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Cosa Prevede La Legge Sullo Ius Soli?

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. Lo ius soli nel mondo: Diritto di cittadinanza incondizionato per tutte le persone nate nel Paese ( ius soli automatico) Diritto di cittadinanza con alcune condizioni ( ius soli temperato) ius soli abolito Ius soli (in lingua latina «diritto basato sull’appartenenza al territorio» ) è un’espressione giuridica che indica l’acquisizione della cittadinanza di un dato Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.

  • Si contrappone allo ius sanguinis (o «diritto del sangue»), che indica invece la trasmissione alla prole della cittadinanza del genitore, sulla base pertanto della discendenza e non del luogo di nascita.
  • Quasi tutti i paesi del continente americano applicano lo ius soli in modo automatico e senza condizioni.

Alcuni paesi europei ( Francia, Germania, Irlanda e Regno Unito ) concedono altresì la cittadinanza ius soli, sebbene con alcune condizioni.

In che cosa consiste lo ius soli?

Lo ‘ ius soli ‘ fa riferimento alla nascita sul ‘suolo’, sul territorio dello Stato e si contrappone, nel novero dei mezzi di acquisto del diritto di cittadinanza, allo ‘ ius sanguinis ‘, imperniato invece sull’elemento della discendenza o della filiazione.

Che ius abbiamo in Italia?

Come si diventa cittadini italiani oggi? – In Italia, l’ è attualmente regolamentata dalla Legge 91 del 1992, che stabilisce il cosiddetto ius sanguinis, ovvero il diritto di cittadinanza sin dalla nascita per chi è figlio di uno o entrambi i genitori cittadini italiani.

La stessa legge prevede alcune salvaguardie contro l’apolidia e per chi ha genitori impossibilitati a trasmettere la propria cittadinanza. Anche i figli di ignoti trovati nel territorio italiano acquisiscono dalla nascita la cittadinanza italiana. Diverso è il caso dei minorenni di origine straniera nati in Italia.

Secondo le norme attualmente vigenti, solo coloro che hanno risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese fino al raggiungimento della maggiore età possono divenire cittadini italiani, presentando richiesta entro un anno dal compimento del diciottesimo compleanno,

  1. Una legge ormai superata nei fatti, per bambini, bambine e adolescenti che nascono e crescono in Italia insieme ai compagni di scuola, ma con meno diritti e opportunità.
  2. La mancata cittadinanza complica l’accesso ad attività extra scolastiche come la partecipazione a gite scolastiche e attività sportive.

mostra inoltre come il possesso o la privazione della cittadinanza sia un elemento intersezionale che segna i vissuti e le esperienze delle “nuove generazioni di origine immigrata ” in termini di socialità e partecipazione, insieme a molteplici altri fattori, come ad esempio la risorse cognitive e culturali, il genere e lo status socio-economico.

Al centro dell’intersezione tra appartenenze e culture diverse, i minorenni con background migratorio sviluppano infatti la loro identità in un contesto di relazioni multiple, sia con i gruppi di origine che con gli autoctoni, esponendosi a condizioni di vulnerabilità e discriminazione, spesso legate a stereotipi e costruzioni sociali e culturali della diversità: «uno si sente diverso solo quando qualcun altro lo definisce così».

(partecipante focus group) Non riconoscere la cittadinanza italiana a questi bambini, bambine e giovani rischia di limitate il loro senso di appartenenza al territorio, alla comunità, e limitare il desiderio di partecipare alla vita sociale dei quartieri.

Quando si applica lo ius soli in Italia?

Disciplinato dalla Legge 91/1992 artt.1 comma 1 lett. a) e b) e comma 2, art 2 comma 2, art.4 c.2. La cittadinanza italiana è trasmessa secondo il principio dello ius sanguinis da genitore a figlio. Il principio dello ius soli invece prevede che la cittadinanza sia acquisita per il fatto di essere nati sul territorio dello stato e non è prevista dall’ordinamento italiano eccetto in rari casi (figlio di ignoti, apolidi o impossibilità di trasmissione della cittadinanza dei genitori).

  1. Sono italiani i figli di almeno un genitore italiano, i figli di ignoti o apolidi nati nel territorio della Repubblica, i discendenti di italiani che riescano a dimostrare la catena parentale fino al capostipite cittadino italiano.
  2. La discendenza dovrà essere dimostrata tramite gli atti di stato civile (nascita, matrimonio e morte).

La domanda, corredata dalla documentazione, può essere presentata o alla rappresentaza diplomatica italiana nel paese di origine o, se già in Italia, all’ufficio anagrafe del comune dove si risiede. Ai fini dell’iscrizione anagrafica del cittadino straniero discendente da cittadino italiano entrato per un soggiorno di breve periodo (ad es.

  • Turismo/affari), per il quale non è più previsto il rilascio di un permesso di soggiorno, è sufficiente la dichiarazione di presenza,
  • I cittadini stranieri nati in Italia seguono dunque la nazionalità dei propri genitori a meno che non possano seguire la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato di appartenenza.

I figli di cittadini stranieri che nascono in Italia e vi risiedono ininterrottamente fino al compimento della maggiore età possono, entro un anno dal compimento dei 18 anni, dichiarare di voler acquisire la cittadinanza. La domanda va presentata presso l’ufficio anagrafe del comune dove si ha la residenza con la documentazione comprovante la residenza ininterrotta in Italia dalla nascita.Chi viene riconosciuto per via giudiziale figlio di cittadino italiano, se è minorenne acquista la cittadinanza automaticamente e se è maggiorenne entro un anno dalla sentenza deve dichiarare di voler eleggere la cittadinanza italiana.

Chi ha lo ius soli in Europa?

Il confronto con gli altri stati dell’UE – Secondo il Migrant Integration Policy Index, l’Italia nel 2019 era al quattordicesimo posto sui 27 paesi dell’Unione Europea a pari merito con la Grecia per facilità nella concessione della cittadinanza con un punteggio (sulla base del numero di anni di residenza richiesti per la naturalizzazione, vincoli alla cittadinanza per i figli degli stranieri, certificazione linguistica, esame di educazione civica, assenza di precedenti penali e la possibilità di avere la doppia cittadinanza) di 40 contro una media europea pari a 44,7 (Fig.1).

Escludendo però l’Est Europa siamo però al tredicesimo posto su 16 paesi e la media aumenterebbe a 57,1 (Fig.2). Inoltre, la tendenza è negativa: dal 2013 al 2019, l’Italia ha perso 6 punti e due posizioni. Questo è dovuto principalmente ai decreti sicurezza del governo Conte I che hanno introdotto requisiti più stringenti per la cittadinanza, come: (i) l’obbligatorietà della certificazione attestante la conoscenza della lingua italiana a livello almeno B1; (ii) l’aumento del contributo richiesto necessario per richiedere la cittadinanza, passato da 200 a 250 euro; (iii) l’aumento da due a quattro anni del termine massimo per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione.

