Legge Fornero e abolizione parziale La pensione di vecchiaia passerà così da 66 anni e 7 mesi a 67 anni, mentre la pensione anticipata passerà da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi di contributi.
Quanti anni di contributi per la Legge Fornero?
Previdenza: da gennaio 2023 il possibile ritorno della legge Fornero 27 lug 2022 di Claudio Testuzza S24 Esclusivo per Sanità24 Ritorno alla legge Fornero che è la base del sistema previdenziale. Potrebbe essere una conseguenza della caduta del Governo Draghi che proprio sulla legge Fornero prevedeva incontri per una sua modifica o interventi a breve termine. Da gennaio 2023, quindi, potrà essere possibile accedere alla pensione con le sue regole di base : pensione di vecchiaia a 67 e con almeno 20 anni di contributi e pensione anticipata indipendentemente dall’età e con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
La speranza di vita che avrebbe aumentato i requisiti, anche ” grazie” alla pandemia di Covid-19, che ha accorciato di tre mesi la speranza di vita a 65 anni d’età, non sarà utilizzata. Lo ha confermato, anche, l’Inps con la circolare n.28/2022 : ” Fermo restando l’adeguamento alla speranza di vita già applicato dal 1° gennaio 2021 che non ha previsto alcun incremento – a decorrere dal 1° gennaio 2023, in attuazione di quanto previsto dal decreto 27 ottobre 2021, i requisiti pensionistici non sono ulteriormente incrementati “.
Rimangono le possibilità di uscite anticipate realizzate negli ultimi anni. Intanto ricordiamo che l’uscita con ” quota 100 ” è ancora possibile, ancorché la disposizione scadeva al 31 dicembre 2021, mantenendo la formula favorevole per coloro che abbiano, comunque, maturato almeno 38 anni di contribuzione e un’età anagrafica di 62 anni entro tale data.
Infatti, a prescindere dalle novità che erano state introdotte in legge di Bilancio, il completamento dei requisiti utili a quota 100, entro il 2021, rendono il diritto cristallizzato anche nel 2022 e negli anni futuri. Rimane anche ” Quota 102 “. Per la nuova facoltà, limitata al solo anno 2022 ( significa che età e contributi vanno entrambi maturati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2022 ), il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2022, potrà essere esercitato anche negli anni successivi.
Valida ancora l’ Opzione donna. Potranno incrociare le braccia, almeno per quest’anno le lavoratrici, pubbliche e private, dipendenti o autonome, se entro il 31 dicembre 2021 hanno compiuto 58 anni d’età ( 59 se autonome ) e almeno 35 anni di contributi.
La pensione anticipata per i lavoratori precoci prevede il possesso di un requisito di 41 anni di contributi sino a tutto il 2026: a 64 anni quella anticipata e a 71 anni quella di vecchiaia con almeno 5 anni di contributi, mentre, poi, dal 1° gennaio 2027 il requisito dovrà essere adeguato alla speranza di vita, proprio come avviene per la pensione di vecchiaia.
Per coloro che raggiungono la pensione con l’anzianità di servizio ed il sistema delle quote si potrà andare in pensione con i seguenti requisiti: anzianità contributiva di almeno 35 anni ed età anagrafica di 62 anni a raggiungere quota 98 se dipendenti pubblici o privati; anzianità contributiva di 35 anni ed età anagrafica di 63 anni a raggiungere quota 99 se autonomi iscritti all’INPS.
- Nel corso del tavolo di confronto tecnico con i sindacati al ministero del Lavoro, il Governo aveva aperto alla flessibilità in uscita sulle pensioni e condiviso la richiesta di Cgil, Cisl e Uil di superare la rigidità del requisito dei 67 anni previsto dalla legge Fornero.
- Altra ipotesi, che era stata messa in campo dalla Lega, è il pensionamento anticipato sia per donne che per uomini con 41 anni di contribuzione.
Nel merito sono da verificare le condizioni per i riscatti, a questo punto auspicabili gratuitamente o con spesa ridotta e la verifica degli importi di pensione. Le soluzioni hanno, infatti, comunque un prezzo: il ricalcolo contributivo degli assegni pensionistici.
Viene indicata, su questo fronte, anche, una disponibilità, seppure generica, sulla revisione dei coefficienti di trasformazione e sulla possibilità di eliminare la soglia del 2,8 e 1,5 volte dell’assegno sociale per coloro che raggiungono il trattamento pensionistico. Altre soluzioni in alternativa alla Legge Fornero, sono state indicate dal presidente dell’Inps, anche se molto arzigogolate e di complessa realizzazione.
Una prevede l’anticipo della mera quota contributiva della pensione a 63 anni di età e il versamento di 20 anni di contributi, con recupero della parte retributiva all’ottenimento dei requisiti di vecchiaia. Un’altra l’uscita anticipata, a 64 anni d’età e 35 anni di contributi regolarmente versati, ma con una penalizzazione pari al 3% della pensione retributiva per ciascun anno di anticipo, rispetto alla soglia di vecchiaia.
Cosa cambia per le pensioni nel 2023?
I nuovi valori – I nuovi coefficienti recepiscono la variazione della speranza di vita ISTAT registrata nell’ultimo biennio e, per la prima volta, faranno aumentare la rendita: chi uscirà nel prossimo biennio avrà un aumento della quota contributiva della pensione compreso tra il 2 ed il 3% al netto degli altri fattori.
- Ad esempio un montante contributivo di 300mila euro al 31.12.2022 vale in pensione 14.310 euro all’età di 62 anni; dal 1° gennaio 2023 il medesimo montante vale 14.646€, cioè 336 euro di rendita annua in più.
- Con il crescere dell’età aumentano i rendimenti: a 64 anni la differenza positiva è di 372€ annui, a 67 anni raggiunge i 444€ e tocca i 540€ a 70 anni.
E’ utile ricordare che la novità non interessa chi è andato in pensione entro il 31.12.2022.
Chi può andare in pensione con 42 anni di contributi?
Pensione anticipata ordinaria nel 2023 – Quella che il Governo sta attuando non è una riforma delle pensioni ma solo una sostituzione dell’attuale quota 102 con la quota 103. Le cose, quindi, rimarranno esattamente come quest’anno nel 2023, con la sola differenza che non ci sarà più la quota 102, ormai scaduta.
- E che al suo posto avremo la quota 103.
- Altra novità nel 2023 è che sono state apportate delle modifiche anche all’opzione donna e che potrà accedere al pensionamento con 58 anni solo la lavoratrice dipendente con almeno due figli, a 59 anni quella che ha avuto almeno un figli e per tutte le altre l’età richiesta sarà di 60 anni.
Sempre in presenza di almeno 35 anni di contributi. Per tutto il resto la normativa previdenziale resterà invariata e resterà in vigore la Legge Fornero. Pertanto nel 2023 sarà ancora possibile andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
Perchè la pensione a 62 anni con 41 anni di contributi sarà soltanto un’opzione tra le tante che si potrà scegliere, non l’unica via per l’anticipo pensionistico. Per rispondere alla sua domanda, quindi, potrà andare tranquillamente in pensione nel 2023 con la pensione anticipata ordinaria visto che i requisiti di accesso rimarranno inalterati.
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Quando vado in pensione con 41 anni di contributi?
Quanto si prende andando in pensione con 41 anni di contributi? – In pensione con 41 anni di contributi nel 2023. Ma quanto si prenderà di pensione con Quota 103? Per calcolare l’assegno è necessario utilizzare il sistema misto, che tiene conto dei contributi versati entro il 1995 ( regime retributivo ) e quelli maturati dal 1996 ( regime contributivo ).
- Avremo bisogno di calcolare due quote.
- Diciamo che il nostro lavoratore, in tutta la sua carriera, ha guadagnato una media di 25.000 euro lordi l’anno di stipendio e che ha versato 15 anni di contributi entro il 1995 e gli altri 26 anni dal 1996 ad oggi,
- Per la prima quota teniamo conto dell’ aliquota del 2% calcolata sulla media delle ultime retribuzioni, solitamente le più alte (ad esempio, 28.000 euro lordi).
Il 30% (2% x 15 anni di contributi) di 28.000 euro è 8.400, il valore della prima quota, Per la seconda quota, calcolata col sistema contributivo, avremo bisogno di calcolare il montante contributivo: un lavoratore dipendente accantona il 33% di ogni retribuzione lorda annua.
