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Cosa Possono Modificare Gli Atti Con Forza Di Legge?

Cosa Possono Modificare Gli Atti Con Forza Di Legge
Caratteri generali – Gli atti aventi forza di legge possono abrogare, derogare o modificare disposizioni di legge ordinaria, ma non è detto che possano intervenire in luogo di questa nelle materie coperte da riserva di legge, Se la Costituzione lo consente, si avrà una riserva di legge materiale, altrimenti una riserva di legge formale ; nel secondo caso determinate materie sono precluse agli atti aventi forza di legge, come avviene per l’approvazione del bilancio nella maggior parte degli ordinamenti; più rara è, invece, la soluzione adottata dalla Costituzione della Spagna che contiene un elenco di materie precluse.

  1. In qualche ordinamento, al contrario, possono essere emanati anche atti aventi forza di legge organica (è il caso delle ordinanze organiche previste dalla Costituzione francese del 1958 ).
  2. Gli atti aventi forza di legge rappresentano una deroga al principio di separazione dei poteri, che trova giustificazione nei casi in cui il normale procedimento legislativo si rivela inadeguato.

La loro disciplina può essere ricondotta a due schemi fondamentali, non contemplati, però, da tutte le costituzioni: la legislazione delegata e i decreti e ordinanze di necessità.

Cosa vuol dire atto avente forza di legge?

Il decreto – legge, al pari del decreto legislativo, è un atto avente «forza di legge»: è, cioè, un atto normativo del Governo parificato alla legge, sia come capacità di innovare nell’ambito dell’ ordinamento giuridico (c.d. vis abrogans ), che come resistenza all’ abrogazione da parte di fonti subordinate.

Pur non essendo esplicitamente previsto dallo Statuto albertino ed anzi avversato da parte della dottrina per contrasto con gli artt.3, 6 e 82, il decreto-legge apparve e si affermò nella prassi come atto normativo del Governo sin dai primi anni dell’esperienza statutaria (secondo alcuni studiosi, il primo decreto-legge sarebbe stato il R.d.n.1603/1853), anche se il nomen iuris di decreto-legge comparve solo nel primo decennio del secolo nuovo.

È a partire dalla c.d. crisi di fine secolo che i decreti-legge crebbero la loro importanza: basti pensare al R.d.n.227/1899, presentato dal Governo Pelloux, le cui disposizioni furono avversate da parte della stessa Corte di cassazione, che le considerò prive di ogni efficacia in quanto non ancora convertite in legge.

La prima disciplina legislativa del decreto-legge si è avuta solo con la l.n.100/1926, che conferiva al Governo la facoltà di adottare norme aventi forza di legge in casi straordinari, nei quali lo richiedessero ragioni di urgente ed assoluta necessità, Era, inoltre, previsto che i decreti-legge fossero presentati alle Camere per la loro conversione in legge non oltre la terza seduta dopo la loro pubblicazione e che cessassero di avere vigore se non convertiti in legge entro due anni dalla loro pubblicazione.

La cessazione di efficacia era immediata in caso di esplicito rifiuto di conversione da parte di una delle Camere. Il decreto-legge nell’esperienza repubblicana. – Con la Costituzione repubblicana ( Costituzione italiana ), il decreto-legge ha avuto un’esplicita sanzione, ma al tempo stesso è stato configurato con una disciplina più rigorosa: l’art.77 Cost.

  1. Ha stabilito che il Governo, sotto la sua responsabilità, possa adottare provvedimenti provvisori aventi forza di legge in casi straordinari di necessità e di urgenza.
  2. Il decreto-legge è immediatamente efficace, ma deve essere presentato lo stesso giorno alle Camere per essere convertito in legge ( Procedimento legislativo ): se le Camere non lo convertono in legge nel termine perentorio di sessanta giorni, esso perde efficacia fin dall’inizio ( ex tunc ).

