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Cosa Si Intende Con “Funzione Nomofilattica” Della Legge?

Cosa Si Intende Con “Funzione Nomofilattica” Della Legge
Per funzione nomofilattica si intende comunemente il compito di ‘ garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale’ che l’art.65 della legge sull’ordinamento giudiziario (R.D.30 gennaio 1941 n.12), attribuisce alla Corte di Cassazione.

Che cosa significa nomofilachia?

nomofilachia nomofilachìa s.f. – Variante di nomofilacìa, più vicina alla forma greca, con cui nell’uso giur. mod. s’intende la garanzia dell’uniforme interpretazione della legge e dell’unità del diritto oggettivo nazionale; è in partic. il termine con cui viene indicata la funzione attribuita dalla legge alla Corte di cassazione.

Chi è il giudice della nomofilachia?

In un senso più circoscritto e specifico, però, la nomofilachia è compito proprio della Corte di cassazione, cui l’art.65 ord. giud. (r.d.30.1.1941, n.

Chi sono i giudici di legittimità?

Giudici di merito e di legittimità – A seconda dei poteri che gli spettano nel decidere la causa, si distingue il giudice di merito dal giudice di legittimità, Il primo decide su tutti gli aspetti della causa, tanto sulle questioni di fatto quanto su quelle di diritto,

Contro le sentenze pronunciate in primo grado è, di regola, ammesso l’impugnazione, cioè il riesame della causa innanzi un giudice di superiore grado (nell’ordinamento italiano: le Corti d’appello nonché il tribunale, in sede di impugnazione di una sentenza del giudice di pace). La sentenza di secondo grado si sostituisce alla sentenza di primo grado.

Il giudice di legittimità, invece, decide sulle sole questioni di diritto, verificando la corretta applicazione delle norme di diritto, sostanziale e processuale, da parte del giudice che ha pronunciato la decisione impugnata. Di conseguenza, mentre il giudice di merito, nel caso d’impugnazione, se non conferma la pronuncia giudiziale impugnata, la sostituisce con la propria, il giudice di legittimità esegue un controllo sulla pronuncia impugnata, e, qualora la ritenga illegittima, l’annulla.

  • Dopodiché, si dà luogo al c.d.
  • Rinvio”: la causa è rimessa al giudice d’appello, il quale deve decidere nuovamente, seguendo però nell’applicazione il principio enunciato dalla Corte Suprema.
  • Sono giudici di legittimità (o di legalità) le corti supreme degli ordinamenti che hanno adottato il modello della corte di cassazione francese (tra cui la Suprema Corte di Cassazione italiana): in questi casi sono in genere previsti, oltre al grado di giudizio iniziale, un secondo grado davanti a un giudice di merito (giudice d’appello ) e un grado finale davanti alla corte di cassazione, che è giudice di legittimità.

Solo nell’ipotesi in cui la Corte Suprema non ritenga necessari ulteriori accertamenti di fatto, essa può anche decidere sul merito. Negli altri ordinamenti, ispiratosi al Civil law, la tripartizione del corso delle istanze (due gradi di merito e revisione) assomiglia a quella italiana, talora con previsioni quasi identiche.

Cosa si intende per diritto vivente?

Per diritto vivente si intende quell’opinione maturata dalla giurisprudenza e dalla dottrina in ordine al significato giuridico da attribuire ad una determinata disposizione normativa; con riferimento all’attività giudiziaria, altro non è il principio di diritto ivi elaborato.

Quante Corti di Cassazione ci sono in Italia?

Funzioni – L’articolo 65 dell’ordinamento giudiziario ( regio decreto 30 gennaio 1941, n.12) definisce il compito della Cassazione in questo modo: «La Corte Suprema di Cassazione assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge» La Corte di cassazione è il vertice della giurisdizione ordinaria, essendo il tribunale di ultima istanza nel sistema giurisdizionale ordinario (penale e civile) italiano.

  1. Assicura l’uniforme applicazione e interpretazione delle norme giuridiche (cosiddetta funzione nomofilattica ) e coordina i rapporti tra le varie giurisdizioni.
  2. La Corte si articola in sei sezioni civili, tra cui quelle del lavoro e tributaria, e in sette sezioni penali.
  3. Ogni Collegio giudicante è composto di cinque membri, compreso il suo Presidente.

Presso la Corte di Cassazione è costituita inoltre una Procura generale della Repubblica con a capo un procuratore generale coadiuvato da vari sostituti. Nei casi più importanti o in quelli per i quali vi siano orientamenti contrastanti delle diverse sezioni, la Cassazione si riunisce in Sezioni Unite ( SS.UU.) con la presenza di nove membri compreso il Primo Presidente o un magistrato da questi delegato a presiederle.

  • Le decisioni assunte dalla Corte di cassazione in tale composizione sono di un’autorevolezza tale da somigliare a dei “precedenti vincolanti”, concetto altrimenti estraneo all’ordinamento italiano.
  • Per regolamento della Suprema Corte, un giudice non può emettere una sentenza di avviso diverso da una precedente delle Sezioni Unite, senza la preventiva autorizzazione di queste.

Di regola, giudica in seguito a un gravame successivo a una pronuncia di una Corte d’appello, fintantoché il gravame sia possibile, e cioè finché la questione non sia coperta da giudicato, Ai sensi dell’art.111, comma 7 della Costituzione è sempre ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge contro le sentenze dei giudici ordinari e speciali, nonché contro i provvedimenti (per esempio: sentenze penali con condanna a pena detentiva, ordinanze in materia di misure cautelari personali, decreto di trattenimento emesso ex art.12 § V bis del D.