Quindi, il 33% di 25.000 euro è 8.250 euro, moltiplicato per 26 anni, ci dà come risultato 214.500 euro, l’importo del montante contributivo, Su questo valore incide il coefficiente di trasformazione, che a 62 anni è del 4,770%. Il 4,770% di 214.500 euro è 10.231 euro, l’importo della seconda quota.
Sommando le due quote ( 8.400 e 10.231 euro ) avremo l’importo di un anno di pensione lorda: 18.631 euro, circa 1.433 euro lordi al mese, intorno ai 1.100 euro netti, In pensione con 41 anni di contributi e non solo. Ecco gli articoli preferiti dagli utenti sulle pensioni:
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Come funziona la Legge Fornero sulle pensioni?
Pensioni/ La riforma Fornero, il futuro previdenziale e la necessità di mantenere in piedi il sistema previdenziale 14 ott 2022 di Claudio Testuzza S24 Esclusivo per Sanità24 La legge Fornero, o meglio la riforma delle pensioni Fornero, corrisponde all’articolo 24 del decreto legge n.201 ( emanato il 6 dicembre 2011 ). Il nome deriva da quello dell’allora ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero, che ha modificato il funzionamento del sistema pensionistico italiano emanando le cosiddette “Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici”.
- Prima della legge Fornero era in vigore la riforma Dini, datata 1995.
- Poi, a seguito della manovra Salva-Italia varata dal Governo Monti per contrastare la recessione degli Usa causata dai subprime, e su pressioni dell’Unione Europea che chiedeva all’Italia di intervenire a ridurre il grande deficit che l’aveva colpita negli ultimi anni, si rese necessario intervenire sulla messa in sicurezza dei conti e in particolare sulla sostenibilità a lungo termine del sistema previdenziale.
In effetti il sistema, imperniato soprattutto sull’Inps, che peraltro aveva assorbito l’Inpdap, l’istituto previdenziale dei dipendenti pubblici andato in pochi anni in default, procedeva con sistematici disavanzi suppliti da ampi interventi dello Stato.
Infatti la legge di riforma Dini aveva già modificato il sistema del calcolo pensionistico, da retributivo, molto favorevole perché collegato agli stipendi dei richiedenti la pensione, al meno vantaggioso sistema contributivo, che fa riferimento agli effettivi contributi prodotti durante tutta la vita lavorativa, ma aveva mantenuto il contributivo per tutti coloro che avessero maturato almeno diciotto anni di contributi al 31 dicembre 1995 e pro quota a chi ne avesse avuto anche di meno.
La legge Fornero drasticamente annullava dal 2012 questi vantaggi, pur mantenendo il maggior favore per i periodi antecedenti. Ma se questo intervento, pur con le lagnanze degli interessati, era stato assorbito dai partiti della maggioranza e anche dai sindacati, quello che aveva, e ha tuttora, un fronte di resistenza è stato il drastico intervento sulle età pensionistiche.
- Fermo alle cosiddette “quote”.
- Fino al 31 dicembre 2011 era richiesta la quota 96, che diventava 97 per gli autonomi.
- Per quota si intende la somma di età anagrafica e anzianità contributiva.
- I lavoratori dipendenti potevano quindi ottenere il diritto alla pensione di anzianità con almeno 61 anni di età e 35 di contributi ( 61+35=96 ) oppure con 60 e 36 ( 60+36=96 ).
Per gli autonomi l’età doveva essere più alta di un anno ( 61+36 oppure 62+35 ). Mentre il pensionamento di vecchiaia era previsto a 65 anni d’età ovvero con almeno 40 anni di contributi.La legge Fornero sconvolgeva questi parametri portando l’età per la vecchiaia a 67 anni e l’anticipata (anzianità) a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.
Tutti, peraltro collegati alla “speranza di vita” che ne innalzava i valori in maniera incontrollata facendo solamente riferimento all’età di sopravvivenza dei cittadini. Da quel momento si è avuta una sequela di interventi legislativi per cercare di ridurre l’impatto di queste norme con l’introduzione del riconoscimento delle attività usuranti, l’ape sociale, l’opzione donna, sino ad arrivare alla Quota 100 (62 anni e 38 di contributi) e 102 (64 anni e 38 di contributi).
Ultimamente, soprattutto in fase preelettorale, è diventato un obbiettivo l’uscita anticipata possibile con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Una soluzione che piace anche ai sindacati, fermamente contrari al ritorno in versione integrale dei requisiti di pensionamento fissati dal governo Monti e dalla legge Fornero e che sarà l’argomento principale nella stesura della prossima legge di bilancio.Ma c’è un ostacolo non da poco da superare: l’impatto di queste misure sui conti previdenziali, da sempre sotto l’attenta osservazione di Bruxelles.
E non solo per il costo di questa opzione: 4 miliardi il primo anno secondo l’Inps, non più di 1,3-1,4 miliardi per il Carroccio e i sindacati considerando una percentuale di adesioni simile a quelle registrata per Quota 100 (circa il 40%). Nel suo ultimo rapporto sulla previdenza la Ragioneria generale dello Stato ha fatto notare che gli interventi di riforma varati dal 2004 hanno generato una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil pari a circa 60 punti percentuali cumulati al 2060.
Di questi – si sottolinea – circa un terzo è dovuto agli interventi previsti proprio con la riforma del 2011.Il messaggio è abbastanza chiaro: rispetto alle regole fissate dalla riforma varata dal governo Monti non si può tornare indietro, a meno di non mettere a repentaglio la solidità dell’impalcatura contabile su cui poggia il sistema previdenziale.
Ed è quello che a più riprese aveva sostanzialmente lasciato intendere Mario Draghi a Cgil, Cisl e Uil aprendo alla possibilità di introdurre forme flessibili di uscita ma rimanendo rigidamente nel solco del metodo contributivo e senza appesantire la spesa.I sindacati e la Lega restano, però, convinti della bontà delle loro posizioni.
Il problema, dopo che con lo scioglimento delle Camere il lavoro sul dossier pensioni è rimasto insoluto, viene rimandato tutto al nuovo Esecutivo che si troverà, anche, ad affrontare il recupero inflazionistico al momento della perequazione delle pensioni.
Come si calcola la pensione con la Fornero?
Pensione, metodo retributivo o contributivo? Come funziona il calcolo dopo la riforma Fornero
Pensione, metodo retributivo o contributivo? Come funziona il calcolo dopo la riforma Fornero
Oltre che per l’, la riforma Fornero ha introdotto un’importante novità nel, sancendo definitivamente il trionfo del metodo contributivo sul retributivo, Una scelta necessaria per contenere la spesa previdenziale in Italia, anche considerando l’allungamento della vita media. I DUE METODI I due sistemi di calcolo si basano su criteri profondamente diversi:
RETRIBUTIVO L’importo della pensione viene calcolato sulla media dei redditi :- degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti; – degli ultimi 15 anni di lavoro per gli autonomi, nella misura del 2% di questa media per ogni anno di contribuzione.
Esempio di calcolo retributivo: – reddito annuo medio negli ultimi 10 anni: € 30.000 – anni di contribuzione: 40 – pensione: 2% di 30.000 x 40 = € 24.000 |
ul> CONTRIBUTIVO L’importo della pensione viene calcolato sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa (cosiddetto “montante contributivo”). L’ammontare dei contributi viene rivalutato in base all’indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e moltiplicato per il, aggiornato ogni 3 anni (dal 2019 ogni due) e variabile, in base all’età del lavoratore al momento della pensione.
IL PASSAGGIO DAL RETRIBUTIVO AL CONTRIBUTIVO Dal 1° gennaio 2012 il metodo contributivo è diventato l’ unico metodo di calcolo per la prestazione pensionistica. Pertanto – tolti i fortunati che sono già in pensione, per i quali non cambia nulla e che continueranno a godere del privilegio del retributivo – anche chi prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero avrebbe avuto una una pensione calcolata del tutto con il metodo retributivo si è visto ricalcolare l’assegno col contributivo per la quota di anni di lavoro che ancora gli restano.
- Insomma il metodo retributivo sopravvive ancora, ma riferito a un minor numero di anni e per un numero di lavoratori sempre più esiguo.
- In sostanza si creano tre situazioni differenti,
- Per i più giovani che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995 – anno di entrata in vigore della riforma Dini che per prima introdusse il sistema contributivo – la pensione verrà tutta calcolata col metodo contributivo.