Quest’ultimo criterio è stato modifcato con la nuova legge sulla cittadinanza che ha ristabilito la durata massima pari a tre anni. Tornando alle condizioni per la concessione della cittadinanza ai minorenni figli di stranieri, la situazione nei vari paesi dell’UE si può categorizzare come segue:

Ius soli : nessun paese membro dell’Unione Europea prevede lo ius soli che lega la cittadinanza al luogo di nascita, approccio invece seguito dalla maggior parte degli stati del continente americano (83 per cento dei paesi inclusi gli USA, Canada, Brasile e Messico); Ius soli “temperato” : Belgio, Germania, Irlanda e Portogallo prevedono una forma di ius soli “temperato” che consente di acquisire la cittadinanza alla nascita se i genitori, seppur stranieri, abbiano risieduto nel paese per un certo periodo di tempo; Doppio ius soli : in Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna è prevista la cittadinanza alla nascita se almeno uno dei genitori è nato nel paese in questione; Doppio ius soli “temperato” : solo la Grecia applica questo principio. Si richiede, oltre alla nascita di almeno uno dei due genitori nel paese in questione, la residenza permanente. Ius scholae : dei rimanenti 18 paesi dell’UE nessuno lo prevede. L’Italia, di conseguenza, potrebbe essere di fatto il primo paese europeo a introdurlo.

Il Migrant Integration Policy Index è un indice redatto dal CIDOB e dal Migration Policy Group che misura le politiche per l’integrazione di 56 paesi nei paesi (compresi tutti gli stati membri dell’UE) dal 2007 al 2019. Questo indice è stato utilizzato in diverse occasioni anche dalla Commissione Europea.

Chi ha proposto lo ius soli in Italia?

Giovanni Malagò, presidente del CONI, ha infatti proposto lo ius soli sportivo.

Come si fa a perdere la cittadinanza italiana?

Il Cittadino Italiano che trasferisce la propria residenza in un Paese straniero, può acquisirne la Cittadinanza secondo le modalità dettate dalla normativa di quello stesso Stato. Nel caso in cui un cittadino Italiano acquisti volontariamente la cittadinanza di un Paese straniero, conserva anche quella Italiana.

La normativa vigente (Legge 91 del 05.02.1992) permette, infatti, al Cittadino Italiano di possedere più cittadinanze.Tuttavia, a seguito della Convenzione di Strasburgo, alla quale l’Italia ha aderito assieme ad altri paesi Europei (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia), l’acquisizione volontaria della Cittadinanza di uno degli Stati aderenti, comporta necessariamente, per il Connazionale, la perdita della Cittadinanza Italiana, venendo quindi meno il principio della ”pluripolidia”, cioé della possibilità di avere più cittadinanze.

Tale Convenzione è stata aggiornata dalla sottoscrizione da parte di: Italia, Francia e Olanda, di un protocollo sulla base del quale non è più prevista la perdita della Cittadinanza originaria, al verificarsi di una delle seguenti fattispecie:

il Cittadino Italiano nato e residente in Francia o in Olanda, non perde la Cittadinanza Italiana nel caso di acquisto di quella Francese o Olandese; il Cittadino Italiano, che acquisti la Cittadinanza Francese o Olandese per aver risieduto in uno dei due Paesi, anteriormente al compimento del diciottesimo anno di età, per il periodo di tempo richiesto, non perde la Cittadinanza Italiana; il Cittadino Italiano che acquista la Cittadinanza Francese o Olandese a seguito di matrimonio con un Cittadino o Cittadina di uno dei due Stati, non perde la Cittadinanza Italiana.

L’Articolo 11 della Legge 91/92 prevede, inoltre, la possibilità per il Connazionale che risiede stabilmente in un Paese Straniero ed è in possesso della Cittadinanza di quello Stato, di inoltrare rinuncia alla Cittadinanza Italiana, attraverso una specifica dichiarazione, da rendere innanzi alla competente autorità diplomatico-consolare Italiana all’Estero di prima categoria.

Perde la Cittadinanza Italiana l’adottato, la cui adozione gli venga revocata per sua colpa. Perde la Cittadinanza Italiana il Cittadino che accetti un impiego o una carica pubblica da uno Stato o da un ente pubblico estero o da un ente internazionale in cui l’Italia non sia membro e non ottemperi nel termine fissato all’intimazione rivoltagli dall’Italia di abbandonare il predetto Stato. Perde la Cittadinanza Italiana chi, durante lo stato di guerra contro un altro Stato abbia accettato o mantenuto un impiego o carica pubblica oppure vi abbia svolto il servizio militare senza esservi obbligato, o ne abbia acquistato volontariamente la Cittadinanza.

I Cittadini che abbiano perso la Cittadinanza Italiana, a seguito di acquisto della Cittadinanza di uno degli Stati aderenti alla Convenzione di Strasburgo o di un qualsiasi Stato Straniero, prima dell’entrata in vigore della Legge 91/92, possono riacquistare la Cittadinanza Italiana rientrando in Italia fissando la residenza in un Comune Italiano.

per arruolamento volontario nell’esercito di uno Stato straniero; per svolgimento di un incarico pubblico presso uno Stato estero nonostante gli venga espressamente vietato dal Governo italiano; se durante lo stato di guerra con uno Stato estero, il cittadino abbia prestato servizio militare; abbia acquistato la cittadinanza di quello Stato; in caso di revoca dell’adozione per fatto imputabile all’adottato a condizione che detenga o acquisti un’altra cittadinanza.

Per rinuncia

l’adottato maggiorenne, a seguito di revoca dell’adozione per fatto imputabile all’adottante, può rinunciare alla cittadinanza italiana sempre che detenga o riacquisti un’altra cittadinanza; il cittadino italiano, qualora risieda o stabilisca la propria residenza all’estero e se possiede, acquista o riacquista un’altra cittadinanza, può rinunciare alla cittadinanza italiana; il maggiorenne che ha conseguito la cittadinanza italiana da minorenne a seguito di acquisto o riacquisto della cittadinanza da parte di uno dei genitori, può rinunciarvi alla condizione che detenga un’altra cittadinanza.

Nota bene: il minorenne non può mai perdere la cittadinanza italiana, nemmeno se uno dei genitori la perde o riacquista una cittadinanza straniera.

Chi nasce in Svizzera è cittadino svizzero?

La cittadinanza svizzera è acquisita tramite filiazione. Ciò significa che alla nascita il figlio riceve la cittadinanza svizzera dei genitori. Nel caso dello ‘ius soli’, invece, è il luogo di nascita a determinare la cittadinanza.

Dove si trova lo ius soli?

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. Lo ius soli nel mondo: Diritto di cittadinanza incondizionato per tutte le persone nate nel Paese ( ius soli automatico) Diritto di cittadinanza con alcune condizioni ( ius soli temperato) ius soli abolito Ius soli (in lingua latina «diritto basato sull’appartenenza al territorio» ) è un’espressione giuridica che indica l’acquisizione della cittadinanza di un dato Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.

Si contrappone allo ius sanguinis (o «diritto del sangue»), che indica invece la trasmissione alla prole della cittadinanza del genitore, sulla base pertanto della discendenza e non del luogo di nascita. Quasi tutti i paesi del continente americano applicano lo ius soli in modo automatico e senza condizioni.

Alcuni paesi europei ( Francia, Germania, Irlanda e Regno Unito ) concedono altresì la cittadinanza ius soli, sebbene con alcune condizioni.

Come ottenere ius soli?

Dopo un percorso formativo: ius culturae – I minori stranieri nati nel nostro Paese o arrivati entro i 12 anni di età possono diventare italiani dimostrando di aver frequentato regolarmente almeno 5 anni di percorso formativo. Possono essere uno o più cicli scolastici, oppure corsi di istruzione professionale triennali o quadriennali che diano una qualifica.

  • Nel caso sia la scuola primaria, essa deve essere completata.
  • Si tratta del cosiddetto ius culturae.
  • La domanda va presentata da uno dei due genitori entro il compimento della maggiore età del figlio, altrimenti potrà essere presentata dal diretto interessato diventato maggiorenne, che avrà due anni di tempo per farlo.