Lgs.n.286/1998) che incidano sulla libertà personale. Tuttavia, per espressa disposizione costituzionale (art.111, comma 8), contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti il ricorso è ammesso per soli motivi inerenti alla giurisdizione, Non giudica sul fatto ma sul diritto: è giudice di legittimità,

Ciò significa che non può occuparsi di riesaminare le prove, bensì può solo verificare che sia stata applicata correttamente la legge e che il processo nei gradi precedenti si sia svolto secondo le regole (vale a dire che sia stata correttamente applicata la legge processuale, anche in relazione alla formazione e valutazione della prova, oltre che quella del merito della causa).

A differenza che negli ordinamenti di Common Law, le pronunce della Cassazione (in quanto tribunale di ultima istanza) non sono vincolanti che per il giudizio cui si riferiscono. Tuttavia esse sono di regola seguite dai giudici dei gradi inferiori (in particolare le pronunce delle Sezioni Unite). In ciò si esprime la cosiddetta funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, con la quale si intende il ruolo della Cassazione di armonizzare l’ interpretazione giurisprudenziale delle norme di applicazione ermeneutica più ambigua.

La Cassazione riunita in Sezioni Unite, inoltre, ha il compito di “giudice della giurisdizione “: essa deve cioè esprimersi ogni qual volta vi sia un conflitto di giurisdizione (tra giurisdizione ordinaria e giurisdizioni speciali, come quella amministrativa).

Chi è al di sopra del giudice?

Chi c’ è più in alto del giudice? – Quora. In Italia più in alto del giudice c’ è la legge. Solo a quest’ultima un magistrato onorario o togato deve sottostare, essendo un potere autonomo ed imparziale. Solo la legge può definire il modus operandi e non anche un indirizzo politico.

Quali sentenze fanno giurisprudenza?

Giurisprudenza – Con il termine Giurisprudenza si intende il complesso di pronunce, quindi sentenze od ordinanze, ossia provvedimenti emessi nell´esercizio dell´attività giurisdizionale. Produrre atti normativi è compito dello Stato (e, per esso, di altri suoi Organi) nella produzione di legislatore; ma una volta che il diritto è positivamente costituito, è essenziale attestare la certezza che esso introduce nelle relazioni sociali, in modo che ognuno sappia come comportarsi e su cosa fare affidamento.

Di questa certezza è custode il Giudice. La giurisprudenza nel nostro ordinamento non è quindi fonte normativa, ma solo applicazione delle norme al caso concreto. Attraverso la sentenza si soggettivizza la norma giuridica; quindi se una sentenza fa stato tra le parti, nel senso che il fatto accertato varrà ormai come verità (legale) ogniqualvolta lo stesso punto torni ad essere messo in gioco, per i terzi la conoscenza di una determinata pronuncia ha interesse in quanto interpretazione ed applicazione di norme a casi concreti.

In questa pagina vengono riportate alcune pronunce ritenute di maggior interesse.

Quali sono i tre gradi di giudizio?

Il procedimento penale si svolge di norma in tre fasi: primo grado (Corte d’assise, tribunale in composizione collegiale, organo monocratico o giudice di pace), impugnazione e. Corte di cassazione (il massimo grado di giudizio ).

Quando una legge è illegittima?

Diritto costituzionale – Si parla di illegittimità costituzionale in presenza di leggi dello Stato o delle Regioni non conformi alle norme costituzionali, che sono giuridicamente superiori alle prime. Il sindacato sull’illegittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni è, dalla Costituzione, affidato alla Corte Costituzionale (art.134-137) e regolato successivamente dalla legge 11 marzo 1953, n.87, e da “norme integrative” emanate dalla Corte Costituzionale e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale 24 marzo 1956, n.71.

Chi controlla la legittimità delle leggi?

Questa voce è stata curata da Isabella Digiesi Per “legittimità costituzionale” si intende la conformità alla Costituzione delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni. Il controllo di legittimità costituzionale è effettuato dalla Corte Costituzionale.

Tale tipo di controllo presuppone la presenza di un ordinamento giuridico a costituzione rigida, che pone la Costituzione su un grado superiore alle leggi nel sistema delle fonti del diritto. Infatti, se la Costituzione fosse flessibile, ossia posta allo stesso livello delle leggi, un atto avente forza di legge in contrasto con essa si limiterebbe ad abrogarne le parti contrastanti, secondo il meccanismo generale della successione delle leggi nel tempo (lex posterior derogat priori: la legge successiva abroga la precedente).

Invece, in presenza di una Costituzione rigida, la legge (o l’atto avente forza di legge) in contrasto con una norma costituzionale si considera essere invalida, più precisamente affetta da illegittimità costituzionale o incostituzionalità sotto il profilo formale o sotto il profilo sostanziale.

Art.134 della Costituzione Art.1 delle Disposizioni sulla legge in generale Art.23 § II Legge 11 marzo 1953 n° 87

La legittimità costituzionale è la conformità ai principi costituzionali delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni. Il controllo di legittimità costituzionale può essere organizzato secondo due modelli: diffuso e accentrato,

  • Il modello diffuso è un modello in cui non esiste un organo centrale che decide sulla costituzionalità delle norme bensì sono i giudici comuni a sindacarne la costituzionalità.
  • Il sistema diffuso per eccellenza è il sistema statunitense nel quale ai giudici comuni è riconosciuto il potere di disapplicare una norma in quanto giudicata contraria ai principi costituzionali.

Il modello accentrato invece, prevede l’esistenza di un tribunale costituzionale centrale che decide della costituzionalità delle norme, negando al giudice ordinario un qualsivoglia potere di decisione della legittimità costituzionale sulla quale solo l’organo centrale è deputato a decidere.