Per evitare che i rapporti giuridici sorti sulla base di un decreto-legge successivamente non convertito possano trovarsi senza disciplina legislativa, le Camere possono comunque approvare una legge che ne faccia salvi gli effetti (art.77, co.3, Cost.).

Non vi è dubbio che questa puntuale disciplina sia stata distorta da una prassi divergente, che ha portato parte della dottrina a parlare di un vero e proprio «abuso» del decreto-legge. Al riguardo, va segnalata la prassi della c.d. iterazione e reiterazione del decreto-legge: il Governo, alla scadenza dei sessanta giorni, riproduceva – talvolta anche introducendo modifiche più o meno incisive – le disposizioni di un decreto-legge non (ancora) convertito in un nuovo decreto-legge, in modo da fare scattare nuovamente il termine di sessanta giorni per la sua conversione.

Questa pratica era stata esplicitamente vietata dalla l.n.400/1988, ma, poiché queste disposizioni erano contenute in una legge ordinaria, erano suscettibili di deroga da parte delle leggi successive ( Criteri di risoluzione delle antinomie ): nel corso degli anni novanta del Novecento, si era così arrivati alla situazione di decreti-legge giunti alla ventesima o alla trentesima reiterazione, senza che fossero mai stati convertiti in legge dal Parlamento,

Un ulteriore abuso del decreto-legge era costituito dalla mancanza, in alcuni casi, dei presupposti di necessità ed urgenza. Non diversamente da quanto verificatosi in età prerepubblicana, il decreto-legge veniva, infatti, utilizzato in luogo dei d.d.l. governativi, senza alcun reale controllo da parte dell’organo parlamentare sull’effettiva sussistenza di questi requisiti: in questo modo, il decreto-legge finiva per essere un vero e proprio strumento ordinario di legislazione e il Governo veniva ad assumere stabilmente poteri legislativi, in violazione del testo costituzionale, che qualifica il Parlamento come unico titolare della funzione legislativa (art.70 Cost.; Procedimento legislativo ).

Un fondamentale ruolo nella riconduzione del decreto-legge nell’alveo costituzionale è stato svolto dalla Corte costituzionale, che, seppur tardivamente, ha posto un deciso argine a queste prassi illegittime: nel 1996 è stata dichiarata l’incostituzionalità di un decreto-legge che reiterava le disposizioni di un decreto-legge non convertito; nel 2007 è stata dichiarata, sulla scia di quanto affermato dalla stessa Corte già un decennio prima, l’incostituzionalità di un decreto-legge privo di «evidenti» presupposti di necessità e urgenza, con l’ulteriore precisazione che l’eventuale conversione in legge non avrebbe sanato il vizio ab origine ed anzi si sarebbe riverberato sulla legge di conversione, configurandosi come vizio in procedendo,

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Che cosa lo Stato si impegna a tutelare?

Art.2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Cosa dice l’articolo 77 della Costituzione italiana?

Il portale della legge vigente Testo in vigore dal: 1-1-1948 Art.77. Il Governo non puo’, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessita’ e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilita’, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

Perché la legge deve essere uguale per tutti?

Uguaglianza formale e uguaglianza sostanziale – Cosa Possono Modificare Gli Atti Con Forza Di Legge Il principio di uguaglianza è tra i cardini del nostro ordinamento al punto da essere inserito nell’ articolo 3 della Costituzione, questo stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge”, lo stesso sanziona le distinzioni basate su sesso, lingua, religione, razza, idee politiche, condizioni personali e sociali.

Questo principio viene anche definito di uguaglianza formale per distinguerlo dal secondo comma dello stesso articolo che stabilisce che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’uguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona.

