Legge Fornero e abolizione parziale La pensione di vecchiaia passerà così da 66 anni e 7 mesi a 67 anni, mentre la pensione anticipata passerà da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi di contributi.
Quando viene abolita la legge Fornero?
Senza un intervento in extremis del prossimo Governo, dal 1° gennaio 2023 la Legge Fornero tornerà pienamente in vigore: venuta meno anche Quota 102, il risultato è che l’anno prossimo si potrà andare in pensione a 67 anni di età ed almeno 20 anni di contributi oppure dopo 42 anni e dieci mesi di contribuzione (un anno
Quali sono le finestre per andare in pensione nel 2023?
I 3 mesi di finestra di attesa per la pensione anticipata ordinaria non vanno obbligatoriamente lavorati. E’ una scelta del lavoratore. La pensione anticipata ordinaria, che per il 2023 resta invariata nei requisiti di accesso, richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne.
Come cambiano le pensioni da gennaio 2023?
Con un comunicato sul sito ministeriale è stato annunciato che il ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti ha firmato il decreto che dispone a partire dal 1 gennaio 2023 un adeguamento pari a +7,3% delle pensioni.
Quali sono le finestre per andare in pensione nel 2022?
Chi può andare in pensione anticipata ordinaria nel 2022: età e contributi – Anche per la pensione anticipata ordinaria restano nel 2022 i requisiti contributivi richiesti nel 2021: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, a prescindere dal requisito anagrafico.
I lavoratori precoci, ossia i lavoratori pubblici o privati e gli iscritti alle gestioni speciali degli autonomi che hanno iniziato a lavorare prima dei 19 anni e che hanno contributi prima del 31 dicembre 1995 possono chiedere la pensione con 41 anni di contributi, e dunque con un anticipo di 10 mesi se donne e di un anno e 10 mesi se uomini.
Le categorie interessate sono i disoccupati per licenziamento o dimissioni, le persone che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente entro il primo grado con handicap grave o coloro che hanno una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74 per cento.
Quando si andava in pensione prima della Fornero?
Pensionamento di vecchiaia – Con la vecchia normativa era richiesto il raggiungimento di un’età anagrafica di 65 anni per gli uomini (settore privato e pubblico); 61 anni per le donne del pubblico impiego (65 dal 2012); 60 anni per le lavoratrici del settore privato (dipendenti e autonome) insieme ad un requisito contributivo minimo di 20 anni (15 anni per coloro che godevano della Deroga Amato cfr: Circolare inps 16/2013 ).
- Queste ultime subivano – ai sensi dell’articolo 18, comma 1 del 98/2011 convertito con legge 111/2011 – il progressivo innalzamento dell’età pensionabile a partire dal 1° gennaio 2014 sino al 2026 in modo da raggiungere la parificazione con l’età pensionabile dei lavoratori del pubblico impiego.
- La Pensione di Anzianita’ – La pensione di anzianità richiedeva il raggiungimento di una quota data dalla somma tra un’età anagrafica minima e almeno 35 anni di contributi.
Per la generalità dei lavoratori dipendenti in particolare era necessario raggiungere la cd. quota 96 con almeno 60 anni di età. Dal 2013 il requisito anagrafico e il quorum si innalzava di un anno. Per i lavoratori autonomi sia il requisito anagrafico che il quorum erano più elevati di un anno rispetto ai lavoratori dipendenti. Nota: I campi con l’asterisco sono richiesti A seguito della riforma Dini, il sistema di calcolo della pensione si differenzia in base all’anzianità maturata al 31 dicembre 1995 :
per chi poteva contare su almeno 18 anni di contribuzione si applicava il tradizionale criterio retributivo (ora limitato all’anzianità acquisita sino al 31 dicembre del 2011), legato agli stipendi degli ultimi anni. Ai fini della pensione, ogni anno di lavoro vale il 2%; per chi aveva meno di 18 anni di contributi, il criterio utilizzato è il misto, E cioè retributivo per l’anzianità maturata sino al 1995 e contributivo per i periodi di attività successivi; per i nuovi assunti dal primo gennaio 1996, si applica invece il solo criterio contributivo,
Dunque, nei confronti dei soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (cioè nei confronti dei lavoratori che rientrano nel cd. sistema misto ) la prestazione può essere conseguita, indipendentemente dall’età anagrafica, al perfezionamento, dal 1° gennaio 2012, di una anzianità contributiva pari a 42 anni ed un mese per gli uomini e a 41 anni ed un mese per le donne.