  1. La declaratoria di illegittimità costituzionale porterà all’ annullamento della norma in questione che quindi non potrà più essere applicata dal giudice comune.
  2. Il sistema italiano di Giustizia Costituzionale è un sistema tendenzialmente accentrato.
  3. Infatti, la Costituzione ha previsto la Corte Costituzionale come organo di giustizia costituzionale, negando ai giudici comuni qualsiasi potere in ordine al sindacato di legittimità costituzionale.
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In particolare, il sindacato della Corte Costituzionale si esercita:

sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, censurabili solo per vizi formali relativi al procedimento di adozione e sotto il profilo della conformità ai principi supremi dell’ordinamento; sulle leggi ordinarie dello Stato, sindacabili senza alcuna limitazione; sugli atti aventi forza di legge, ovvero decreti legislativi e decreti-legge emanati dal Governo ex artt.76 e 77 Cost.; sui decreti del Presidente della Repubblica contenenti norme di attuazione degli statuti delle Regioni ad autonomia speciale; sulle leggi regionali e sulle leggi delle province di Trento e di Bolzano, se eccedono la loro competenza (art.127 Cost.); sugli statuti regionali, essendo questi approvati con legge regionale; sulla deliberazione abrogativa di una legge, risultante da referendum.

Il giudice ordinario, nonostante non vanti alcun potere in merito al sindacato di legittimità costituzionale, può attivare il sindacato di legittimità costituzionale mediante il procedimento in via incidentale. L’accesso incidentale alla Corte Costituzionale presuppone che sia in corso un processo innanzi ad un giudice e questo, per risolvere il caso concreto, debba applicare una legge (o atto avente forza di legge) che ritiene incostituzionale: il giudice, su richiesta delle parti o d’ufficio, ravvisata la rilevanza ai fini della decisione della causa e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità di una legge ovvero di un atto avente valore di legge, sospende il processo e rimette la decisione alla Corte Costituzionale (art.23 § II legge 11 marzo 1953 n°87).

Quali sono i diritto fondamentali?

Normativa internazionale – Si tratta di una normativa convenzionale con cui le Nazioni firmatarie hanno scelto di andare oltre la Dichiarazione Universale e creare un corpus di leggi che impegnasse a tutti gli effetti gli Stati alla tutela dei Diritti Umani.

  • Questo ha portato già in sede ONU ad un disaccordo sul se inserire o meno anche norme di natura socio-economica; ne conseguì la preparazione di due trattati differenti.
  • Fu così che, nel 1966 e 1976 rispettivamente, la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali videro la luce.

Assieme alla Dichiarazione universale dei diritti umani questi documenti formano l’ International bill of rights, La legislazione sui Diritti Umani si è poi arricchita con altri trattati, geograficamente più delimitati nella platea degli Stati firmatari,

  • diritto alla sicurezza che protegge le persone contro crimini come assassini, massacri, torture e rapimenti
  • diritto alla libertà che tutela aree quali la libertà di pensiero e religiosa, la libertà di associazione, di riunione e di costituirsi in movimenti
  • diritti politici che tutelano la libertà di partecipare alla vita politica attraverso la libertà di espressione, di protesta, di voto e di assumere cariche pubbliche
  • diritti di habeas corpus che proteggono contro abusi da parte del sistema giudiziario quali incarcerazione senza processo, o con cosiddetto processo segreto, o con eccesso di punizione
  • diritti di uguaglianza sociale che garantiscono uguale accesso alla cittadinanza, uguaglianza di fronte alla legge e abolizione delle discriminazioni
  • diritto al benessere (può prendere anche il nome di diritti economico-sociali) che prevede l’accesso ad un adeguato sistema educativo e la tutela in caso di situazioni di grave disagio o povertà
  • diritti collettivi che assicurano la tutela contro genocidi e saccheggio delle risorse naturali.

Alcuni di questi diritti hanno assunto il livello di norme consuetudinarie o addirittura di ius cogens, Le stesse Nazioni Unite riconoscono i cosiddetti Diritti Umani non-derogabili: i quattro più importanti sono il diritto alla vita, il diritto alla libertà dalla schiavitù, il diritto alla libertà dalla tortura ed il diritto all’impossibilità della retroattività dell’azione penale,

  • Al di fuori di questi diritti, altri diritti umani possono essere posti sotto limitazione o perfino messi da parte durante situazioni di emergenza nazionale.
  • I Trattati e la giurisprudenza internazionale hanno tuttavia chiarito che questo può avvenire esclusivamente a particolari, ristrettissime condizioni; e cioè, che “l’emergenza debba essere effettiva, debba coinvolgere l’intera popolazione e a venire messa in pericolo debba essere l’esistenza stessa della Nazione.

La dichiarazione d’emergenza deve essere posta in essere solo come ultima risorsa, ed adottata come misura temporanea”, Inoltre, la condotta in guerra è sempre e comunque governata dalla Legge Umanitaria Internazionale,

Chi produce diritto?

Il XIX secolo ed il positivismo – Verso la fine dell’XIX secolo, sull’onda delle teorie filosofiche positiviste, si afferma (e rimane a lungo predominante) il cosiddetto positivismo giuridico o giuspositivismo che, contrapponendosi al giusnaturalismo, asserisce tutto al contrario che il diritto è solo ed esclusivamente diritto positivo, cioè diritto effettivamente posto, e non c’è alcuno spazio per alcun diritto naturale trascendente il diritto positivo.

  • Secondo la gran parte degli studiosi giuspositivisti (specie in Italia) il diritto si identifica con la norma giuridica (giuspositivismo normativistico).
  • Il diritto dunque non sarebbe altro che una serie di norme che regolano la vita dei membri di una società, allo scopo di assicurarne la pacifica convivenza.

Il diritto (e i princìpi che ne stanno alla base) si sposta così dal campo del trascendente a quello dell’immanente, dal dominio della natura a quello della cultura. Il metodo adottato dai giuspositivisti è, al contrario di quello dei giusnaturalisti, un metodo induttivo: non esistendo princìpi universali ed eterni, i princìpi su cui si basa il diritto vengono ricavati per induzione (cioè per astrazione) dalle norme giuridiche particolari e contingenti.