Questo secondo comma supporta il principio di uguaglianza sostanziale e promuove azioni positive volte a far in modo che le persone possano realmente avere pari opportunità. Da questo importante principio deriva il monito presente in tutti i tribunali che dice che la legge è uguale per tutti, ma cosa vuol dire? Se sei un avvocato sai bene che la prima cosa che ti hanno insegnato è che la legge è generale e astratta,

  • Cosa vuol dire? La legge è generale perché non si riferisce a persone determinate, ovvero in una legge non si troverà mai scritto: il signor Mario Rossi non può superare gli 80 km orari.
  • Una norma può essere diretta ad una categoria di persone, ad esempio si stabilisce che coloro che hanno superato i 50 anni di età devono sottoporsi alla rinnovo della patente ogni 5 anni, ma non individuare un modo specifico una o più persone a cui la stessa si riferisce.

La legge è astratta perché prevede una determinata situazione, fissa delle caratteristiche e poi quando si verifica il caso concreto sarà il giudice a dover individuare le norme da applicare. Ad esempio la legge stabilisce che chi cagiona ad altri un danno ingiusto deve risarcirlo.

Il comportamento sottostante può essere di diversa natura, infatti questa norma si applica nel caso in cui Tizio facendo cadere il vaso dei fiori danneggia il balcone del vicino, ma anche nel caso in cui Caio ha una perdita nel bagno e questa crea umidità al signore che abita al piano di sotto. Si tratta di due casi completamente diversi in cui trova applicazione la stessa norma proprio perché la stessa ha solo astrattamente individuato il diritto al risarcimento dei danni quando si subisce la lesione di una propria posizione giuridica.

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Come si modifica una legge ordinaria?

Fase istruttoria e costitutiva – Secondo l’ art.72 della Costituzione, ogni progetto di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato dalla commissione e poi dalla camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale,

  1. I regolamenti delle camere delineano tre diversi procedimenti – ordinario, decentrato e misto – demandando la decisione sul l’adozione degli ultimi due al Presidente, nel Senato, e all’assemblea, su proposta del Presidente, nella Camera dei deputati,
  2. Nel procedimento ordinario la commissione competente per materia ( in sede referente ) esamina e discute il progetto di legge, potendo anche apportare modifiche al testo originario ( emendamenti ), proposte dai parlamentari, o unificare più progetti aventi lo stesso oggetto.
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Nel corso dell’esame la commissione può o, in certi casi, deve acquisire il parere di altre commissioni ( in sede consultiva ). In esito ai lavori, la commissione trasmette il progetto di legge all’assemblea (o, come si suol dire, all’ aula ) unitamente a una relazione di maggioranza ed eventualmente a una o più relazioni di minoranza.

L’aula procede a una preliminare discussione sulle linee generali del progetto di legge, che si conclude con la presentazione e votazione di ordini del giorno di prosecuzione o meno del procedimento; se il voto è favorevole alla prosecuzione, si passa alla discussione e votazione sui singoli articoli e relativi emendamenti, proposti dai parlamentari o dal Governo, e, quindi, alla votazione finale sul progetto nel suo complesso.

Il procedimento decentrato (o per commissioni ) trova il suo fondamento nell’art.72 della Costituzione, laddove prevede che il regolamento di ciascuna camera può stabilire i casi nei quali l’esame e l’approvazione del progetto di legge avvengono in commissione ( in sede deliberante ), senza passare dall’aula.

  • il passaggio in aula non può essere evitato se è richiesto dal Governo, da un decimo dei componenti della camera o da un quinto dei componenti della commissione;
  • è in ogni caso necessaria l’approvazione dell’aula per i progetti di legge in materia elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi (cosiddetta riserva di assemblea ). A queste ipotesi i regolamenti delle camere aggiungono i disegni di leggi di conversione dei decreti-legge e i progetti di legge rinviati alle camere dal Presidente della Repubblica,

Il procedimento misto, per quanto non espressamente previsto dalla Costituzione, si ritiene ammissibile alla luce della norma costituzionale che consente il ricorso al procedimento decentrato ed è, perciò, sottoposto agli stessi limiti. In questo caso, la commissione ( in sede redigente ) non solo esamina e discute preliminarmente il progetto di legge, ma lo approva anche articolo per articolo, mentre l’assemblea si limita alla votazione sul testo così predisposto, potendolo solo respingere o approvare, senza possibilità di emendamenti (nel Senato non è nemmeno previsto il voto dell’aula articolo per articolo, nella Camera dei deputati è previsto, ma senza dichiarazioni di voto).