Se un minore arriva in Italia con genitori stranieri sopo i 12 anni di età, può diventare cittadino italiano sopo 6 anni e il superamento di un ciclo di studi.

Cosa prevede il progetto di riforma del 2015 dello ius soli?

Sono più di 900 mila i figli di immigrati che aspettano la riforma della cittadinanza, dopo gli equivoci creati dallo slogan “ius soli”. I margini per un compromesso in Parlamento ci sono. Sarebbe invece un errore aspettare la prossima legislatura. Una riforma necessaria Diciotto anni di residenza ininterrotta, per i figli nati in Italia da genitori immigrati, prima di poter fare domanda per diventare cittadini.

  • Appare sempre di più una ferita della nostra democrazia la norma della legge 91 del 1992, che venne approvata all’unanimità dal nostro Parlamento.
  • Ne fanno le spese i figli degli immigrati nati in Italia che, secondo le stime accreditate dal Centro di ricerche Idos, erano 800 mila due anni fa e oscillano ora tra i 900 mila e il milione.
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Nell’anno scolastico 2018-2019 i giovani stranieri iscritti, dalle materne alle superiori, erano 858 mila, dei quali 553 mila nati nel nostro paese. Favorirne l’integrazione attraverso norme meno impietose sulla cittadinanza, sembra un’esigenza improcrastinabile.

  • Il 14 marzo, nel discorso all’assemblea nazionale che lo avrebbe proclamato segretario del Pd, Enrico Letta ha promesso il suo impegno.
  • Poco più di due mesi dopo, il 26 maggio, lo ha ribadito a un convegno delle Acli.
  • Se si crede davvero nel diritto di cittadinanza di questi bambini e di questi ragazzi, occorre prendere atto anche degli errori commessi e porvi rimedio con una triplice correzione di rotta.

Primo, è necessario cambiare la narrazione, scandita finora in modo martellante da un termine, “ius soli”, che ha generato molti equivoci. Secondo, vanno cercate con ostinazione le alleanze politiche necessarie a condurre l’iniziativa in porto. Terzo, e di conseguenza, è opportuno essere disposti ad apportare alcune modifiche al proprio progetto originario.

Gli equivoci generati dal termine “ius soli” La riforma, approvata nel 2015 dalla Camera e inabissatasi due anni dopo al Senato, si basava su due pilastri: concedere la cittadinanza ai bimbi nati in Italia da genitori non Ue, dei quali almeno uno possedesse un permesso di lungo soggiorno (che può essere richiesto solo dopo cinque anni di residenza regolare) e prevedere il cosiddetto “ius culturae”, e cioè la possibilità che un minore non nato in Italia conquisti da solo la cittadinanza attraverso un ciclo scolastico.

Ma l’uso del termine “ius soli” si è rivelato un autentico boomerang per il successo della proposta. Ha infatti spalancato le porte a una facile e di fatto vincente propaganda degli anti-riforma, quella secondo cui chi nasce da noi diventerebbe automaticamente italiano, nella versione di “ius soli assoluto”, all’americana.

Trasformandoci, con gli arrivi dall’Africa, “nella più grande sala parto del Mediterraneo”. Senza contare che lo “ius soli” in Italia c’è già: quello “temperatissimo” dei 18 anni di residenza ininterrotti dalla nascita, che con la riforma sarebbe diventato “temperato”. Distinzioni per iniziati, che non arrivano alla gente, ai social e nemmeno ai titoli dei giornali e delle tv.

L’esempio tedesco La Germania, da sempre considerata una delle roccaforti dello “ius sanguinis”, ha approvato nel 2000 una legge che assicura la cittadinanza ai bimbi nati da genitori non Ue, che risiedano sul suolo tedesco da almeno otto anni e siano dotati di permesso di lungo soggiorno.

  • Se i promotori della riforma italiana ne fossero stati consapevoli, sarebbe stato molto più efficace parlare, invece che di “ius soli”, di “cittadinanza alla tedesca”.
  • Nel corso di un seminario organizzato il 30 ottobre 2019 alla Camera dalla Fondazione De Benedetti, e guidato da Tito Boeri, Helmut Reiner, dell’università di Monaco aveva elencato i vantaggi prodotti dalla legge in vent’anni di applicazione: le frequenze all’asilo dei bimbi “ex stranieri” sono aumentate del 40 per cento, si è ridotta l’età delle iscrizioni alla scuola primaria e sono salite del 40 per cento le iscrizioni dei figli degli immigrati alle superiori, che poi aprono le porte all’università.

La “cittadinanza alla tedesca” non tiene conto però dell’altro pilastro della riforma abortita: il fatto che un minore non nato in Italia si possa guadagnare la naturalizzazione con i cicli scolastici. E allora uno slogan condivisibile per rilanciare il progetto potrebbe essere “l’equa cittadinanza” di bambini e minori.

  • Avviare appena possibile un confronto politico Un progetto di tale rilievo non si conduce da soli.
  • È il partito di Enrico Letta, che ha risollevato il tema, a dover prendere l’iniziativa.
  • Sarebbe necessario consultare per primi gli alleati 5 Stelle, ma il divorzio appena sancito fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sembra imporre una forzata attesa.

Ai leader del Movimento va ricordato che il 14 giugno del 2013 avevano presentato alla Camera una proposta di legge ben più radicale della riforma fallita: bastava un genitore residente da tre anni nel nostro paese per rendere cittadino il bimbo nato in Italia.

  • Non un’iniziativa isolata di un singolo deputato, ma un documento di 95 firme, con dentro tutto il Gotha del Movimento: da Luigi Di Maio a Roberto Fico, da Laura Castelli a Fabiana Dadone, da Alessandro Di Battista a Danilo Toninelli.
  • Se il tema della cittadinanza per bambini e ragazzi era per i 5 Stelle ben maturo otto anni fa, come non potrebbe esserlo oggi, quando le seconde generazioni sono ben più consistenti? Bisognerebbe poi coinvolgere i partiti di centro e di destra moderata, ricordando ad esempio che Gianfranco Fini da presidente della Camera, nel 2009, appoggiò la proposta bipartisan di riforma presentata da Andrea Sarubbi del Pd e Fabio Granata del Pdl.

Concordare alcune modifiche Una trattativa sulla cittadinanza di bambini e minori, naturalmente, comporta la disponibilità ad accettare modifiche al testo di legge originario. Partendo dal pilastro della riforma, che un bimbo nato in Italia sia italiano se proveniente da una famiglia integrata (di cui il permesso permanente è la prova), si potrebbe ad esempio introdurre il principio che la cittadinanza maturi alla nascita, ma sia conferita ufficialmente con una cerimonia a scuola, in quinta elementare.

Sono certamente opportune alcune modifiche alla parte “ius culturae”, che non ha precedenti nella normativa degli altri paesi d’Europa. Nel progetto abortito si ammetteva ad esempio la possibilità di diventare italiani anche attraverso un corso triennale di formazione professionale, che invece serve a imparare un mestiere e, da solo, non può far diventare cittadini.

È poi forse troppo elevata l’età limite di ingresso in Italia (12 anni) ammessa per poter fruire di questa opportunità. Ancora, è necessario che il ciclo scolastico a cui il minore sia iscritto venga in ogni caso superato (e non soltanto se si tratta di scuola elementare): la semplice frequenza non può bastare.

