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Legge elettorale italiana del 2015 | |
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Titolo esteso | Legge 6 maggio 2015, n.52 ” Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati. ” |
Stato | Italia |
Tipo legge | Legge ordinaria |
Legislatura | XVII |
Proponente | Testo unificato di una proposta di legge di iniziativa popolare e trenta proposte di legge di iniziativa parlamentare |
Schieramento | PD, NCD, UDC, SC, CD, PSI, MAIE |
Date fondamentali | |
Promulgazione | 6 maggio 2015 |
A firma di | Sergio Mattarella |
Abrogazione | parziale 16 febbraio 2017, definitiva 12 novembre 2017 |
Testo | |
Rimando al testo | in Gazzetta Ufficiale |
La legge elettorale italiana del 2015, denominata ufficialmente legge 6 maggio 2015, n.52 e comunemente nota come Italicum, successivamente dichiarata in alcune sue parti costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale del 16 febbraio 2017, disciplinava l’elezione della Camera dei deputati a decorrere dal 1º luglio 2016, in sostituzione della precedente Legge Calderoli del 2005, anch’essa dichiarata parzialmente incostituzionale nel dicembre 2013.
- Fino all’entrata in vigore del cosiddetto Rosatellum nel novembre del 2017, la Legge Calderoli, come modificata dalla Consulta, era rimasta in vigore limitatamente all’elezione del Senato.
- Il soprannome Italicum è stato dato nel 2014 dall’allora segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, suo principale promotore (fino a fine gennaio 2015 con l’appoggio anche di Forza Italia di Silvio Berlusconi, con il quale aveva stretto il Patto del Nazareno ).
La legge originariamente prevedeva un sistema proporzionale con eventuale doppio turno, premio di maggioranza, soglia di sbarramento e cento collegi plurinominali con capilista “bloccati”, con la possibilità per lo stesso candidato di partecipare all’elezione in 11 collegi.
- Nel gennaio 2017 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il turno di ballottaggio, lasciando l’eventuale premio di maggioranza per la lista che dovesse ottenere il 40% dei voti validi al primo (e quindi unico) turno.
- La Corte ha inoltre dichiarato incostituzionale la possibilità per i capilista bloccati che dovessero essere eletti in più collegi di scegliere discrezionalmente l’effettivo collegio di elezione: la scelta sarebbe stata quindi affidata a un sorteggio.
L’ Italicum non venne mai applicato, essendo stato abrogato in seguito all’entrata in vigore della nuova legge elettorale nota come Rosatellum,
Cosa prevede la legge elettorale proporzionale?
Sistema a lista di partito in una circoscrizione plurinominale – Questo sistema prevede che ogni partito elenchi i propri candidati sotto forma di lista: il numero di eletti della lista dipenderà dal numero di voti da essa ricevuti. Nei sistemi a liste bloccate gli elettori esprimono solo la preferenza per una lista: in tali sistemi, nell’ambito di ciascuna lista sono eletti i candidati che occupano i primi posti, cosicché di fatto i partiti stabiliscono le priorità di elezione per i propri candidati.
- Nei sistemi a liste aperte, nell’ambito di ciascuna lista sono eletti i candidati che abbiano ottenuto maggior consenso da parte degli elettori: a seconda dei casi, costoro possono esprimere una o più preferenze per i singoli candidati oppure possono indicare l’ordine di preferenza.
- Il sistema a lista di partito è usato in molti Paesi: la variante a liste aperte è impiegata, ad esempio in Finlandia, Lettonia, Svezia, Brasile, Paesi Bassi, Repubblica Democratica del Congo,
La variante a liste bloccate si impiega in Israele (con un’unica circoscrizione per l’intero Paese), Russia (liste bloccate) e Sudafrica (liste bloccate). Per le elezioni al Parlamento europeo, la maggior parte degli stati usa liste aperte; la maggior parte del Regno Unito usa liste bloccate, ma l’ Irlanda del Nord usa il voto singolo trasferibile, così come l’ Irlanda,
Che cosa prevedeva la legge elettorale del 1912?
