Legge 241 90 Di Cosa Parla?
Costanzo Franceschi
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L’accesso a documenti amministrativi o documentale (il tradizionale accesso agli atti), previsto dall’art.22 della Legge n.241/1990, permette di richiedere documenti, dati e informazioni detenuti da una Pubblica Amministrazione riguardanti attività di pubblico interesse, purché il soggetto richiedente abbia un interesse diretto, concreto e attuale rispetto al documento stesso.
La richiesta va presentata alla Pubblica Amministrazione (PA) che detiene il documento e deve essere regolarmente motivata, Chi dall’esercizio dell’accesso veda compromesso il proprio diritto alla riservatezza (i cosiddetti controinteressati) si può opporre, I possibili esiti della richiesta di accesso sono: differimento, accoglimento o rigetto.
L’ente decide entro 30 giorni (fatti salvi eventuali ricorsi).
Cosa disciplina la legge 241 del 07.08 1990?
N.241 / 1990 (‘Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi’) coordinato ed aggiornato, da ultimo, dal D.L.31 maggio 2021, n.
Cosa prevede la legge sulla trasparenza?
In attuazione della legge anticorruzione, nel 2013 è stato adottato il Codice della trasparenza delle pubbliche amministrazioni, che ha riordinato le disposizioni in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.
- Successivamente, nell’ambito della riforma della p.a., il Codice è stato modificato ed integrato al fine di ampliare gli ambiti di trasparenza della p.a.
- E di risolvere alcune criticità emerse nella prima fase di applicazione.
- In tale quadro, sono state introdotte alcune novità per l’ordinamento, come il diritto di accesso civico libero, alla stregua del Freedom of Information Act.
apri tutti i paragrafi Con l’entrata in vigore del Codice della trasparenza (D.Lgs.33/2013) sono state riordinate in un unico corpo normativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in attuazione di quanto previsto dalla legge anticorruzione (L.190/2012).
Il Codice individua una ampia serie di documenti e di atti la cui pubblicazione costituisce un obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni, quali quelli relativi all’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni all’uso delle risorse pubbliche (comprese le informazioni degli immobili posseduti e della gestione del patrimonio), alle prestazioni offerte e i servizi erogati.
I documenti, le informazioni ed i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblicati per un periodo di 5 anni e comunque fino a che producono i loro effetti; per renderli accessibili, sono pubblicati in un apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente» nella home page dei siti istituzionali di ciascuna p.a.
- Il Codice introduce inoltre la nozione di accesso civico, quale diritto di chiunque di richiedere alle pubbliche amministrazioni i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui questa sia stata omessa.
- A differenza del diritto di accesso agli atti (c.d.
- Accesso documentale) di cui alla legge sull’azione amministrativa (L.241/1990), la richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e non deve essere motivata.
Per assicurare l’attuazione delle misure di trasparenza sono previsti due tipi di vigilanza, a livello diffuso e a livello centrale. In relazione al primo aspetto, ogni amministrazione deve individuare un responsabile per la trasparenza, che di norma coincide con il responsabile per la prevenzione della corruzione previsto dalla legge 190/2012.
A livello centrale, il controllo è affidato all’Autorità nazionale anticorruzione che è titolare di poteri ispettivi nei confronti delle singole amministrazioni e può ordinare l’adozione o la rimozione di atti e comportamenti da parte delle stesse. L’inadempimento degli obblighi di pubblicazione costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione ed è valutato ai fini della retribuzione di risultato e del trattamento economico accessorio collegato alle performance dei dirigenti.
L’attuazione delle disposizioni recate dal Codice ha posto diversi problemi applicativi come segnalato in più occasioni dall’Autorità nazionale anticorruzione che nell’aprile del 2014 ha trasmesso al Governo un documento sui Problemi aperti in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e performance e proposte di semplificazione.
- la sostenibilità amministrativa delle nuove disposizioni, collegata alla necessità di adattare una disciplina uniforme ad enti estremamente diversificati;
- la difficoltà di certe amministrazioni ad adeguarsi ai nuovi principi ed istituti;
- le “oscurità” del testo normativo e la ridondanza nei numerosi obblighi di pubblicazione vigenti.
L’ intervento correttivo è intervenuto nel 2016, in attuazione di una specifica delega contenuta nella legge di riforma della pubblica amministrazione (D.Lgs.97/2016 recante disposizioni per la revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione e di pubblicità e trasparenza delle pubbliche amministrazioni).
- Oltre ad intervenire sul Codice di trasparenza, il provvedimento ha modificato la legge anticorruzione (legge 190/2012) incidendo, in particolare, sulle disposizioni relative al Piano nazionale anticorruzione, e ai piani per la prevenzione della corruzione predisposti dalle singole amministrazioni.
- Tra le principali innovazioni introdotte, si rileva l’introduzione del nuovo diritto di accesso (c.d.
accesso generalizzato) ai documenti delle pubbliche amministrazioni – sul modello del Freedom of Information Act FOIA statunitense – basato sulla possibilità di chiunque di accedere alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche, ad esclusione di un elenco tassativo di atti sottoposti a regime di riservatezza.
- Rimane fermo il diritto di accesso (c.d.
- Accesso semplice) alle informazioni per le quali esiste l’obbligo di pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni.
- Viene introdotta una nuova disciplina in materia di obblighi di trasparenza riguardanti i titolari di incarichi politici, ampliando il novero dei soggetti interessati.
In materia è intervenuta l’Autorità nazionale anticorruzione, con l’emanazione di apposite linee guida per l’attuazione dei nuovi obblighi (Autorità nazionale anticorruzione, Delibera 8 marzo 2017) Inoltre, sono previste diverse misure di riduzione degli oneri e di semplificazione delle procedure in materia di pubblicità da parte delle pubbliche amministrazioni.
- Tra queste particolarmente rilevante è la possibilità di sostituire la pubblicazione di informazioni con l’accesso libero alle banche dati detenute dalle p.a.
- Nella stessa ottica di semplificazione, la soppressione dell’obbligo di adottare il piano triennale per la trasparenza e l’integrità da parte di ciascuna amministrazione.
Sul versante della prevenzione della corruzione, si segnala il trasferimento della competenza dell’adozione di Piano nazionale anticorruzione dal Dipartimento della funzione pubblica all’Autorità nazionale anticorruzione. Successivamente, l’ANAC ha adottato le Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico che forniscono una prima serie di indicazioni, riguardanti prevalentemente le esclusioni e i limiti all’accesso civico generalizzato, il c.d. sono state riordinate in un unico corpo normativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in attuazione di quanto previsto dall’ articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n.190 (c.d. legge anticorruzione). La materia, infatti, è caratterizzata per la presenza di numerose disposizioni contenute in molteplici ed eterogenei provvedimenti, molti dei quali approvati nel corso della XVI legislatura. Pertanto, la delega contenuta nella legge anticorruzione è stata finalizzata innanzitutto riordinare la produzione legislativa più recente anche al fine di evitare rischi di sovrapposizione normativa, nonché a rafforzare gli obblighi di pubblicazione in ordine all’uso delle risorse pubbliche, ai risultati dell’azione amministrazione e alle informazioni riguardanti i titolari di incarichi politici.
In attuazione della delega, il D.Lgs.33/2013 contiene alcune disposizioni di carattere generale, disciplina gli obblighi di trasparenza in capo alle p.a., distinti a seconda della tipologia di informazioni a cui si riferiscono, nonché il regime delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Alcuni chiarimenti in merito, nonchè lo stato di attuazione della normativa sono contenuti nella circolare 19 luglio 2013, n.2/2013. L‘attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo n.33/2013 ha posto diversi problemi applicativi come segnalato in più occasioni dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che nell’aprile del 2014 ha trasmesso al Governo un documento sui Problemi aperti in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e performance e proposte di semplificazione, Anche l’attività consultiva dell’Autorità è stata considerevole a causa dei molteplici quesiti pervenuti sull’interpretazione delle disposizioni. Secondo l’Autorità, sono almeno tre le ragioni alla base di tante richieste (ANAC, Rapporto sul primo anno di attuazione della legge 6 novembre 2012, n.190, 27 dicembre 2013, doc. XXVII, n.8, p.48):
- la sostenibilità amministrativa delle nuove disposizioni, collegata alla necessità di adattare una disciplina uniforme ad enti estremamente diversificati;
- la difficoltà di certe amministrazioni ad adeguarsi ai nuovi principi ed istituti;
- le “oscurità” del testo normativo e la ridondanza nei numerosi obblighi di pubblicazione vigenti.
In tale contesto, è intervenuta la legge di riforma delle amministrazioni pubbliche che ha previsto una delega per la revisione e la semplificazione delle disposizioni in materia di trasparenza attuata dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n.97. Il provvedimento risponde all’esigenza di assicurare la trasparenza intesa – secondo l’impostazione adottata a partire dal D.Lgs.150 del 2009 – come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, attraverso la tempestiva pubblicazione delle notizie sui siti istituzionali delle amministrazioni medesime (articolo 1).
- A tal fine, chiunque ha diritto di conoscere, fruire gratuitamente ed utilizzare tutti i documenti e le informazioni oggetto di un obbligo di pubblicazione ai sensi del decreto (articolo 3).
- Il decreto introduce, al riguardo, la nozione di accesso civico, per distinguerla da quella di accesso ai sensi degli articoli 22 ss.
della Legge n.241/1990 sul procedimento amministrativo (articolo 5). Con essa, s’intende, il diritto di chiunque di richiedere alle pubbliche amministrazioni i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui questa sia stata omessa.
A differenza del diritto di accesso agli atti di cui alla L.241/1990, la richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e non deve essere motivata: è inviata al responsabile della trasparenza che si pronuncia sulla stessa entro trenta giorni.
I documenti, le informazioni ed i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblicati per un periodo di cinque anni e comunque fino a che producono i loro effetti; per renderli accessibili, sono pubblicati in un apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente» nella home page dei siti istituzionali (articoli 8 e 9).
Alla scadenza del termine di durata, i documenti restano comunque disponibili in sezioni di archivio. Altra disposizione generale riguarda l’obbligo di ogni amministrazione di adottare il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità che definisce le misure, i modi e le iniziative volti all’attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente.
Per quanto riguarda l’ ambito soggettivo di applicazione (articolo 11), le disposizioni del decreto si applicano alle pubbliche amministrazioni, qualificate mediante rinvio all’elenco di cui all’articolo 1, co.2, D.lgs.165/2001. L’applicabilità alle società partecipate dalle p.a. Il documento rivolge la sua attenzione agli enti e ai soggetti di diritto privato controllati, partecipati, finanziati e vigilati dalle pubbliche amministrazioni, applicando nei loro confronti le regole contenute nel decreto legislativo 33/2013 che riguardano la pubblicazione dei bilanci e dei compensi di dirigenti e consulenti. ); la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ( Regolamento 9 settembre 2013 ); l’Autorità nazionale anticorruzione ( Delibera 2 ottobre 2013, n.74 ); la Consob ( Delibera 19 dicembre 2013, n.18751 ); la Banca d’Italia ( Provvedimento 25 marzo 2014 ). La tipologia più ampia di obblighi, disciplinati nel decreto, riguarda la pubblicazione di informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni (articoli 13-28). Vi rientrano non solo i dati relativi all’articolazione degli uffici, con le relative competenze e risorse a disposizione e tutte le informazioni sui riferimenti utili al cittadino che intenda rivolgersi per qualsiasi richiesta inerente i compiti istituzionali, ma anche:
- i documenti e le informazioni relativi ai componenti degli organi di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale (atto di nomina, curriculum, compensi, assunzione di altre cariche, ecc.);
- le informazioni relative ai titolari di incarichi amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali a qualsiasi titolo conferiti, nonché di collaborazione e consulenza;
- i dati relativi alla dotazione organica, al costo del personale a tempo indeterminato e i dati sul personale con altre tipologie contrattuali, nonché gli incarichi conferiti ai dipendenti pubblici;
- i bandi di concorso per il reclutamento del personale, i dati relativi all’ammontare complessivo dei premi collegati alla valutazione della performance stanziati e l’ammontare dei premi effettivamente distribuiti;
- i riferimenti necessari per la consultazione dei contratti e accordi collettivi nazionali che si applicano alla p.a. di riferimento, nonché le eventuali interpretazioni autentiche;
- i dati relativi agli enti pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico e alle partecipazioni in società di diritto privato;
- gli elenchi dei provvedimenti adottati, con particolare riferimento ai provvedimenti finali dei procedimenti di autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi; concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera; accordi stipulati dall’amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche;
- l’elenco delle tipologie di controllo a cui sono assoggettate le imprese;
- informazioni relative alla concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese, e comunque di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
- i rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali.
Un secondo gruppo di pubblicazioni obbligatorie riguarda l’uso delle risorse pubbliche (articoli 29-31) e comprende la pubblicità dei dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo, nonché le informazioni degli immobili posseduti e i dati relativi ai risultati del controllo amministrativo-contabile.
