le professioni sprovviste, che pure era presente, come accennato sopra, nel primo Ddl governativo che divenne la legge 42 e poi ritirato, per questo, unificando disegni di legge bipartisan e quello governativo fu varata la legge 43/06 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi Ordini professionali” che delegò il Governo a realizzare l’evoluzione da Collegio ad Ordine e l’istituzione di albi ed Ordini per le professioni che ne erano prive.
  3. Nonostante il pregevole lavoro di concertazione svolto dal Sottosegretario Patta, in quella fase ero rientrato come Consigliere delle professionali sanitarie nel Gabinetto del Ministro, che ebbe il consenso di tutte le rappresentanze professionali e sindacali delle professioni interessate la delega non fu esercitata in tempo dal Governo per lo zampino dei soliti noti per fortuna resi inoffensivi nella legislatura appena conclusa, nella precedente ci si provò in ogni maniera ma prevalsero i soliti noti
  4. La legge 43 sancisce, anche, una nuova articolazione delle professioni, al loro interno, in riferimento alla acquisizione di titoli universitari: professionista, professionista specialista, professionista coordinatore, professionista dirigente il professionista specialista è l’unico non ancora concretizzato e costituisce la sfida per il futuro prossimo rinnovo contrattuale, come già illustrato e chiarito in precedenti articoli su questa autorevole rivista.
  5. Le norme introdotte dalla legge Lorenzin nel concludere il processo di riforma svolto sinora con leggi specifiche delle professioni sanitarie diverse dal medico ora, invece, nella medesima legge hanno riordinato tutta l’Ordinistica sanitaria italiana in pari modalità, rimodulando l’ordinamento, favorendo la partecipazione, la democraticità interna, come già avvenuto, anche con forme più avanzate con gli altri Ordini “non sanitari” e si spera che la decretazione attuativa esalti questi concetti e non li comprimi, ne definisce con più forza la natura giuridica, stabilisce norme più severe per l’esercizio abusivo di professione sanitaria e ne regola il rapporto della deontologia tra Ordine, direzione della aziende sanitarie, Regioni, nel rispetto degli obblighi derivanti ai professionisti da normative nazionali, regionali e contrattuali.
  6. Certamente una delle maggiori novità di questa legge è costituita dall’aver concluso la Riforma delle professioni sanitarie infermieristiche, di ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nella parte mancante e sempre venuta meno nelle precedenti legislature.
  7. Una Riforma che per rilevanza strategica e per profondità di interventi ordinamentali, formativi e di innovazione nell’organizzazione del lavoro e di interazione con le altre professioni e gli altri operatori non ha pari in nessun altro comparto.
  8. L’idea forza di questa importante Riforma delle professioni sanitarie traeva e trae spunto e motivazione dalla constatazione che era ed è necessario adeguare e declinare il ruolo, l’ordinamento, la formazione delle professioni sanitarie non solo ai modelli più avanzati degli altri Stati europei ed extraeuropei ma anche all’evoluzione scientifica e tecnologica del Sistema Salute in Italia in grado di rispondere al mutato quadro epidemiologico e demografico rispetto a quello presente sino agli settanta/ottanta dell’altro secolo.
  9. In questo quadro si evidenziava la questione delle professioni infermieristiche insieme a quelle delle altre professioni sanitarie allora non ancora laureate, per darle una prospettiva positiva di profonda riforma avevano ed hanno bisogno di una profonda mutazione in grado di coglierne le innovative potenzialità di saperi, di operatività e di scientificità che presentano per contribuire positivamente all’attuazione del diritto alla salute individuale e collettiva.
  10. Pertanto l’impianto riformatore è completato, missione compiuta, un processo al quale, pur con la consueta modestia, ammetto di aver contribuito a realizzare, sia come dirigente e poi consulente ministeriale, ora si tratta di rendere operativo tutto il potenziale innovativo che questo processo contiene e che è ancora, colpevolmente, non è interamente valorizzato ed attuato ad iniziare dalla implementazione delle competenze con tutto quel che ha di innovazione nell’organizzazione del lavoro in sanità ma soprattutto in implementazione di qualità e di quantità di prestazioni sanitarie ai veri azionisti delle Aziende Sanitarie che sono i cittadini ma questa è un’altra storia che nel nuovo ruolo di consulente dell’ARAN sto adoperandomi perché con la soluzione contrattuale diventi, finalmente, realtà

: Riforma delle Professioni Infermieristiche: l’ultimo atto – Fnopi L’infermiere

Che significato ha l abrogazione del mansionario?

Aspetti normativi dell’infermieristica moderna – Le fondamenta dell’esercizio infermieristico sono profondamente mutate negli ultimi anni, nonostante l’applicazione pratica delle leggi che caratterizzano la professione infermieristica sia ancora in divenire.

A dire chi è oggi l’infermiere è il D.M.739/1994, ovvero il Profilo professionale dell’infermiere che ne individua il campo proprio di attività e responsabilità. Con la Legge 42/99 (abrogazione mansionario) l’infermiere assume lo status di Professionista Sanitario che, in quanto tale, risponde direttamente delle sue azioni.

La Professione, dunque, dice chi è l’infermiere ( D.M.739/94 ), cosa sa l’infermiere ( Ordinamento didattico, Legge 251/2000, Legge 43/2006 ), cosa fa l’Infermiere e secondo quali principi ( Codice Deontologico dell’Infermiere )