I suddetti requisiti si applicano sia ai lavoratori dipendenti, agli autonomi nonché ai lavoratori del pubblico impiego. Inoltre, i requisiti sono stati aumentati di un mese nel 2013, di un altro mese nel 2014 ed ulteriormente incrementati a seguito della speranza di vita ai sensi dell’articolo 12, comma 12 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 (3 mesi nel 2013; 4 mesi nel 2016).
Pertanto dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018 il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata è risultato pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne (cfr: Circolare Inps 63/2015 ). Dal 1° gennaio 2019 il requisito contributivo avrebbe dovuto essere oggetto di adeguamento alla speranza di vita di cinque mesi.
- L’art.15 del DL 4 /2019 ha, tuttavia, sospeso tale adeguamento sino al 31 dicembre 2026.
- Dunque, il requisito contributivo per la prestazione pensionistica rimane pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
- Comunque il DL 4/2019 ha introdotto una finestra mobile che comporta uno slittamento nell’erogazione del primo rateo pari a tre mesi dal perfezionamento dei requisiti.
I lavoratori che al 31 dicembre 1995 non erano in possesso di contribuzione, possono conseguire la pensione al compimento delle medesime anzianità anagrafiche e contributive previste con riferimento ai lavoratori nel sistema misto o retributivo. L’unica differenza consiste nel fatto che, per il pensionamento di vecchiaia, è sufficiente il requisito di almeno 5 anni di contribuzione effettiva.
- Inoltre, se la pensione è richiesta da un soggetto di età inferiore a 65 anni, l’importo dell’assegno deve risultare non inferiore ad 1,2 volte l’assegno sociale.
- Per quanto riguarda il pensionamento con 40 anni di contributi il sistema contributivo prevede la necessità di perfezionare tale requisito escludendo i contributi versati volontariamente e moltiplicando per 1,5 i contributi da lavoro versati prima del 18° anno di età.
Nel sistema contributivo, vale la pena di ricordarlo, tutte le prestazioni (sia di vecchiaia che di anzianità) sono denominate di vecchiaia. Nella vecchia disciplina era previsto quel particolare regime di spostamento della decorrenza secondo le cd. finestre di cui all’articolo 12, commi 1 e 2 del decreto legge 78/2010.
- In particolare i lavoratori dipendenti subivano una posticipazione di 12 mesi e gli autonomi di 18 mesi dalla data del raggiungimento dei predetti requisiti.
- Per effetto dell’intervento di cui alla legge 111/2011 dal 1° gennaio 2012 era programmato anche un ulteriore slittamento per i lavoratori che accedevano alla pensione di anzianità indipendentemente dal requisito anagrafico (cioè con i 40 anni di contributi) pari ad un mese se il requisito contributivo è stato maturato nel 2012; di due mesi nel 2013 e di 3 mesi dal 2014 in poi.
Ciò ha determinato un allungamento sino a 15 mesi per i lavoratori dipendenti (21 mesi per gli autonomi) che accedevano alla prestazione di anzianità con i 40 anni di contributi. Queste regole, lo si ribadisce, valevano solo per i lavoratori Derogati dalla Legge Fornero cioè coloro che, in forza di eccezionali disposizioni legislative, potevano rimettere in carreggiata le regole vigenti al 31 dicembre 2011 anche se maturavano successivamente a tale data il diritto alla pensione.
Tutti gli altri, sarebbero andati in pensione con le regole Fornero. Coloro che avessero svolto lavori particolarmente faticosi e pesanti, riconosciuti come usuranti, avevano la possibilità di andare in pensione prima rispetto all’età ordinaria per la vecchiaia con un’anzianità contributiva di almeno 35 anni ed un’età di 61 anni e 7 mesi.