I fautori del giuspositivismo hanno però qualcosa in comune con quelli del giusnaturalismo : essi rientrano tutti nella categoria filosofica dei “realisti”, ossia di coloro che pensano alla realtà come a un “dato” oggettivo, esterno, e come tale indipendente dall’osservatore. Anche il diritto sarebbe, come tutta la realtà, un dato oggettivo, che lo studioso si limita a indagare e il giudice ad applicare, senza modificarlo in alcun modo.

Una concezione statica del diritto, insomma. Le tesi “realiste” sono contestate dai teorici che possono ascriversi alla corrente filosofica del relativismo o scetticismo, Al contrario dei “realisti”, gli “scettici” pensano (sulla scia delle moderne teorie scientifiche e filosofiche del Novecento) che un’osservazione “oggettiva” e “distaccata” della realtà non sia possibile, e che l’osservatore, interpretando la realtà, la influenzi necessariamente.

  1. Ogni analisi dovrà per forza essere “soggettiva”, poiché ineliminabile è la componente del soggetto nell’analisi della realtà.
  2. Il soggetto non si limita a “osservare”, bensì “(ri)crea” la realtà.
  3. Per chi abbraccia le tesi scettiche, il diritto non può dunque essere un mero “dato”, un insieme fisso e immutabile di norme ( giuspositivismo ) o di princìpi eterni ( giusnaturalismo ).

I teorici che studiano il diritto (i giuristi, il cui insieme di scritti costituisce la cosiddetta “dottrina”) e i pratici che lo applicano (i giudici, il cui insieme di sentenze costituisce la cosiddetta giurisprudenza ) non sono “indagatori” o “applicatori” di una realtà già data ma, nello stesso momento in cui la interpretano, ne diventano veri e propri “creatori”.

Che cos’è il diritto e qual è la sua funzione?

Il diritto – Che cos’è il diritto? Il diritto è l’insieme di regole che riguardano i fondamentali rapporti della vita sociale (cioè quelli familiari, economici, politici, ecc.) e che hanno come obiettivo una vita ordinata della comunità. A tutta prima sembrerebbe che anche il diritto, dunque, sia un valore, come gli altri che abbiamo esaminato: la libertà, l’uguaglianza, la giustizia, la solidarietà tra gli uomini; il diritto, invece, non è un valore in sé è solo uno strumento, un mezzo di cui l’uomo si serve per realizzare i suoi fini.

Il rapporto che si stabilisce, quindi, fra l’uomo e il diritto è un rapporto di tipo strumentale; cosa significa ciò? Come un attrezzo agricolo serve per coltivare l’orto, così il diritto serve per lavorare un tipo di campo particolare che è quello dei rapporti sociali. Come un’automobile serve a trasportarci da un luogo a un altro, così il diritto può essere paragonato a un mezzo di trasporto che serve a far passare una collettività da uno stadio di vita sociale più primitivo a uno più ricco di civiltà, di valori.

Tuttavia come un contadino si può far male con la zappa mentre lavora nei campi e un conducente si può infortunare mentre guida l’automobile, così può accadere anche che il diritto venga usato male. È il classico discorso dell’uso del coltello: questo arnese può essere adoperato per tanti fini utili (in cucina, per esempio), ma qualcuno se ne può servire per ferire o addirittura uccidere una persona.

Quanto guadagna un magistrato della Corte di Cassazione?

  • Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità (Procuratore generale presso la Corte di cassazione) euro 75.746,26
  • Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità (Presidente aggiunto e Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche) euro 73.018,13
  • Magistrati ordinari alla settima valutazione di professionalità euro 66.470,60
  • Magistrati ordinari dalla quinta valutazione di professionalità euro 56.713,83
  • Magistrati ordinari dopo un anno dalla terza valutazione di professionalità euro 50.521,10
  • Magistrati ordinari dalla prima valutazione di professionalità euro 44.328,37
  • Magistrati ordinari euro 31.940,23

Magistrati ordinari in tirocinio euro 22.766,71». Pag.136

  1. Tabella B (Articolo 6, comma 49)

«MAGISTRATURA MILITARE

QUALIFICA STIPENDIO ANNUO LORDO
Magistrati militari dalla settima valutazione di professionalità in poi euro 66.470,60
Magistrati militari dalla quinta valutazione di professionalità euro 56.713,83
Magistrati militari dopo un anno dalla terza valutazione di professionalità euro 50.521,10
Magistrati militari dalla prima valutazione di professionalità euro 44.328,37
Magistrati militari euro 31.940,23
Magistrati militari in tirocinio euro 22.766,71».

Pag.137

  1. Tabella C (Articolo 6, comma 57)

«Tabella B RUOLO ORGANICO DELLA MAGISTRATURA

PIANTA ORGANICA DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA
Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità (Primo Presidente della Corte di cassazione). 1
Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità (Procuratore generale presso la Corte di cassazione). 1
Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità: Presidente aggiunto della Corte di cassazione (Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione). 2
Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche. 1
Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti direttive di legittimità. 59
Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità. 368
Magistrati con funzioni direttive di merito di secondo grado, giudicanti e requirenti. 53
Magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado, elevate giudicanti e requirenti. 24
Magistrati con funzioni direttive di merito giudicanti e requirenti di primo grado. 393
Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado e semidirettive di primo e di secondo grado. 9.207
Magistrati ordinari in tirocinio. (Numero pari a quello dei posti vacanti nell’organico)
Totale 10.109».
See also:  Cosa Sancisce La Legge 64 Del 2001?

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    Quanti soldi ci vogliono per andare in Cassazione?