Per garantire il buon andamento delle amministrazioni, il decreto riordina altresì le disposizioni relative ad obblighi concernenti le prestazioni offerte e i servizi erogati (articoli 32-36). Rientra in queste tipologia la pubblicazione di: carta dei servizi e standard di qualità; tempi medi di pagamento relativi agli acquisiti di beni, servizi e forniture; l’elenco degli oneri informativi gravanti sui cittadini e sulle imprese; i dati relativi alle tipologie di procedimento di competenza di ciascuna amministrazione.
L’elenco degli obblighi di pubblicazione è, infine, completato da alcune disposizioni che riguardano settori speciali (articoli 37-42). Per assicurare l’attuazione delle misure di trasparenza sono previsti due tipi di vigilanza, a livello diffuso e a livello centrale. Questo verifica stabilmente l’adempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente e segnala i casi di mancato o ritardato adempimento a diversi soggetti, dall’ufficio di disciplina all’organo di indirizzo politico, in relazione alla loro gravità e per l’attivazione dei relativi regimi di responsabilità,, al quale spetta verificare la coerenza tra gli obiettivi del Programma triennale per la trasparenza con quelli indicati nel Piano della performance. Inoltre, l’attuazione degli obblighi di trasparenza rileva come elemento utile alla misurazione e valutazione delle performance organizzativa ed individuale (articolo 44).
A livello centrale, il controllo è affidato all’ Autorità nazionale anticorruzione (prima, Commissione per la valutazione, l’integrità e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni-CIVIT), che è titolare di poteri ispettivi nei confronti delle singole amministrazioni e può ordinare l’adozione o la rimozione di atti e comportamenti da parte delle stesse.
L’Autorità, inoltre, controlla l’operato dei responsabili per la trasparenza, può richiedere informazioni all’OIV ed ha un potere di segnalazione dei casi di inadempimento o adempimento parziale (articolo 45). Sia l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente che la mancata predisposizione del Programma triennale per la trasparenza costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione e sono valutati ai fini della retribuzione di risultato e del trattamento economico accessorio collegato alle performance dei dirigenti.
Il decreto prevede altresì alcune sanzioni amministrative pecuniarie solo nelle ipotesi di violazione degli obblighi di pubblicazione relativi agli organi di indirizzo politico, nonché a quelli relativi ad enti vigilati o controllati e società partecipate (articoli 46 e 47). La legge annuale per il mercato e la concorrenza (L.124/2017) ha previsto alcune m isure di trasparenza nel sistema delle erogazioni pubbliche (art.1, commi 125-129).
In primo luogo ha stabilito che le associazioni di protezione ambientale e dei consumatori e degli utenti, nonché le associazioni, onlus e fondazioni che intrattengono rapporti economici con pubbliche amministrazioni o con altri soggetti pubblici, sono tenute a pubblicare, nei propri siti, le informazioni relative alle sovvenzioni ricevute superiori a 10.000 euro.
- Parimenti, le imprese devono pubblicare gli importi delle sovvenzioni pubbliche (sempre superiori ai 10.000 euro) nei propri bilanci.
- L’inosservanza di tali obblighi comporta la restituzione delle sovvenzioni ai soggetti eroganti.
- Inoltre, si è stabilito che gli obblighi di pubblicazione dei criteri di concessione delle sovvenzioni e dei provvedimenti stessi di erogazione delle sovvenzioni (previsti dall’art.26 del D.Lgs.33/2013) si applichino anche agli enti e alle società controllati dalle amministrazioni dello Stato, ivi comprese le società quotate.
Infine, ha previsto che i soggetti pubblici tenuti alla pubblicazione dei provvedimenti di concessione di sovvenzioni ai sensi del medesimo art.26 del D.Lgs.33/2013, devono altresì pubblicare i dati consolidati di gruppo qualora i soggetti beneficiari siano controllati dalla stessa persona fisica o giuridica.
Chi può esercitare l’accesso in base alla legge 241 1990?
La trasparenza amministrativa consiste, nella sua accezione più ampia, nell’assicurare la massima circolazione possibile delle informazioni sia all’interno del sistema amministrativo, sia fra questo ultimo ed il mondo esterno. ”L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla Legge nonchè dai principi dell’ordinamento comunitario” ART.1 legge 241/90 (modificata e integrata dalla Legge 15/2005) E’ evidente come questa legge apporti importanti modifiche nei rapporti tra le pubbliche amministrazioni e i diritti dei cittadini.Infatti non solo è previsto il diritto di prendere visione degli atti di un procedimento, ma anche che l’attività amministrativa deve ispirarsi al principio di trasparenza, inteso come accessibilità alla documentazione dell’amministrazione o ai riferimenti da quest’ultima utilizzati nell’assumere una determinata posizione.
Ciò consente ai cittadini di veder garantiti i propri diritti nei confronti dell’amministrazione pubblica: hanno diritto ad una informazione qualificata, ad accedere ai documenti amministrativi e conoscere, nei limiti precisati dalla legge, lo stato dei procedimenti amministrativi che li riguardano, seguendo le fasi attraverso cui l’attività amministrativa si articola.
Cosa si intende per documento ammministrativo (Ai sensi dell’art.22 della legge 241/90 con modifica e integrazione della Legge 15/2005) è considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse.
Cosa significa accedere ad un documento amministrativo Il cittadino può esaminare gratuitamente i documenti amministrativi; nel caso in cui si chiedesse il rilascio di una copia dei documenti (o di un estratto di essi), la consegna può essere subordinata soltanto al rimborso del costo di riproduzione, eccetto diverse disposizioni (bolli, diritti di ricerca,).
Quando è possibile/utile utilizzare la Legge 241/90
Per ottenere copia o visionare un atto amministrativo (circolare interna, regolamento, ecc.);per avere, in generale, un pronunciamento formale da parte di una Pubblica Amministrazione fondamentale per poter conoscere i motivi che hanno indotto l’amministrazione a prendere un provvedimento, verificarli ed eventualmente smentirli;sollecitare una risposta da parte dell’amministrazione;acquisire informazioni relative ad un procedimento amministrativo;conoscere i presupposti, le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione;conoscere i criteri di gestione delle pratiche. E’ molto importante, ad esempio, per sapere a che punto della lista d’attesa si trovi l’interessato, i criteri utilizzati per la gestione della lista stessa e quando si ritiene potrà essere convocato per l’erogazione della prestazione richiesta.
Che cosa è il diritto di accesso È il potere/diritto degli interessati di richiedere, di prendere visione ed, eventualmente, ottenere copia dei documenti amministrativi. (Ai sensi dell’art.22 della Legge 241/90) ”al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse diretto, concreto e attuale per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi”.
accesso informale Si esercita mediante richiesta, anche verbale, all’ufficio dell’amministrazione competente a formare l’atto conclusivo del procedimento o che lo deterrà stabilmente. Le pubbliche amministrazioni, al fine di facilitare i rapporti con i cittadini, e quindi l’accesso, hanno istituito un apposito ufficio: l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP).La richiesta è esaminata senza formalità ed immediatamente. E’ utile per acquisire quindi informazioni nell’immediato, ma non garantisce la possibilità di poter dimostrare in futuro quanto affermato, quindi è di difficile smentita.
accesso formale Il cittadino può sempre presentare una richiesta formale – compilando un apposito modulo che l’amministrazione può aver istituito, oppure scrivendo l’istanza autonomamente – inviandola tramite A/R oppure depositandola all’ufficio Protocollo dell’amministrazione. In ogni caso l’ufficio è tenuto a rilasciare ricevuta, così come previsto dal DPR 352/92 (art.4 comma 2).E’ possibile però che sia l’amministrazione stessa a richiedere di presentare formale istanza; ciò si verifica se non è possibile accogliere immediatamente la richiesta in via informale; oppure se ci sono dubbi sulla legittimazione del richiedente, sull’identità o i poteri rappresentativi.Rispetto all’accesso informale offre una garanzia maggiore, anche se richiede più tempo: si ha nero su bianco l’indicazione richiesta, ha valore di atto pubblico (oppure è più esatto dire che ha valore legale? Chiedere conferma) e può essere utile per rivendicare un diritto disatteso o per controbattere l’affermazione dell’amministrazione.
Nei confronto di chi puo’ essere esercitato il diritto di accesso Il diritto di accesso si esercita nei confronti di: – amministrazioni dello Stato; – aziende autonome; – enti pubblici; – concessionari di servizi pubblici. L’accesso e’ escluso per i documenti coperti da segreto di Stato, nonche’ nei casi di segreto o divieto di divulgazione, secondo quanto previsto dall’ordinamento.
- Pertanto, e’ compito delle amministrazioni individuare gli atti conoscibili e quelli che necessitano di essere tutelati.
- Da tenere presente che le P.A.
- Possono differire l’accesso ai documenti richiesti fino a quando la conoscenza degli stessi determinasse un impedimento per il regolare svolgimento dell’azione amministrativa.
Chi puo’ esercitare il diritto di accesso Tutti i soggetti (cittadini, associazioni,imprese, ecc.) che dimostrino di avere un ”interesse giuridicamente rilevante” nei confronti dell’atto oggetto del diritto di accesso. Ai sensi dell’art.9 del DPR 352/92, il diritto di accesso è riconosciuto anche “alle amministrazioni, associazioni e comitati portatori di interessi pubblici o diffusi”.
E’ possibile intervenire nei seguenti modi: – presa di visione degli atti del procedimento, salvo che nei casi in cui i documenti siano coperti da segreto di Stato ed in tutti gli altri casi in cui vi sia segreto o divieto di divulgazione (secondo il nostro ordinamento); – presentazione di documenti e di memorie scritte che dovranno obbligatoriamente venire valutate dall’amministrazione In entrambi i casi l’amministrazione provvederà a: – fornire l’indicazione di dove poter trovare la pubblicazione delle notizie richieste; – esibire il/ documento/i richiesti; – rilasciare copia integrale o estratti significativi.
E’ possibile che l’amministrazione preveda altre modalità di accesso, oltre quelle descritte. E’ inoltre, fondamentale che la richiesta di accesso debba essere sempre motivata. Quanto tempo ha l’amministrazione per rispondere La Legge 241/90 prevede che le pubbliche amministrazioni determinano per ciascun tipo di procedimento il termine entro cui esso deve concludersi, con apposita disciplina, e laddove non abbiano provveduto in tal senso, che il termine è di 90 giorni.(Legge 15/2005) Quindi il termine di 90 giorni è solo indicativo, in quanto l’amministrazione stessa può aver emanato un regolamento che stabilisca termini diversi.
- Per avere conferme o informazioni dei termini entro cui dovrà pronunciarsi l’amministrazione, si può far riferimento all’URP, chiedendo, eventualmente, anche di poter visionare la pubblicazione che riporta l’indicazione dei tempi del procedimento.
- I termini devono essere calcolati a partire dal momento in cui l’ufficio competente ha ricevuto la domanda (in caso di A/R dal giorno in cui ha firmato per avvenuta ricezione).
Qualora il cittadino non avesse individuato ed indirizzato l’istanza all’ufficio competente, sarà questo stesso a dover trasmettere la domanda al soggetto giusto. Di questa trasmissione è data comunque comunicazione all’interessato. (cfr DPR 352/92 art 4 comma 3) Se non si ottiene risposta E’ previsto dalla Legge 241/90 che trascorso il termine, la domanda si intende accettata (cosiddetto silenzio-assenso)Legge 15/2005.
Il ResponsabileLe Pubbliche Amministrazioni sono tenute a determinare – per ogni tipo di procedimento di loro competenza – il responsabile dell’istruttoria e di ogni altra fase procedimentale, nonche’ l’ufficio competente ad emettere la disposizione finale. Tali elementi devono venire poi comunicati ai soggetti di volta in volta interessati.
In particolar modo, l’ufficio ed il nome del responsabile del procedimento devono essere comunicati al cittadino interessato. Il dirigente di ogni ufficio deve provvedere ad assegnare i vari provvedimenti tra se’ e gli altri componenti della propria unita’ lavorativa.
- In mancanza di indicazione specifica, l’assegnatario resta il dirigente d’ufficio.
- Tra i compiti del responsabile del procedimento ci sono: – valutare le condizioni di ammissibilita’ della richiesta, la legittimazione dei soggetti interessati ed i presupposti che dovranno determinare l’emanazione del provvedimento; – accertare d’ufficio i fatti, richiedendo anche perizie, ispezioni e dichiarazioni a soggetti ed Enti coinvolti; – curare le comunicazioni, pubblicazioni e modifiche previste in merito al fatto in questione; – emettere l’atto finale, se di sua competenza.
L’avvio del procedimento (Art.8) Viene comunicato agli interessati tramite comunicazione personale. Che deve essere fatta a tutti i soggetti in qualche modo destinati a subire le conseguenze -ed a ricevere gli effetti- a causa dell’emissione dell’atto finale del procedimento.
Informati, devono essere anche i soggetti cui potrebbe derivare un pregiudizio a seguito dell’emissione dell’atto in questione, nonche’ coloro che sono chiamati dalla stessa legge a partecipare all’atto. Nella comunicazione personale devono essere indicati: – amministrazione competente; – oggetto del procedimento promosso; – ufficio e la persona responsabile del procedimento; – ufficio presso il quale e’ possibile la visione degli atti.