Caratteristiche – La legge, approvata dal quarto governo Giolitti, sostituì la legge elettorale italiana del 1882 (modificata nel 1891 ), allargando il suffragio a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni o che, pur minori di 30 anni ma maggiori di 21, pagassero un’imposta diretta annuale di almeno 19,80 lire, o avessero conseguito la licenza elementare inferiore, oppure avessero prestato il servizio militare,
In tal modo il corpo elettorale passò dal 7% al 23,2% della popolazione. Fu mantenuto il sistema maggioritario in vigore dal 1891, Nel corso dell’iter parlamentare, le Camere rifiutarono quasi all’unanimità di concedere il diritto di voto alle donne: né i liberali né i socialisti gradivano infatti l’idea del suffragio femminile, che si riteneva potesse essere di impronta troppo clericale,
Il ripristino del sistema proporzionale è anche rifiutato.
Cosa prevede la legge elettorale del 1882?
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Elezioni politiche in Italia del 1882 | |||
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Stato | Italia | ||
Data | 29 ottobre, 5 novembre | ||
Legislatura | XV | ||
Assemblea | Camera dei deputati | ||
Affluenza | 60,7% ( 1,9%) | ||
Liste | Sinistra storica | Destra storica | Estrema radicale |
Seggi | 331 / 508 | 144 / 508 | 33 / 508 |
Governi | |||
Depretis IV (1882-83) | |||
Depretis V (1883-84) | |||
Depretis VI (1884-85) | |||
Depretis VII (1885-86) | |||
1880 1886 |
Le elezioni politiche in Italia del 1882 si sono svolte il 29 ottobre (1º turno) e il 5 novembre (ballottaggi) 1882, Queste elezioni si tennero con una nuova legge elettorale. L’età di accesso al voto fu abbassata da 25 a 21 anni ed il requisito di censo da 40 a 19,8 lire di tasse pagate.
Inoltre, coloro che avevano superato l’esame di terza elementare non erano soggetti al requisito di censo. Il risultato fu l’allargamento del suffragio da circa 620.000 a oltre 2 milioni di aventi diritto al voto. Fu cambiato anche il meccanismo di elezione. I collegi uninominali furono sostituiti da collegi plurinominali, ai quali era attribuito un numero di seggi variabile tra 2 e 5.
L’elettore aveva diritto a tanti voti quanti erano i seggi, con l’eccezione dei collegi da 5 seggi, nei quali l’elettore disponeva solo di quattro voti. I candidati risultavano eletti al primo turno se riportavano la maggioranza assoluta dei voti, con un numero di voti almeno pari ad un ottavo degli aventi diritto.
Quale differenza tra maggioritario e proporzionale?
Governabilità e rappresentatività – Molto brevemente, la differenza fra proporzionale e maggioritario si può riassumere così: il maggioritario favorisce la governabilità, il proporzionale favorisce la rappresentatività: col primo il parlamento è egemonizzato da pochi partiti, col secondo il parlamento ha una composizione abbastanza fedele all’orientamento degli elettori.
Spetta al legislatore decidere quale dei due utilizzare. Vi è però un’importante eccezione alla regola appena descritta, costituita dai partiti regionalisti, Un partito piccolo ma fortemente concentrato sul territorio, infatti può non solo uscire indenne da un’elezione maggioritaria, ma anzi al contrario rafforzato, ottenendo fino al monopolio della rappresentanza politica nelle regioni in cui esso è particolarmente radicato.
Nel sistema uninominale britannico, ad esempio, questo è il caso tipico dello Scottish National Party, In Italia, nel sistema in vigore dal 1993 al 2005, si segnalavano i casi della Südtiroler Volkspartei, che senza il meccanismo dello scorporo avrebbe ottenuto il monopolio della rappresentanza dell’ Alto Adige, e della Lega Nord, la quale nelle elezioni del 1996, pur correndo solitaria, non solo non ebbe un danno se non minimo in termini di seggi (9,4% a fronte del 10,1% dei voti validi), ma provocò la disfatta, sempre in termini di seggi, dell’allora avversaria coalizione di Silvio Berlusconi, favorendo la vittoria dell’ Ulivo di Romano Prodi,
- Le modalità di voto, in Italia, sono modificabili con una legge ordinaria, approvabile dalla maggioranza di Governo,
- In altri Paesi, la Costituzione stabilisce le principali modalità di voto e la modifica delle modalità elettorali richiede procedure lunghe e articolate di revisione costituzionali, quanto meno leggi da approvare con maggioranze qualificate (dei 2/3 circa del Parlamento) difficilmente raggiungibili dalla sola maggioranza di Governo, in modo tale che le regole democratiche siano condivise.
Talora, esiste un vincolo temporale che vieta di modificare le norme elettorali entro un certo periodo prima del giorno delle elezioni.
Cosa elegge il popolo italiano?