Per gli altri invece conta l’anzianità di servizio maturata alla data del 31 dicembre 1995. Vediamo le tre ipotesi nel dettaglio:
Anzianità al 31/12/1995 | Calcolo fino al 1995 | Calcolo dal 1996 al 2011 | Calcolo dal 2012 |
– nessuna | — | Contributivo | Contributivo |
– meno di 18 anni | Retributivo | Contributivo | Contributivo |
– 18 anni o più | Retributivo | Retributivo | Contributivo |
Pensione, metodo retributivo o contributivo? Come funziona il calcolo dopo la riforma Fornero
Cosa cambia nel 2024 per le pensioni?
Dall’ultima Nota di aggiornamento al Def presentata dal governo emerge che nel 2023 la spesa pensionistica salirà al 16,1% del Pil (+0,5% sul 2022) e nel 2024 lieviterà ulteriormente al 16,6%. Un andamento tutt’altro che tranquillizzante, dovuto anche alle ricadute della corsa dell’inflazione.
Che novità ci sono per le pensioni?
Quota 102 – Quota 100, opzione sperimentale introdotta dal DL 4/2019 e scaduta naturalmente il 31 dicembre 2021, viene sostituita da Quota 102, A partire dall’1 gennaio 2022, per il solo anno in corso, si potr accedere alla pensione con 64 anni di et anagrafica e 38 anni di contributi.
Alla prestazione si continuano ad applicare tutte le regole previste perQuota 100, con l’eccezione del requisito anagrafico che viene incrementato di 2 anni. In particolare, necessario che i due requisiti minimi siano contemporaneamente verificati: non, ad esempio, possibile accedere a Quota 102 con un anno d’et in pi e uno in meno di contributi (65+37).
Rimangono inoltre in vigore il divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione, la possibilit di fare domanda anche dopo il 31 dicembre 2022 pur avendo maturato i requisiti utili entro l’anno (cristallizzazione del diritto), la facolt di utilizzare la contribuzione mista per raggiungere il requisito contributivo (ad esclusione della contribuzione versata alle Casse dei liberi professionisti) e il regime dellefinestre mobili(3 mesi per il settore privato, 6 mesi per il pubblico impiego).
Quanto si prende in meno con la pensione rispetto allo stipendio?
Come si calcola il tasso di sostituzione? – Premessa indispensabile che non tutti i tassi di sostituzione sono uguali! In particolare, mentre i tassi di sostituzione lordi sonodefiniti come il rapporto la prima rata di pensione al lordo delle tasse e l’ultima retribuzione al lordo di contributi e tasse, i tassi di sostituzione netti sono calcolati esprimendo sia la pensione sia la retribuzioneal netto del prelievo contributivo e fiscale.Una distinzione sono di poco conto: nello stimare il reddito “spendibile” da pensionati i tassi netti risultano infatti decisamente pi significativi di quelli lordi.
per unlavoratore dipendente, il tasso di sostituzione riferito alla pensione di vecchiaia pari acirca il 70% (quasi l’80% per le generazioni che stanno entrando ora nel mondo del lavoro, semprea patto – s’intende – di poter contare su una carriera lavorativa continua); per unlavoratore autonomo,tenuto conto delgraduale aumento delle aliquote contributive, con ovvi riflessi sui tassi di sostituzione, si registrainvece nel corso del tempoun lieve incremento e potranno contare su una pensione che ammonta a circa il 60% (percentuale che pu variare fino a oltre il 70%)dell’ultimo reddito da lavoro.
Fonte:elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali tramite il motore di calcolo Epheso * Le proiezioni sono elaborate dal Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali attraverso il motore di calcolo Epheso sulla base dei parametri ufficiali della Ragioneria Generale dello Stato: crescita delle retribuzioni individuali attese all’1,51% reale, ipotesi di crescita media quinquennale del PIL pari a 1,57% reale e inflazione al 2% (con relativo incremento della produttivit pari all’1,53% annuo).
Quanto si prende di pensione con uno stipendio di 2000 euro?
Ecco quanto si prende di pensione con uno stipendio di 2.000 euro – Con stipendio di 2.000 euro lordi e con 20 anni di contributi la pensione varia in base all’età:
a 60 anni avrà diritto a 595 euro lordi mensili; a 63 anni avrà diritto a 648 euro lordi al mese; uscendo dal lavoro a 67 anni, sempre con gli stessi contributi, avrà diritto a 735 euro al mese.
E facile vedere come soltanto alzando l’età di accesso aumenta la pensione spettante, anche senza versare altri contributi. Per chi, con la stessa retribuzione mensile ha lavorato 30 anni la pensione varia in questo modo:
a 60 anni avrà diritto a 893 euro lordi mensili; a 63 anni avrà diritto a 972 euro lordi al mese; uscendo dal lavoro a 67 anni avrà diritto a 1.103 euro al mese.
Allo stesso modo, lavorando per 40 anni si avrà diritto alle seguenti somme mensili:
a 60 anni una pensione mensile lorda di 1.191 euro; a 63 ad un importo mensile lordo di 1.296 euro; con 67 anni di età la pensione sale a 1.471 euro mensili.
Lettura consigliata Ecco quanto spetta a una vedova della pensione del marito e limiti di reddito
Quanto si perde dallo stipendio alla pensione?
Solitamente, con il massimo contributivo (42 anni di lavoro), questo tasso di trasformazione restituisce una pensione che ha un importo pari al 70% dell’ultimo stipendio.
Quando si prende di pensione con 42 anni e 10 mesi?
Lavoratori e lavoratrici senza contribuzione al 31.12.1995 – I lavoratori e le lavoratrici, con primo accredito contributivo dal 1° gennaio 1996, possono conseguire la pensione anticipata, a partire dal 1° gennaio 2012, con gli stessi requisiti di anzianità contributiva (41 anni 1 mese per le donne e 42 anni e 1 mese per gli uomini) previsti per i lavoratori e le lavoratrici con contribuzione al 31.12.1995.
Successivamente, i citati requisiti di anzianità contributiva sono stati incrementati alla speranza di vita. Pertanto, nel triennio 2016-2018 il requisito contributivo previsto per le donne era pari a 41 anni e 10 mesi e per gli uomini 42 anni e 10 mesi. Dal 1° gennaio 2019 il previsto incremento della speranza di vita pari a 5 mesi è stato disapplicato a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legge n.4/2019 (art.15) convertito con modificazioni in legge n.26 del 28 marzo 2019.
La norma ha stabilito la non applicazione dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2026 degli adeguamenti della speranza di vita e l’introduzione della “finestra mobile” trimestrale. A decorrere dal 1° gennaio 2027, i requisiti contributivi saranno ulteriormente adeguati, con cadenza biennale, agli incrementi della speranza di vita che verranno stabiliti.
- Pertanto, il requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata rimane confermato a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne, fino al 31 dicembre 2026, ma con l’ attesa di 3 mesi dalla maturazione di tali requisiti contributivi (cosiddetta “finestra”),
- Nella seguente tabella sono riportati i requisiti per il diritto alla pensione anticipata dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2026.
Pensione anticipata dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2026
Anno | Anzianità contributiva (anni e mesi) Donne Uomini | Decorrenza |
2019-2026 | 41 e 10 42 e 10 | Decorsi 3 mesi dalla maturazione dei requisiti contributivi |
Per il personale a tempo indeterminato del comparto scuola e dell’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM) la decorrenza è fissata rispettivamente al 1° settembre e al 1° novembre dello stesso anno solare in cui si prevede la maturazione del requisito per la pensione anticipata.
Ai fini della maturazione del requisito contributivo viene considerata tutta la contribuzione accreditata tranne quella derivante dalla prosecuzione volontaria, mentre quella accreditata per periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del 18° anno di età è moltiplicata per 1,5. ULTERIORE PENSIONE ANTICIPATA Per i lavoratori e le lavoratrici con primo accredito contributivo dal 1° gennaio 1996 è stata introdotta, a partire dal 01.01.2012 una ulteriore possibilità di pensionamento anticipato, al compimento di 63 anni di età per uomini e donne, successivamente adeguata agli incrementi della speranza di vita, come descritto in tabella, a condizione che risultino in possesso di almeno 20 anni di contribuzione effettiva e che l’importo minimo di pensione alla decorrenza non risulti inferiore a 2,8 volte quello dell’assegno sociale (1.288,78 euro mensili nel 2021).