Qual è il potere che si occupa di far rispettare le leggi?

Nelle scienze politiche, secondo il principio di separazione dei poteri dello Stato, il potere esecutivo, generalmente posseduto da un’istituzione denominata ‘governo’ o ‘esecutivo’, è in prima istanza il potere di far applicare e rispettare le leggi.

Quando per casi straordinari di necessità ed urgenza il Governo adotta un provvedimento provvisorio avente forza di legge la responsabilità dell’atto ricade?

Articolo 77 – Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni,

Cosa dice l’articolo 78 della Costituzione italiana?

Art.78. Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.

Quali decreti sono emanati in caso di necessità e urgenza?

Caratteri generali – La giurisprudenza ha chiarito che presupposti per l’emanazione delle ordinanze contingibili e urgenti sono, da un lato, l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data, in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente ( urgenza ) e, dall’altro, l’impossibilità di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione ( contingibilità ).

Richiede, inoltre, che tali presupposti siano adeguatamente motivati, che la misura adottata sia proporzionata alla situazione che s’intende fronteggiare ( principio di proporzionalità ) e che, quando è rivolta a una generalità di soggetti, l’ordinanza sia oggetto di adeguata pubblicità ( principio di conoscibilità ).

La Corte Costituzionale, con le sentenze n.8/1956 e 26/1961, ha ritenuto che il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti – che deve essere espressamente conferito da una norma di legge – è compatibile con la Costituzione solo se le deroghe non toccano norme di rango costituzionale (ossia contenute nella Costituzione o in leggi costituzionali ) né i principi generali dell’ordinamento giuridico.

Ha, inoltre, escluso che il potere di emanare tali ordinanze possa essere conferito in materie coperte da riserva di legge assoluta. A guardar bene, l’art.12 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile (preleggi) impone di decidere secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico ( analogia iuris ) in tutti i casi in cui, mancando una precisa disposizione normativa, non si può applicare una legge che regola casi simili o materie analoghe ( analogia legis ).

Ma poiché in quegli anni i prefetti continuavano ad abusare del potere d’ordinanza, anche limitando notevolmente le libertà politiche e civili, la Corte costituzionale ha ritenuto di dover ribadire e rafforzare l’obbligo di rispettare i principi generali dell’ordinamento, enunciandolo espressamente nel dispositivo della sentenza 26/1961.

In realtà le ordinanze contingibili e urgenti possono derogare alla legge solo nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge, mentre in caso di riserva relativa di legge la possibilità di deroga è estremamente limitata. E la ragione è assai chiara: se vi è una legge, per di più in materia coperta da riserva di legge, non sussiste la lacuna normativa.

Le deroghe alla legge di cui si discorre in dottrina, anche in materie non riservate alla legge, costituiscono un’eccezione nell’eccezione, una possibilità estremamente limitata nel tempo e negli effetti. Quando vi è un prolungato bisogno di provvedimenti in deroga a leggi preesistenti, il governo procede con decreto-legge a disciplinare la situazione d’emergenza e i nuovi provvedimenti che siano ritenuti necessari.

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La dottrina ritiene che le ordinanze contingibili e urgenti costituiscano espressione di regimi anteriori alla Costituzione e siano a stento compatibili con l’ordinamento costituzionale. In realtà dette ordinanze, le relative leggi istitutive e gli organi legittimati ad adottarle sono proliferati in epoca repubblicana, a partire dalla legge 833/1978 sul Servizio Sanitario Nazionale e via via fino al proliferare di ordinanze di protezione civile e di sicurezza urbana.