Nel caso in cui la comunicazione personale a tutti gli interessati non sia possibile o sia eccessivamente gravosa, l’amministrazione coinvolta dovra’ comunque comunicare gli elementi sopra esposti (di volta in volta secondo i modi piu’ opportuni). Autocertificazione (Art.18 con modifiche e integrazioni) Grande importanza viene data anche all’autocertificazione: e’ infatti previsto che – nel caso in cui l’interessato lo dichiari – fatti, stati e qualita’ attestati in documenti gia’ in possesso delle pubbliche amministrazioni, debbano venire acquisiti d’ufficio presso le amministrazioni depositarie.
Chi adotta il provvedimento amministrativo?
Disciplina normativa – Le pubbliche amministrazioni italiane sono tenute a stabilire per ciascun tipo di provvedimento relativo ad atti di propria competenza, l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale.
- È il dirigente dell’unità organizzativa interessata che assegna a sé, oppure ad un altro dipendente pubblico, il ruolo di responsabile del procedimento amministrativo.
- L’introduzione della figura del responsabile del procedimento ha migliorato il rapporto tra cittadino e P.A., rompendo quella sorta di catena che vedeva cittadini ed imprese di fronte ad un soggetto indistinto (la P.A.), che si presentava ad essi in una serie di interlocutori sempre diversi e nessuno dei quali pienamente responsabile di parlare a nome della pubblica amministrazione.
L’obbligo di individuazione del responsabile del procedimento rientra all’interno delle situazioni di vantaggio insopprimibili, ricomprese tra i LEP ( livelli essenziali di prestazioni ), di cui all’art.117, co.2, lett. m della Costituzione, e dunque la figura del responsabile del procedimento ha lo scopo di migliorare i rapporti della pubblica amministrazione con i cittadini e le imprese.
Chi è il responsabile della trasparenza?
La nomina del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza compete agli organi di indirizzo delle amministrazioni. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – organo competente alla nomina Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 4.
Per designare il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è necessaria l’adozione di un apposito provvedimento dell’organo di indirizzo, conseguente alla valutazione circa la sussistenza dei requisiti necessari per lo svolgimento delle funzioni. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT –provvedimento di nomina Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 4.
Il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è individuato tra i dirigenti. Laddove possibile, è altamente consigliato attribuire l’incarico di RPCT in capo a dirigenti di prima fascia, o equiparati. Negli enti locali, per specifica disposizione legislativa (art.1, co.7, l.190/2012) il RPCT è individuato, di norma, nel Segretario o nel dirigente apicale, salvo diversa e motivata determinazione.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza – nomina – dirigente– enti locali – segretario – dirigente apicale Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1 In strutture organizzative di ridotte dimensioni, in caso di carenza di posizioni dirigenziali, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza può essere individuato in un dipendente con posizione organizzativa o, comunque, in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze.
Tale scelta deve in ogni caso essere opportunamente motivata. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – nomina – profilo non dirigenziale. Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1 È opportuno selezionare il RPCT tra quei soggetti che abbiano adeguata conoscenza dell’organizzazione e del funzionamento dell’amministrazione, che siano dotati della necessaria autonomia valutativa e che non siano in una posizione che presenti profili di conflitto di interessi.
In questa ottica, al fine di garantire l’autonomia valutativa del RPCT, è opportuno che la scelta non ricada su un dirigente che provenga direttamente da uffici di diretta collaborazione con l’organo di indirizzo laddove esista un vincolo fiduciario. Va, altresì, evitato, per quanto possibile, che il RPCT sia scelto tra i dirigenti assegnati ad uffici che svolgono attività di gestione e di amministrazione o ad uffici che svolgono attività nei settori più esposti al rischio corruttivo, come l’ufficio contratti o quello preposto alla gestione del patrimonio.
In ogni caso la scelta è rimessa all’autonoma determinazione degli organi di indirizzo di ogni ente o amministrazione. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – nomina – sovrapposizione di ruoli con altre figure dirigenziali – inopportunità Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1.
Deve considerarsi un’assoluta eccezione l’attribuzione dell’incarico di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ad un soggetto esterno all’amministrazione cui è affidato un incarico dirigenziale ex art.19, co.6, del d.lgs.n.165 del 2001, ferma restando la sicura preferenza per il personale dipendente dell’amministrazione che assicuri stabilità per lo svolgimento del ruolo di RPCT.
In caso di attribuzione dell’incarico ad un soggetto esterno, sussiste un preciso onere di congrua motivazione anche in ordine all’assenza di soggetti aventi i requisiti previsti dalla legge per svolgere il ruolo di RPCT. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – nomina – soggetto esterno con incarichi di natura dirigenziale – eccezionalità Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – art.19, co.6, d.lgs.n.165/2001 – PNA 2019, Parte IV, § 1 Il Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC), di norma, anche la funzione di Responsabile della trasparenza (RT).
È possibile mantenere separate le due figure solo laddove esistano obiettive difficoltà organizzative (da motivare nei provvedimenti di nomina) tali da giustificare la distinta attribuzione dei due ruoli. Ad esempio, in organizzazioni particolarmente complesse ed estese sul territorio, e al solo fine di facilitare l’applicazione effettiva e sostanziale della disciplina sull’anticorruzione e sulla trasparenza.
È comunque necessario che le amministrazioni chiariscano espressamente le motivazioni di questa eventuale scelta nei provvedimenti di nomina del RPC e RT e garantiscano il coordinamento delle attività svolte dai due responsabili, anche attraverso un adeguato supporto organizzativo.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – Responsabile della prevenzione della corruzione – Responsabile della trasparenza – separazione ruolo RPC e RT – obiettive difficoltà organizzative Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, Premessa – delibera ANAC n.1310/2016, Parte Prima, § 2.
Ove possibile, la figura del RPD non deve coincidere con il RPCT. La sovrapposizione dei ruoli rischia di limitare l’effettivo svolgimento delle attività riconducibili alle due diverse funzioni, tenuto conto dei numerosi compiti e responsabilità che la normativa attribuisce loro.
- Eventuali eccezioni sono ammesse solo in enti di piccole dimensioni ove la carenza di personale renda, da un punto di vista organizzativo, non possibile tenere distinte le due funzioni.
- In tali casi, l’attribuzione allo stesso soggetto dei due ruoli va motivata con specifica determinazione.
- Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – Responsabile di Protezione dei Dati – sovrapposizione di ruoli -inopportunità.
Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 7. È da escludere l’eventualità che il RPCT ricopra anche il ruolo di componente o di presidente dell’Organismo indipendente di valutazione (OIV), dell’Organismo di vigilanza (ODV) o del Nucleo di valutazione.
- Ciò al fine di evitare che vi siano situazioni di coincidenza di ruoli fra controllore e controllato.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – nomina – incompatibilità – OIV – ODV – Nucleo di valutazione Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1.
- Non è opportuno che il RPCT svolga anche funzioni di responsabile dell’Audit o di altra struttura che svolge controlli interni al fine di evitare sovrapposizioni di competenza.
Salvo in casi particolari in cui il modello organizzativo sia fondato sulla ottimizzazione e non sulla sovrapposizione dei diversi sistemi di controllo come nelle Agenzie Fiscali. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – incompatibilità Audit Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 8.
– Delibera 840/2019 Non sussiste una situazione di incompatibilità tra la funzione di RPCT e l’incarico di componente dell’ Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD), specie nel caso in cui l’UPD dell’Amministrazione sia costituito come Organo Collegiale e salvo i casi in cui oggetto dell’azione disciplinare sia un’infrazione commessa dallo stesso RPCT.
Nel caso in cui l’UPD sia organo monocratico è preferibile, tuttavia, che le amministrazioni e gli enti evitino di attribuire allo stesso anche le funzioni di RPCT. In ogni caso la scelta è rimessa all’autonoma determinazione degli organi di indirizzo.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinari – compatibilità Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 8. – Delibera 700/2019 Dall’espletamento dell’incarico di RPCT non può, in nessun caso, derivare alcun compenso aggiuntivo, fatto salvo il solo riconoscimento, laddove sia configurabile, di eventuali retribuzioni di risultato legate all’effettivo conseguimento di precisi obiettivi di performance predeterminati.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – impossibilità compenso aggiuntivo Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 6. È necessario che il RPCT sia selezionato tra quei soggetti che abbiano dato dimostrazione nel tempo di comportamento integerrimo e non siano stati destinatari di provvedimenti giudiziali di condanna, né di provvedimenti disciplinari.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – requisiti soggettivi – condotta integerrima Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 2. Tra le cause ostative alla nomina e al mantenimento dell’incarico di RPCT rientrano tutti i casi di rinvio a giudizio e le condanne in primo grado per i reati presi in considerazione nel decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235, art.7, co.1, lett.
da a) ad f), nonché quelle per i reati contro la pubblica amministrazione e, in particolare, almeno quelli richiamati dal d.lgs.39/2013 che fanno riferimento al Titolo II, Capo I «Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica amministrazione».
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – requisiti soggettivi – condotta integerrima – condanne penali Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – art.7, co.1, lett.
- Da a) ad f) d.lgs.n.235/2012 – d.lgs.39/2013 – PNA 2019 parte IV § 2.
- Un soggetto condannato con sentenza definitiva per falso ideologico non può essere nominato RPCT.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – requisiti soggettivi – condotta integerrima – condanna – sentenza definitiva – falso ideologico Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019 parte IV § 2. – art.479 e ss.c.p. Il soggetto condannato per danno erariale da parte della Corte dei Conti per condotte dolose, con sentenza anche non definitiva, non può essere nominato RPCT.
La condanna per condotte dolose rileva anche per la permanenza in carica del RPCT. Diversamente, le fattispecie di condanna per colpa grave si prestano a valutazioni diversificate, da effettuarsi di volta in volta e caso per caso. In tali ipotesi, spetta quindi all’amministrazione o all’ente valutare se la condotta tenuta incida sull’immagine di imparzialità dell’amministrazione e se il profilo della gravità della colpa possa dirsi integrato.
La scelta in merito alla gravità del pregiudizio determinato da sentenze di condanna del giudice contabile, sia che presentino o meno i caratteri della irrevocabilità/definitività, dovrà in ogni caso essere motivata dalle ragioni di fatto e di diritto a base della scelta effettuata.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – requisiti soggettivi – condotta integerrima – condanne erariali Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019 parte IV § 2. – Delibera ANAC n.650/2019 In caso di condanne in primo grado del giudice civile e del giudice del lavoro spetta alle amministrazioni valutare e motivare in sede di nomina o di revoca se tali condanne possano ostare alla nomina o permanenza in carica del RPCT.
Come parametro di riferimento può essere considerato quello dell’incidenza del tipo di condanna rispetto allo svolgimento della funzione. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – requisiti soggettivi – condotta integerrima – condanne del giudice civile – condanne del giudice del lavoro Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019 parte IV § 2.
– Delibera ANAC n.215/2019 – Delibera ANAC n.650/2019 In caso di pronunce di natura disciplinare spetta alle amministrazioni valutare di volta in volta se la condotta sanzionata disciplinarmente possa incidere sui requisiti di integrità del RPCT fornendo le opportune motivazioni in sede di nomina o di revoca.
A titolo esemplificativo si può avere riguardo a parametri, quali la gravità dei fatti accertati e dei danni conseguiti, la condotta successiva dell’autore, l’avvenuto risarcimento totale o parziale dei danni arrecati alla P.A. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – requisiti soggettivi – condotta integerrima – nomina- procedimenti disciplinari Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019 parte IV § 2 Negli enti locali, per specifica disposizione legislativa (art.1, co.7, l.190/2012) il RPCT è individuato, di norma, nel Segretario, salvo diversa e motivata determinazione.
- Considerate le modifiche normative previste dalla l.124/2015, il d.lgs.97/2016 ha espressamente contemplato la possibilità di affidare l’incarico anche a un dirigente apicale, salva una diversa e motivata determinazione dell’ente.
- Per quanto riguarda le unioni di comuni, è prevista la possibilità di nominare un unico responsabile.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – individuazione – enti locali – segretario comunale – Unione di comuni Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1 – PNA 2016, Parte generale, sotto paragrafo 5.2). Negli enti locali, l’art.1, co.7, l.n.190 del 2012 non deve essere interpretato nel senso di implicare l’automatica assunzione dell’incarico di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza da parte del segretario comunale, restando invece necessaria l’adozione di un apposito provvedimento, conseguente alla valutazione dell’amministrazione delle condizioni indicate dalla legge.
- In caso di carenza di posizioni dirigenziali, soprattutto per gli enti di piccole dimensioni, può essere individuato un dipendente con posizione organizzativa, fermo restando che sussiste un obbligo di analitica motivazione per la nomina di dipendenti con qualifica non dirigenziale.
- È da considerare come un’assoluta eccezione la nomina di un dirigente esterno.
Nel caso, sussiste un preciso onere di congrua e analitica motivazione anche in ordine all’assenza di soggetti aventi i requisiti previsti dalla legge. Resta quindi ferma la sicura preferenza per personale dipendente dell’amministrazione che assicuri stabilità ai fini dello svolgimento dei compiti.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – enti locali – segretario comunale – enti di piccole dimensioni – dipendente con posizione organizzativa – eccezione nomina dirigente esterno – Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1. Il sindaco nomina il RPCT in quanto organo di indirizzo politico-amministrativo, salvo che il singolo comune, nell’esercizio della propria autonomia organizzativa, abbia attribuito tale potere alla giunta o al consiglio.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – titolare del potere di nomina – comuni. Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Approfondimento I “Piccoli comuni” di Parte Speciale PNA 2016 § 3.1.3. Il segretario comunale, che riveste anche la qualifica di responsabile di un’area organizzativa con posizione apicale, può essere nominato RPCT se l’area organizzativa non corrisponde a settori tradizionalmente esposti al rischio corruzione (ad es., ufficio contratti e gestione del patrimonio), purché non sussistano in concreto cause di conflitto di interesse.