Il requisito anagrafico è stato adeguato agli incrementi della speranza di vita nel triennio 2013/2015 pari a 3 mesi, nel triennio 2016/2018 pari a 4 mesi, nel biennio 2019/2020 pari a 5 mesi. Nessun ulteriore incremento è previsto per gli anni 2021-2022. Ai fini del raggiungimento dei 20 anni di contribuzione “effettiva” è utile solo quella effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto) con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo. Per conseguire la pensione anticipata e tale ulteriore possibilità di pensionamento anticipato è necessaria la cessazione del rapporto di lavoro dipendente.
Quanto si prende di pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi?
Quanto si prende di pensione con 42 anni di contributi: esempi calcolo – Una volta spiegato quali opzioni previdenziali si possono sfruttare con 42 anni di contributi, vediamo insieme quanto si prende di pensione con 42 anni di contributi, Prendiamo ad esempio un lavoratore di 65 anni, con 42 anni e 10 mesi di contributi e una retribuzione annua di 25.000 euro,
- Il sistema di calcolo da utilizzare è quello misto,
- Significa che è necessario addizionare i contributi versati nel sistema retributivo fino al 31 dicembre 1995 (se sono almeno 18 anni, il calcolo retributivo si applica per i contributi fino al 31 dicembre 2011) a quelli maturati dal 1° gennaio 1996 ( sistema contributivo, si può godere dell’estensione fino al 1° gennaio 2012).
La prima possibilità di pensionamento del nostro lavoratore è la pensione anticipata ordinaria, accessibile già nell’anno in corso (2022). Con un calcolo approssimativo possiamo ipotizzare che riceverà una pensione di 1.145 euro netti al mese, rispetto a uno stipendio netto mensile di 1.333 euro,
Diminuendo l’importo della retribuzione lorda annua a 20.000 euro, il nostro lavoratore potrebbe accedere alla pensione anticipata ordinaria, ricevendo un assegno netto mensile di 921 euro, rispetto a uno stipendio netto di 1.071 euro al mese, Per avere accesso alla pensione di vecchiaia, invece, dovrà attendere il compimento dei 67 anni di età,
Nel 2024, con 20.000 euro di retribuzione lorda annua, potrebbe arrivare a ricevere una pensione mensile netta di 1.014 euro, a fronte di uno stipendio di poco superiore ai 1.100 euro, Con una retribuzione più alta ( 25.000 euro lordi all’anno ), l’assegno potrebbe salire a 1.261 euro netti al mese, a fronte di uno stipendio netto mensile di poco inferiore ai 1.400 euro, Quanto si prende di pensione con 42 anni di contributi?
Quanto prenderò di pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi?
Quanto si prende di pensione con 41 anni di contributi: calcolo – Detto questo, vediamo ora quanto si prende di pensione con 41 anni di contributi, Nel caso in cui il lavoratore, in presenza di determinati requisiti, volesse accedere a Quota 41 per lavoratori precoci, deve sapere che questa opzione non prevede nessuna decurtazione dell’assegno, poiché il calcolo della pensione viene effettuato tenendo presente tutti i contributi versati. Quanto si prende di pensione con 41 anni di contributi Questo perché il calcolo della pensione con Quota 41 (ma anche di altre opzioni previdenziali) è effettuato con il sistema misto (meno di 18 anni di contributi al 1° gennaio 1996). Se, invece, il nostro lavoratore avesse avuto più di 18 anni di contributi versati al 1° gennaio 1996, avrebbe ricevuto una pensione calcolata con il sistema retributivo e, sicuramente, più alta,
Quanto si prende di pensione con 41 anni di contributi? Passiamo ora a un lavoratore di 67 anni, che ha raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia, e ha maturato 41 anni di contributi, con una retribuzione di circa 25.000 euro lordi l’anno, Quanto prenderà di pensione? Con un calcolo sommario possiamo dire che a fronte di uno stipendio di poco superiore ai 1.300 euro, il nostro lavoratore prenderà poco meno di 1.150 euro netti al mese, quindi pressappoco lo stesso importo di Quota 41 per lavoratori precoci.
Se aumentassimo la retribuzione a 30.000 euro lordi l’anno, aumenterebbe anche l’importo della pensione: circa 1360 euro netti al mese, a fronte di uno stipendio di circa 1.600 euro. Passiamo ora a una lavoratrice di 65 anni che, con 41 anni e 10 mesi di contributi è pronta ad accedere alla pensione anticipata ordinaria,
Con una retribuzione di circa 30.000 euro lordi l’anno, potrebbe ricevere una pensione di poco superiore a 1.300 euro netti al mese. Aspettando due anni e accedendo alla pensione di vecchiaia l’importo della sua pensione arriverebbe sotto ai 1.500 euro netti al mese, Non conviene, invece, Opzione Donna, considerato che l’importo della pensione si calcola con il sistema interamente contributivo.
Di conseguenza, la lavoratrice che accede a questa opzione previdenziale rischia d i perdere dal 10 al 30% sull’assegno che riceverebbe se andasse in pensione a 67 anni, Quanto si prende di pensione con 41 anni di contributi e non solo. Ecco gli articoli preferiti dagli utenti sulle pensioni:
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Chi potrà andare in pensione nel 2023?
Per i lavoratori dipendenti addetti in attività considerate gravose o faticose e pesantI e in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni. è fissato anche per il biennio 2023 /2024 al raggiungimento dei 66 anni e 7 mesi.
Quanto ammonta la pensione con 43 anni di contributi?
Accedendo alla pensione di vecchiaia con 43 anni di contributi, effettuando un calcolo sommario, il nostro lavoratore riceverebbe una pensione di poco inferiore ai 1.200 euro netti al mese.
Che differenza c’è tra pensione retributiva e contributiva?
Il sistema previdenziale italiano è molto complesso, non a caso occupa uno spazio fisso nel dibattito politico e sociale. Al centro della discussione, da alcuni anni, è il metodo di calcolo della pensione, In Italia possiamo dividere la questione in due metodologie :
- metodo retributivo;
- metodo contributivo.
Prima di approfondire l’argomento, molto ostico, riteniamo opportuno fare un attimo chiarezza sul significato dei due termini, retributivo e contributivo, Semplificando al massimo, si intende con metodo retributivo il calcolo dell’assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni, mentre con metodo contributivo si tiene in considerazione l’ammontare dei contributi effettivamente versati.
Quando torna la Fornero?
Tra il 2018 e il 2024 il rapporto spesa-Pil dal 15,2 al 16,4% – Alla luce del difficile contesto economico e della delicata situazione dei conti pubblici, accompagnata dall’assoluta necessità di puntellare famiglie e imprese contro il caro-bollette, a evidenziare che nell’immediato la strada da percorrere non può essere quella dei prepensionamenti è stato anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.
- Gli stessi tecnici del ministero dell’Economia hanno più volte messo in guardia dal pericolo rappresentato dal continuo lievitare dei costi della previdenza, su cui vigila con attenzione Bruxelles.
- Il rapporto spesa pensionistica-Pil salirà dal 15,7% del 2022 al 16,2% del 2023 e al 16,4% del 2024.
- La Ragioneria generale dello Stato ha recentemente evidenziato che, tenuto conto che nel biennio 2023-2024 «il profilo del deflatore del Pil risulta sensibilmente inferiore a quello del tasso di indicizzazione e dell’elevato livello dell’indicizzazione medesima (imputabile all’impennata del tasso di inflazione registrata a partire dalla fine del 2021 e prevista fino al 2023)», la spesa in rapporto al Prodotto interno «aumenta significativamente portandosi, alla fine del biennio, al 16,4% (1,2 punti percentuali superiore al livello del 2018)».
E questo livello verrebbe sostanzialmente mantenuto fino al 2030. : Pensioni, rischio stop per 3 vie d’uscita anticipata: senza una nuova legge nel 2023 si torna alla Fornero
Quanti anni di contributi prima del 1996?
Un mese di contributi prima del 1996: salta la possibilità di pensione anticipata Gentile lettore, la presenza di contributi anteriori all’1.1.1996 le inibisce di potere attivare la pensione anticipata contributiva che richiede, fino al 2024, 64 anni di età, 20 anni di contributi effettivi e un assegno pensionistico mensile pari a 2.8 volte l’assegno sociale (c.ca 1310 euro lordi mensili a oggi).
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: Un mese di contributi prima del 1996: salta la possibilità di pensione anticipata
Quanto si perde con il part time?