    È uscito il nuovissimo e-book “Come affrontare il ricorso per cassazione civile”. Clicca qui CLICCA QUI Quando si tratta di stabilire i costi del ricorso per cassazione civile occorre valutare numerosi parametri. Contrariamente a quanto spesso si pensa non è vero che un ricorso per cassazione implichi necessariamente parcelle superiori a 10.000,00 euro. Dipende, Da cosa? Essenzialmente da:

    il valore della controversia : è evidente che impugnare una sentenza che ha deciso su una delibera condominiale in materia di installazione di videocitofoni non è come impugnare una sentenza che ha disposto una condanna da un milione di euro. Ovviamente il costo cambia in funzione della importanza del giudizio. l’urgenza : dover scrivere un ricorso in tre giorni (come mi è capitato) non è come scrivere un ricorso avendo a disposizione mesi. il prestigio dell’avvocato cassazionista : naturalmente se ci si rivolge ad un principe del ricorso per cassazione non si può pensare di affrontare il ricorso con pochi spicci.

    Un compenso minimo ragionevole (per cause di basso valore) è di circa 1.500,00 euro oltre accessori. Ovviamente il compenso al proprio difensore non è l’unica spesa da affrontare. Occorre considerare che in caso di soccombenza bisognerà pagare le spese liquidate al controricorrente o ai controricorrenti se sono più di uno.

    Normalmente si va da un minimo di 2.200 euro oltre accessori fino ad un massimo di 12.000,00 euro, anche se non mancano eccezioni al ribasso e al rialzo. Va poi considerato il contributo unificato, Si parte da 86,00 euro per le cause di valore più basso per arrivare anche oltre 3.000,00 euro. Mediamente è di 1.000,00/1.500,00 euro.

    In caso di rigetto/inammissibilità/improcedibilità la somma pari al contributo va versata nuovamente e dunque si raddoppia. Come si vede, prima di affrontare un ricorso è bene valutare anche questo aspetto. Tutti i miei articoli sul ricorso per cassazione.

    Quanto guadagna un consigliere di Cassazione?

    Quanto guadagna un magistrato? Le professioni classiche sono sempre le più appetibili, si sa. Ci si immatricola a giurisprudenza perché si ha, molto spesso, il “mito della magistratura”. Con gli anni questa passione non passa, tant’è che la maggior parte dei giuristi aspira al concorsone e dedica anni della propria vita nel perseguimento di questo obiettivo.

    • Che si vogliano ricoprire le funzioni giudicanti o requirenti poco importa, alla fine la gloria è ciò a cui davvero si aspira.
    • Per approfondire le figure, guarda qui: https://www.scopusius.it/come-diventare-magistrato/ Ma anche un buono stipendio non fa schifo a nessuno, no? E quindi quanto guadagna un magistrato? Dipende dalla sua carriera : una cosa è essere uditore giudiziario, altro magistrato di corte d’appello o di Cassazione.

    Se poi si ricoprono anche ruoli dirigenziali, presidenze e funzioni di elevata responsabilità, lo stipendio sale notevolmente. “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”e grandi stipendi. In linea di massima, possiamo dire che un uditore giudiziario senza funzioni (il MOT – magistrato ordinario in tirocinio), nei primi sei mesi di servizio, percepisce una retribuzione netta mensile di 1.680,50 euro.

    Dopo ulteriori sei mesi, sempre senza funzioni, percepisce netti 1.820,77 netti. Durante l’ultimo semestre, con funzioni, l’uditore giudiziario percepisce netti 2.600,00 euro, Il magistrato di tribunale percepisce 3.200,00 euro netti al mese, che aumentano fino a 3.500,00 euro netti. Il magistrato di Corte di Appello percepisce circa 4.500,00 euro netti al mese.

    Il magistrato di Corte di Cassazione percepisce netti circa 6.000,00 euro al mese. Il magistrato di Corte di Cassazione con nomina alle funzioni direttive superiori percepisce netti 6.341,00 euro, con aumenti fino a 8.000,00 euro. Pur rimanendo nello stesso ambito giudiziario, cioè senza diventare, ad esempio, magistrato di Corte d’appello, lo stipendio del magistrato ordinario aumenta in ragione dell’anzianità di servizio: ad esempio, al raggiungimento dei venti anni di servizio, il guadagno iniziale di un magistrato viene più che raddoppiato, tant’è che un giudice ordinario guadagna circa 5.800 euro netto mensile.

    A 35 anni dal conferimento dell’incarico, quando il giudice è quasi a fine carriera, lo stipendio mensile può essere anche di 7.500 euro netti. Gli avanzamenti sono circa ogni 4 anni: il magistrato redige una relazione che trasmette al CSM per la valutazione del suo operato. Al di fuori della giurisdizione ordinaria, tuttavia, vi sono altre figure di giudici da prendere in considerazione.

    Partiamo da quelli ricchi. I giudici del TAR e del Consiglio di Stato (i c.d. Giudici Amministrativi ), percepiscono uno stipendio notevole, che oscilla dai 5.000 euro netti al mese fino a 15.000 euro a fine carriera per i magistrati Tar, mentre arriva in media fino a quasi 7.000 euro al mese per un giudice in Consiglio di Stato,

    1. Altre figure da prendere in considerazione (cui il Ministro Cartabia ha proposto una stabilizzazione stipendiaria) sono quelle dei giudici Onorari.
    2. Per gli appartenenti a questa categoria gli stipendi sono molto bassi: si va dai 700 euro ai 1.500,00 circa.
    3. Molto dipende dal lavoro che è loro attribuito: i giudici di pace, ad esempio, vengono pagati in base ai provvedimenti che emettono.