  • Al limite del compromesso, si potrebbe addirittura discutere di rendere necessario per i minori non nati in Italia il superamento non di uno, ma di due cicli scolastici per poter ottenere la cittadinanza italiana: elementari e medie inferiori o medie inferiori e superiori.
  • I margini di una razionale trattativa, almeno sulla carta, sembrano esserci.

La speranza è che il confronto possa essere avviato nei tempi più brevi possibili. Se si rinvia a una nuova legislatura, il cui quadro politico non promette di essere più favorevole, e si continua a sbandierare lo slogan harakiri dello “ius soli”, la riforma non passerà mai.

Quante cittadinanza si possono avere?

La legge italiana riconosce la possibilità di essere cittadini di più stati. Ovvero è riconosciuto il diritto di avere la doppia o la plurima cittadinanza. Questo vale sia per i cittadini italiani che si trasferiscono all’estero in modo stabile, e vogliono ottenere anche la cittadinanza del paese in cui vivono.

Quali sono i paesi europei che non aderiscono ancora oggi al regime di ius soli?

Stati europei senza lo ius soli – Gli Stati europei che non hanno lo ius soli invece sono: Grecia, Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Italia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia.

Chi è nato in Italia ha la cittadinanza italiana?

La cittadinanza italiana è uno status del cittadino in base al quale l’ordinamento giuridico italiano riconosce la pienezza dei diritti civili e politici. La cittadinanza si acquista automaticamente:

per nascita : si parla di “ius sanguinis”, ovvero per discendenza diretta da almeno un genitore in possesso della cittadinanza italiana. Un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano; per nascita sul territorio italiano : un bambino nato in Italia da genitori ignoti o apolidi o stranieri appartenenti a Stati la cui legislazione non preveda la trasmissione della cittadinanza dei genitori al figlio nato all’estero acquista la cittadinanza italiana. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza; per adozione: il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza di diritto; per riconoscimento o dichiarazione giudiziale della filiazione: se un cittadino italiano riconosce, in un momento successivo alla nascita, un figlio minorenne, questi acquista automaticamente la cittadinanza italiana. Se maggiorenne, questi conserva la propria cittadinanza ma può (entro un anno dal riconoscimento, dalla dichiarazione giudiziale o dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero) dichiarare di scegliere la cittadinanza italiana; per acquisto o riacquisto da parte dei genitori: il figlio minore di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana acquista direttamente la cittadinanza purché conviva in modo stabile ed effettivo con esso.

La cittadinanza si può invece richiedere:

per acquisto volontario: se discendenti da cittadino/a italiano/a per nascita, fino al secondo grado, che abbia perso la cittadinanza, in presenza di determinati requisiti (svolgendo servizio militare nelle forze armate e dichiarando preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana; oppure assumendo pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiarando di voler acquistare la cittadinanza italiana; oppure risiedendo legalmente in Italia due anni al raggiungimento della maggiore età e dichiarando, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana); per nascita sul territorio italiano da genitori stranieri : un bambino nato in Italia da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”; per matrimonio o unione civile; per residenza.

Per nascita sul territorio italiano da genitori stranieri Gli stranieri nati in Italia possono acquistare la cittadinanza italiana se hanno risieduto nel territorio nazionale legalmente e senza interruzioni fino al compimento della maggiore età. La dichiarazione si presenta direttamente presso il proprio Comune di residenza che, nei sei mesi precedenti al compimento dei diciotto anni, deve comunicare all’interessato che, entro il termine di un anno dal compimento della maggiore età, può presentare dichiarazione di voler acquisire la cittadinanza.

Se il Comune di residenza non fornisce tale informazione, il neo maggiorenne potrà formalizzare la richiesta anche dopo il compimento di 19 anni. Non è richiesto il soddisfacimento né del requisito reddituale né di quello penale. Per matrimonio/unione civile L’art 5 della legge n.91/92 prevede che il cittadino, straniero o apolide, coniugato con cittadino/a italiano/a può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio o unione civile, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero qualora, al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.

Nel caso ci siano dei figli, nati o adottati dalla coppia, i termini vengo ridotti della metà. Per residenza La legge prevede diversi termini di residenza a seconda delle varie ipotesi ed impone obbligatoriamente che la residenza sia legale, ininterrotta ed attuale fino alla conclusione della procedura di concessione della cittadinanza.

Cittadino extracomunitario residente in Italia da almeno 10 anni. Cittadino U.E. residente in Italia da almeno 4 anni. Cittadino apolide o rifugiato residente in Italia da almeno 5 anni. Cittadino straniero maggiorenne nato in Italia e residente da almeno 3 anni. Cittadino straniero con genitori o ascendenti in linea retta di secondo grado cittadini italiani per nascita, dopo 3 anni di residenza in Italia. Cittadino straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano, residente in Italia da almeno 5 anni, successivi all’adozione. Cittadino straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno 5 anni alle dipendenze dello Stato Italiano. Dopo 7 anni di residenza nel caso di straniero affiliato da cittadino italiano prima dell’entrata in vigore della L.184/1983 (art.21 L.91/1992).

Attenzione! Per tutti i cittadini stranieri che presentano domanda di cittadinanza per residenza è richiesto il possesso di un altro requisito, quello del reddito personale o familiare (in quest’ultimo caso si intende il reddito di tutti i componenti registrati nello stesso stato di famiglia del richiedente).

euro 8.263,31 per richiedenti senza persone a carico; euro 11.362,05 per richiedenti con coniuge a carico, aumentabili di euro 516,00 per ogni ulteriore persona a carico.

Tale limite reddituale deve sussistere ed essere garantito per tutta la durata della procedura di concessione della cittadinanza. COME PRESENTARE LA DOMANDA Lo straniero può presentare la domanda di concessione della cittadinanza italiana esclusivamente ON LINE, registrandosi sul portale del Ministero dell’Interno al seguente link: www.portaleservizi.dlci.interno.it Dal 18 giugno 2015 questa è la sola modalità di presentazione ammessa.

Eseguita la registrazione, lo straniero dovrà compilare telematicamente il modulo di domanda, indicare nell’apposito spazio gli estremi della marca da bollo e allegare in formato elettronico, nelle apposite sezioni del modulo, tutta la documentazione richiesta. Terminata la procedura, al cittadino straniero richiedente viene rilasciato il numero della pratica che gli servirà poi a rintracciare lo stato di avanzamento della richiesta sul portale dedicato e viene attivata l’istruttoria.

Dopo aver presentato la domanda, collegandosi al portale lo straniero potrà visualizzare tutte le comunicazioni a lui inviate dalla Prefettura concernenti l’avvenuta accettazione della sua domanda e l’avvio del procedimento e l’eventuale irregolarità della documentazione allegata.

COME COMUNICARE CON IL MINISTERO DELL’INTERNO Sono attive le nuove modalità per comunicare con gli uffici del Ministero dell’Interno esclusivamente on line : gli interessati o i loro legali rappresentanti sono invitati a comunicare con la Direzione Centrale per i Diritti civili, la Cittadinanza e le Minoranze, utilizzando il seguente indirizzo di posta elettronica certificata: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots.

È necessario abilitare JavaScript per vederlo. specificando nell’oggetto della mail il numero identificativo della pratica di riferimento (K10/K10C/.). Per verificare la propria pratica di cittadinanza e leggere le comunicazioni ricevute si deve accedere all’area riservata.