Lavoro part time: il riscatto – Se si desidera rimediare alla perdita di contribuzione dopo aver effettuato dei periodi di tempo lavorando part time, è possibile riscattare gli ann i (o mesi) di lavoro parziale a partire dal 1996, ma solo a condizione che siano collocati all’interno del periodo temporale del rapporto di lavoro. Lavoro part time: quanto incide sul calcolo della pensione?
Chi ha 43 anni di contributi può andare in pensione?
Pensione e anzianità, quando pesa sull’assegno – Andare in pensione con 43 anni di contributi non è sicuramente un traguardo raggiungibile da tutti. Parliamo di aver maturato nel corso degli anni una carriera lavorativa importante, che abbraccia un futuro pensionistico altrettanto gratificante rispetto a coloro che hanno affrontato un contesto lavorativo precario, discontinuo e con un ridotto numero di contributi.
Cosa significa aver maturato 43 anni di contributi? La possibilità di richiedere la pensione di vecchiaia a 67 anni, ma con un diverso montante contributivo che non porta a 20 anni (regole ordinarie), ma bensì alle disposizioni in essere per la pensione anticipata ordinaria (senza vincolo anagrafico).
In linea generale, si tratta di una possibilità scartata in passato, sempre per un mero discorso di penalizzazioni eliminate nella Legge di Bilancio 2017. Tuttavia, esiste una riduzione sull’assegno da tener conto, una sorta di “prezzo” da considerare, sicuramente non incide con una sforbiciata, ma indubbiamente si tratta di una diminuzione sull’assegno.
Quali erano i requisiti per andare in pensione prima della Fornero?
Pensionamento di vecchiaia – Con la vecchia normativa era richiesto il raggiungimento di un’età anagrafica di 65 anni per gli uomini (settore privato e pubblico); 61 anni per le donne del pubblico impiego (65 dal 2012); 60 anni per le lavoratrici del settore privato (dipendenti e autonome) insieme ad un requisito contributivo minimo di 20 anni (15 anni per coloro che godevano della Deroga Amato cfr: Circolare inps 16/2013 ).
Queste ultime subivano – ai sensi dell’articolo 18, comma 1 del 98/2011 convertito con legge 111/2011 – il progressivo innalzamento dell’età pensionabile a partire dal 1° gennaio 2014 sino al 2026 in modo da raggiungere la parificazione con l’età pensionabile dei lavoratori del pubblico impiego. La Pensione di Anzianita’ – La pensione di anzianità richiedeva il raggiungimento di una quota data dalla somma tra un’età anagrafica minima e almeno 35 anni di contributi.
Per la generalità dei lavoratori dipendenti in particolare era necessario raggiungere la cd. quota 96 con almeno 60 anni di età. Dal 2013 il requisito anagrafico e il quorum si innalzava di un anno. Per i lavoratori autonomi sia il requisito anagrafico che il quorum erano più elevati di un anno rispetto ai lavoratori dipendenti. Nota: I campi con l’asterisco sono richiesti A seguito della riforma Dini, il sistema di calcolo della pensione si differenzia in base all’anzianità maturata al 31 dicembre 1995 :
per chi poteva contare su almeno 18 anni di contribuzione si applicava il tradizionale criterio retributivo (ora limitato all’anzianità acquisita sino al 31 dicembre del 2011), legato agli stipendi degli ultimi anni. Ai fini della pensione, ogni anno di lavoro vale il 2%; per chi aveva meno di 18 anni di contributi, il criterio utilizzato è il misto, E cioè retributivo per l’anzianità maturata sino al 1995 e contributivo per i periodi di attività successivi; per i nuovi assunti dal primo gennaio 1996, si applica invece il solo criterio contributivo,
Dunque, nei confronti dei soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (cioè nei confronti dei lavoratori che rientrano nel cd. sistema misto ) la prestazione può essere conseguita, indipendentemente dall’età anagrafica, al perfezionamento, dal 1° gennaio 2012, di una anzianità contributiva pari a 42 anni ed un mese per gli uomini e a 41 anni ed un mese per le donne.
I suddetti requisiti si applicano sia ai lavoratori dipendenti, agli autonomi nonché ai lavoratori del pubblico impiego. Inoltre, i requisiti sono stati aumentati di un mese nel 2013, di un altro mese nel 2014 ed ulteriormente incrementati a seguito della speranza di vita ai sensi dell’articolo 12, comma 12 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 (3 mesi nel 2013; 4 mesi nel 2016).
Pertanto dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018 il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata è risultato pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne (cfr: Circolare Inps 63/2015 ). Dal 1° gennaio 2019 il requisito contributivo avrebbe dovuto essere oggetto di adeguamento alla speranza di vita di cinque mesi.
L’art.15 del DL 4 /2019 ha, tuttavia, sospeso tale adeguamento sino al 31 dicembre 2026. Dunque, il requisito contributivo per la prestazione pensionistica rimane pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Comunque il DL 4/2019 ha introdotto una finestra mobile che comporta uno slittamento nell’erogazione del primo rateo pari a tre mesi dal perfezionamento dei requisiti.
I lavoratori che al 31 dicembre 1995 non erano in possesso di contribuzione, possono conseguire la pensione al compimento delle medesime anzianità anagrafiche e contributive previste con riferimento ai lavoratori nel sistema misto o retributivo. L’unica differenza consiste nel fatto che, per il pensionamento di vecchiaia, è sufficiente il requisito di almeno 5 anni di contribuzione effettiva.
- Inoltre, se la pensione è richiesta da un soggetto di età inferiore a 65 anni, l’importo dell’assegno deve risultare non inferiore ad 1,2 volte l’assegno sociale.
- Per quanto riguarda il pensionamento con 40 anni di contributi il sistema contributivo prevede la necessità di perfezionare tale requisito escludendo i contributi versati volontariamente e moltiplicando per 1,5 i contributi da lavoro versati prima del 18° anno di età.
Nel sistema contributivo, vale la pena di ricordarlo, tutte le prestazioni (sia di vecchiaia che di anzianità) sono denominate di vecchiaia. Nella vecchia disciplina era previsto quel particolare regime di spostamento della decorrenza secondo le cd. finestre di cui all’articolo 12, commi 1 e 2 del decreto legge 78/2010.
- In particolare i lavoratori dipendenti subivano una posticipazione di 12 mesi e gli autonomi di 18 mesi dalla data del raggiungimento dei predetti requisiti.
- Per effetto dell’intervento di cui alla legge 111/2011 dal 1° gennaio 2012 era programmato anche un ulteriore slittamento per i lavoratori che accedevano alla pensione di anzianità indipendentemente dal requisito anagrafico (cioè con i 40 anni di contributi) pari ad un mese se il requisito contributivo è stato maturato nel 2012; di due mesi nel 2013 e di 3 mesi dal 2014 in poi.
Ciò ha determinato un allungamento sino a 15 mesi per i lavoratori dipendenti (21 mesi per gli autonomi) che accedevano alla prestazione di anzianità con i 40 anni di contributi. Queste regole, lo si ribadisce, valevano solo per i lavoratori Derogati dalla Legge Fornero cioè coloro che, in forza di eccezionali disposizioni legislative, potevano rimettere in carreggiata le regole vigenti al 31 dicembre 2011 anche se maturavano successivamente a tale data il diritto alla pensione.
- Tutti gli altri, sarebbero andati in pensione con le regole Fornero.
- Coloro che avessero svolto lavori particolarmente faticosi e pesanti, riconosciuti come usuranti, avevano la possibilità di andare in pensione prima rispetto all’età ordinaria per la vecchiaia con un’anzianità contributiva di almeno 35 anni ed un’età di 61 anni e 7 mesi.
Si può dire che la Legge Fornero nella Manovra Salva-Italia (legge 214 del 22-12-2011) abbia dato coerenza al sistema pensionistico sancendo il passaggio definitivo dal sistema retributivo a quello contributivo. Infatti, il sistema retributivo prevede un sistema di calcolo per l’assegno pensionistico fondato su una percentuale degli ultimi stipendi.
- Questo, indifferentemente dai versamenti effettuati negli anni.
- Il sistema contributivo, invece, istituisce un rapporto tra lavoratore e istituto previdenziale, quindi maggiori sono i contributi versati, maggiore è l’importo dell’assegno mensile.
- Il sistema precedente comunque non era un sistema retributivo puro, ma misto.