Le elezioni politiche sono le elezioni che in Italia eleggono il Parlamento della Repubblica. Sono regolate dalla Costituzione della Repubblica Italiana e dalla vigente legge elettorale.
Come funziona il sistema elettorale misto?
Storia e definizione – Secondo la definizione di Blais e Massicotte, un sistema misto è quel sistema che presenta contemporaneamente formule maggioritarie e proporzionali. Secondo un’altra visione, non ritenuta però precisa come la precedente, sono misti quei sistemi elettorali che producono, a livello di proporzionalità, risultati intermedi tra quelli maggioritari e quelli proporzionali.
- Come si può ben intuire, ciò che rende particolare il sistema elettorale misto è il fatto che esso sia composto da elementi classici, come in una sorta di mix, comuni ad entrambe le famiglie (proporzionale e maggioritario) alle quali si possono ricondurre tutte le leggi elettorali.
- Pur essendo stato l’austriaco Siegfried Geyerhahn il primo a ipotizzarli, essi si sono diffusi soprattutto durante gli anni novanta del secolo scorso, in varie parti del mondo ( Russia, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Ungheria, Albania ecc.).
Anche l’ Italia ne è un esempio poiché, dal 1993 al 2005, la legge elettorale vigente è stato il c.d. ” Mattarellum “. Inoltre, nell’ottobre 2017, il Parlamento ha approvato una nuova legge elettorale mista (che è stata usata a partire dalle elezioni del 2018): il c.d.
In che cosa consiste il patto Gentiloni?
Il contenuto del patto – Il presidente del consiglio Giovanni Giolitti Nel 1912 una riforma elettorale (approvata il 25 maggio) aveva introdotto il suffragio universale maschile. Il numero di aventi diritto al voto aumentò notevolmente, passando dai circa tre milioni iniziali ad oltre 8.600.000.
- La riforma elettorale approvata era stato il prezzo che Giolitti aveva dovuto pagare ai socialisti di Leonida Bissolati per l’appoggio ottenuto durante la guerra italo-turca,
- Molti nuovi elettori erano operai e il PSI riscuoteva molti consensi nel mondo operaio proletario.
- Giolitti, e con lui vari esponenti della classe politica che aveva governato l’Italia nel suo primo cinquantennio di vita, desiderava bloccare l’avanzata del Partito Socialista Italiano,
Prese perciò l’iniziativa di rivolgersi all’Unione Elettorale Cattolica Italiana. Contando sull’esistenza di un precedente (le elezioni del 1909), l’esperimento della collaborazione con i cattolici fu rinnovato. Il partito liberale mise a disposizione una nutrita quantità di seggi per i candidati cattolici.
Da parte sua, Gentiloni fu incaricato di passare al vaglio i candidati liberali, al fine di far confluire i voti dei cattolici su quelli tra loro che promettessero di fare propri i valori affermati dalla dottrina cristiana e, parallelamente, di negare il proprio sostegno a leggi anticlericali. Dato il sistema elettorale uninominale e maggioritario, il vincolo di appartenenza partitica era molto debole.
Per tale ragione il patto consisteva in un elenco di sette punti considerati irrinunciabili per ottenere il sostegno degli elettori cattolici. I sette punti d’impegno, detti anche «Eptalogo», che ogni candidato doveva sottoscrivere, furono:
- Difesa delle istituzioni statutarie e delle garanzie date dagli ordinamenti costituzionali alle libertà di coscienza e di associazione, e quindi opposizione anche ad ogni proposta di legge in odio alle congregazioni religiose e che comunque tenda a turbare la pace religiosa della Nazione;
- Svolgimento della legislazione scolastica secondo il criterio che, col maggiore incremento alla scuola pubblica, non siano fatte condizioni che intralcino o screditino l’opera dell’insegnamento privato, fattore importante di diffusione e di elevazione della cultura nazionale;
- Sottrarre ad ogni incertezza ed arbitrio e munire di forme giuridiche sincere e di garanzie pratiche, efficaci, il diritto dei padri di famiglia di avere pei propri figli una seria istruzione religiosa nelle scuole comunali;
- Resistere ad ogni tentativo di indebolire l’unità della famiglia e quindi assoluta opposizione al divorzio;
- Riconoscere gli effetti della rappresentanza nei Consigli dello Stato, diritto di parità alle organizzazioni economiche o sociali indipendentemente dai principii sociali o religiosi ai quali esse si ispirino;
- Riforma graduale e continua degli ordinamenti tributari e degli istituti giuridici di giustizia nei rapporti sociali;
- Appoggiare una politica che tenda a conservare e rinvigorire le forze economiche e morali del paese, volgendole a un progressivo incremento dell’influenza italiana nello sviluppo della civiltà internazionale.