Si può dire che la Legge Fornero nella Manovra Salva-Italia (legge 214 del 22-12-2011) abbia dato coerenza al sistema pensionistico sancendo il passaggio definitivo dal sistema retributivo a quello contributivo. Infatti, il sistema retributivo prevede un sistema di calcolo per l’assegno pensionistico fondato su una percentuale degli ultimi stipendi.
Questo, indifferentemente dai versamenti effettuati negli anni. Il sistema contributivo, invece, istituisce un rapporto tra lavoratore e istituto previdenziale, quindi maggiori sono i contributi versati, maggiore è l’importo dell’assegno mensile. Il sistema precedente comunque non era un sistema retributivo puro, ma misto.
Prima della riforma questo prevedeva due condizioni: 35 anni di contributi versati e 60 anni di età anagrafica del lavoratore. Ciò consentiva il raggiungimento di una quota di 95 punti con la possibilità di accedere alla pensione solo a 96 punti entro il 2012.
Per fare un esempio, con 65 anni di età e 31 di contributi o 36 di contributi e 60 anni di età. In base alla Riforma Dini, poi, ai 18 anni di contributi precedenti al 1995 entravano nel calcolo con il sistema retributivo, mentre quelli successivi venivano valutati con il sistema contributivo. Con la Riforma Fornero la pensione di anzianità, pensata per consentire al lavoratore con una certa anzianità contributiva di andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica, ha cessato di esistere.
Essa è stata, dapprima, modificata nel 2004 con l’introduzione di requisiti aggiuntivi rispetto a quello contributivo per poi essere sostituita con la pensione anticipata. Quest’ultima, infatti, consente comunque al lavoratore, salvo un certo numero di contributi, di accedere alla pensione prima della soglia anagrafica per quella di vecchiaia.
Ulteriore pregio della Riforma è stato quello di inasprire i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia fissandoli a 66 anni per gli uomini (dipendenti ed autonomi) e per le lavoratrici del pubblico impiego; a 62 anni per le lavoratrici dipendenti del settore privato; a 63 anni e 6 mesi per le autonome e la parasubordinate.
Riguardo a questa categoria, poi, è stato previsto un innalzamento graduale dei requisiti anagrafici con l’obiettivo di parificare l’età pensionabile tra uomini e donne. Questo è avvenuto con due scatti nel 2014 e nel 2016 pari ciascuno ad un anno e sei mesi per le lavoratrici dipendenti e di un anno ciascuno per le autonome e le parasubordinate.
- Nel 2018 l’adeguamento si è completato con un ulteriore scatto di un anno per le dipendenti del settore privato e di sei mesi per le autonome e le parasubordinate.
- Gli esposti requisiti erano soggetti agli adeguamenti alla speranza di vita con ulteriore slittamento, per tutti i lavoratori, donne e uomini, sia dipendenti che autonomi, di 3 mesi nel 2013 e di altri 4 mesi dal 1° gennaio 2016.
Gli adeguamenti del 2019, 2021, 2023 e 2025, comunque, non si applicano ai lavori usuranti e ai lavoratori notturni, destinatari del Dlgs 67/2011 per effetto dell’ art.1 co.206 della L.232/2016. Ciò è stato nuovamente previsto anche dal l’articolo 1 co.146 e ss.
- Della L.205/2017.
- Tale ultima norma, ha escluso dall’adeguamento scattato il 1° gennaio 2019 anche i requisiti per la pensione di vecchiaia e per quella anticipata, nei confronti delle 15 categorie professionali rientranti nelle cd.
- Mansioni gravose.
- Questo a condizione che i lavoratori abbiano raggiunto un minimo di 30 anni di contribuzione e che non siano beneficiari dell’Ape sociale.