Prima della riforma questo prevedeva due condizioni: 35 anni di contributi versati e 60 anni di età anagrafica del lavoratore. Ciò consentiva il raggiungimento di una quota di 95 punti con la possibilità di accedere alla pensione solo a 96 punti entro il 2012.
- Per fare un esempio, con 65 anni di età e 31 di contributi o 36 di contributi e 60 anni di età.
- In base alla Riforma Dini, poi, ai 18 anni di contributi precedenti al 1995 entravano nel calcolo con il sistema retributivo, mentre quelli successivi venivano valutati con il sistema contributivo.
- Con la Riforma Fornero la pensione di anzianità, pensata per consentire al lavoratore con una certa anzianità contributiva di andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica, ha cessato di esistere.
Essa è stata, dapprima, modificata nel 2004 con l’introduzione di requisiti aggiuntivi rispetto a quello contributivo per poi essere sostituita con la pensione anticipata. Quest’ultima, infatti, consente comunque al lavoratore, salvo un certo numero di contributi, di accedere alla pensione prima della soglia anagrafica per quella di vecchiaia.
Ulteriore pregio della Riforma è stato quello di inasprire i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia fissandoli a 66 anni per gli uomini (dipendenti ed autonomi) e per le lavoratrici del pubblico impiego; a 62 anni per le lavoratrici dipendenti del settore privato; a 63 anni e 6 mesi per le autonome e la parasubordinate.
Riguardo a questa categoria, poi, è stato previsto un innalzamento graduale dei requisiti anagrafici con l’obiettivo di parificare l’età pensionabile tra uomini e donne. Questo è avvenuto con due scatti nel 2014 e nel 2016 pari ciascuno ad un anno e sei mesi per le lavoratrici dipendenti e di un anno ciascuno per le autonome e le parasubordinate.
- Nel 2018 l’adeguamento si è completato con un ulteriore scatto di un anno per le dipendenti del settore privato e di sei mesi per le autonome e le parasubordinate.
- Gli esposti requisiti erano soggetti agli adeguamenti alla speranza di vita con ulteriore slittamento, per tutti i lavoratori, donne e uomini, sia dipendenti che autonomi, di 3 mesi nel 2013 e di altri 4 mesi dal 1° gennaio 2016.
Gli adeguamenti del 2019, 2021, 2023 e 2025, comunque, non si applicano ai lavori usuranti e ai lavoratori notturni, destinatari del Dlgs 67/2011 per effetto dell’ art.1 co.206 della L.232/2016. Ciò è stato nuovamente previsto anche dal l’articolo 1 co.146 e ss.
della L.205/2017. Tale ultima norma, ha escluso dall’adeguamento scattato il 1° gennaio 2019 anche i requisiti per la pensione di vecchiaia e per quella anticipata, nei confronti delle 15 categorie professionali rientranti nelle cd. mansioni gravose. Questo a condizione che i lavoratori abbiano raggiunto un minimo di 30 anni di contribuzione e che non siano beneficiari dell’Ape sociale.
Tuttavia, la dispensa dall’adeguamento alla speranza di vita non ha trovato applicazione al requisito contributivo ridotto a 41 anni per i cd. lavoratori precoci. Gli artt.15 e 17 del DL 4/2019 hanno, poi, sancito l’ultimo intervento in materia. Con essi il legislatore ha sospeso retroattivamente l’adeguamento scattato il 1° gennaio 2019 e i tre adeguamenti successivi, del 2021, 2023 e 2025.
Tuttavia, la sospensione riguarda unicamente i requisiti della pensione anticipata, anche se per tutti i lavoratori, quantunque non addetti a mansioni gravose o usuranti. Tali disposizioni hanno sortito l’effetto di consentire l’accesso alla pensione anticipata con 42 e 10 mesi (41 anni e 10 mesi le donne, 41 anni per i cd.
lavoratori precoci) sino al 31 dicembre 2026. Effetto che, tuttavia, è stato limitato dall’introduzione dal differimento, di tre mesi dalla maturazione dei requisiti, dell’erogazione del primo rateo pensionistico. Questa è la cd “finestra mobile” che involge coloro i quali perfezionino i requisiti dal 1° gennaio 2019.
Per tutelare i lavoratori impiegati in attività faticose e pesanti il decreto legislativo 67/2011 ha introdotto, dal 1° gennaio 2008, una disciplina che consente di anticipare l’età pensionabile che è stata mantenuta, seppur con alcune modifiche, dalla Legge Fornero del 2011 che è stata oggetto di alcune migliorie ad opera della legge di bilancio per il 2017.
La normativa di favore anche nel 2017 era attivabile dai soli lavoratori dipendenti (sia del settore privato che pubblico) che avessero svolto nell’arco della propria vita lavorativa alcune attività individuate nell’articolo 1 del Dlgs 67/2011, Le attività in questione sono riconducibili alle seguenti quattro macro-categorie.
A) Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti ( art 2 del decreto del ministero del lavoro del 19 Maggio 1999 ). Si rivolge a soggetti che hanno svolto lavori in cava o miniera o ad alte temperature; lavori in cassoni ad aria compressa; attività per l’asportazione dell’ amianto; lavorazione del vetro cavo; lavori svolti dai palombari; lavori in spazi ristretti.
b) Lavoratori notturni ( dlgs 67/2011 ) con attività: notturne per almeno 6 ore e per almeno 64 giorni l’anno o per almeno 3 ore tra la mezzanotte e le cinque del mattino per l’intero anno lavorativo. c) i lavoratori addetti alla linea di catena: lavoratori in imprese per cui operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, con applicazione dei criteri per l’organizzazione del lavoro previsti dall’articolo 2100 del cc; impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, con un rimo determinato dai tempi di produzione con mansioni organizzate in postazioni.
Occorre, poi, che svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo. Sono esclusi, tuttavia, gli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento, ad attività di regolazione o controllo computerizzato della produzione e al controllo qualità.
d) i conducenti di veicoli, di capienza complessiva superiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo. A partire dal 1° gennaio 2017, per godere dei benefici è richiesto che le attività sopra citate siano state svolte per almeno 7 anni, negli ultimi dieci anni di attività lavorativa, oppure per almeno la metà della vita lavorativa complessiva.
- Il beneficio per questi lavoratori consiste nella possibilità di andare in pensione con il vecchio sistema delle quote se piu’ favorevole rispetto alle regole di pensionamento introdotte con la Riforma Fornero.
- Nello specifico gli usuranti possono andare in pensione, dal 1° gennaio 2016, con una anzianità contributiva minima di 35 anni, una età minima pari a 61 anni e 7 mesi ed il contestuale perfezionamento del quorum 97,6.
I requisiti sopra indicati si applicano con riferimento anche ai lavoratori notturni che svolgono attività lavorativa per almeno 3 ore (nell’intervallo ricompreso tra la mezzanotte e le cinque) nell’intero anno lavorativo; oppure per almeno 6 ore (sempre nell’intervallo ricompreso tra la mezzanotte e le cinque) per un minimo di 78 giorni l’anno.
In caso contrario, cioè se il lavoro notturno è svolto per meno di 78 giorni l’anno, i valori di età e di quota pensionistica sono aumentati di due anni se il lavoro notturno annuo è stato svolto per un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 e di un anno se le giornate annue in cui si è svolto il lavoro notturno sono state da 72 a 77.
Si dà nota di una novità apportata dalla Legge di Bilancio per il 2018. Infatti, per i lavoratori di cicli produttivi industriali, i giorni lavorativi effettivi sono moltiplicati per il coefficiente di 1,5. Questo purchè le attività siano svolte sulla base di accordi collettivi già sottoscritti al 31 dicembre 2016, oeganizzate u turni di 12 ore e per meno di 78 giorni.
L’articolo 1, co.206 della legge di bilancio per il 2017, ha provveduto alla disapplicazione della disciplina relativa alle cd. finestre mobili che chiedeva, sino al 31.12.2016, un’attesa pari a 12 mesi (18 mesi gli autonomi) dalla data di perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi per conseguire il primo rateo.
Pertanto a partire dal 1° gennaio 2017 la pensione decorre, di regola, dal primo giorno del mese successivo al perfezionamento dei suddetti requisiti. Si rammenta che la medesima disposizione ha, inoltre, congelato i futuri adeguamenti alla speranza di vita sino al 31 dicembre 2026.
- Il beneficio per gli usuranti, come detto, riguarda solo i lavoratori dipendenti.