06/46539955 Lunedì/mercoledì 3346909996 mercoledì 3316536673 venerdì

LA NUOVA LEGGE SULLA CITTADINANZA ITALIANA Il Governo ha emanato la Legge 18 dicembre n.173 del 2020 che converte in legge il Decreto Legge n.21 ottobre 2020 n.130 recante “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare”, che ha l’obiettivo di emendare, ma solo parzialmente, il Decreto Sicurezza e Immigrazione (Decreto Legge n.113 del 2018, convertito con Legge n.132 del 2018) varato dal precedente Governo ed in vigore dal 5 ottobre 2018.

La nuova legge è entrata in vigore il 20 dicembre 2020. In particolare, il nuovo Decreto Legge n.130/2020 ha ridotto il precedente termine di durata massima dei procedimenti di cittadinanza italiana (48 mesi) ripristinando il termine dei 24 mesi (due anni) prorogabile fino ad un massimo di 36 mesi. Ciò significa quindi, che dal momento della presentazione della domanda il Ministero dell’Interno avrà 24 mesi di tempo prorogabili fino ad un massimo di 3 anni per emettere un provvedimento (positivo o negativo).

Attenzione! Purtroppo tale novità normativa non è retroattiva: questo significa che il beneficio del nuovo termine ridotto varrà solamente per le nuove domande presentate al Ministero dell’Interno dal giorno successivo dall’entrata in vigore della Legge di conversione del nuovo decreto (20 dicembre 2020),

  1. Sono quindi escluse tutte le domande presentate precedentemente e già in corso prima dell’entrata in vigore della nuova Legge, a cui rimane applicabile il termine di 48 mesi (4 anni).
  2. LEGGI LA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO SUI TERMINI DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO DECRETO SICUREZZA, COSA CAMBIA PER LA CITTADINANZA ITALIANA? Il Il Decreto Legge n.113 del 4 ottobre 2018, convertito dalla legge n.132 del 2018, è entrato in vigore il 5 ottobre 2018.
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Il Decreto interviene sulle procedure di acquisizione della cittadinanza italiana, Viene anche portata da 24 a 48 mesi il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione, IMPORTANTE! Le nuove regole sul termine di conclusione dei procedimenti (4 anni) si applicano ai nuovi procedimenti, alle pratiche già presentate e ai procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore del Decreto ( Attenzione! Con la nuova legge sulla cittadinanza il termine dei 4 anni è stato ridotto a 24 mesi, prorogabile fino ad un massimo di 36 mesi, ma esclusivamente per le domande presentate dopo il 20 dicembre 2020.

  • Per le vecchie domande già presentate o in corso prima di tale data, continua ad applicarsi il termine dei 4 anni).
  • Inoltre, il Decreto inserisce un’ulteriore condizione richiesta per l’acquisto della cittadinanza da parte di stranieri per matrimonio e per residenza: quella di un’ adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1, del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER).

A tal fine i richiedenti, esclusi quelli che hanno sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’art.4-bis del D.lgs.n.286/98 o che siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (art.9 D.lgs.n.286/98), sono tenuti, all’atto della presentazione dell’istanza, ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o privato riconosciuto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale o dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca; ovvero a produrre apposita certificazione rilasciata da un Ente certificatore riconosciuto dal MAECI O MIUR.

Ancora, il contributo richiesto (istituito nel 2009 durante il governo Berlusconi all’interno del “pacchetto sicurezza”) per gli atti relativi alla cittadinanza italiana aumenta, passando da 200 euro a 250 euro, Il Decreto introduce la possibilità di revocare la cittadinanza a chi l’ha acquisita (straniero che ha acquisito la cittadinanza dopo dieci anni di residenza in Italia, apolide che ha acquisito la cittadinanza dopo cinque anni di residenza in Italia, figlio di stranieri nato in Italia che ha acquisito la cittadinanza dopo i 18 anni, coniuge di cittadino italiano, straniero maggiorenne adottato da italiano) nel caso abbia commesso alcuni reati connessi al terrorismo.

La revoca è possibile entro tre anni dalla condanna definitiva per reati legati al terrorismo, per decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno. RIFERIMENTI NORMATIVI Legge 5 febbraio 1992, n.91. Nuove norme sulla cittadinanza DPR 12 ottobre 1993, n.572.

A cosa serve avere la cittadinanza italiana?

Vantaggi della cittadinanza italiana – Il cittadino straniero che ottiene la cittadinanza:

Può circolare liberamente in tutti gli stati dell’Unione Europea e può decidere di stabilirsi e lavorare in uno di questi stati (con il permesso di soggiorno questo non è possibile) Può votare ed essere eletto in Italia Può ricoprire pubblici incarichi e pubbliche funzioni (a parità di titoli di studio e qualifiche professionali un cittadino straniero con permesso di soggiorno non può ricoprire pubblici incarichi e pubbliche funzioni).

Cosa Prevede La Legge Sullo Ius Soli Mi ero rivolto all’Avv. Susanna Tosi e al team di Avvocato Cittadinanza in quanto la Questura non voleva concedermi la Carta di soggiorno per problemi di idoneità alloggiativa. Gli Avvocati mi hanno spiegato che, essendo residente da oltre dieci anni, avrei potuto ottenere comunque, direttamente, la cittadinanza italiana.

Chi nasce in America ha la cittadinanza americana?

Ius soli – La legge sulla cittadinanza statunitense, come in altri casi di paesi americani o ex colonie di stati europei, prevede lo ius soli e cioè la possibilità di essere cittadini per il fatto di essere nati sul territorio della repubblica. Tale condizione risulta così importante per motivi storici (gli USA sono un paese che ha accresciuto la sua popolazione grazie alle intense migrazioni nei secoli) ed è ancora più importante se si considera che la condizione fondamentale e inderogabile per l’eleggibilità di un candidato alla presidenza degli Stati Uniti d’America è la cittadinanza statunitense dalla nascita.

Chi non ha la cittadinanza?

1) Chi è un apolide? – Un apolide (dal greco a-polis “senza città”) è un uomo o una donna che non possiede la cittadinanza di nessuno stato. Sono circa 10 milioni gli apolidi nel mondo (si tratta di una stima, non esiste una cifra esatta). Alcuni apolidi sono anche rifugiati, ma non tutti i rifugiati sono apolidi e molti apolidi non hanno mai attraversato una frontiera.

Cosa vuol dire diritto di sangue?

ius sanguinis in Vocabolario – Treccani ius sanguinis loc.s.le m. Principio del diritto per cui un individuo ha la cittadinanza di uno Stato se uno dei propri genitori o entrambi ne sono in possesso. ◆ Se in Argentina vige infatti lo «ius soli» e nascervi è sufficiente per diventarne a tutti gli effetti cittadini, il nostro diritto riconosce lo «ius sanguinis»: chi è figlio di italiani lo è a sua volta.

Carla Reschia, Stampa, 29 agosto 1989, p.2, Alessandria e Provincia) • “Mi fanno un po’ sorridere questi quiz improvvisati di italianità che si fanno nelle questure: se si vuole essere rigorosi, e verificare lo stato di integrazione dei richiedenti, allora i criteri devono essere seri. Ecco perché la nuova legge propone la concessione della cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia dopo un ciclo di studi.

Lo ius sanguinis aveva un senso quando si voleva proteggere gli italiani che emigravano all’estero, ma la società è cambiata ed è arrivata l’ora di adeguarci”. (Cristina Giudici, Foglio.it, 24 ottobre 2009, Articoli) • La cittadinanza italiana è oggi basata principalmente sul cosiddetto ius sanguinis (diritto di sangue), in base al quale il figlio nato da padre italiano o da madre italiana è italiano.