Questi punti furono inseriti anche nell’accordo fondativo (firmato nel 1913) del neonato Partito Liberale Italiano,
Come viene chiamata la legge elettorale del 1924?
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Legge Acerbo | |
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Titolo esteso | Legge 18 novembre 1923, n.2444. Modificazioni alla legge elettorale politica, testo unico 2 settembre 1919, n.1495. |
Stato | abrogata |
Tipo legge | Ordinaria |
Legislatura | XXVI |
Proponente | Giacomo Acerbo |
Schieramento | PNF, PLI, PLD, PDSI, PA, PPI, PRI |
Date fondamentali | |
Promulgazione | 18 novembre 1923 |
A firma di | Vittorio Emanuele III |
Abrogazione | 2 settembre 1928 |
Testo | |
Rimando al testo | Legge 18 novembre 1923, n.2444. Modificazioni alla legge elettorale politica, testo unico 2 settembre 1919, n.1495. |
Giacomo Acerbo, redattore della legge che portò il suo nome La legge 18 novembre 1923, n.2444, nota come Legge Acerbo (dal nome del deputato Giacomo Acerbo che ne redasse il testo), fu una legge elettorale del Regno d’Italia, adottata alle elezioni politiche italiane del 1924,
Quando il voto alle donne in Italia?
Il secondo dopoguerra e le prime elezioni a suffragio universale – Il 21 ottobre 1945 papa Pio XII, come già ricordato, in presenza delle presidenti del CIF si dimostrò favorevole al suffragio femminile affermando: ” ogni donna, dunque, senza eccezione, ha, intendete bene, il dovere, lo stretto dovere di coscienza, di non rimanere assente, di entrare in azione per contenere le correnti che minacciano il focolare, per combattere le dottrine che ne scalzano le fondamenta, per preparare, organizzare e compiere la sua restaurazione “.
- Con queste parole Pio XII aveva interrotto la tradizione clericale in merito alla questione.
- Segno potente di un definitivo cambiamento di mentalità in merito al suffragio femminile, il decreto legislativo luogotenenziale n.74 del 10 marzo 1946, che era stato approvato dalla Consulta Nazionale il 23 febbraio 1946, dette alle donne, per la prima volta in Italia, il diritto di votare e il diritto di essere elette.
In base a tale decreto, le donne furono chiamate nel 1946 a votare alle prime elezioni amministrative del dopoguerra, che si svolsero a partire dal 10 marzo in cinque turni, Il decreto, che consentiva alle donne anche l’elettorato passivo, diede immediatamente i suoi frutti, infatti, già alle prime amministrative vi furono donne elette nelle amministrazioni locali, come Gigliola Valandro ( Democrazia Cristiana ) e Vittoria Marzolo Scimeni ( DC ) a Padova o Jolanda Baldassari (Democrazia Cristiana) e Liliana Vasumini Flamigni ( Partito Comunista Italiano ) a Forlì,
Nello stesso anno furono anche elette le prime due donne sindaco: Ada Natali ( Massa Fermana ) e Ninetta Bartoli ( Borutta ). Sempre in seguito al suddetto decreto del 10 marzo 1946, alle elezioni del 2 giugno 1946 per l’elezione dei deputati dell’ Assemblea Costituente, parteciparono anche le donne, sia come elettrici, sia come candidate.
Le elezioni del 1946 si svolsero assieme al Referendum istituzionale monarchia-repubblica, Furono elette ventuno deputate; cinque di esse ( Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Jotti, Teresa Noce, Lina Merlin ), faranno parte della Commissione per la Costituzione incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione repubblicana. Un ramo di mimosa, associato alla Giornata internazionale della donna Segno della disabitudine al voto femminile è presente nell’edizione del 2 giugno 1946 del Corriere della Sera, nell’articolo intitolato ” Senza rossetto nella cabina elettorale ” con il quale invitava le donne a presentarsi presso il seggio senza rossetto alle labbra.
- La motivazione è così spiegata: ” Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto.
- Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio.”,
Nel 1948, terminati i lavori dell’assemblea costituente, venne approvata la Costituzione della Repubblica italiana ; a conclusione di un travaglio durato oltre un secolo, il suo terzo articolo garantisce alle donne pari diritti e pari dignità sociale in ogni campo, compreso quello dell’elettorato attivo e passivo.