Tuttavia, la dispensa dall’adeguamento alla speranza di vita non ha trovato applicazione al requisito contributivo ridotto a 41 anni per i cd. lavoratori precoci. Gli artt.15 e 17 del DL 4/2019 hanno, poi, sancito l’ultimo intervento in materia. Con essi il legislatore ha sospeso retroattivamente l’adeguamento scattato il 1° gennaio 2019 e i tre adeguamenti successivi, del 2021, 2023 e 2025.
Tuttavia, la sospensione riguarda unicamente i requisiti della pensione anticipata, anche se per tutti i lavoratori, quantunque non addetti a mansioni gravose o usuranti. Tali disposizioni hanno sortito l’effetto di consentire l’accesso alla pensione anticipata con 42 e 10 mesi (41 anni e 10 mesi le donne, 41 anni per i cd.
lavoratori precoci) sino al 31 dicembre 2026. Effetto che, tuttavia, è stato limitato dall’introduzione dal differimento, di tre mesi dalla maturazione dei requisiti, dell’erogazione del primo rateo pensionistico. Questa è la cd “finestra mobile” che involge coloro i quali perfezionino i requisiti dal 1° gennaio 2019.
Per tutelare i lavoratori impiegati in attività faticose e pesanti il decreto legislativo 67/2011 ha introdotto, dal 1° gennaio 2008, una disciplina che consente di anticipare l’età pensionabile che è stata mantenuta, seppur con alcune modifiche, dalla Legge Fornero del 2011 che è stata oggetto di alcune migliorie ad opera della legge di bilancio per il 2017.
La normativa di favore anche nel 2017 era attivabile dai soli lavoratori dipendenti (sia del settore privato che pubblico) che avessero svolto nell’arco della propria vita lavorativa alcune attività individuate nell’articolo 1 del Dlgs 67/2011, Le attività in questione sono riconducibili alle seguenti quattro macro-categorie.
A) Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti ( art 2 del decreto del ministero del lavoro del 19 Maggio 1999 ). Si rivolge a soggetti che hanno svolto lavori in cava o miniera o ad alte temperature; lavori in cassoni ad aria compressa; attività per l’asportazione dell’ amianto; lavorazione del vetro cavo; lavori svolti dai palombari; lavori in spazi ristretti.
b) Lavoratori notturni ( dlgs 67/2011 ) con attività: notturne per almeno 6 ore e per almeno 64 giorni l’anno o per almeno 3 ore tra la mezzanotte e le cinque del mattino per l’intero anno lavorativo. c) i lavoratori addetti alla linea di catena: lavoratori in imprese per cui operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, con applicazione dei criteri per l’organizzazione del lavoro previsti dall’articolo 2100 del cc; impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, con un rimo determinato dai tempi di produzione con mansioni organizzate in postazioni.
- Occorre, poi, che svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo.
- Sono esclusi, tuttavia, gli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento, ad attività di regolazione o controllo computerizzato della produzione e al controllo qualità.
d) i conducenti di veicoli, di capienza complessiva superiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo. A partire dal 1° gennaio 2017, per godere dei benefici è richiesto che le attività sopra citate siano state svolte per almeno 7 anni, negli ultimi dieci anni di attività lavorativa, oppure per almeno la metà della vita lavorativa complessiva.
Il beneficio per questi lavoratori consiste nella possibilità di andare in pensione con il vecchio sistema delle quote se piu’ favorevole rispetto alle regole di pensionamento introdotte con la Riforma Fornero. Nello specifico gli usuranti possono andare in pensione, dal 1° gennaio 2016, con una anzianità contributiva minima di 35 anni, una età minima pari a 61 anni e 7 mesi ed il contestuale perfezionamento del quorum 97,6.
I requisiti sopra indicati si applicano con riferimento anche ai lavoratori notturni che svolgono attività lavorativa per almeno 3 ore (nell’intervallo ricompreso tra la mezzanotte e le cinque) nell’intero anno lavorativo; oppure per almeno 6 ore (sempre nell’intervallo ricompreso tra la mezzanotte e le cinque) per un minimo di 78 giorni l’anno.
In caso contrario, cioè se il lavoro notturno è svolto per meno di 78 giorni l’anno, i valori di età e di quota pensionistica sono aumentati di due anni se il lavoro notturno annuo è stato svolto per un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 e di un anno se le giornate annue in cui si è svolto il lavoro notturno sono state da 72 a 77.