Niente ius soli, dunque, ovvero il diritto di cittadinanza acquisito per il semplice fatto di essere nati in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori. ( Giornale.it, 22 novembre 2011, Politica) • Ancora nel nostro paese si è italiani per diritto di sangue: “ius sanguinis”.

Anche chi è nato in terra italiana quindi, resta straniero. Chi gioca, va a scuola, cresce con i bimbi italiani non è italiano. (Giovanna Casadio, Repubblica, 24 gennaio 2017, p.15, Interni). Dal lat. giuridico ius sanguinis (‘diritto basato sui legami di sangue’).

Chi nasce in Inghilterra ha la cittadinanza inglese?

Non sempre infatti chi è nato nel Regno Unito è per forza cittadino britannico. Se vostro figlio è britannico di nascita, ha diritto di richiedere il passaporto britannico per dimostrare la cittadinanza.

Perché si è apolidi?

Definizione – Si diventa apolidi:

per origine, quando non si è mai goduto di diritti né mai sottoposti ai doveri di alcuno Stato; per derivazione a causa di varie ragioni, tutte conseguenti alla perdita di una pregressa cittadinanza e alla mancanza di una contestuale acquisizione di una nuova.

Le ragioni possono essere:

annullamento della cittadinanza da parte dello Stato, per ragioni politiche, etniche, di sicurezza o altro; perdita di privilegi acquisiti in precedenza (per esempio la cittadinanza acquisita per matrimonio ); rinuncia volontaria alla cittadinanza.

Si diventa apolidi in senso formale solo tramite rinuncia espressa alla propria cittadinanza naturale.

Cosa non possono fare gli apolidi?

Non possono avere un lavoro, aprire un conto in banca, comprare una casa, sposarsi A chi è apolide non viene riconosciuto il diritto fondamentale alla nazionalità, quindi non può godere dei diritti legati ad essa.

Quanto tempo posso stare fuori dall’Italia senza perdere la cittadinanza?

Chi possiede un permesso di soggiorno UE, può uscire dall ‘Unione Europea per un periodo massimo di 12 mesi consecutivi. Superato tale limite, la carta di soggiorno può essere revocata.

Come si ottiene lo ius soli?

Dopo un percorso formativo: ius culturae – I minori stranieri nati nel nostro Paese o arrivati entro i 12 anni di età possono diventare italiani dimostrando di aver frequentato regolarmente almeno 5 anni di percorso formativo. Possono essere uno o più cicli scolastici, oppure corsi di istruzione professionale triennali o quadriennali che diano una qualifica.

  1. Nel caso sia la scuola primaria, essa deve essere completata.
  2. Si tratta del cosiddetto ius culturae.
  3. La domanda va presentata da uno dei due genitori entro il compimento della maggiore età del figlio, altrimenti potrà essere presentata dal diretto interessato diventato maggiorenne, che avrà due anni di tempo per farlo.

Se un minore arriva in Italia con genitori stranieri sopo i 12 anni di età, può diventare cittadino italiano sopo 6 anni e il superamento di un ciclo di studi.

Cosa prevede il progetto di riforma del 2015 dello ius soli?

Sono più di 900 mila i figli di immigrati che aspettano la riforma della cittadinanza, dopo gli equivoci creati dallo slogan “ius soli”. I margini per un compromesso in Parlamento ci sono. Sarebbe invece un errore aspettare la prossima legislatura. Una riforma necessaria Diciotto anni di residenza ininterrotta, per i figli nati in Italia da genitori immigrati, prima di poter fare domanda per diventare cittadini.

Appare sempre di più una ferita della nostra democrazia la norma della legge 91 del 1992, che venne approvata all’unanimità dal nostro Parlamento. Ne fanno le spese i figli degli immigrati nati in Italia che, secondo le stime accreditate dal Centro di ricerche Idos, erano 800 mila due anni fa e oscillano ora tra i 900 mila e il milione.

Nell’anno scolastico 2018-2019 i giovani stranieri iscritti, dalle materne alle superiori, erano 858 mila, dei quali 553 mila nati nel nostro paese. Favorirne l’integrazione attraverso norme meno impietose sulla cittadinanza, sembra un’esigenza improcrastinabile.

  • Il 14 marzo, nel discorso all’assemblea nazionale che lo avrebbe proclamato segretario del Pd, Enrico Letta ha promesso il suo impegno.
  • Poco più di due mesi dopo, il 26 maggio, lo ha ribadito a un convegno delle Acli.
  • Se si crede davvero nel diritto di cittadinanza di questi bambini e di questi ragazzi, occorre prendere atto anche degli errori commessi e porvi rimedio con una triplice correzione di rotta.

Primo, è necessario cambiare la narrazione, scandita finora in modo martellante da un termine, “ius soli”, che ha generato molti equivoci. Secondo, vanno cercate con ostinazione le alleanze politiche necessarie a condurre l’iniziativa in porto. Terzo, e di conseguenza, è opportuno essere disposti ad apportare alcune modifiche al proprio progetto originario.

Gli equivoci generati dal termine “ius soli” La riforma, approvata nel 2015 dalla Camera e inabissatasi due anni dopo al Senato, si basava su due pilastri: concedere la cittadinanza ai bimbi nati in Italia da genitori non Ue, dei quali almeno uno possedesse un permesso di lungo soggiorno (che può essere richiesto solo dopo cinque anni di residenza regolare) e prevedere il cosiddetto “ius culturae”, e cioè la possibilità che un minore non nato in Italia conquisti da solo la cittadinanza attraverso un ciclo scolastico.

Ma l’uso del termine “ius soli” si è rivelato un autentico boomerang per il successo della proposta. Ha infatti spalancato le porte a una facile e di fatto vincente propaganda degli anti-riforma, quella secondo cui chi nasce da noi diventerebbe automaticamente italiano, nella versione di “ius soli assoluto”, all’americana.

Trasformandoci, con gli arrivi dall’Africa, “nella più grande sala parto del Mediterraneo”. Senza contare che lo “ius soli” in Italia c’è già: quello “temperatissimo” dei 18 anni di residenza ininterrotti dalla nascita, che con la riforma sarebbe diventato “temperato”. Distinzioni per iniziati, che non arrivano alla gente, ai social e nemmeno ai titoli dei giornali e delle tv.

L’esempio tedesco La Germania, da sempre considerata una delle roccaforti dello “ius sanguinis”, ha approvato nel 2000 una legge che assicura la cittadinanza ai bimbi nati da genitori non Ue, che risiedano sul suolo tedesco da almeno otto anni e siano dotati di permesso di lungo soggiorno.

  1. Se i promotori della riforma italiana ne fossero stati consapevoli, sarebbe stato molto più efficace parlare, invece che di “ius soli”, di “cittadinanza alla tedesca”.
  2. Nel corso di un seminario organizzato il 30 ottobre 2019 alla Camera dalla Fondazione De Benedetti, e guidato da Tito Boeri, Helmut Reiner, dell’università di Monaco aveva elencato i vantaggi prodotti dalla legge in vent’anni di applicazione: le frequenze all’asilo dei bimbi “ex stranieri” sono aumentate del 40 per cento, si è ridotta l’età delle iscrizioni alla scuola primaria e sono salite del 40 per cento le iscrizioni dei figli degli immigrati alle superiori, che poi aprono le porte all’università.

La “cittadinanza alla tedesca” non tiene conto però dell’altro pilastro della riforma abortita: il fatto che un minore non nato in Italia si possa guadagnare la naturalizzazione con i cicli scolastici. E allora uno slogan condivisibile per rilanciare il progetto potrebbe essere “l’equa cittadinanza” di bambini e minori.