    Si tratta, dunque, di una situazione molto differente rispetto alla magistratura ordinaria. Ti è stato utile questo articolo? Allora condividilo anche sui social e taggaci! Il tuo apprezzamento per noi è super importante! Fonte: LaLeggePerTutti + conoscenze personali.

    Chi ha più potere un magistrato o un giudice?

    Differenza tra giudice e magistrato Esiste una differenza tra giudice e magistrato oppure sono due figure uguali fra loro ma con mansioni differenti? Qualche volta ti sarai chiesto se il giudice ed il magistrato sono la stessa cosa, o magari ti sei iscritto alla facoltà di legge e vorresti intraprendere una carriera diversa da quella dell’avvocato.

    1. Posto che per entrambe le professioni è necessaria la laurea magistrale in Giurisprudenza (la LMG/01), in pillole qualsiasi giudice deve essere obbligatoriamente magistrato.
    2. Ma non tutti i magistrati scelgono di diventare giudici,
    3. In pratica, la qualifica di giudice è più speciale rispetto alla categoria più ampia di magistrato.

    Il giudice, precisamente, è un organo super partes (ossia imparziale, sopra le parti) il cui compito è quello di decidere su una causa a prescindere se essa sia di natura civile, penale o amministrativa. Viceversa il magistrato, come dice la Costituzione è un organo autonomo e non condizionato dal potere legislativo o da quello esecutivo.

    Che differenza c’è tra magistrato e pm?

    Differenza tra giudice e PM Nell’ordinamento giudiziario, il giudice è l’organo (monocratico o collegiale) chiamato a decidere delle controversie mentre il pubblico ministero è il magistrato chiamato a sostenere l’interesse pubblico nel processo e nelle fasi preliminari ad esso.

    A seconda degli ordinamenti entrambi possono assumere ruoli denominazioni diverse. In alcuni paesi il Giudice può essere affiancato da una giuria o da giudici popolari, ad esempio. Il Pubblico Ministero è definito, in Italia, Procuratore della Repubblica, nel Regno Unito Procuratore della Regina, e così via.

    Anche con riferimento alle carriere possono esserci profonde differenze da uno stato all’altro. In Italia entrambi appartengono all’Ordine Giudiziario, vengono assunti mediante pubblico concorso e sono inamovibili. Altra capitale caratteristica della Magistratura italiana è l’autonomia: assegnazione delle sedi, carriera e disciplina dei magistrati sono affidati ad un organo apposito: il Consiglio Superiore della Magistratura, che non dipende dall’Esecutivo.

    • Il sistema giudiziario italiano ordinario (la Giustizia Amministrativa, quella Contabile e quella Militare hanno una struttura diversa) è articolato su tre gradi di giudizio (primo grado, appello e cassazione) e i magistrati hanno competenza specifica per materia (civile, penale, minorile) e per territorio (tribunale, distretto di corte d’appello, più la, che è unica e con competenza nazionale).
    • Nel sistema penale i giudici si distinguono ulteriormente per competenza in relazione alla gravità del da giudicare : per quelli di più lieve entità essa appartiene al giudice monocratico (ossia vi è un singolo a decidere) mentre per i fatti più gravi la competenza è della Corte di Assise ( otto giudici : due giudici appartenenti alla Magistratura, sei giudici popolari estratti a sorte tra i cittadini italiani iscritti in un albo apposito).
    • La stessa distinzione si applica per il secondo grado di giudizio, ripartito tra la competenza della Corte di Appello e della Corte di Assise d’Appello,
    • Nei primi due gradi di giudizio i giudici sono chiamati a decidere nel merito delle controversie sulla base delle prove presentate dagli altri attori che intervengono nel processo ( Pubblico Ministero e Avvocati delle parti).
    • L’ultimo grado di giudizio è di competenza della Suprema Corte di Cassazione che in Italia è unica, ha sede in Roma ed ha competenza per l’intero territorio nazionale.

    Ad essa compete il giudizio di legittimità rispetto ai precedenti gradi e “assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge ” (art.65 del RD 30 gennaio 1941, n.12). Il PM o Pubblico Ministero, può procedere d’ufficio o su esplicita querela.

    1. Per l’Ordinamento italiano, il Pubblico Ministero, o abbreviato in PM, interviene sia nel processo penale che in quello civile,
    2. L’ufficio del Pubblico Ministero è affidato al Procuratore della Repubblica (presso il Tribunale o la Corte di Appello; in Cassazione al Procuratore Generale); esso è coordinato dal Procuratore Capo che si avvale dell’opera dei Procuratori Aggiunti e dei Sostituti Procuratori.
    3. Normalmente le Procure sono organizzate al loro interno con gruppi di lavoro specializzati (civile, minorile, reati finanziari, dei “colletti bianchi” e così via): i cosiddetti ” pool “.
    4. Tra i più famosi in Italia il ” Pool Mani Pulite ” che si è occupato della vicenda di tangenti degli anni novanta.
    5. Il Pubblico Ministero è obbligato ad esercitare l’azione penale quando abbia notizia di un reato (può procedere “d’ufficio” quando previsto dalla legge, o a seguito di querela di parte): il PM conduce le indagini conseguenti disponendo della Polizia Giudiziaria per raccogliere le prove necessarie.

    Al termine, il Pubblico Ministero chiede al Giudice di avviare il processo nel quale verranno presentate le prove. Sulla base di esse il Giudice deciderà se condannare o assolvere l’imputato. : Differenza tra giudice e PM

    Quanto guadagna al mese un giudice?

    Quanto guadagna un giudice? – Alcune testate giornalistiche parlano di giudici più pagati al mondo, se consideriamo che quelli italiani possono arrivare a percepire anche quindici mila euro verso la fine della propria carriera. Perché in realtà tutto dipende dagli anni di lavoro, dalle indennità percepite, dall’ambito scelto (se civile/penale, amministrativo, ecc.), ma anche dalla carriera.