Si dà nota di una novità apportata dalla Legge di Bilancio per il 2018. Infatti, per i lavoratori di cicli produttivi industriali, i giorni lavorativi effettivi sono moltiplicati per il coefficiente di 1,5. Questo purchè le attività siano svolte sulla base di accordi collettivi già sottoscritti al 31 dicembre 2016, oeganizzate u turni di 12 ore e per meno di 78 giorni.
L’articolo 1, co.206 della legge di bilancio per il 2017, ha provveduto alla disapplicazione della disciplina relativa alle cd. finestre mobili che chiedeva, sino al 31.12.2016, un’attesa pari a 12 mesi (18 mesi gli autonomi) dalla data di perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi per conseguire il primo rateo.
Pertanto a partire dal 1° gennaio 2017 la pensione decorre, di regola, dal primo giorno del mese successivo al perfezionamento dei suddetti requisiti. Si rammenta che la medesima disposizione ha, inoltre, congelato i futuri adeguamenti alla speranza di vita sino al 31 dicembre 2026.
- Il beneficio per gli usuranti, come detto, riguarda solo i lavoratori dipendenti.
- Tuttavia la domanda intesa ad ottenere il riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti può essere presentata anche da lavoratori dipendenti che raggiungono il requisito contributivo minimo cumulando la contribuzione versata in una delle Gestioni Speciali dei lavoratori autonomi (es.
commercianti o artigiani). In tal caso i requisiti anagrafici ed il quorum sono innalzati rispettivamente di un anno ciascuno e la decorrenza della pensione avviene trascorsi 18 mesi dal perfezionamento dei requisiti. In quanto la liquidazione della prestazione avviene a carico delle gestioni speciali.
- Anche nel 2021 resta aperta la possibilità di ottenere, se più favorevole, la pensione con i requisiti previsti dalla Riforma Fornero.
- In particolare con la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi di contributi le donne, 42 anni e 10 mesi di contributi gli uomini indipendentemente dall’età anagrafica) o con la pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi di età (65 anni e 7 mesi le lavoratrici dipendenti del settore privato) unitamente a 20 anni di contributi.
L’articolo 1, co.147-148 della legge 205/2017 ha abolito l’ adeguamento alla speranza di vita, scattato il 1° gennaio 2019. Ciò involge i lavoratori in possesso di almeno 30 di contributi con almeno 7 anni di attività usurante negli ultimi dieci anni di lavoro o per almeno metà della carriera lavorativa.
- Dunque, questi lavoratori, potranno accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi di età sino al 31/12/2022,
- Ciò era stato previsto anche in riferimento ai requisiti per la pensione anticipata ma il D.L.4/2019 ha assorbito la norma generalizzando la disapplicazione degli adeguamenti alla speranza di vita.
Inoltre, anche nel 2021 le categorie dei lavoratori usuranti e notturni, possono accedere alla pensione anticipata al compimento di 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica, se hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età.
- Dal 1° gennaio 2019 è, poi, prevista l’applicazione di una finestra mobile di 3 mesi dalla maturazione dei requisiti,
- Comunque, gli addetti alle mansioni usuranti non possono godere dell’Ape sociale, non essendo stati ricompresi nell’alveo di efficacia di questa dalla legge 232/2016.
- Per ottenere il beneficio del pensionamento con le quote di cui al dlgs 67/2011 è necessario presentare una apposita domanda alla sede INPS entro il 1° Maggio dell’anno precedente a quello in cui si maturano i requisiti.
Questa domanda è finalizzata al riconoscimento di lavoro usurante. Dunque, entro il 1° maggio 2021 i lavoratori che perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi nel 2022 devono produrre la domanda. Questa non deve essere confusa con la domanda di pensione che sarà presentata solo successivamente all’accoglimento della domanda di accertamento del lavoro usurante.
- La domanda tardiva comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento del diritto alla decorrenza da uno a tre mesi, a seconda dell’entità del ritardo.