  1. Avviare appena possibile un confronto politico Un progetto di tale rilievo non si conduce da soli.
  2. È il partito di Enrico Letta, che ha risollevato il tema, a dover prendere l’iniziativa.
  3. Sarebbe necessario consultare per primi gli alleati 5 Stelle, ma il divorzio appena sancito fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sembra imporre una forzata attesa.

Ai leader del Movimento va ricordato che il 14 giugno del 2013 avevano presentato alla Camera una proposta di legge ben più radicale della riforma fallita: bastava un genitore residente da tre anni nel nostro paese per rendere cittadino il bimbo nato in Italia.

Non un’iniziativa isolata di un singolo deputato, ma un documento di 95 firme, con dentro tutto il Gotha del Movimento: da Luigi Di Maio a Roberto Fico, da Laura Castelli a Fabiana Dadone, da Alessandro Di Battista a Danilo Toninelli. Se il tema della cittadinanza per bambini e ragazzi era per i 5 Stelle ben maturo otto anni fa, come non potrebbe esserlo oggi, quando le seconde generazioni sono ben più consistenti? Bisognerebbe poi coinvolgere i partiti di centro e di destra moderata, ricordando ad esempio che Gianfranco Fini da presidente della Camera, nel 2009, appoggiò la proposta bipartisan di riforma presentata da Andrea Sarubbi del Pd e Fabio Granata del Pdl.

Concordare alcune modifiche Una trattativa sulla cittadinanza di bambini e minori, naturalmente, comporta la disponibilità ad accettare modifiche al testo di legge originario. Partendo dal pilastro della riforma, che un bimbo nato in Italia sia italiano se proveniente da una famiglia integrata (di cui il permesso permanente è la prova), si potrebbe ad esempio introdurre il principio che la cittadinanza maturi alla nascita, ma sia conferita ufficialmente con una cerimonia a scuola, in quinta elementare.

Sono certamente opportune alcune modifiche alla parte “ius culturae”, che non ha precedenti nella normativa degli altri paesi d’Europa. Nel progetto abortito si ammetteva ad esempio la possibilità di diventare italiani anche attraverso un corso triennale di formazione professionale, che invece serve a imparare un mestiere e, da solo, non può far diventare cittadini.

È poi forse troppo elevata l’età limite di ingresso in Italia (12 anni) ammessa per poter fruire di questa opportunità. Ancora, è necessario che il ciclo scolastico a cui il minore sia iscritto venga in ogni caso superato (e non soltanto se si tratta di scuola elementare): la semplice frequenza non può bastare.

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Al limite del compromesso, si potrebbe addirittura discutere di rendere necessario per i minori non nati in Italia il superamento non di uno, ma di due cicli scolastici per poter ottenere la cittadinanza italiana: elementari e medie inferiori o medie inferiori e superiori. I margini di una razionale trattativa, almeno sulla carta, sembrano esserci.

La speranza è che il confronto possa essere avviato nei tempi più brevi possibili. Se si rinvia a una nuova legislatura, il cui quadro politico non promette di essere più favorevole, e si continua a sbandierare lo slogan harakiri dello “ius soli”, la riforma non passerà mai.

Chi è nato in Italia ha la cittadinanza italiana?

La cittadinanza italiana è uno status del cittadino in base al quale l’ordinamento giuridico italiano riconosce la pienezza dei diritti civili e politici. La cittadinanza si acquista automaticamente:

per nascita : si parla di “ius sanguinis”, ovvero per discendenza diretta da almeno un genitore in possesso della cittadinanza italiana. Un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano; per nascita sul territorio italiano : un bambino nato in Italia da genitori ignoti o apolidi o stranieri appartenenti a Stati la cui legislazione non preveda la trasmissione della cittadinanza dei genitori al figlio nato all’estero acquista la cittadinanza italiana. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza; per adozione: il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza di diritto; per riconoscimento o dichiarazione giudiziale della filiazione: se un cittadino italiano riconosce, in un momento successivo alla nascita, un figlio minorenne, questi acquista automaticamente la cittadinanza italiana. Se maggiorenne, questi conserva la propria cittadinanza ma può (entro un anno dal riconoscimento, dalla dichiarazione giudiziale o dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero) dichiarare di scegliere la cittadinanza italiana; per acquisto o riacquisto da parte dei genitori: il figlio minore di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana acquista direttamente la cittadinanza purché conviva in modo stabile ed effettivo con esso.

La cittadinanza si può invece richiedere:

per acquisto volontario: se discendenti da cittadino/a italiano/a per nascita, fino al secondo grado, che abbia perso la cittadinanza, in presenza di determinati requisiti (svolgendo servizio militare nelle forze armate e dichiarando preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana; oppure assumendo pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiarando di voler acquistare la cittadinanza italiana; oppure risiedendo legalmente in Italia due anni al raggiungimento della maggiore età e dichiarando, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana); per nascita sul territorio italiano da genitori stranieri : un bambino nato in Italia da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”; per matrimonio o unione civile; per residenza.

Per nascita sul territorio italiano da genitori stranieri Gli stranieri nati in Italia possono acquistare la cittadinanza italiana se hanno risieduto nel territorio nazionale legalmente e senza interruzioni fino al compimento della maggiore età. La dichiarazione si presenta direttamente presso il proprio Comune di residenza che, nei sei mesi precedenti al compimento dei diciotto anni, deve comunicare all’interessato che, entro il termine di un anno dal compimento della maggiore età, può presentare dichiarazione di voler acquisire la cittadinanza.

Se il Comune di residenza non fornisce tale informazione, il neo maggiorenne potrà formalizzare la richiesta anche dopo il compimento di 19 anni. Non è richiesto il soddisfacimento né del requisito reddituale né di quello penale. Per matrimonio/unione civile L’art 5 della legge n.91/92 prevede che il cittadino, straniero o apolide, coniugato con cittadino/a italiano/a può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio o unione civile, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero qualora, al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.

Nel caso ci siano dei figli, nati o adottati dalla coppia, i termini vengo ridotti della metà. Per residenza La legge prevede diversi termini di residenza a seconda delle varie ipotesi ed impone obbligatoriamente che la residenza sia legale, ininterrotta ed attuale fino alla conclusione della procedura di concessione della cittadinanza.

Cittadino extracomunitario residente in Italia da almeno 10 anni. Cittadino U.E. residente in Italia da almeno 4 anni. Cittadino apolide o rifugiato residente in Italia da almeno 5 anni. Cittadino straniero maggiorenne nato in Italia e residente da almeno 3 anni. Cittadino straniero con genitori o ascendenti in linea retta di secondo grado cittadini italiani per nascita, dopo 3 anni di residenza in Italia. Cittadino straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano, residente in Italia da almeno 5 anni, successivi all’adozione. Cittadino straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno 5 anni alle dipendenze dello Stato Italiano. Dopo 7 anni di residenza nel caso di straniero affiliato da cittadino italiano prima dell’entrata in vigore della L.184/1983 (art.21 L.91/1992).

Attenzione! Per tutti i cittadini stranieri che presentano domanda di cittadinanza per residenza è richiesto il possesso di un altro requisito, quello del reddito personale o familiare (in quest’ultimo caso si intende il reddito di tutti i componenti registrati nello stesso stato di famiglia del richiedente).

euro 8.263,31 per richiedenti senza persone a carico; euro 11.362,05 per richiedenti con coniuge a carico, aumentabili di euro 516,00 per ogni ulteriore persona a carico.