Chi poteva votare nel 1882?
Caratteristiche – Sotto il profilo del sistema elettorale, la legge era una plurinominale di lista: essa, cioè sostituì i collegi uninominali previsti dalla norma precedentemente in vigore con collegi plurinominali che eleggevano da due a cinque deputati,
- Il suffragio restava riservato ai maschi, ed era condizionato all’avvenuto compimento del ventunesimo anno d’età (la soglia precedente era di 25 anni).
- Tra costoro, avrebbe potuto votare solo chi sapeva leggere e scrivere e o avesse esibito la licenza del biennio elementare (che con la Legge Coppino del 1877 era statale e gratuito) oppure chi pagasse almeno 19,80 lire di imposte annue.
Per effetto di queste modifiche la base elettorale crebbe significativamente, passando dal 2,2% al 6,9% della popolazione. Agostino Depretis, esponente della sinistra storica, aveva fatto dell’allargamento della base elettorale un suo cavallo di battaglia.
Chi poteva votare nel 1800?
In Italia il diritto di voto nel 1861 era riservato ai soli cittadini maschi di età superiore ai 25 anni e di elevata condizione sociale. Nel 1881 il Parlamento approvò l’estensione del diritto di voto e fu ammessa anche la media borghesia; inoltre il limite d’età fu abbassato a 21 anni.
Che cosa prevedeva la riforma elettorale introdotta in Inghilterra nel 1832?
Contenuti della legge – La Riforma assegnò un numero più adeguato di seggi alla Camera dei Comuni alle grandi città che si erano sviluppate durante la rivoluzione industriale e diminuì i seggi spettanti alle circoscrizioni scarsamente popolate, i cosiddetti ” borghi putridi ” (in inglese rotten boroughs ).
Cosa vuol dire plurinominale?
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Il collegio plurinominale è un collegio elettorale in una porzione del territorio di uno Stato, I cittadini con diritto di voto che risiedono in un collegio eleggono nel caso del collegio uninominale un solo rappresentante in Parlamento mentre, nel caso di un collegio plurinominale, più di uno. Portale Politica : accedi alle voci di Wikipedia che trattano di politica
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del sistema elettorale maggioritario?
Il sistema uninominale – In molte democrazie anglosassoni e in molti Paesi francofoni, tra cui Gran Bretagna, Stati Uniti, India e Francia, viene utilizzato un sistema elettorale maggioritario basato su un collegio uninominale, In ciascun collegio elettorale è in palio un unico seggio, che viene assegnato al candidato che ottiene il maggior numero di voti, eliminando tutti gli altri.
- In alcuni sistemi è sufficiente ottenere la maggioranza relativa dei voti, in altri è necessario ottenere la maggioranza assoluta,
- Nei sistemi del secondo tipo, nel caso in cui nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta dei voti al primo turno di votazioni, è previsto un secondo turno, usualmente ma non sempre nella forma del ballottaggio,
Per ovviare alla necessità di scomodare gli elettori una seconda volta, ma volendo preservare il principio della maggioranza assoluta, in alcuni sistemi l’elettore può indicare una classificazione dei candidati e permettere così di redistribuire istantaneamente i voti dei candidati meno votati fino a che un candidato non ottenga la maggioranza assoluta.
Sul piano macroelettorale della determinazione del numero di seggi spettanti alle singole forze politiche, le formule maggioritarie uninominali tendono a produrre maggioranze parlamentari dotate di un numero di seggi più elevato rispetto alla percentuale di voti ottenuti dal partito o dalla coalizione che le compongono.
Queste formule regolano però soltanto l’aspetto microelettorale, in quanto l’elettore è chiamato unicamente a esprimere il voto per uno dei candidati presenti nel suo collegio. Siccome i partiti indicano prima delle elezioni la persona che proporranno come capo del governo, gli elettori possono indirettamente scegliere anche quest’ultimo.
- Con i sistemi maggioritari uninominali sono avvantaggiati i partiti che vincono di misura in molti collegi, mentre sono generalmente svantaggiati quelli che vincono in pochi collegi con grandi maggioranze.
- I partiti al governo possono talvolta modificare il disegno dei collegi in modo da aumentare il numero di collegi in cui sono favoriti, diminuendo eventualmente il margine di maggioranza su cui possono contare.
Il fenomeno si chiama tecnicamente gerrymandering, I sistemi uninominali favoriscono inoltre i partiti localistici o con forte base locale, mentre sfavoriscono i partiti che hanno una base elettorale fortemente delocalizzata e sparsa in modo piuttosto uniforme.