- La possibilità di fruire dei benefici in parola dipende inoltre dalle coperture finanziarie che sono state messe a disposizione dal Dlgs 67/2011 di anno in anno.
Entro il 30 Ottobre di ogni anno l’Inps quindi comunicherà: a) l’accoglimento della domanda, con indicazione della prima decorrenza utile della pensione; b) l’accertamento del possesso dei requisiti dello svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, con differimento della decorrenza della pensione in ragione dell’insufficiente copertura finanziaria; in tal caso, la prima data utile per l’accesso alla pensione verrà indicata con successiva comunicazione in esito al monitoraggio delle risorse; c) il rigetto della domanda, qualora sia accertato il mancato possesso dei requisiti sullo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti.
L’opzione può essere esercitata dai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 1995 e almeno 15 anni di contributi, di cui almeno 5 ricadenti nel sistema contributivo. La domanda, poi, deve essere presentata all’Istituto previdenziale presso il quale il lavoratore è iscritto. Ad essa vanno allegati copia o estratti della documentazione prevista dalla normativa vigente al momento dello svolgimento delle attività usuranti.
Inoltre occorre allegare gli elementi di prova in data certa che confermino la sussistenza dei requisiti necessari per l’anticipo del pensionamento. L’articolo 1, comma 23 della legge 335/1995 consente ai lavoratori iscritti presso l’assicurazione generale obbligatoria e ai fondi ad essa sostitutivi ed esclusivi in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 di optare per la trasformazione e la liquidazione della pensione secondo le regole contributive.
Gli assicurati NON devono aver maturato 18 anni di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995; e aver vantato almeno 15 anni di contribuzione di cui almeno 5 nel sistema contributivo (cioè successivi al 31 dicembre 1995). Per effetto dell’entrata in vigore della Legge Fornero dal 2011 l’Inps distingue ulteriormente a seconda che i requisiti per l’esercizio della facoltà di opzione sopra descritti siano stati perfezionati entro il 31.12.2011 o dopo il 31.12.2011.
Nel primo caso (entro il 31.12.2011) la facoltà di opzione è riconosciuta a condizione che al 31 dicembre 2011 gli assicurati abbiano perfezionato i requisiti anagrafici e/o contributivi per il diritto alla pensione entro il 31.12.2011 secondo le regole vigenti al 31 dicembre 2011; nel secondo caso si applicano, i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata previsti per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
L’esercizio dell’opzione al contributivo consente ai lavoratori nel sistema misto di guadagnare una prestazione pensionistica alle medesime regole dei lavoratori assicurati successivamente al 31 dicembre 1995. In taluni casi ciò può produrre un beneficio sull’importo dell’assegno, In particolare ciò vale per quei lavoratori che possano far valere forti retribuzioni all’inizio del periodo assicurativo che man mano siano diminuite con il passare del tempo.
In tal caso l’applicazione delle regole contributive potrebbero dar luogo ad una prestazione di importo superiore a quella risultante con il sistema misto. Con l’opzione di cui all’articolo 1, comma 23 della legge 335/1995 si possono, inoltre, attivare alcuni istituti di favore presenti nel sistema contributivo per il raggiungimento dell’età pensionabile.
- Dal 2012, l’opzione comporta l’applicazione esclusivamente del metodo di calcolo contributivo alla pensione del soggetto che la effettua, e non più, anche, quella dei requisiti per il diritto alla pensione previsti nel regime contributivo.
- Pertanto, ad esempio, non è possibile tramite l’opzione guadagnare l’uscita a 64 anni e 20 anni di contribuzione ed un assegno pari a 2,8 volte il valore dell’AS come previsto per i lavoratori iscritti a forme di previdenza obbligatoria dopo il 1995 (i cd “Contributivi puri”).
Si presti particolare attenzione a non confondere quanto appena descritto con l’opzione donna (articolo 1, comma 9 della legge 243/04). Questo strumento consente infatti alle lavoratrici, sia del settore privato che pubblico di accedere alla pensione con 58 anni di età unitamente a 35 anni di contributi (se raggiunti entro il 2015) indipendentemente dalla sussistenza dei requisiti prescritti dall’articolo 1, comma 23 della legge 335 e sopra citati.