Tale limite reddituale deve sussistere ed essere garantito per tutta la durata della procedura di concessione della cittadinanza. COME PRESENTARE LA DOMANDA Lo straniero può presentare la domanda di concessione della cittadinanza italiana esclusivamente ON LINE, registrandosi sul portale del Ministero dell’Interno al seguente link: www.portaleservizi.dlci.interno.it Dal 18 giugno 2015 questa è la sola modalità di presentazione ammessa.

Eseguita la registrazione, lo straniero dovrà compilare telematicamente il modulo di domanda, indicare nell’apposito spazio gli estremi della marca da bollo e allegare in formato elettronico, nelle apposite sezioni del modulo, tutta la documentazione richiesta. Terminata la procedura, al cittadino straniero richiedente viene rilasciato il numero della pratica che gli servirà poi a rintracciare lo stato di avanzamento della richiesta sul portale dedicato e viene attivata l’istruttoria.

Dopo aver presentato la domanda, collegandosi al portale lo straniero potrà visualizzare tutte le comunicazioni a lui inviate dalla Prefettura concernenti l’avvenuta accettazione della sua domanda e l’avvio del procedimento e l’eventuale irregolarità della documentazione allegata.

COME COMUNICARE CON IL MINISTERO DELL’INTERNO Sono attive le nuove modalità per comunicare con gli uffici del Ministero dell’Interno esclusivamente on line : gli interessati o i loro legali rappresentanti sono invitati a comunicare con la Direzione Centrale per i Diritti civili, la Cittadinanza e le Minoranze, utilizzando il seguente indirizzo di posta elettronica certificata: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots.

È necessario abilitare JavaScript per vederlo. specificando nell’oggetto della mail il numero identificativo della pratica di riferimento (K10/K10C/.). Per verificare la propria pratica di cittadinanza e leggere le comunicazioni ricevute si deve accedere all’area riservata.

06/46539955 Lunedì/mercoledì 3346909996 mercoledì 3316536673 venerdì

LA NUOVA LEGGE SULLA CITTADINANZA ITALIANA Il Governo ha emanato la Legge 18 dicembre n.173 del 2020 che converte in legge il Decreto Legge n.21 ottobre 2020 n.130 recante “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare”, che ha l’obiettivo di emendare, ma solo parzialmente, il Decreto Sicurezza e Immigrazione (Decreto Legge n.113 del 2018, convertito con Legge n.132 del 2018) varato dal precedente Governo ed in vigore dal 5 ottobre 2018.

  1. La nuova legge è entrata in vigore il 20 dicembre 2020.
  2. In particolare, il nuovo Decreto Legge n.130/2020 ha ridotto il precedente termine di durata massima dei procedimenti di cittadinanza italiana (48 mesi) ripristinando il termine dei 24 mesi (due anni) prorogabile fino ad un massimo di 36 mesi.
  3. Ciò significa quindi, che dal momento della presentazione della domanda il Ministero dell’Interno avrà 24 mesi di tempo prorogabili fino ad un massimo di 3 anni per emettere un provvedimento (positivo o negativo).

Attenzione! Purtroppo tale novità normativa non è retroattiva: questo significa che il beneficio del nuovo termine ridotto varrà solamente per le nuove domande presentate al Ministero dell’Interno dal giorno successivo dall’entrata in vigore della Legge di conversione del nuovo decreto (20 dicembre 2020),

  1. Sono quindi escluse tutte le domande presentate precedentemente e già in corso prima dell’entrata in vigore della nuova Legge, a cui rimane applicabile il termine di 48 mesi (4 anni).
  2. LEGGI LA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO SUI TERMINI DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO DECRETO SICUREZZA, COSA CAMBIA PER LA CITTADINANZA ITALIANA? Il Il Decreto Legge n.113 del 4 ottobre 2018, convertito dalla legge n.132 del 2018, è entrato in vigore il 5 ottobre 2018.

Il Decreto interviene sulle procedure di acquisizione della cittadinanza italiana, Viene anche portata da 24 a 48 mesi il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione, IMPORTANTE! Le nuove regole sul termine di conclusione dei procedimenti (4 anni) si applicano ai nuovi procedimenti, alle pratiche già presentate e ai procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore del Decreto ( Attenzione! Con la nuova legge sulla cittadinanza il termine dei 4 anni è stato ridotto a 24 mesi, prorogabile fino ad un massimo di 36 mesi, ma esclusivamente per le domande presentate dopo il 20 dicembre 2020.

  • Per le vecchie domande già presentate o in corso prima di tale data, continua ad applicarsi il termine dei 4 anni).
  • Inoltre, il Decreto inserisce un’ulteriore condizione richiesta per l’acquisto della cittadinanza da parte di stranieri per matrimonio e per residenza: quella di un’ adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1, del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER).

A tal fine i richiedenti, esclusi quelli che hanno sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’art.4-bis del D.lgs.n.286/98 o che siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (art.9 D.lgs.n.286/98), sono tenuti, all’atto della presentazione dell’istanza, ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o privato riconosciuto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale o dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca; ovvero a produrre apposita certificazione rilasciata da un Ente certificatore riconosciuto dal MAECI O MIUR.

  • Ancora, il contributo richiesto (istituito nel 2009 durante il governo Berlusconi all’interno del “pacchetto sicurezza”) per gli atti relativi alla cittadinanza italiana aumenta, passando da 200 euro a 250 euro,
  • Il Decreto introduce la possibilità di revocare la cittadinanza a chi l’ha acquisita (straniero che ha acquisito la cittadinanza dopo dieci anni di residenza in Italia, apolide che ha acquisito la cittadinanza dopo cinque anni di residenza in Italia, figlio di stranieri nato in Italia che ha acquisito la cittadinanza dopo i 18 anni, coniuge di cittadino italiano, straniero maggiorenne adottato da italiano) nel caso abbia commesso alcuni reati connessi al terrorismo.

La revoca è possibile entro tre anni dalla condanna definitiva per reati legati al terrorismo, per decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno. RIFERIMENTI NORMATIVI Legge 5 febbraio 1992, n.91. Nuove norme sulla cittadinanza DPR 12 ottobre 1993, n.572.

Come funziona lo ius sanguinis?

IUS SANGUINIS: COME FUNZIONA ORA – Lo ius sanguinis, letteralmente “diritto del sangue”, stabilisce che ogni individuo possa acquisire automaticamente la cittadinanza solo se almeno uno dei suoi genitori è cittadino italiano. In alternativa, è possibile ottenerla solo per matrimonio, per naturalizzazione (ossia dimostrando di aver vissuto in maniera continuativa in Italia per 10 anni) o, se si è nati in Italia da genitori stranieri, dopo il compimento dei 18 anni.

Raggiunta la maggiore età, si ha solo un anno di tempo per presentare tutti i documenti richiesti dalla legge italiana, e non è raro che la cittadinanza venga negata per rallentamenti burocratici. L’ottenimento della cittadinanza è poi sottoposto ad alcune condizioni, quali avere un reddito sufficiente al sostentamento, non avere precedenti penali e non rappresentare un pericolo per la sicurezza della Repubblica.

In Italia tantissime persone, sebbene vivano qui da quando sono nate e parlino solamente l’italiano, secondo la legge non sono cittadini italiani. Ecco perché da anni si dibatte sulla possibilità di sostituire lo ius sanguinis con altre due modalità di diritto alla cittadinanza: lo ius soli e lo ius culturae.