In ogni caso, occorre valutare attentamente le conseguenze e gli oneri che il cumulo di funzioni in capo al RPCT può comportare. Negli enti di piccole dimensioni, al fine di evitare il cumulo di funzioni che possono creare situazioni di conflitto di interessi, può essere individuato quale RPCT un dipendente con posizione organizzativa.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – enti locali – segretario comunale – enti di piccole dimensioni – responsabile di area organizzativa Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1. I poteri che possono essere esercitati in qualità di Segretario di un ente territoriale devono essere ben distinti da quelli che vengono esercitati come Responsabile della prevenzione della Corruzione e della trasparenza.
- Le funzioni esercitate rispondono a discipline di riferimento diverse costituite dal d.lgs.18 agosto 2000, n.267 per il Segretario Comunale e dalla legge 6 novembre 2012 n.190 per il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – enti locali – segretario comunale – RPCT – distinzione delle funzioni – poteri Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1.
– delibera n.840/2018. È da escludere che il RPCT ricopra anche il ruolo di componente o di presidente dell’Organismo indipendente di valutazione (OIV), dell’Organismo di vigilanza (ODV) o del Nucleo di valutazione, al fine di evitare che vi siano situazioni di coincidenza di ruoli fra controllore e controllato.
In qualità di componente del Nucleo di valutazione, egli sarebbe infatti tenuto ad attestare l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione, mentre in qualità di Responsabile anche per la trasparenza svolgerebbe stabilmente un’attività di controllo proprio sull’adempimento dei suddetti obblighi da parte dell’amministrazione, con conseguente responsabilità, ai sensi dell’art.1, co, 12, l.190/2012, in caso di omissione.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – enti locali – OIV – ODV – NDV Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1 – PNA 2018, Parte speciale IV, “Semplificazioni per i piccoli comuni”, § 4 – Atto di segnalazione trasmesso al Governo e al Parlamento n.1 del 24 gennaio 2018.
Le funzioni di RPCT nelle unioni di comuni sono attribuite dal Presidente della Giunta al segretario comunale dell’unione o di uno dei comuni aderenti o a un dirigente apicale, salvo espresse e motivate eccezioni, in coerenza con quanto previsto all’art.1, co.7, della l.190/2012, come modificato dal d.lgs.97/2016.
In alternativa, laddove ricorrano valide ragioni, da indicare analiticamente nel provvedimento di nomina, l’incarico può essere assegnato ad altro funzionario dell’unione o dei comuni aderenti, identificato con figure dirigenziali, o titolari di posizione organizzativa.
In ogni caso non può trattarsi di un soggetto esterno all’amministrazione, cioè esterno a uno dei comuni facenti parte dell’unione. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – titolare del potere di nomina – Unione di Comuni. Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Approfondimento I “Piccoli comuni” di Parte Speciale PNA 2016 § 3.1.3.
Nelle Unioni di comuni, per specifica disposizione legislativa (art.1, co.7, l.190/2012), può essere nominato un unico RPCT. Le funzioni di RPCT dell’Unione sono svolte dal Segretario comunale dell’Unione o di uno dei comuni aderenti o a un dirigente apicale, salvo espresse e motivate eccezioni.
- Laddove ricorrano effettivamente valide ragioni, da indicare analiticamente nel provvedimento di nomina, l’incarico può essere conferito anche ad altro funzionario.
- In tutti i casi, non può mai trattarsi di un soggetto esterno all’amministrazione.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – Unione di comuni – nomina Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 –PNA 2019, Parte IV, § 1 – Approfondimento I “Piccoli comuni” di parte speciale, PNA 2016, § 3.1.2 I comuni che abbiano stipulato una convenzione ai sensi dell’art.30 del TUEL nominano ciascuno un proprio RPCT anche qualora, tramite la convenzione, decidano di aggregare la funzione di prevenzione della corruzione o quella di «organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo».
Il RPCT del Comune capofila può svolgere le funzioni di coordinamento. Ove la convenzione preveda l’istituzione di un ufficio comune per l’esercizio delle funzioni aggregate, uno dei RPCT dei comuni convenzionati può svolgere le funzioni di coordinamento.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – nomina – Convenzione tra Comuni Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – art.30, d.lgs.267/2000 – PNA 2019, Parte IV, § 1 – Approfondimento I “Piccoli comuni” di parte speciale, PNA 2016, § 3.1.2 Non è opportuno che un Segretario comunale, anche RPCT, sia responsabile delle funzioni di mediazione tributaria.
Ciò in quanto il procedimento di deflazione del contenzioso in cui consiste l’istituto della mediazione tributaria afferisce ad aree considerate ad alto rischio corruttivo, quali “Affari legali e contenzioso” e “Gestione delle entrate e delle spese”.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – segretario comunale – mediazione tributaria – aree di rischio generale – affari legali e contenzioso Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012– art.17-bis d.lgs.n.546/1992, – art.39, co.9, d.lgs.98/2011 s.m.i.
- PNA 2019, Parte IV, § 1 – Delibera ANAC n.186 del 26 febbraio 2020 – PNA 2018, Parte special I, “Agenzie Fiscali”, “Singole Agenzie”, § 1, lett.
A). Nelle Università, laddove possibile, è altamente consigliabile mantenere in capo a dirigenti di prima fascia, o equiparati, l’incarico di RPCT. L’incarico può essere affidato al direttore generale, figura scelta tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza, cui compete la complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo.
Negli atenei di ridotte dimensioni, qualora la nomina del RPCT ricada su un dirigente che svolge ad interim più ruoli anche in aree potenzialmente esposte a rischio corruttivo o sul direttore generale unica figura apicale, è necessario garantire un bilanciamento delle funzioni e dei poteri per evitare, quanto più possibile, la concentrazione di poteri decisionali in una o poche figure.
Se ciò non sia effettivamente praticabile, considerate le ridotte dimensioni, si ritiene opportuno prevedere adeguati controlli o ricorrere alla c.d. segregazione delle funzioni. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – RPCT – Università – nomina Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Aggiornamento 2017 al PNA, Approfondimento III di Parte speciale, Parte III “Le istituzioni universitarie”, § 1.1 – Atto di indirizzo della Ministra Sen.
- Valeria Fedeli del 15.5.2018.
- Nelle istituzioni AFAM il Direttore è l’unica figura dirigenziale i cui poteri e funzioni appaiono idonei a garantire lo svolgimento dell’incarico di RPCT con autonomia ed effettività.
- In capo alla figura del Direttore ricade inoltre la responsabilità dell’esercizio della funzione disciplinare, espressamente prevista dal d.P.R.n.132/2003, la quale è ritenuta dall’Autorità compatibile con il ruolo di RPCT, come si evince dalla delibera n.700 del 23 luglio 2019.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – istituzioni AFAM – nomina – criteri di scelta Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – art.6, d.P.R.n.132/2003 PNA 2019, Parte IV, § 1, nota 36 – delibera n.700 del 23 luglio 2019 – PNA 2016, Approfondimento IV, § 2. Data la peculiarità organizzativa degli Istituti, considerato che il Direttore è anche titolare del potere disciplinare, si ritiene che le indicazioni date dall’Autorità, valide in via generale, in merito alla opportuna distinzione fra le figure del RPCT e del responsabile UPD, non siano applicabili alle istituzioni AFAM.
La delibera n.700 del 23 luglio 2019 ha precisato che il ruolo di RPCT è compatibile con la qualifica di componente dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari (UPD), specialmente quando il detto ufficio ha composizione collegiale, e fatte salve le ipotesi di avvio del procedimento disciplinare nei confronti del soggetto che ricopre l’incarico di RPCT.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – istituzioni AFAM – RPCT e UPD Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – art.6, d.P.R.n.132/2003 PNA 2019, Parte IV, § 1, nota 36 – delibera n.700 del 23 luglio 2019 – PNA 2016, Approfondimento IV, § 2. L’incarico di RPCT può essere attribuito al comandante della polizia locale con le necessarie cautele, specie nel caso in cui al comandante della polizia sia già assegnata la titolarità di altri uffici con funzioni di gestione e amministrazione attiva ai sensi del co.221, della legge 208/2015 («Legge di stabilità 2016»).
- Sarà cura di ogni singolo ente svolgere, in tali casi, un’attenta valutazione e motivare adeguatamente una simile scelta, al fine di evitare la presenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto d’interessi tra le diverse attività svolte.
- Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – comandante polizia locale Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte IV, § 1 – art.1, co.221, legge 208/2015 («Legge di stabilità 2016») -.
– delibera ANAC n.333/2019 Non è opportuno attribuire il ruolo di RPCT agli avvocati iscritti all’albo speciale delle amministrazioni e degli enti pubblici ai sensi dell’art.23 della legge 31 dicembre 2012, n.247. Ciò al fine di non compromettere l’indipendenza e l’autonomia connaturate all’esercizio delle funzioni di consulenza legale, di rappresentanza e assistenza in giudizio dell’ente richiamate dal citato art.23 e di evitare un possibile vulnus al corretto svolgimento dei compiti dell’avvocato degli enti iscritti all’albo speciale di cui alla legge 247/2012.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – avvocato iscritto all’albo speciale delle amministrazioni e degli enti pubblici Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – art.23 della legge 31 dicembre 2012, n.247 – PNA 2019, Parte IV, § 1 – delibera ANAC n.841/ 2018 Negli ordini e collegi professionali l’organo di indirizzo politico individua, di norma, il RPCT tra i dirigenti amministrativi in servizio.
Nelle sole ipotesi di strutture organizzative di ridotte dimensioni il RPCT potrà essere individuato anche in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. In via residuale e con atto motivato, potrà essere nominato RPCT un consigliere eletto dell’ente, purché privo di deleghe gestionali, escludendo le figure di Presidente, Consigliere segretario o Consigliere tesoriere.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – nomina – ordini e collegi professionali Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Approfondimento III del PNA 2016, § 1.1 – PNA 2019, Parte IV, § 1. Nelle istituzioni scolastiche le funzioni di RPCT sono attribuite al Direttore dell’Ufficio scolastico regionale, o per le regioni in cui è previsto, al Coordinatore regionale.
Al fine di agevolare lo svolgimento di tali funzioni, i dirigenti di ambito territoriale, che dispongono della effettiva conoscenza della realtà scolastica a livello provinciale, operano quali referenti del RPCT. Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – istituzioni scolastiche – Direttore Ufficio scolastico regionale – Coordinatore regionale Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Approfondimento IV “Istituzioni scolastiche” del PNA 2016, § 1.
- E Delibera ANAC n.430/2016 Ai dirigenti scolastici spetta l’attuazione delle misure di prevenzione indicate nel PTPCT, in quanto tali misure attengono a interventi di tipo organizzativo e di gestione delle ordinarie attività amministrative.
- Inoltre, curano la elaborazione e la pubblicazione dei dati sui siti web delle istituzioni scolastiche in cui prestano servizio, assicurando la prossimità della trasparenza rispetto alla comunità scolastica di riferimento.
In particolare i referenti del RPCT, ovvero i dirigenti di ambito territoriale, verificano e sollecitano l’attuazione degli indirizzi da questi formulati nel Piano, mentre i dirigenti delle singole istituzioni scolastiche sono i soggetti cui compete l’attuazione delle misure individuate nel Piano.
Le misure, infatti, si sostanziano in interventi di tipo organizzativo e di gestione delle ordinarie attività amministrative da attuare laddove il rischio corruttivo è più elevato. Esse, pertanto, rientrano a pieno titolo tra le attività che competono ai dirigenti scolastici. Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – istituzioni scolastiche – dirigenti scolastici Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Approfondimento IV “Istituzioni scolastiche” del PNA 2016, § 1.
e Delibera ANAC n.430/2016 Nell’organizzazione del MIBACT, il RPCT può essere individuato nella persona del Segretario generale. Il RPCT è coadiuvato dai “Referenti per l’anticorruzione” individuati nei Direttori generali centrali e nei Segretari regionali Il Ministero può affidare agli stessi Segretari regionali e ai direttori dei musei di cui all’art.30, co.3, del d.p.c.m.171/2014 il ruolo di RPCT a livello territoriale.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – MIBACT – referenti – strutture periferiche Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 –art.30, co.3, del d.p.c.m.171/2014 – Approfondimento V “Tutela e valorizzazione dei beni culturali” del PNA 2016, § 1. Considerato che nelle Autorità di sistema portuale il Segretario generale riveste anche ruoli gestionali significativi, al fine di evitare il cumulo delle funzioni in capo allo stesso soggetto, si ritiene preferibile che l’incarico sia attribuito ad un dirigente di ruolo in servizio, salvo ipotesi residuali, e comunque in tal caso prevedendo specifiche responsabilità connesse al ruolo di RPCT, attraverso l’introduzione di apposite disposizioni nel Codice etico, da applicare ai componenti dell’organo di indirizzo politico ed allo stesso Segretario generale.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – Autorità di sistema portuale – criteri di scelta Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2016 § 5.2. – Approfondimento I “Autorità di sistema portuale” di Parte Speciale all’Aggiornamento 2017 al PNA, § 2.2 – PNA 2019, Parte IV, Premessa e § 4.