- Si rammenta che, in questo caso, l’opzione al contributivo è limitata alle sole regole di calcolo mentre la prestazione resta giuridicamente di natura mista/retributiva.
- L’opzione per il calcolo contributivo è, di regola, irrevocabile con le seguenti precisazioni: 1) se la facoltà di opzione è esercitata al momento del pensionamento, le Sedi INPS sono tenute a rilasciare il doppio calcolo della pensione (con il sistema contributivo e con il sistema misto).
Qualora il soggetto scelga il sistema contributivo, tale scelta è da considerarsi irrevocabile; 2) se esercitata dal lavoratore nel corso della vita lavorativa senza essere finalizzata all’accesso a pensione, l’opzione è irrevocabile a partire dal momento in cui egli riceve, successivamente all’opzione, una retribuzione eccedente il massimale.
- L’imponibile previdenziale viene abbattuto al massimale stesso.
- Se invece la retribuzione non supera il massimale, tale domanda risulta improduttiva di effetti nel corso della vita lavorativa.
- In tale ipotesi, dovrà essere effettuato il doppio calcolo al momento della domanda di pensione e si riprodurrà quanto indicato al punto precedente.
L’ Ape agevolato è un sussidio economico introdotto dall’articolo 1, co.179 della L.232/2016. Esso ha lo scopo di accompagnare alla pensione di vecchiaia alcune categorie di lavoratori particolarmente tutelati. Uniche condizioni sono il raggiungimento del 63° anno di età e almeno 30 o 36 anni di contributi.
Regolato dal DPCM 88/2017 e dalla Circolare Inps 100/2017, si rivolge agli iscritti presso l’AGO dei lavoratori dipendenti, ai fo ndi ad essa esclusivi o sostitutivi, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi o alla gestione separata dell’Inps. Dunque, esso involge sia i lavoratori dipendenti, nel settore pubblico o privato, sia gli autonomi e i parasubordinati.
Ne restano esclusi solo i liberi professionisti iscritti presso le relative casse professionali. Inizialmente previsto sino al 31.12.2018, è stato successivamente prorogato dall’articolo 18 del DL 4/2019 al 31.12.2019 e dall’articolo 1, co.473 della legge 160/2019 al 31.12.2020.
Disoccupati per licenziamento, dimissioni per giusta causa, risoluzione consensuale in conciliazione obbligatoria. Dal 1° gennaio 2018 la Legge 205/2017 vi ha incluso anche i disoccupati per cessazione del contratto a termine. Questo a condizione che nei tre anni precedenti abbiano avuto rapporti di lavoro dipendente per almeno 18 mesi. Occorre, poi, la conclusione da almeno 3 mesi del godimento del sussidio di disoccupazione. Caregivers che assistano da almeno 6 mesi, al momento della richiesta, il coniuge, convivente, parente con handicap gravi ex art.3 L.104/1992, Dal 1° gennaio 2018 ex L.205/2017 sono inclusi i soggetti che assistono parenti o affini di secondo grado, con handicap gravi e conviventi. Ciò a condizione che i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità siano ultrasettantenni oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti, deceduti, o mancanti. Invalidi riconosciuti come invalidi civili di grado superiore al 74%. Lavori cd Gravosi. Questa è la categoria dei lavoratori che abbiano svolto una o più professioni gravose per almeno 6 anni negli ultimi 7 o per almeno 7 anni negli ultimi 10.
Il requisito contributivo richiesto ai fini dell’Ape agevolato per i soggetti disoccupati, i caregivers e gli invalidi è di 30 anni di contribuzione. Per i lavoratori addetti a mansioni gravose sono richiesti 36 anni di contribuzione. In merito alle donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi richiesti per l’accesso all’APE sociale, di 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd.
- APE sociale donna).