Un così marcato incremento del potere d’ordinanza si spiega con il notevole ampliamento dei compiti dello stato e della pubblica amministrazione nel moderno stato sociale, ben maggiori rispetto allo stato minimo ottocentesco. Si tratta di una questione delicata e complessa: da un lato, nell’attuale quadro normativo le ordinanze devono rispettare la riserva di legge, la riserva di giurisdizione e il principio di proporzionalità molto più che nell’ordinamento precostituzionale; dall’altro lato, proprio la Costituzione sembra circoscrivere notevolmente il potere decisionale delle autorità amministrative, agganciandolo a previsioni di legge (così in particolare l’art.23 Cost, secondo cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge).

  1. Si tratta di un potere dittatorio, seppur temperato dal vincolo alle riserve di legge e di giurisdizione, dal principio di proporzionalità e dall’impugnabilità in giudizio.
  2. Il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti è sempre attribuito ad autorità politiche (compreso il prefetto, che rappresenta il governo nel territorio).

Le ordinanze contingibili e urgenti non vanno confuse con le ordinanze ordinarie (previste per specifici oggetti e contenuti da precise disposizioni di legge), che possono essere emanate sia da autorità politiche sia da dirigenti amministrativi di professione.

Anche i provvedimenti previsti dal d.l.6/2020, conv. in l.13/2020, ed in seguito dal d.l.19/2020, conv. in l.35/2029, per affrontare l’emergenza coronavirus non hanno carattere contingibile e urgente: sono provvedimenti amministrativi espressamente e specificamente previsti dalla legge, dai contenuti tipizzati e finalizzati ad affrontare una singola emergenza.

In passato la dottrina annoverava le ordinanze contingibili e urgenti tra le fonti del diritto, considerandole atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi per la loro capacità di derogare a norme di legge. Attualmente la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, osservando che anche altri atti certamente non normativi (come i negozi giuridici ) possono derogare a norme di legge dispositive, escludono la natura normativa delle ordinanze contingibili e urgenti e le annoverano tra i provvedimenti amministrativi pur rilevando che esse, se si conformano al principio di legalità, in quanto previste da norme di legge, costituiscono un’eccezione al principio di tipicità, essendo il loro contenuto non predeterminato dalla legge ma rimesso all’autorità che le emana.

Quando un atto si dice valido?

La validità e l’invalidità dei provvedimenti amministrativi – Un provvedimento amministrativo è valido quando contiene tutti i requisiti o elementi previsti in modo tassativo dalla legge ed è privo di vizi o difetti; È invalido invece quando non è conforme alle norme giuridiche che lo regolano e presenta alcuni vizi e difetti.

  • Di solito un provvedimento della pubblica amministrazione quando è valido e anche efficace, nel senso che è idoneo a produrre i suoi effetti giuridici, ma può accadere che la validità e l’efficacia non coincidono.
  • Da un lato infatti un provvedimento amministrativo pur essendo valido può essere: imperfetto quando non è ancora terminato dal punto di vista formale il procedimento amministrativo Ancora inefficace quando è già completo dal punto di vista formale ma non può produrre suoi effetti perché ma con l’elemento esterno che ne condiziona l’efficacia giuridica.

Una situazione diversa dall’invalidità di un provvedimento amministrativo è la semplice irregolarità di un provvedimento amministrativo: un provvedimento è il regolare quando presenta alcuni difetti solo di carattere formale che non pregiudicano la validità e l’efficacia dell’atto dal punto di vista giuridico.

Come è definito l’atto avente valore di legge ordinaria emanato dal Governo su legge di delegazione delle Camere?

Il decreto legislativo è un atto avente forza di legge adottato, su materie complesse o specifiche (testi unici, codici) dal Governo previa legge di delegazione da parte del Parlamento.

Cosa dice l’articolo 76 della Costituzione italiana?

76. L’esercizio della funzione legislativa non puo essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.