- Tuttavia la domanda intesa ad ottenere il riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti può essere presentata anche da lavoratori dipendenti che raggiungono il requisito contributivo minimo cumulando la contribuzione versata in una delle Gestioni Speciali dei lavoratori autonomi (es.
commercianti o artigiani). In tal caso i requisiti anagrafici ed il quorum sono innalzati rispettivamente di un anno ciascuno e la decorrenza della pensione avviene trascorsi 18 mesi dal perfezionamento dei requisiti. In quanto la liquidazione della prestazione avviene a carico delle gestioni speciali.
Anche nel 2021 resta aperta la possibilità di ottenere, se più favorevole, la pensione con i requisiti previsti dalla Riforma Fornero. In particolare con la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi di contributi le donne, 42 anni e 10 mesi di contributi gli uomini indipendentemente dall’età anagrafica) o con la pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi di età (65 anni e 7 mesi le lavoratrici dipendenti del settore privato) unitamente a 20 anni di contributi.
L’articolo 1, co.147-148 della legge 205/2017 ha abolito l’ adeguamento alla speranza di vita, scattato il 1° gennaio 2019. Ciò involge i lavoratori in possesso di almeno 30 di contributi con almeno 7 anni di attività usurante negli ultimi dieci anni di lavoro o per almeno metà della carriera lavorativa.
- Dunque, questi lavoratori, potranno accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi di età sino al 31/12/2022,
- Ciò era stato previsto anche in riferimento ai requisiti per la pensione anticipata ma il D.L.4/2019 ha assorbito la norma generalizzando la disapplicazione degli adeguamenti alla speranza di vita.
Inoltre, anche nel 2021 le categorie dei lavoratori usuranti e notturni, possono accedere alla pensione anticipata al compimento di 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica, se hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età.
- Dal 1° gennaio 2019 è, poi, prevista l’applicazione di una finestra mobile di 3 mesi dalla maturazione dei requisiti,
- Comunque, gli addetti alle mansioni usuranti non possono godere dell’Ape sociale, non essendo stati ricompresi nell’alveo di efficacia di questa dalla legge 232/2016.
- Per ottenere il beneficio del pensionamento con le quote di cui al dlgs 67/2011 è necessario presentare una apposita domanda alla sede INPS entro il 1° Maggio dell’anno precedente a quello in cui si maturano i requisiti.
Questa domanda è finalizzata al riconoscimento di lavoro usurante. Dunque, entro il 1° maggio 2021 i lavoratori che perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi nel 2022 devono produrre la domanda. Questa non deve essere confusa con la domanda di pensione che sarà presentata solo successivamente all’accoglimento della domanda di accertamento del lavoro usurante.
- La domanda tardiva comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento del diritto alla decorrenza da uno a tre mesi, a seconda dell’entità del ritardo.
- La possibilità di fruire dei benefici in parola dipende inoltre dalle coperture finanziarie che sono state messe a disposizione dal Dlgs 67/2011 di anno in anno.
Entro il 30 Ottobre di ogni anno l’Inps quindi comunicherà: a) l’accoglimento della domanda, con indicazione della prima decorrenza utile della pensione; b) l’accertamento del possesso dei requisiti dello svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, con differimento della decorrenza della pensione in ragione dell’insufficiente copertura finanziaria; in tal caso, la prima data utile per l’accesso alla pensione verrà indicata con successiva comunicazione in esito al monitoraggio delle risorse; c) il rigetto della domanda, qualora sia accertato il mancato possesso dei requisiti sullo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti.
- L’opzione può essere esercitata dai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 1995 e almeno 15 anni di contributi, di cui almeno 5 ricadenti nel sistema contributivo.
- La domanda, poi, deve essere presentata all’Istituto previdenziale presso il quale il lavoratore è iscritto.
- Ad essa vanno allegati copia o estratti della documentazione prevista dalla normativa vigente al momento dello svolgimento delle attività usuranti.
Inoltre occorre allegare gli elementi di prova in data certa che confermino la sussistenza dei requisiti necessari per l’anticipo del pensionamento. L’articolo 1, comma 23 della legge 335/1995 consente ai lavoratori iscritti presso l’assicurazione generale obbligatoria e ai fondi ad essa sostitutivi ed esclusivi in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 di optare per la trasformazione e la liquidazione della pensione secondo le regole contributive.
- Gli assicurati NON devono aver maturato 18 anni di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995; e aver vantato almeno 15 anni di contribuzione di cui almeno 5 nel sistema contributivo (cioè successivi al 31 dicembre 1995).
- Per effetto dell’entrata in vigore della Legge Fornero dal 2011 l’Inps distingue ulteriormente a seconda che i requisiti per l’esercizio della facoltà di opzione sopra descritti siano stati perfezionati entro il 31.12.2011 o dopo il 31.12.2011.
Nel primo caso (entro il 31.12.2011) la facoltà di opzione è riconosciuta a condizione che al 31 dicembre 2011 gli assicurati abbiano perfezionato i requisiti anagrafici e/o contributivi per il diritto alla pensione entro il 31.12.2011 secondo le regole vigenti al 31 dicembre 2011; nel secondo caso si applicano, i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata previsti per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
- L’esercizio dell’opzione al contributivo consente ai lavoratori nel sistema misto di guadagnare una prestazione pensionistica alle medesime regole dei lavoratori assicurati successivamente al 31 dicembre 1995.
- In taluni casi ciò può produrre un beneficio sull’importo dell’assegno,
- In particolare ciò vale per quei lavoratori che possano far valere forti retribuzioni all’inizio del periodo assicurativo che man mano siano diminuite con il passare del tempo.
In tal caso l’applicazione delle regole contributive potrebbero dar luogo ad una prestazione di importo superiore a quella risultante con il sistema misto. Con l’opzione di cui all’articolo 1, comma 23 della legge 335/1995 si possono, inoltre, attivare alcuni istituti di favore presenti nel sistema contributivo per il raggiungimento dell’età pensionabile.
- Dal 2012, l’opzione comporta l’applicazione esclusivamente del metodo di calcolo contributivo alla pensione del soggetto che la effettua, e non più, anche, quella dei requisiti per il diritto alla pensione previsti nel regime contributivo.
- Pertanto, ad esempio, non è possibile tramite l’opzione guadagnare l’uscita a 64 anni e 20 anni di contribuzione ed un assegno pari a 2,8 volte il valore dell’AS come previsto per i lavoratori iscritti a forme di previdenza obbligatoria dopo il 1995 (i cd “Contributivi puri”).
Si presti particolare attenzione a non confondere quanto appena descritto con l’opzione donna (articolo 1, comma 9 della legge 243/04). Questo strumento consente infatti alle lavoratrici, sia del settore privato che pubblico di accedere alla pensione con 58 anni di età unitamente a 35 anni di contributi (se raggiunti entro il 2015) indipendentemente dalla sussistenza dei requisiti prescritti dall’articolo 1, comma 23 della legge 335 e sopra citati.
Si rammenta che, in questo caso, l’opzione al contributivo è limitata alle sole regole di calcolo mentre la prestazione resta giuridicamente di natura mista/retributiva. L’opzione per il calcolo contributivo è, di regola, irrevocabile con le seguenti precisazioni: 1) se la facoltà di opzione è esercitata al momento del pensionamento, le Sedi INPS sono tenute a rilasciare il doppio calcolo della pensione (con il sistema contributivo e con il sistema misto).
Qualora il soggetto scelga il sistema contributivo, tale scelta è da considerarsi irrevocabile; 2) se esercitata dal lavoratore nel corso della vita lavorativa senza essere finalizzata all’accesso a pensione, l’opzione è irrevocabile a partire dal momento in cui egli riceve, successivamente all’opzione, una retribuzione eccedente il massimale.
- L’imponibile previdenziale viene abbattuto al massimale stesso.
- Se invece la retribuzione non supera il massimale, tale domanda risulta improduttiva di effetti nel corso della vita lavorativa.
- In tale ipotesi, dovrà essere effettuato il doppio calcolo al momento della domanda di pensione e si riprodurrà quanto indicato al punto precedente.
L’ Ape agevolato è un sussidio economico introdotto dall’articolo 1, co.179 della L.232/2016. Esso ha lo scopo di accompagnare alla pensione di vecchiaia alcune categorie di lavoratori particolarmente tutelati. Uniche condizioni sono il raggiungimento del 63° anno di età e almeno 30 o 36 anni di contributi.