    • Partiamo dal tirocinante che svolge l’attività come uditore prima di diventare magistrato di tribunale.
    • Lo stipendio varia da poco più di 2 mila euro (escluse le indennità) che salgono a circa 2800 euro una volta diventato giudice di Tribunale.
    • Lo stipendio viene rivalutato in genere dopo alcuni anni che consentono di percepire i cosiddetti ”scatti di anzianità” che possono arrivare anche a 1700 euro al mese in più per un singolo giudice.
    See also:  Cosa Vuol Dire Abrogare Una Legge?

    Dopo tre anni di carriera il giudice di tribunale può arrivare a guadagnare poco meno di 4 mila euro al mese fino a raggiungere i 6.700 euro circa (incluse le indennità) dopo breve tempo. E si parla di stipendio netto. Meno di 6 mila euro (si fa per dire) è lo stipendio di un giudice della Corte d’Appello in erba, al principio della propria carriera.

    1. Ma basta poco tempo per sfiorare gli 8.700 euro (incluse le indennità) percepiti a fine mese.
    2. Meglio va per gli ermellini, che partono da poco più di 8 mila euro fino a sfiorare i 14.200 euro con gli scatti di anzianità.
    3. Gli stipendi appena delineati sembrano briciole se si prendono a riferimento le buste paga dei giudici amministrativi, che riescono a guadagnare anche 15 mila euro mensili verso la fine della propria carriera.

    Il perché è facile intuirlo, visto la materia tortuosa qual’è quella della ”cosa pubblica”, considerando che lo stipendio di partenza è di 4 mila euro o giù di lì. E, nonostante la mole di lavoro si sia ridotta in virtù di una delibera che pare abbia ridotto il numero di vertenze attribuite ad ogni singolo giudice dei TAR, lo stipendio del giudice amministrativo è molto più elevato del giudice ordinario.

    Sempre secondo alcuni studi presenti su internet, va meglio ai giudici della Corte Costituzionale che guadagnano, a quanto sembra, il triplo dei corrispettivi giudici americani. Si parla dell’ordine di 550 mila euro all’anno per il Presidente della Corte e di 450 mila euro circa per i singoli giudici.

    Cosa significa? Che lo stipendio di un membro della Corte Costituzionale va dai 37.500 ai 45 mila euro al mese. Si tratta di cifre che fanno uscire gli occhi dalle orbite. Considerati ”la quarta magistratura”, i giudici tributari sono i più penalizzati, assieme ai giudici di pace che, ancora oggi, annunciano battaglie per vedersi riconosciuti i diritti in busta paga.

    • Si stima che un giudice tributarista non arrivi a guadagnare 6 mila euro lordi all’anno, senza contare che, per ogni singolo ricorso deciso dal magistrato, la legge riconosce un compenso di 25 euro.
    • Un tantino meglio va al giudice di pace, retribuito con una serie di indennità commisurate in base alle udienze ed alle sentenze depositate, ma i limiti sono stringenti anche per questa carica.

    Pare infatti che un giudice di pace non possa guadagnare più di 72 mila euro all’anno, tetto massimo stabilito dalla normativa di settore. Disparità di trattamento? Forse, magari giustificata dal fatto che esiste una netta differenza fra giudici ordinari (quelli dei tribunali, delle corti d’appello, della Cassazione, ecc.) e giudici onorari (tributari e giudice di pace).

    Chi nomina il giudice?

    Page 2 – Attenzione : non sei un utente registrato oppure non hai effettuato l’. Ogni contributo, anche di utenti non registrati, è benvenuto, ma alcune funzioni e alcuni servizi sono accessibili solo agli, Tieni comunque conto che il tuo (visibile ) verrà registrato nella di questa pagina. Estratto da “” : Giudici della Corte costituzionale della Repubblica Italiana

    Come si chiama dove lavora il giudice?

    Giudice e Pubblico Ministero. Il MAGISTRATO può lavorare in: Tribunale: Ordinario: organo giurisdizionale competente in primo grado per le cause civili e penali e, in appello, per quelle su cui si è già pronunciato il giudice di pace.

    Qual è il lavoro del giudice?

    Il MAGISTRATO è un funzionario pubblico investito di poteri giudiziari, al quale sono affidate funzioni di Giudice e di Pubblico Ministero. Il compito del Magistrato è di far rispettare e applicare il diritto vigente dello Stato, attraverso la conduzione di un processo in tutte le sue fasi.

    Chi può decidere la rimessione della causa all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato?

    Dalla facoltà al dovere di rimessione: l’art.99 c.p.a. – L’art.99 c.p.a. delinea un nuovo ruolo per l’Adunanza plenaria ed il suo presidente. a) Il primo comma dell’art.99 affida alla sezione la facoltà di rimettere il ricorso all’esame dell’Adunanza plenaria se il punto di diritto sottoposto al suo esame «ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali».

    • La rimessione potrà avvenire in tal caso «su richiesta delle parti o d’ufficio» con ordinanza della sezione.
    • B) Il secondo comma dell’art.99 affida al Presidente del Consiglio di Stato la facoltà, sempre su richiesta delle parti o d’ufficio, di deferire all’Adunanza plenaria prima della decisione «qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali».

    L’unica novità rispetto all’impianto previgente è rappresentata dall’individuazione di un maggior potere in capo al Presidente del Consiglio di Stato, che potrà rimettere il caso all’Adunanza plenaria anche «per dirimere contrasti giurisprudenziali» e non solo per risolvere «questioni di massima», come stabiliva il terzo comma dell’art.45, t.u.