Cosa vuol dire essere proporzionale?
proporzionale in Vocabolario proporzionale agg. – 1. Di proporzione, attinente alle proporzioni. In musica, notazione p,, tipo di notazione in uso nella teoria mensurale, con la quale si regolavano i rapporti di durata dei suoni.2. Più comunem., di grandezza che è in proporzione con altra grandezza o con altro qualsiasi termine di riferimento; in matematica, due classi di grandezze o di numeri si dicono direttamente p,
- O semplicem.
- Proporzionali ), oppure inversamente p,, rispettivamente quando tra di esse intercorre una relazione di proporzionalità diretta oppure inversa (talvolta, nel linguaggio com., le locuz.
- Inversamente p.
- E, più di rado, direttamente p,
- Sono usate in modo improprio: per es., dicendo che «il prezzo di una casa è inversamente proporzionale alla sua distanza dal centro della città» si vuole intendere solo che al crescere della distanza il prezzo decresce, ma non che fra le due grandezze citate sussista un legame di proporzionalità inversa).
Il termine indica anche uno degli elementi di una proporzione nelle seguenti espressioni: medio p, tra due numeri a, b, il numero x tale che a : x = x : b ; quarto p, dopo tre numeri a, b, c, il numero x per cui si ha a : b = c : x, Analogam.: pena p,
- Alla colpa ; imposta p,, che cresce in proporzione al reddito, ad aliquota costante; rappresentanza p,
- Anche sostantivato al femm., la p,), e sistema p,, sistema elettorale che si basa sul principio di proporzionalità diretta, per il quale l’assegnazione dei seggi avviene in modo da assicurare alle diverse liste un numero di posti per quanto possibile proporzionale ai voti ottenuti da ciascuna lista (si contrappone di solito al sistema maggioritario ).
Dividere un numero « a » in parti direttamente p, (o semplicem. proporzionali ) a due o più numeri dati, trovare due o più numeri direttamente proporzionali ai numeri dati e la cui somma sia uguale ad « a »; dividere un numero « a » in parti inversamente p,
a numeri dati, operazione di sign. analogo, che equivale a dividere « a » in parti direttamente proporzionali agli inversi dei numeri dati. In fisica, contatore p, di particelle, contatore che fornisce impulsi la cui ampiezza è proporzionale all’energia delle particelle. Nella tecnica dei servosistemi e dei controlli automatici si dicono proporzionali i sistemi, e anche singoli componenti di essi, nei quali la grandezza d’uscita è proporzionale a quella d’entrata.
◆ Avv. proporzionalménte, in misura proporzionale: aumentare, diminuire proporzionalmente, : proporzionale in Vocabolario
Come funziona il sistema elettorale misto?
Storia e definizione – Secondo la definizione di Blais e Massicotte, un sistema misto è quel sistema che presenta contemporaneamente formule maggioritarie e proporzionali. Secondo un’altra visione, non ritenuta però precisa come la precedente, sono misti quei sistemi elettorali che producono, a livello di proporzionalità, risultati intermedi tra quelli maggioritari e quelli proporzionali.
- Come si può ben intuire, ciò che rende particolare il sistema elettorale misto è il fatto che esso sia composto da elementi classici, come in una sorta di mix, comuni ad entrambe le famiglie (proporzionale e maggioritario) alle quali si possono ricondurre tutte le leggi elettorali.
- Pur essendo stato l’austriaco Siegfried Geyerhahn il primo a ipotizzarli, essi si sono diffusi soprattutto durante gli anni novanta del secolo scorso, in varie parti del mondo ( Russia, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Ungheria, Albania ecc.).
Anche l’ Italia ne è un esempio poiché, dal 1993 al 2005, la legge elettorale vigente è stato il c.d. ” Mattarellum “. Inoltre, nell’ottobre 2017, il Parlamento ha approvato una nuova legge elettorale mista (che è stata usata a partire dalle elezioni del 2018): il c.d.
Come vengono distribuiti i seggi?
Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parita’ di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto e’ attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parita’ di quest’ultima, per sorteggio.
Cosa si intende per sezione elettorale?
La sezione elettorale è ciascuna delle circoscrizioni in cui è suddiviso il territorio di ogni comune italiano ai fini dell’organizzazione delle operazioni elettorali. Le sezioni elettorali di ciascun comune sono identificate da un numero progressivo.