- Regolato dal DPCM 88/2017 e dalla Circolare Inps 100/2017, si rivolge agli iscritti presso l’AGO dei lavoratori dipendenti, ai fo ndi ad essa esclusivi o sostitutivi, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi o alla gestione separata dell’Inps.
- Dunque, esso involge sia i lavoratori dipendenti, nel settore pubblico o privato, sia gli autonomi e i parasubordinati.
Ne restano esclusi solo i liberi professionisti iscritti presso le relative casse professionali. Inizialmente previsto sino al 31.12.2018, è stato successivamente prorogato dall’articolo 18 del DL 4/2019 al 31.12.2019 e dall’articolo 1, co.473 della legge 160/2019 al 31.12.2020.
Disoccupati per licenziamento, dimissioni per giusta causa, risoluzione consensuale in conciliazione obbligatoria. Dal 1° gennaio 2018 la Legge 205/2017 vi ha incluso anche i disoccupati per cessazione del contratto a termine. Questo a condizione che nei tre anni precedenti abbiano avuto rapporti di lavoro dipendente per almeno 18 mesi. Occorre, poi, la conclusione da almeno 3 mesi del godimento del sussidio di disoccupazione. Caregivers che assistano da almeno 6 mesi, al momento della richiesta, il coniuge, convivente, parente con handicap gravi ex art.3 L.104/1992, Dal 1° gennaio 2018 ex L.205/2017 sono inclusi i soggetti che assistono parenti o affini di secondo grado, con handicap gravi e conviventi. Ciò a condizione che i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità siano ultrasettantenni oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti, deceduti, o mancanti. Invalidi riconosciuti come invalidi civili di grado superiore al 74%. Lavori cd Gravosi. Questa è la categoria dei lavoratori che abbiano svolto una o più professioni gravose per almeno 6 anni negli ultimi 7 o per almeno 7 anni negli ultimi 10.
Il requisito contributivo richiesto ai fini dell’Ape agevolato per i soggetti disoccupati, i caregivers e gli invalidi è di 30 anni di contribuzione. Per i lavoratori addetti a mansioni gravose sono richiesti 36 anni di contribuzione. In merito alle donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi richiesti per l’accesso all’APE sociale, di 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd.
APE sociale donna). Per l’accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell’agricoltura e della zootecnia, invece, il riferimento per il computo integrale dell’anno di lavoro consiste nel numero minimo di giornate (pari a 156), relativo all’anno di contribuzione, previsto dalla normativa vigente.
La sussistenza di tali requisiti dà diritto ad un assegno di accompagnamento sino alla pensione di vecchiaia. Esso viene erogato direttamente dall’Inps per 12 mesi all’anno con valore pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso all’indennità medesima.
Il sussidio non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro lordi non rivalutabili annualmente. L’indennità è incompatibile con i trattamenti di sostegno per la disoccupazione involontaria, con la misura assistenziale dell’Asdi e anche con l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale.
L’incompatibilità si estende anche ai titolari di una pensione diretta, pur essendo cumulabile con gli eventuali trattamenti ai superstiti concessi al beneficiario nonchè con le prestazioni di invalidità civile. Non solo, per accedere al sussidio il lavoratore deve aver cessato qualsiasi attività lavorativa, autonoma o dipendente.
- Resta, tuttavia, ferma la possibilità di cumulare l’indennità con i redditi da lavoro dipendente o parasubordinato inferiori agli € 8.000 l’anno, che diventano € 4.800 qualora si tratti di lavoro autonomo.
- Il beneficiario dell’Ape Sociale decade dal diritto all’indennità qualora acquisisca la titolarità di un diverso trattamento pensionistico diretto, come, ad esempio, la pensione anticipata o la Quota 100.
Una nota è necessaria in riferimento ai dipendenti pubblici. Per essi, infatti, i termini del pagamento delle indennità di fine servizio iniziano a decorrere dalla data del raggiungimento della pensione di vecchiaia e non da quella di accesso all’Ape.
Per conseguire il beneficio, i soggetti interessati devono produrre un’istanza per la verifica delle condizioni per accedere all’Ape sociale unitamente alla domanda di acceddo alla prestazione. In seguito alla L.178/2020 l’istanza di verifica deve essere proposta all’Inps entro tre finestre temporali.
Queste per il 2020 sono fissate al 31 marzo 2021, per l’istanza tempestiva, tra il 1° aprile e il 15 luglio 2021 per quella intermedia e tra il 16 luglio e il 30 novembre 2021 per quella tradiva.
Quando si va in pensione con 40 anni di contributi?
Quota 102 o quota 100, due vie identiche – Avendo già64 anni di età ed avendo 40 anni di contributi si può sfruttare la nuova quota 102. Infatti la misura introdotta nel 2022 in sostituzione della quota 100, permette l’uscita dal lavoro con una combinazione iniziale già di 64+38.
Quando si prende di pensione con 42 anni e 10 mesi?
Lavoratori e lavoratrici senza contribuzione al 31.12.1995 – I lavoratori e le lavoratrici, con primo accredito contributivo dal 1° gennaio 1996, possono conseguire la pensione anticipata, a partire dal 1° gennaio 2012, con gli stessi requisiti di anzianità contributiva (41 anni 1 mese per le donne e 42 anni e 1 mese per gli uomini) previsti per i lavoratori e le lavoratrici con contribuzione al 31.12.1995.
Successivamente, i citati requisiti di anzianità contributiva sono stati incrementati alla speranza di vita. Pertanto, nel triennio 2016-2018 il requisito contributivo previsto per le donne era pari a 41 anni e 10 mesi e per gli uomini 42 anni e 10 mesi. Dal 1° gennaio 2019 il previsto incremento della speranza di vita pari a 5 mesi è stato disapplicato a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legge n.4/2019 (art.15) convertito con modificazioni in legge n.26 del 28 marzo 2019.
La norma ha stabilito la non applicazione dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2026 degli adeguamenti della speranza di vita e l’introduzione della “finestra mobile” trimestrale. A decorrere dal 1° gennaio 2027, i requisiti contributivi saranno ulteriormente adeguati, con cadenza biennale, agli incrementi della speranza di vita che verranno stabiliti.
- Pertanto, il requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata rimane confermato a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne, fino al 31 dicembre 2026, ma con l’ attesa di 3 mesi dalla maturazione di tali requisiti contributivi (cosiddetta “finestra”),
- Nella seguente tabella sono riportati i requisiti per il diritto alla pensione anticipata dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2026.
Pensione anticipata dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2026
Anno | Anzianità contributiva (anni e mesi) Donne Uomini | Decorrenza |
2019-2026 | 41 e 10 42 e 10 | Decorsi 3 mesi dalla maturazione dei requisiti contributivi |
Per il personale a tempo indeterminato del comparto scuola e dell’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM) la decorrenza è fissata rispettivamente al 1° settembre e al 1° novembre dello stesso anno solare in cui si prevede la maturazione del requisito per la pensione anticipata.
Ai fini della maturazione del requisito contributivo viene considerata tutta la contribuzione accreditata tranne quella derivante dalla prosecuzione volontaria, mentre quella accreditata per periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del 18° anno di età è moltiplicata per 1,5. ULTERIORE PENSIONE ANTICIPATA Per i lavoratori e le lavoratrici con primo accredito contributivo dal 1° gennaio 1996 è stata introdotta, a partire dal 01.01.2012 una ulteriore possibilità di pensionamento anticipato, al compimento di 63 anni di età per uomini e donne, successivamente adeguata agli incrementi della speranza di vita, come descritto in tabella, a condizione che risultino in possesso di almeno 20 anni di contribuzione effettiva e che l’importo minimo di pensione alla decorrenza non risulti inferiore a 2,8 volte quello dell’assegno sociale (1.288,78 euro mensili nel 2021).
Il requisito anagrafico è stato adeguato agli incrementi della speranza di vita nel triennio 2013/2015 pari a 3 mesi, nel triennio 2016/2018 pari a 4 mesi, nel biennio 2019/2020 pari a 5 mesi. Nessun ulteriore incremento è previsto per gli anni 2021-2022. Ai fini del raggiungimento dei 20 anni di contribuzione “effettiva” è utile solo quella effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto) con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo. Per conseguire la pensione anticipata e tale ulteriore possibilità di pensionamento anticipato è necessaria la cessazione del rapporto di lavoro dipendente.