    1. Cons. St.
    2. Oggi il Presidente del Consiglio di Stato potrà così assumere un ruolo autonomo nella selezione delle questioni da cui poter “ricavare e custodire” i precedenti giudiziari, anche prima che il contrasto sia sfociato nel dissenso tra le sezioni.
    3. La disposizione dovrà essere contemperata con l’esigenza di non prevaricare i ruoli dei presidenti delle sezioni semplici.

    Infine, l’espressa previsione di legge dovrebbe escludere qualsiasi dubbio di incostituzionalità legato alla sottrazione di un ricorso al proprio giudice naturale. c) Il terzo comma dell’art.99 introduce la più importante novità. Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere «un principio di diritto» enunciato dall’Adunanza plenaria, rimette a quest’ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

    D) Il comma seguente stabilisce che l’Adunanza plenaria, investita dalla sezione semplice, decide l’intera controversia salvo che «ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente». e) L’ultimo comma, infine, delinea il cd. nudo precedente. Viene affidata all’Adunanza plenaria la facoltà di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l’estinzione del giudizio.

    Facoltà che può essere esercitata se il Collegio «ritiene che la questione è di particolare importanza». A prescindere dalle modalità di rimessione (su ordinanza della sezione o su iniziativa del presidente), il segretario provvede ad annotazione nel registro (ora informatico) e, da parte del presidente, segue la fissazione del giorno dell’udienza e la nomina del relatore.

    Ai fini della decisione, l’Adunanza plenaria ha tutti i poteri che sono assegnati per legge alle sezioni giurisdizionali e non è limitata al punto di diritto sottoposto a suo esame, essendo oggetto della rimessione l’intero ricorso. Se decide la controversia nel merito, l’Adunanza adotta sentenza; diversamente provvede con ordinanza (es.: per disporre istruttoria; oppure in caso di rinvio alla Corte costituzionale o alla Corte di Giustizia dell’Unione europea; per regolare la competenza).

    Può altresì adottare decreti decisori nei casi previsti dalla legge (es., per il caso di estinzione di un giudizio non riassunto). Infine, può adottare misure cautelari per il caso di rimessione della questione dalla parte della sezione semplice fin dalla sede cautelare del ricorso (per es., Cons.

    • St., ord.27.4.2016, n.1).
    • Si deve anche osservare che il meccanismo stabilito dalle disposizioni appena citate, pur in difetto di un coordinamento con le pertinenti norme che regolano il ricorso straordinario, dovrebbe essere utilizzato anche quando sussiste o possa verificarsi contrasto con una decisione consultiva del Consiglio di Stato (ipotesi già affacciata in passato da Cons.

    St., IV, ord.15.4.1979, n.343). Il codice, in effetti, presuppone per la rimessione i «contrasti giurisprudenziali» o le «questioni di massima», ma non anche che il dissenso sia insorto tra le sole sezioni giurisdizionali. A tale riguardo, da un lato, giova ricordare la ormai piena assimilazione tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e quello giurisdizionale (si vedano gli artt.12 e ss.

    • Del d.P.R.24.11.1971, n.1199) e, dall’altro, la facoltà delle sezioni consultive di rimettere il ricorso all’Adunanza generale se rilevano «che il punto di diritto sottoposto al loro esame ha dato luogo o possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali».
    • Ricordato altresì che la materia del contendere oggetto di ricorso giurisdizionale può essere identica a quella del ricorso straordinario, certamente non gioverebbe alla certezza del diritto un sistema che ammettesse la coesistenza di un “punto di diritto” espresso dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato (e, a maggior ragione, dalle sezioni consultive) difforme dal “principio di diritto” espresso dall’Adunanza plenaria.

    Un ruolo importante di raccordo e filtro potrebbe essere espresso dal presidente del Consiglio di Stato, che convoca e presiede per legge entrambe le Adunanze e che, soprattutto, ha una competenza riservata di iniziativa per il caso in cui ravvisi contrasti di giurisprudenza effettivi o soltanto potenziali (per segnalare questi ultimi sarebbe molto utile l’iniziativa delle parti, che si aggiunge a quella doverosa dei presidenti delle sezioni).

    La possibilità che il TAR possa deferire è sempre stata esclusa (sin da TAR Lazio, II, 30.3.1977, n.161) anche se va segnalata la recente disposizione di legge con la quale si è previsto, in via sperimentale, che i giudici di primo grado, in caso di contrasti giurisprudenziali, possono proporre al presidente del Consiglio di Stato di rimettere all’Adunanza plenaria l’esame di ricorsi che vertano sull’interpretazione e l’applicazione delle norme in tema di processo amministrativo telematico (art.13 bis delle disp.

    att. del c.p.a., inserito dall’art.7, d.l.31.8.2016, n.168). Nel corso degli anni le decisioni della Plenaria sono aumentate di pari passo con la devoluzione di nuove materie al giudice amministrativo e con il ruolo sempre più rilevante assunto nella società dal diritto amministrativo, di cui il Consiglio di Stato è custode.

    Se, ad esempio, tra il 1949 e il 1980 si contano una media di 14 decisioni per anno (che tale resterà grosso modo sino al 2000), tra il 2001 ed il 2010 la media aumenta sino a 25. Nel periodo 2011-2017 (cioè dopo il varo del nuovo codice) il lavoro dell’Adunanza è cresciuto: tra ordinanze che regolano la competenza, quelle che rinviano alla Corte di Giustizia e sentenze che fissano il principio di diritto, la media annuale si attesta attorno a 40 provvedimenti.

    Inoltre, analizzando la motivazione delle sentenze, emerge che prima del nuovo codice l’Adunanza plenaria si comportava essenzialmente come giudice di appello chiamato a risolvere, in diversa e più ampia composizione, la controversia nel merito. Invece, in ossequio al nuovo volto impresso dall’art.99, ora le sentenze vengono predisposte previa più precisa individuazione della ratio decidendi al fine di enucleare il principio di diritto.