- Per l’accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell’agricoltura e della zootecnia, invece, il riferimento per il computo integrale dell’anno di lavoro consiste nel numero minimo di giornate (pari a 156), relativo all’anno di contribuzione, previsto dalla normativa vigente.
La sussistenza di tali requisiti dà diritto ad un assegno di accompagnamento sino alla pensione di vecchiaia. Esso viene erogato direttamente dall’Inps per 12 mesi all’anno con valore pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso all’indennità medesima.
- Il sussidio non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro lordi non rivalutabili annualmente.
- L’indennità è incompatibile con i trattamenti di sostegno per la disoccupazione involontaria, con la misura assistenziale dell’Asdi e anche con l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale.
L’incompatibilità si estende anche ai titolari di una pensione diretta, pur essendo cumulabile con gli eventuali trattamenti ai superstiti concessi al beneficiario nonchè con le prestazioni di invalidità civile. Non solo, per accedere al sussidio il lavoratore deve aver cessato qualsiasi attività lavorativa, autonoma o dipendente.
- Resta, tuttavia, ferma la possibilità di cumulare l’indennità con i redditi da lavoro dipendente o parasubordinato inferiori agli € 8.000 l’anno, che diventano € 4.800 qualora si tratti di lavoro autonomo.
- Il beneficiario dell’Ape Sociale decade dal diritto all’indennità qualora acquisisca la titolarità di un diverso trattamento pensionistico diretto, come, ad esempio, la pensione anticipata o la Quota 100.
Una nota è necessaria in riferimento ai dipendenti pubblici. Per essi, infatti, i termini del pagamento delle indennità di fine servizio iniziano a decorrere dalla data del raggiungimento della pensione di vecchiaia e non da quella di accesso all’Ape.
Per conseguire il beneficio, i soggetti interessati devono produrre un’istanza per la verifica delle condizioni per accedere all’Ape sociale unitamente alla domanda di acceddo alla prestazione. In seguito alla L.178/2020 l’istanza di verifica deve essere proposta all’Inps entro tre finestre temporali.
Queste per il 2020 sono fissate al 31 marzo 2021, per l’istanza tempestiva, tra il 1° aprile e il 15 luglio 2021 per quella intermedia e tra il 16 luglio e il 30 novembre 2021 per quella tradiva.
Quale metodo di calcolo della pensione e più vantaggioso per il lavoratore?
Calcolo della pensione: il metodo retributivo – Il metodo retributivo è considerato il metodo di calcolo più conveniente della pensione, perché prende in considerazione la media degli stipendi degli ultimi anni di lavoro e l’anzianità lavorativa, ossia il numero degli anni di lavoro fino ad un massimo di 40 anni.
la quota A è calcolata sui contributi maturati fino al 31 dicembre 1992, prendendo come base la media degli ultimi 5 anni di retribuzione dei lavoratori dipendenti. Per i lavoratori autonomi si considera la media degli ultimi 10 anni di retribuzione e per i lavoratori pubblici la retribuzione dell’ultimo anno di attività;
la quota B è calcolata sull’anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2011: si considera la media degli ultimi 10 anni di stipendio dei lavoratori dipendenti pubblici o privati e degli ultimi 15 per gli autonomi.
Il lavoratore dipendente del settore privato che abbia maturato un’anzianità contributiva inferiore a 15 anni entro il 31 dicembre 1992 vedrà tuttavia calcolarsi la propria media di quota B sulle retribuzioni percepite per tutta la vita lavorativa fino alla pensione e su quelle percepite nei cinque anni antecedenti al 1993 (in questo caso gli anni diventano 10 per i lavoratori autonomi).
- Per i lavoratori del pubblico impiego con meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992, il periodo di riferimento andrà dal 1993 alla data di decorrenza della pensione.
- Le retribuzioni utili ai fini pensionistici vengono rivalutate, secondo indici di rivalutazione pubblicati annualmente, fino all’anno antecedente a quello del pensionamento.
Le medie delle retribuzioni vengono poi moltiplicate per aliquote di rendimento che variano sulla base della retribuzione, della collocazione temporale dell’anzianità e del fondo di appartenenza del lavoratore.