- La nomina del RPCT nelle Autorità di Sistema portuale spetta al Presidente quale organo di indirizzo.
- Egli assicura al RPCT poteri e funzioni idonei a garantire lo svolgimento dell’incarico con autonomia ed effettività, disponendo all’uopo le modifiche della struttura organizzativa occorrenti, nel rispetto delle indicazioni fornite dall’art.1 co.7 della l.6 novembre 2012, n.190.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – Autorità di sistema portuale – nomina Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2016 § 5.2. – Approfondimento I “Autorità di sistema portuale” di Parte Speciale all’Aggiornamento 2017 al PNA, § 2.2 – PNA 2019, Parte IV, Premessa e § 4.
Le gestioni commissariali, presentano una vasta eterogeneità e pertanto è difficile definire, per tutte e aprioristicamente, il soggetto chiamato a svolgere i compiti di RPCT. Si pensi ad esempio a quelle istituite dal Governo con decreto del Presidente della Repubblica al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio (art.11, l.n.400/1988); nonché a quelle istituite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per interventi programmati nell’ambito del Quadro Strategico Nazionale (art.20, d.l.n.185/2008), nonché a quelle istituite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in relazione alla realizzazione di opere e lavori (art.13, d.l.n.67/1997 convertito con l.135/1997).
L’Autorità ha quindi valutato che il RPCT della gestione commissariale possa essere lo stesso soggetto che ricopre il ruolo di RPCT presso l’Amministrazione competente per la nomina o a cui afferiscono le principali attribuzioni di indirizzo e vigilanza delle gestioni commissariali (Amministrazione di riferimento).
In alternativa, può essere nominato RPCT della gestione commissariale lo stesso Commissario straordinario. La scelta, pur rimessa all’autonomia e alla responsabilità dell’Amministrazione di riferimento, deve comunque tener conto della necessità di garantire l’effettività delle funzioni svolte per la prevenzione della corruzione e delle specificità della singola gestione commissariale, valutando l’oggetto dell’incarico del Commissario straordinario, l’entità delle risorse umane e finanziarie ed i poteri organizzatori conferiti.
Resta fermo che per le gestioni commissariali che prevedono la sostituzione dei Commissari straordinari agli organi delle amministrazioni e degli enti pubblici centrali, regionali o locali, così per i commissari delegati per la Protezione civile (art.5, commi 4 e 4-bis, l.225/1992), valgono le regole generali sugli organi delle amministrazioni e degli enti pubblici, quelle sugli enti locali e territoriali nonché le disposizioni previste dalla normativa anticorruzione (art.42, co.1-bis del d.lgs.33/2013).
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – Gestioni commissariali Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Aggiornamento 2017 al PNA, Parte speciale II “La gestione dei commissari straordinari nominati dal governo”, § 2 Mentre, in generale, la scelta volta ad attribuire l’incarico di RPCT al responsabile dell’Audit o di altra struttura che svolge controlli interni è da considerarsi non opportuna, al fine di evitare sovrapposizioni di competenza, nel caso delle Agenzie Fiscali tale scelta è valutata positivamente.
Ciò in quanto il modello organizzativo delle Agenzie fiscali è fondato sulla ottimizzazione e non sulla sovrapposizione dei diversi sistemi di controllo anche al fine di contenere fenomeni di maladministration. Sicché i poteri attribuiti al RPCT sono (nel caso delle agenzie fiscali) complementari rispetto a quelli ordinari posti in capo agli organi di controllo interni o esterni all’amministrazione.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – Agenzie Fiscali –responsabile Audit – organo di controllo interno Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – Aggiornamento 2018 al PNA, Parte speciale I “Agenzie Fiscali”, § 2.4. Nelle società in controllo pubblico il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è nominato dall’organo di indirizzo della società, consiglio di amministrazione o altro organo con funzioni equivalenti.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – nomina – società in controllo Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte V, § 1. – Delibera ANAC n.1134/2017, § 3.1.2. Nelle società in controllo pubblico le funzioni di RPCT sono affidate a uno dei dirigenti in servizio della società.
Nelle sole ipotesi in cui la società sia priva di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale, che comunque garantisca idonea conoscenza della materia dell’organizzazione e della prevenzione della corruzione.
Solo in circostanze eccezionali, il RPCT potrà coincidere con un amministratore, purché privo di deleghe gestionali. Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – nomina – società in controllo Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte V, § 1. – Delibera ANAC n.1134/2017, § 3.1.2.
- Nei casi di società di ridotte dimensioni appartenenti ad un gruppo societario, in particolare quelle che svolgono attività strumentali, la capogruppo può predisporre un’unica programmazione delle misure ex lege n.190/2012.
- In tal caso, il RPCT della capogruppo è responsabile dell’attuazione delle misure anche all’interno delle società di ridotte dimensioni appartenenti al gruppo societario.
Resta fermo che ogni società del gruppo nomina comunque almeno un referente del RPCT della capogruppo. Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – nomina – gruppo societario Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – d.lgs.231/2001 – PNA 2019, Parte V, § 1. – Delibera ANAC n.1134/2017, § 3.1.5.
e 3.2.2. Nelle associazioni, fondazioni e negli altri enti di diritto privato di cui all’art.2-bis, co.3, d.lgs.33/2013, come nelle società in controllo pubblico, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è nominato dall’organo di indirizzo, consiglio di amministrazione o altro organo con funzioni equivalenti.
Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – nomina – associazioni, fondazioni e altri enti di diritto privato – società in controllo pubblico Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte V, § 1. – Delibera ANAC n.1134/2017, § 3.1.2. Nelle associazioni, fondazioni e negli altri enti di diritto privato di cui all’art.2-bis, co.3, d.lgs.33/2013 le funzioni di RPCT sono affidate a uno dei dirigenti in servizio.
Nelle sole ipotesi in cui l’ente sia privo di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale.
Le amministrazioni controllanti inseriscono all’interno dei propri piani di prevenzione della corruzione e della trasparenza le misure organizzative utili ai fini della vigilanza sulla effettiva nomina da parte degli enti di diritto privato di cui all’art.2-bis co.3 d.lgs.33/2013 del RPCT.
- Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – nomina – enti di diritto privato in controllo pubblico – criteri di scelta.
- Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – d.lgs.231/2001 – PNA 2019, Parte V, § 1.
- Delibera ANAC n.1134/2017, § 3.1.5. e 3.2.2.
- Le società a partecipazione pubblica non di controllo non sono tenute a nominare il RPCT.
Esse, tuttavia, possono scegliere di nominare tale figura nell’esercizio dei propri poteri di autonomia, preferibilmente nel rispetto delle indicazioni fornite da ANAC. Parole chiave: Anticorruzione – RPCT – nomina – società partecipate – non obbligatorietà Fonte: art.1, co.7, l.n.190/2012 – PNA 2019, Parte V, § 1.2.
Delibera ANAC n.1134/2017, § 3.3.2. L’incarico di Responsabile della Prevenzione della corruzione e della trasparenza può essere revocato in caso di inadempimento dei compiti connessi a tale ruolo e per giusta causa da motivare nel provvedimento di revoca, o al venir meno dei necessari requisiti soggettivi del soggetto incaricato.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza– revoca Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012- e art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 recante “Regolamento ANAC sulla richiesta di riesame della revoca del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” La revoca dell’incarico di RPCT compete agli organi di indirizzo delle amministrazioni, cui spetta anche la scelta del soggetto cui attribuire l’incarico.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza revoca – competenza Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 e art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 e Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Tra i presidi di garanzia dell’autonomia e indipendenza del RPCT il legislatore ha introdotto la previsione di doveri di segnalazione all’ANAC dei provvedimenti di revoca del RPCT da parte dell’amministrazione o ente che ha adottato il provvedimento di revoca.
Ha inoltre attribuito all’ANAC, nel caso rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal RPCT in materia di prevenzione della corruzione, il potere di richiedere il riesame della decisione. Negli enti locali, nel caso di coincidenza del RPCT con il Segretario comunale si applica la disciplina di cui all’art.1, co.82, della l.190/2012 che dispone la comunicazione all’ANAC del provvedimento di revoca, che si esprime entro trenta giorni.
In caso di revoca del contratto di lavoro del dirigente nominato RPCT, si applica la disciplina di cui all’art.15, co.3, del d.lgs.39/2013, che dispone la comunicazione all’ANAC del provvedimento di revoca, che si esprime entro trenta giorni. L’Autorità ha, inoltre, valutato che la revoca dell’incarico di RPCT deve ritenersi inclusa tra le “misure discriminatorie, dirette o indirette” di cui all’art.1, co.7, della l.190/2012.
Pertanto, in caso di revoca dell’incarico di RPCT, indipendentemente dalla qualifica da questi posseduta nell’Amministrazione, per motivi collegati allo svolgimento dell’attività di prevenzione della corruzione da questo svolta, si applica l’art.1, co.7 della l.190/2012.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza–revoca – disciplina applicabile. Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – PNA 2019, Parte IV, § 5 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Le Amministrazioni sono tenute a trasmettere immediatamente ad ANAC i provvedimenti di revoca.
In particolare, si devono trasmettere i provvedimenti di revoca dell’incarico di Segretario negli Enti locali, laddove il Segretario sia anche RPCT (art.1, co.82, l.190/2012); i provvedimenti di revoca dell’incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate le funzioni RPCT (art.15, co.3, d.lgs.n.39/2013) e i provvedimenti di revoca dell’incarico di RPCT indipendentemente dalla qualifica che il RPCT riveste nell’Amministrazione (art.1, co.7, l.190/2012).
- Al fine di consentire ad ANAC una valutazione del singolo caso il più completa possibile nel rispetto del termine di trenta giorni, è essenziale che l’Amministrazione trasmetta insieme al provvedimento di revoca tutti gli elementi ritenuti utili per un compiuto esame da parte dell’Autorità.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –revoca – obblighi delle Amministrazioni.
Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Nel caso degli Enti locali la legge stabilisce che la comunicazione del provvedimento di revoca dell’incarico di Segretario che è anche RPCT spetta ai Prefetti.
- Art.1, co.82, l.190/2012).
- Nel caso delle altre Amministrazioni la legge non individua il soggetto tenuto a fare la comunicazione Pertanto tale soggetto può essere discrezionalmente individuato dall’Amministrazione.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza revoca – comunicazione – enti locali Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 La comunicazione del provvedimento di revoca ad ANAC deve essere quanto più tempestiva possibile al fine di consentire all’Autorità, ove ne ricorrano i presupposti, di formulare la richiesta di riesame entro trenta giorni dalla comunicazione, come previsto dalla legge.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –intervento ANAC – termini. Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 L’ANAC, ove non riceva i provvedimenti di revoca da parte dei Prefetti e delle amministrazioni interessate, considera anche le comunicazioni sulla revoca effettuate da parte del soggetto interessato dalla revoca stessa.
- In tali casi, richiede all’Amministrazione interessata la comunicazione dei provvedimenti di revoca e la relativa documentazione.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –revoca – comunicazione da parte del soggetto revocato.
Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 recante “Regolamento ANAC sulla richiesta di riesame della revoca del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” La legge affida ad ANAC il compito di esaminare il provvedimento di revoca al fine di valutare la possibile esistenza di una correlazione tra la revoca e le attività svolte dal RPCT in materia di prevenzione della corruzione.
- Ove emerga tale circostanza, ANAC ha il potere di chiedere all’amministrazione il riesame del provvedimento di revoca.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –compiti e poteri di ANAC Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 L’Autorità può richiedere il riesame del provvedimento di revoca, ove ricorrano i presupposti, entro il termine di trenta giorni che decorrono dal momento in cui riceve la comunicazione del provvedimento e la documentazione allegata.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –– revoca – intervento ANAC termini. Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Il procedimento di riesame del provvedimento di revoca da parte di ANAC, teso ad accertare se vi sia correlazione tra la revoca e l’attività svolta dal RPCT nell’esercizio delle sue funzioni, non prevede di instaurare un contraddittorio tra le parti.
Il termine di trenta giorni previsto per legge per la pronuncia dell’Autorità non lo consente. É quindi necessario che al provvedimento di revoca sia allegata la necessaria documentazione per consentire l’esame da parte di ANAC. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –intervento ANAC – Contraddittorio tra le parti.
Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Le amministrazioni e gli altri soggetti interessati provvedono, su impulso dell’Autorità, al riesame del provvedimento di revoca. A conclusione del riesame possono o sospendere il provvedimento, o decidere di confermare la revoca.
- In tale ultimo caso, al fine di assicurare una compiuta analisi dei rilievi dell’Autorità, la motivazione del provvedimento di conferma della revoca deve riscontrare gli elementi contenuti nella richiesta di riesame adottata dall’ANAC.
- In ogni caso il provvedimento di riesame deve essere trasmesso all’Autorità, che ne prende atto, eventualmente ribadendo le proprie motivazioni circa la rilevata connessione tra le misure adottate dall’Amministrazione e l’attività del RPCT.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –richiesta di riesame di ANAC – sospensione revoca – conferma revoca Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Le amministrazioni non possono nominare un nuovo RPCT fino alla completa conclusione del procedimento di riesame del provvedimento di revoca da parte dell’Autorità.
- In tale periodo l’efficacia della revoca rimane sospesa.
- Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –riesame ANAC – sospensione efficacia revoca Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 – art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 recante “Regolamento ANAC sulla richiesta di riesame della revoca del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” La legge non attribuisce all’Autorità il potere di sospendere l’efficacia della revoca.
Pertanto ANAC, ricevuto dall’Amministrazione il provvedimento di riesame, ne prende atto, eventualmente ribadendo le proprie motivazioni circa la rilevata connessione tra revoca e l’attività del RPCT in materia di prevenzione della corruzione della corruzione.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – revoca responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –- art.1, co.7 della l.190/2012 –- conferma revoca – presa atto di ANAC Fonte: art.1, co.7 e co.82, della l.190/2012 e art.15, co.3, del d.lgs.39/2013 e Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Gli interessati possono segnalare tempestivamente all’Autorità, le misure discriminatorie, dirette o indirette, nei confronti del RPCT, anche diverse dalla revoca, per motivi collegati, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle funzioni di prevenzione della corruzione.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione –responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –-misure discriminatorie e ritorsive – segnalazione ad Anac Fonte: art.1, co.7 della l.190/2012 Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 Per misure discriminatorie dirette e indirette devono intendersi misure ritorsive quali demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o altre misure organizzative aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione –responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza – contenuto della misura discriminatoria e ritorsiva Fonte: art.1, co.7 della l.190/e Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 L’intervento dell’Autorità sulle misure discriminatorie, dirette o indirette adottate nei confronti del RPCT, si sostanzia in una istruttoria tesa ad accertare la presunta correlazione tra le misure adottate dall’Amministrazione e le attività svolte dal RPCT.
In caso l’accertamento dia esito favorevole l’Autorità richiede all’Amministrazione di riesaminare gli atti relativi alle misure adottate e di comunicare gli esiti di tale riesame all’Autorità. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione –responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza –- misure discriminatorie e ritorsive – intervento di ANAC Fonte: art.1, co.7 della l.190/2012 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 La legge non prevede precisi termini (art.1, co.7, l.190/2012) per l’intervento dell’Autorità sulle misure discriminatoria diverse dalla revoca.
L’Autorità ha, quindi, valutato che il proprio intervento debba essere svolto nel rispetto dei termini previsti dal “Regolamento sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di prevenzione della corruzione” del 29 marzo 2017, pubblicato sul sito istituzionale dell’Autorità, e a seguito dell’esercizio dei poteri istruttori attribuiti dall’art.1, comma 2, lett.
f), della legge 190/2012. Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza – misure discriminatorie e ritorsive – intervento ANAC – termini Fonte: art.1, co.7 e co., lett. f), della l.190/2012 -Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018 – “Regolamento sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di prevenzione della corruzione” del 29 marzo 2017.
Le amministrazioni e gli altri soggetti interessati provvedono, su impulso dell’Autorità, al riesame degli atti contenenti misure discriminatorie dirette e indirette adottate nei confronti del RPCT. A conclusione del riesame possono annullare le misure o anche decidere di confermarle. In tale ultimo caso, al fine di assicurare una compiuta analisi dei rilievi dell’Autorità, la motivazione del provvedimento deve riscontrare gli elementi contenuti nella richiesta di riesame adottata dall’Autorità.
Parole chiave per la ricerca: Anticorruzione – revoca responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza–- uniformità all’intervento di ANAC – possibilità Fonte: art.1, co.7 della l.190/2012 – Delibera ANAC n.657 del 18 luglio 2018
Che cosa sono gli atti amministrativi?
Atto adottato da una pubblica amministrazione in quanto autorità. Si distingue dagli accordi, dalle convenzioni, dai contratti, che la pubblica amministrazione conclude non in posizione di autorità, ma in posizione di sostanziale parità nei confronti dell’amministrato.
- L’evoluzione della categoria.
- Inizialmente, la nozione di atto amministrativo era molto ampia e comprendeva tutte le misure adottate unilateralmente da pubbliche amministrazioni: dalla semplice nota indirizzata da un ufficio a un altro, ai pareri, agli accertamenti tecnici, ai bilanci, alle decisioni di espropriare proprietà private per ragioni di pubblica utilità.
In seguito, grazie alla giurisprudenza, si è introdotta una distinzione fra atto amministrativo in senso stretto e proprio, da un lato, e provvedimento amministrativo, dall’altro. L’atto amministrativo in senso stretto. – L’atto amministrativo in senso stretto indica gli atti strumentali, serventi, ausiliari che nell’ambito di un procedimento amministrativo precedono e preparano la decisione, o la seguono e ne assicurano l’efficacia.
Sono atti amministrativi, per es.: gli accertamenti e le valutazioni tecniche, i pareri, le ispezioni, le comunicazioni delle decisioni agli interessati. Tali atti, di regola, non incidono direttamente sui diritti o sugli interessi degli amministrati e non sono impugnabili dinanzi al giudice, Vi sono, tuttavia, eccezioni: per es., un parere negativo che la pubblica amministrazione trasmetta all’amministrato può considerarsi immediatamente lesivo dei suoi diritti o interessi e, come tale, impugnabile.
Il provvedimento amministrativo: i tratti fondamentali. – Il provvedimento amministrativo sta a indicare l’atto fondamentale di un procedimento amministrativo, che coincide con la decisione adottata dalla pubblica amministrazione, incide direttamente sui diritti o sugli interessi degli amministrati ed è impugnabile dinanzi al giudice.
- Il provvedimento, dunque, è l’atto amministrativo che riveste maggiore importanza.
- Esso può definirsi come l’atto mediante il quale la pubblica amministrazione dispone in ordine all’interesse pubblico affidato alla sua cura, esercitando il proprio potere autoritativo e incidendo in situazioni giuridiche (di diritto o di interesse) proprie del soggetto amministrato.
In definitiva, il provvedimento amministrativo ha forza costitutiva di situazioni giuridiche ed è imperativo: con esso, cioè, la pubblica amministrazione costituisce, modifica o estingue diritti o interessi degli amministrati in via unilaterale e senza il consenso dei destinatari.
- Per esempio, un provvedimento di espropriazione,
- Il primo aspetto essenziale del provvedimento amministrativo è che esso proviene da una pubblica amministrazione.
- Vi sono, tuttavia, casi in cui misure adottate da soggetti privati sono equiparate a provvedimenti amministrativi: per esempio, la Corte di Cassazione ha sostenuto che gli atti posti in essere da imprese concessionarie di opere pubbliche o di servizi pubblici sono da considerarsi provvedimenti amministrativi, traendone la conseguenza che misure come i bandi di gara emanati dal concessionario siano impugnabili dinanzi al giudice amministrativo.
Altro aspetto essenziale del provvedimento è che esso è adottato da una pubblica amministrazione nell’ esercizio di un suo potere autoritativo, regolato dal diritto pubblico, Da questo punto di vista, il provvedimento amministrativo si distingue dal contratto della pubblica amministrazione, che è stipulato su un piano di parità fra amministrazione e amministrato ed è disciplinato in larga misura dal diritto privato.
- Sono, però, considerati provvedimenti amministrativi gli atti della pubblica amministrazione che preludono alla conclusione di un contratto, come i bandi di gara e l’aggiudicazione di un contratto di appalto al miglior offerente.
- Il provvedimento, di regola, dispone in ordine a un caso concreto e si rivolge a uno o più amministrati determinati: si autorizza un’impresa a svolgere una certa attività commerciale; o si espropria la proprietà dei tali soggetti privati.
Si parla, in questo caso, di provvedimenti individuali o particolari. Vi sono, tuttavia, anche provvedimenti che si rivolgono a un numero indeterminato di soggetti e pongono regole dotate di efficacia generale: sono i cosiddetti provvedimenti amministrativi generali, come le programmazioni territoriali o economiche.
- In questi casi non è sempre agevole distinguere il provvedimento amministrativo generale dal regolamento.
- Usualmente il provvedimento è discrezionale,
- Vi sono, però, provvedimenti a discrezionalità limitata, come le autorizzazioni cosiddette obiettivate, che vengono rilasciate sulla base di un accertamento semiautomatico di certi requisiti: è il caso delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività bancaria.
Il regime del provvedimento amministrativo: efficacia e validità. – Norme rilevanti sull’efficacia, l’ esecuzione e l’invalidità del provvedimento sono dettate dalla legge generale sul procedimento amministrativo (l.n.241/1990, modificata dalla l.n.15/2005).
Il provvedimento che limita la sfera giuridica dei privati (come l’espropriazione) acquista efficacia con la comunicazione al destinatario; se non ha carattere sanzionatorio, può contenere una clausola motivata di efficacia immediata; hanno immediata efficacia i provvedimenti cautelari e urgenti (art.21 bis).
I provvedimenti efficaci sono di regola eseguiti immediatamente (art.21 quater). I provvedimenti che costituiscono obblighi in capo ai privati (per es., di consegnare la cosa requisita, o di installare un depuratore) indicano il termine e le modalità per l’esecuzione da parte del soggetto obbligato.
- Se quest’ultimo non ottempera, la pubblica amministrazione, previa diffida, può provvedere all’esecuzione coattiva, senza l’intervento del giudice, nelle ipotesi previste dalla legge: ciò, in termini tecnici, si definisce esecutorietà del provvedimento (art.21 ter).
- Il provvedimento a efficacia durevole può essere revocato per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto, o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
La revoca rende il provvedimento inidoneo a produrre ulteriori effetti. Se vi è un pregiudizio a danno di chi subisce la revoca, l’amministrazione è obbligata a provvedere all’indennizzo (art.21 quinquies). Quanto all’invalidità, il provvedimento può essere nullo o annullabile.
È nullo se manca degli elementi essenziali, se è viziato da difetto assoluto di attribuzione (quando vi è carenza del potere, come nel caso di espropriazione in assenza di dichiarazione di pubblica utilità del bene ), ovvero se è stato adottato in violazione o elusione di una sentenza passata in giudicato (art.21 septies).
È annullabile (art.21 octies) per violazione di legge, eccesso di potere, o incompetenza (su cui si v. competenza amministrativa ).
Dove vengono pubblicati gli atti amministrativi?
Per Albo Pretorio si intende il luogo e lo spazio dove vengono affissi tutti quegli atti per i quali la legge impone la pubblicazione in quanto debbono essere portati a conoscenza del pubblico, come condizione necessaria per acquisire efficacia e quindi produrre gli effetti previsti.
deliberazioni, ordinanze, determinazioni, avvisi, manifesti, gare, concorsi e altri atti del Comune e di altri enti pubblici, che devono essere portati a conoscenza del pubblico come atti emessi dalla pubblica amministrazione;avvisi di deposito alla casa comunale di atti finanziari e delle cartelle esattoriali;provvedimenti tipo piani urbanistici, del commercio, del traffico, ecc. ecc.particolari atti riguardanti privati cittadini, come il cambio di nome e/o cognome.
Nel referto di pubblicazione viene indicato l’avviso di pubblicazione e di deposito dell’atto, con l’indicazione di chi l’ha emesso o adottato, l’oggetto, la data, il numero e la precisazione dell’ufficio presso il quale il documento e gli allegati sono consultabili.
La tenuta dell’albo pretorio viene curata dal personale incaricato con nomina di Messo/pubblicatore (con il Dlgs 267/2000 la figura del Messo non è piu’ menzionata) che provvede a garantire la pubblicazione degli atti entro le scadenze previste, cura le affissioni e le defissioni degli Atti e vigila sulla regolare tenuta dell’albo pretorio.
I documenti da pubblicare sono anche registrati nel protocollo generale. Albo pretorio on line L’albo pretorio si trasforma e diventa un luogo “virtuale” e accessibile a tutti con un semplice collegamento al sito web di riferimento. In questo modo tutti i documenti e gli atti che devono essere divulgati e diffusi per acquisire efficacia, saranno resi pubblici tramite Internet.
- Le regole con le quali funziona l’albo pretorio on line non cambiano, ma cambia lo strumento: in luogo del documento stampato e affisso nello spazio dedicato all’albo pretorio ci sara’ un sito web.
- La legge n.69 del 18 giugno 2009, perseguendo l’obiettivo di modernizzare l’azione amministrativa mediante il ricorso agli strumenti informatici riconosce l’effetto di pubblicità legale agli atti e ai provvedimenti amministrativi pubblicati dagli Enti Pubblici sui propri siti informatici.
All’art.32, comma 1, la legge 69/2009 dispone che ” a far data dal 1 gennaio 2010 gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione sui propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati “E’ tuttavia garantita l’efficacia legale della pubblicazione a mezzo degli spazi e forme tradizionali dell’Albo pretorio sino al 31 dicembre 2010,
- Il comma 5 (come modificato dall’art.2 del D.L.30.12.2009 n.194 – cd.
- Decreto Mille proroghe- convertito, con modificazioni, dalla L.26.2.2010 n.25 ) dello stesso art.32 rimanda, per la piena efficacia sostitutiva della pubblicità legale su Internet rispetto all’affissione all’albo cartaceo, al termine del 1 gennaio 2011 a decorrere dal quale ” le pubblicità effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale “.
Da tale data l’Albo Pretorio on line va a sostituire in maniera definitiva il vecchio Albo cartaceo esposto all’interno degli enti pubblici: la forma cartacea rimane solo in originale, mentre è fatto espressamente obbligo di pubblicazione sul proprio sito Internet istituzionale.Nell’ Albo pretorio on line va a confluire tutta la documentazione prodotta dall’ente come delibere, provvedimenti conclusivi di procedimenti amministrativi, atti amministrativi di carattere generale, determinazioni dirigenziali, pubblicazioni matrimoniali, avvisi elettorali, varianti al piano regolatore, elenco degli abusi edilizi, ordinanze e avvisi provenienti dagli uffici comunali, pubblicazioni di atti insoluti o non notificati, istanze di cambio nome, elenco oggetti smarriti, bollettino lotterie nazionali, avvisi vendite all’asta, licenze commerciali, bandi di concorso, gare d’appalto, avvisi disponibilità di alloggi in affitto, atti vari su richiesta di altri enti.
- Per quanto riguarda i bandi di gara (“procedure a evidenza pubblica”) e i bilanci, lo switch-off completo al digitale è invece stabilito al 1 gennaio 2013,
- Nel frattempo la pubblicazione online di questi atti accompagnerà quella cartacea.
- A partire dal 1 gennaio 2013 gli obblighi di pubblicità legale saranno pertanto assolti esclusivamente mediante la pubblicazione online sul sito istituzionale mentre la tradizionale pubblicità sui quotidiani sarà solo facoltativa e nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.
In base alle previsioni dell’art.54, comma 4 del CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale), la pubblicazione on-line di provvedimenti o atti amministrativi o la loro comunicazione con le medesime modalità, implica l’assunzione da parte dell’amministrazione di una garanzia di conformità delle informazioni ivi contenute, rispetto alle informazioni contenute nei provvedimenti originali cartacei.
- Pubblicazione on line e rispetto della privacy Le regole sulla privacy dettate nel Decreto Legislativo n.196 del 2003 che garantiscono il diritto alla tutela dei dati personali sono valide e debbono essere rispettate anche per i siti web (per es.
- Dagli atti pubblicati vanno omessi i dati sensibili ossia quei dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonche’ i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale).
Con la delibera n.17 del 19 aprile 2007 Allegato1 – Internet: sui siti di comuni e province trasparenza, ma con dati personali indispensabili – Allegato 1: Linee guida in materia di trattamento di dati personali per finalità di pubblicazione e diffusione di atti e documenti di enti locali – il garante della privacy consente la diffusione di dati personali per finalità di trasparenza e di comunicazione nelle pubbliche Amministrazioni ma sempre nel rispetto dei principi di pertinenza, non eccedenza e indispensabilita’ dei dati da pubblicare su internet e pone nuovamente cautele e limiti di fronte alla pubblicazione di dati sensibili che inoltre, come è indicato nell’art.34 del d.lgs.n.196 del 2003, richiedono l’adozione di misure di sicurezza per garantire il trattamento dei dati con strumenti elettronici.
- L’albo pretorio contiene diversi provvedimenti che devono essere pubblicati per legge e che possono, a volte, fare menzione di alcuni dati sensibili strettamente indispensabili.
- Nel predisporre i documenti da affiggere, però, fermo restando il rispetto degli obblighi di legge sulla trasparenza delle deliberazioni adottate, occorre comunque rispettare la riservatezza degli interessati.
La pubblicazione indiscriminata di informazioni personali può porsi, infatti, in contrasto con la legge sulla privacy quando ciò non sia necessario al raggiungimento delle finalità per le quali i dati sono stati raccolti. Questo è quanto ribadito dal Garante della Privacy che nelle sue decisioni ha richiamato le amministrazioni ad adeguare alla legge sulla privacy il trattamento dei dati personali contenuti nei documenti destinati alla pubblicazione sull’albo pretorio, nel rispetto del principio di pertinenza e non eccedenza delle informazioni di carattere personale da includere negli atti destinati all’affissione.
La pubblicazione on line rende ancora più delicato il rapporto tra privacy e trasparenza: infatti, la pubblicazione dei dati sull’albo pretorio “cartaceo” costituisce un trattamento di carattere locale, mentre la diffusione su internet delle stesse informazioni su albo pretorio on line acquisirà un “carattere ubiquitario”, come definito dal Garante nella delibera n.17 del 19 aprile 2007,
Tale decisione del Garante costituisce, ad oggi, il solo riferimento per una disciplina sia pure parziale dei contenuti e limiti delle pubblicazioni pretorie on line. Infine, con riguardo all’impiego delle nuove tecnologie il Garante ne richiama l’utilizzo a garanzia della trasparenza e del diritto alla conoscenza da parte dei cittadini, ma sottolinea altresi’che gli enti dovranno sempre assicurare l’esattezza, l’aggiornamento e la pertinenza dei dati pubblicati in rete e garantire al tempo stesso, il “diritto all’oblio” dei dati delle persone interessate, una volta perseguito il fine alla base del trattamento (art.11, comma 1, lett.
- C), d) e), del Codice in materia di protezione dei dati personali ).Tutto cio’ assicurando l’integrita’ informatica dei sistemi utilizzati necessaria per impedire qualsiasi alterazione dell’albo on line.
- Il Vademecum di DigitPA Nell’ambito delle Linee guida per i siti web della PA e’ stato realizzato da DigitPA un vademecum : “Modalità di pubblicazione dei documenti nell’Albo online” il cui obiettivo è quello di sollevare le amministrazioni da quei dubbi e quelle criticità in cui le stesse potrebbero imbattersi in sede di applicazione della normativa, attraverso la predisposizione di strumenti operativi utili, suggerimenti tecnici, ecc.
Di seguito si evidenziano i principali passi del procedimento di pubblicazione. Dove inserire sul sito l’etichetta Secondo quanto previsto dalle Linee guida per i siti web della PA,la sezione del sito web dedicata all’albo pretorio deve essere raggiungibile dalla homepage e deve avere l’etichetta di “Pubblicita’ legale” ovvero, per gli enti territoriali, “Albo” o “Albo online”.
Responsabile della Pubblicazione La responsabilità della pubblicazione online è del Responsabile del procedimento di pubblicazione individuato dalla Direttiva n.8/2009 del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione. Cosa deve garantire la Pubblicazione La pubblicazione on line deve garantire: • autorevolezza e autenticità del documento pubblicato; • conformità all’originale, cartaceo o informatico; • preservazione del grado di giuridicità dell’atto ossia non degradazione dei valori giuridici e probatori degli atti pubblicati sul sito web; • inalterabilità del documento pubblicato; • possibilità di conservazione, a norma di legge, del documento nel tempo che ne preservi la validità giuridica e probatoria.
Caratteristiche dei documenti I documenti devono essere caricati in formato elettronico e devono essere pubblicati in un formato non modificabile da terzi per garantire l’immodificabilità degli atti. Tutti i documenti pubblicati devono essere firmati con firma elettronica qualificata o firma digitale, da parte del Responsabile del procedimento che ha generato l’atto o da parte del Responsabile del procedimento di pubblicazione secondo le modalità dettagliate nel seguito.
Per i documenti resi disponibili in formato non compatibile con l’accessibilità, oppure che abbiano contenuti non conformi ai requisiti tecnici di accessibilità, devono essere forniti di sommario e descrizione degli scopi dei documenti stessi in forma adatta ad essere fruita con le tecnologie compatibili con l’accessibilità e devono essere indicate in modo chiaro le modalità di accesso alle informazioni equivalenti a quelle presentate nei documenti digitali non accessibili.
La consultazione dei documenti deve sempre riportare all’utente, chiare e ben visibili: a. l’Ente che ha pubblicato l’atto; b. la data di pubblicazione; c. la data di scadenza; d. la descrizione (o oggetto); Periodo di pubblicazione I documenti devono restare in pubblicazione per tutto il periodo previsto dalla normativa di riferimento.
Tale periodo di pubblicazione è assicurato dal Responsabile del procedimento di pubblicazione all’atto dell’inserimento dei documenti nell’albo online e la lista degli allegati, consultabili, riferiti alla pratica. L’albo online deve prevedere dei meccanismi automatici per la pubblicazione e la rimozione/archiviazione degli atti, in base alle informazioni inserite dal responsabile del procedimento di pubblicazione all’atto del loro inserimento nell’albo online, cercando di ridurre al minimo la necessità di rielaborare i documenti in momenti successivi.
Per questo è consigliabile prevedere un periodo standard di pubblicazione di 15 giorni che deve poter essere modificato dal Responsabile del procedimento di pubblicazione prolungandolo o riducendolo in base ai diversi riferimenti normativi cui è soggetto il documento in pubblicazione.
Inoltre deve essere data possibilità, al Responsabile del procedimento di pubblicazione di autorizzare la pubblicazione di atti per conto di Enti esterni. In tal caso, l’ informazione deve essere riportata in modo chiaro e ben visibile nel dettaglio del documento in fase di consultazione da parte dell’utente.
Datazione documenti Tutti i documenti inseriti devono essere numerati in ordine cronologico in base alla data e l’ora di inserimento nell’albo proprio. Il numero progressivo, univoco per anno, deve essere generato in automatico dal sistema e deve essere immodificabile.
Che differenza c’è tra accesso civico e accesso agli atti?
A cura dell’Avv. Giulia Crescini di ASGI. L’accesso agli atti (previsto dagli artt.22 e ss L.241/90) e l’accesso civico (D.Lgs 33/2013) sono degli strumenti particolarmente utili per venire a conoscenza di dati, informazioni e documenti detenuti dalla pubblica amministrazione.
Tuttavia il grado di profondità, il numero, l’estensione di tale accesso differisce a seconda che venga usato l’uno o l’altro strumento. Nel caso dell’accesso civico, la legge attribuisce a ” chiunque ” il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni e ciò al fine di ” favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico “.
Lo scopo del legislatore è stato quello di dare piena attuazione al principio della trasparenza, al fine di garantire il rispetto delle libertà individuali e collettive, dei diritti civili, politici, sociali attraverso un’amministrazione quanto più possibile aperta e a servizio del cittadino, in perfetta armonia con la disciplina riservata al diritto di accesso nell’ambito dell’ordinamento Europeo.
Nel caso dell’accesso agli atti, al contrario, la legge 241/90 richiede la titolarità di un interesse qualificato e differenziato, riconoscendo e tutelando il ” diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi “. Per interessati si intendono ” tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso “.
Nel caso dell’accesso agli atti, l’obiettivo del legislatore è volto alla tutela degli interessi individuali di un soggetto che ricopre una posizione differenziata rispetto a tutti gli altri cittadini, il quale dovrà dare prova di essere portatore di un diretto, concreto, attuale e corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e strumentale alla documentazione oggetto della richiesta,
Pertanto se il diritto all’accesso civico è riconosciuto a tutti i cittadini i quali -senza dimostrare alcun interesse specifico ulteriore- vogliono venire a conoscenza dell’operato della pubblica amministrazione, il diritto ad accedere agli atti è riconosciuto solo a chi vanta un interesse specifico e motivato a conoscere gli atti richiesti.
I soggetti legittimati in entrambi i casi possono essere sia singoli sia associazioni, che a seconda dei casi possono trovarsi portatori di un interesse generale o specifico alla richiesta di accesso e quindi essere legittimati ad azionare l’uno o l’altro strumento.
- Fa da pandant alla diversa qualifica richiesta dal legislatore per inoltrare la richiesta di accesso, l’estensione e il grado di profondità con cui il privato può aspirare ad accedere ai documenti richiesti nell’ambito dell’accesso civico o dell’accesso agli atti.
- Nel caso dell’accesso agli atti, infatti, gli unici limiti previsti sono indicati dall’art.24 e sono strettamente connessi alla salvaguardia di interessi pubblici fondamentali e prioritari rispetto all’interesse alla conoscenza degli atti amministrativi, tra questi vi sono i documenti coperti da segreto di Stato (a norma dell’art.39, L.3-8-2007, n.124); i procedimenti previsti dal D.L.8/1991 recante norme in materia di sequestri di persona e di protezione dei testimoni di giustizia (conv.
in L.82/1991 e succ. modif.); i documenti coperti da segreto o divieto di divulgazione altrimenti previsto dall’ordinamento e i documenti esclusi dal diritto di accesso per mezzo di appositi regolamenti governativi, al fine di salvaguardare la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali, la politica monetaria e valutaria, l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione dei reati, la riservatezza dei terzi, persone, gruppi ed imprese.
I limiti facoltativi, previsti dall’art.23, possono solo condurre al differimento dell’accesso ai documenti e solo laddove la conoscenza può impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa. Pertanto, al di fuori di questi limiti tassativamente previsti, l’accessibilità ai documenti rispetto ai quali il cittadino vanta un interesse concreto e privilegiato dovrebbe essere massima,
Nel corso dei mesi sono state inoltrate varie richieste di accesso agli atti da parte di associazioni e singoli cittadini – perlopiù stranieri – i quali erano titolari di una posizione giuridica soggettiva qualificata rispetto alla pubblica amministrazione.
- Si pensi in particolare a tutta la documentazione relativa alle disposizioni assunte sull’isolamento disposto dalla ASL per prevenire la diffusione del Covid-19, i trasferimenti forzati dai centri di accoglienza, l’isolamento sulle navi quarantena 1 ecc.
- In questi casi la pubblica amministrazione ha infatti trasmesso tutta la documentazione richiesta, funzionale in primo luogo per l’esercizio del diritto alla difesa.
Nel caso dell’accesso civico, invece a fronte di un diritto all’accesso che non conosce limitazioni dal punto di vista della legittimazione soggettiva ed esonera il richiedente dall’obbligo di motivazione (cfr. art.5, comma 3), dal punto di vista oggettivo lo stesso è esercitabile solo ” nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridici rilevanti ” (art.5-bis D.Lgs 33/2013).
Nell’ambito di tale ultima disposizione, è, infatti, possibile distinguere una serie di eccezioni al principio della generale della accessibilità, le quali sono poste a presidio di interessi pubblici e privati suscettibili di subire un pregiudizio concreto dalla conoscibilità generalizzata di alcune informazioni.
Sono quindi individuate due categorie di eccezioni, le quali se vengono in rilievo nel caso specifico, possono essere opposte al cittadino richiedente per limitare o del tutto escludere l’accesso ai documenti richiesti. Al comma 1 e al comma 2 della disposizione citata sono previste le eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati, le quali, se poste alla base di un rigetto, devono essere in ogni caso suffragate da una specifica e puntuale motivazione da parte dell’Amministrazione,
Oltre alle eccezioni relative, il legislatore ha previsto anche che limiti all’accesso possano essere assoluti, la cui ricorrenza nel caso specifico è sufficiente al rigetto dell’accesso, essendo sufficiente che la pubblica amministrazione individui il ricorrere di una causa di esclusione e la opponga al cittadino richiedente.
L’ultima precisazione riguarda la categoria dei documenti che obbligatoriamente devono essere pubblicati dalla pubblica amministrazione ( art.5 e 13 e ss D.Lgs 33/2013). In questo caso di parla di accesso civico semplice. Gli obblighi di pubblicazione riguardano ad esempio alcune informazioni legate alle di “funzionamento” della macchina amministrativa, comuni a tutte le PA: organizzazione, personale, gestione patrimoniale, incarichi dirigenziali, collaboratori e consulenti, bandi di gara, etc.; alcune tipologie di dati riguardanti l’uso dei fondi pubblici per fare politiche e offrire servizi: ad esempio, i bilanci pubblici, i dati sulle performance dell’amministrazione, piani e strumenti per la pianificazione territoriale, dati sulla qualità dei servizi erogati (es.
dati sul grado di soddisfazione da parte dell’utenza); altre informazioni obbligatorie specificatamente previste dalla normativa, tra i quali i testi degli accordi bilaterali. In questi casi, la pubblica amministrazione non può opporre alcun limite di quelli sopra visti, ma dovrà procedere alla pubblicazione dei documenti richiesti e rientranti nelle categorie indicate dalla legge.
Nel corso dei mesi, si è proceduto ad inviare richieste di accesso riguardanti vari settori che sono stati considerati strategici sia al fine di definire i contorni dei limiti dell’applicazione dell’istituto dell’accesso civico, sia nella raccolta di informazioni relative alle politiche italiane ed europee in materia di diritto d’asilo e di immigrazione.
Tra questi, sono state inviate richiesta accesso agli accordi bilaterali siglati tra Italia e paesi terzi non pubblicati al fine di ottenerne la pubblicazione obbligatoria 2 ; alle informazioni relative alle richieste di soccorso pervenute al centro di coordinamento dei soccorsi di Roma da parte di imbarcazioni di migranti in distress e le relative istruzioni impartite per prestare soccorso, al fine di poter monitorare la legittimità dell’operato dell’MRCC italiano nel coordinamento delle operazioni di soccorso; alle informazioni concernenti la destinazione dei fondi italiani ed europei volti anche al controllo dei confini per sindacarne la legittimità rispetto al loro utilizzo 3 ; ai contratti, agli appalti, alle convenzioni riguardanti le strutture di accoglienza in Italia 4,
In varie occasioni, la pubblica amministrazione ha opposto l’esistenza dei divieti e dei limiti assoluti e relativi sopra indicati 5 e per questa ragione, si è proceduto ad azionare i rimedi amministrativi e giurisdizionali previsti. Sia nei casi di rifiuto sia in quelli di silenzio protratto per oltre 30 giorni dall’invio, l’interessato può sempre azionare la tutela prevista per legge.
In caso di silenzio o rifiuto di una richiesta di accesso agli atti, è possibile esperire subito il ricorso al giudice amministrativo oppure agire in via amministrativa presentando riesame (art.25 L.241/90) al difensore civico o alla Commissione per l’accesso agli atti. I due rimedi non sono alternativi in quanto in caso di rifiuto o silenzio della Commissione nazionale e del difensore civico si potrà presentare ricorso al giudice amministrativo nei successivi 30 giorni.
Per quanto riguarda la richiesta di accesso civico, in caso di rifiuto o silenzio protratto per oltre 30 giorni, va presentata richiesta di riesame al Responsabile per la corruzione e la trasparenza incaricato per il Ministero richiesto (art.5 c.7) ed in caso di mancata risposta entro i successivi 20 giorni o di rifiuto si potrà ricorrere al giudice amministrativo (art.116 cpa).
https://altreconomia.it/costi-silenzi-navi-quarantena/; https://inlimine.asgi.it/le-navi-quarantena-servizi-sorveglianza-sanitaria-convenzioni-respingimenti-richieste-asilo/ https://www.asgi.it/approfondimenti-speciali/niger-italia-armi-immigrazione/ https://sciabacaoruka.asgi.it/scheda-attivita-organizzazioni-internazionali-in-libia-fondi-italiani/; https://sciabacaoruka.asgi.it/tag/fondo-africa/ https://www.openpolis.it/registro-degli-accessi-come-si-stanno-comportando-i-ministeri/ https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/consiglio-di-stato-condanna-il-mae-illegittimo-negare-laccesso-ai-rapporti-di-spesa-sui-fondi-italiani-in-libia/
Quali sono i vizi del provvedimento amministrativo?
I vizi di legittimità per cui è tradizionalmente annullabile un atto amministrativo consistono nell’incompetenza, nell’eccesso di potere e nella violazione di legge.
Che differenza c’è tra accesso civico semplice e generalizzato?
Il discrimen tra il diritto di accesso civico ed il diritto di accesso classico – Con riguardo al discrimen tra il diritto di accesso civico ed il diritto di accesso classico appare opportuno evidenziare che esso si rinvenga nelle circostanze di seguito, sia pur in somma sintesi, riportate:
L’esercizio del diritto di accesso civico non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. Per l’ accesso civico, infatti, può avanzare richiesta di accesso “chiunque” voglia accedere ai documenti amministrativi soggetti all’obbligo di pubblicazione da parte della Pubblica amministrazione. Per l’ accesso documentale, invece,l’istanza di accesso compete esclusivamente a coloro che abbiano un interesse giuridico diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, collegata al documento al quale si richiede l’accesso. L’istanza di accesso civico non richiede alcuna motivazione, Perl’ accesso civico, infatti, non è prescritto alcun obbligo di motivazione della richiesta di ostensione degli atti e dei documenti oggetto di istanza, cosa ben diversa rispetto a quanto avviene con l’ accesso classico laddove l’obbligo di motivazione dell’istanza risiede proprio nella necessità di dover indicare i presupposti di fatto e dello specifico interesse, diretto, concreto ed attuale, che lega il documento richiesto ad una particolare situazione giuridicamente rilevante dell’istante. L’esercizio del diritto di accesso civico è inteso quale un’opportunità per la vigilanza partecipativa della società civile. Con l’ accesso classico si esclude l’utilizzabilità del diritto di accesso allo scopo di sottoporre l’Amministrazione ad un controllo generalizzato ; diversamente, invece,vale per l’ accesso civico che è riconosciuto proprio « allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali nonché a promuovere la partecipazione del cittadino al dibattito pubblico », Trattasi, nello specifico, di uno strumento di partecipazione dei cittadini e di controllo cd. diffuso, palesandosi, l’accesso de quo, come un concreto interessamento del cittadino alla gestione della res pubblica affinché la stessa sia improntata nel rispetto dei principi di legalità e trasparenza. La ratio legis è, dunque, quella tendere verso la valorizzazione del concetto di “cittadinanza attiva”. Da un punto di vista processuale diverse sono anche le conseguenze del mancato accesso a favore dell’istante, Per quanto attiene l’accesso civico nei casi di diniego parziale o totale all’accesso o in caso di mancata risposta allo scadere del termine per provvedere (trenta giorni), contrariamente a quanto dispone la legge 241/1990, non si forma silenzio rigetto, ma il cittadino può presentare una istanza di riesame al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il quale decide con provvedimento motivato entro il termine di venti giorni dalla data di presentazione della domanda di riesame. Nessun dubbio circa il fatto che, in tal caso, si è in presenza di una speciale forma di tutela amministrativa interna,
Quali sono i documenti esclusi dal diritto di accesso?
Sono innanzitutto sottratti all’ accesso i documenti coperti dal segreto di Stato o ce le leggi o i regolamenti sottraggono alla divulgazione; quelli relativi ai procedimenti tributari; gi atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che
Quale norma della L 241 1990 disciplina i compiti affidati al responsabile del procedimento?
L ‘Art.6 della L.n.241/1990 disciplina i principali compiti in capo al responsabile del procedimento amministrativo.
Qual’è la principale norma di riferimento che disciplina il procedimento amministrativo?
Principi generali e ambito di applicazione – La legge 69/2009 novella l’articolo 1 della L.241, mediante la quale accanto ai criteri di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza, anche il criterio di imparzialità viene inserito tra i principi generali che informano l’attività amministrativa, a sottolineare il diritto dei cittadini al rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti.
Successivamente, la legge 190/2012 (art.1, co.37) rafforza l’obbligo dei privati preposti all’esercizio di attività amministrative di rispettare i principi generali dell’attività amministrativa (già sancito dall’art.1, co.1- ter, della legge 241), vincolandoli a garantire un livello non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni.
L’ articolo 10 della legge 69/2009 ha interamente riscritto l’articolo 29 riguardante l’ambito di applicazione della L.241/1990 mediante la modifica del comma 1 e l’aggiunta dei commi da 2- bis a 2- quinquies. A seguito della novella, risulta una maggiore specificazione dell’ambito di applicazione soggettivo in relazione a tutte e a singoli gruppi di disposizioni.
Prima della modifica, l’articolo 29 si componeva di due soli commi, in ragione dei quali le disposizioni della legge 241 si applicavano ai procedimenti amministrativi nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in tema di giustizia amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche (comma 1).
Nell’ambito delle rispettive competenze, le regioni e gli enti locali potevano disciplinare la materia nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge (comma 2). Disposizioni peculiari erano previste dall’articolo 22 per quanto concerne l’ambito di applicazione delle norme sul diritto di accesso.
In primo luogo, a seguito della riformulazione, tutte le disposizioni della legge sul procedimento si applicano non soltanto alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali, ma anche alle società con totale o prevalente capitale pubblico limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative.
In secondo luogo, le disposizioni suscettibili di applicazione a tutte le amministrazioni pubbliche, incluse le regioni e gli enti locali, sono individuate con quelle in materia di:
risarcimento del danno ingiusto in caso di mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento (art.2- bis ); accordi con e tra amministrazioni (artt.11 e 15); ricorso giurisdizione avverso il diniego di accesso agli atti (art.25, co.5, 5- bis e 6);disciplina del provvedimento amministrativo (tutto il capo IV bis (artt.21 bis – 21 nonies ).
La legge 69/2009, introducendo i nuovi commi 2- bis e 2- ter, ha poi disposto che sono riconducibili all’interno dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantirsi in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, come previsto dall’ articolo 117 della Costituzione, secondo comma, lettera m), le disposizioni concernenti:
gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concludere il procedimento entro il termine prefissato, nonché di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa; la durata massima dei procedimenti; la dichiarazione di inizio attività (poi divenuta SCIA ) e il silenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano.
L’attinenza con i LEA comporta l’applicabilità delle relative disposizioni a tutte le pubbliche amministrazioni e l’affermazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato. In forza del comma 2- quater del novellato art.29, le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela.
- Con le modifiche descritte, il legislatore ha ricondotto la definizione dell’ambito di applicazione delle disposizioni sull’accesso ai documenti all’interno del medesimo articolo 29, in precedenza definito in via autonoma nel corpo dell’articolo 22, in apertura del capo dedicato all’accesso.
- In particolare, la legge 69 ha soppresso la parte dell’ art.22, co.2, della L.241/1990 in cui si prevedeva che le norme in materia di accesso attengono ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’ art 117 comma 2 lett.
m) della Costituzione, e che le Regioni potevano prevedere esclusivamente livelli di accesso ulteriori rispetto a quelli già previsti dallo Stato.
Quali sono i criteri che deve rispettare l’attività amministrativa ai sensi della legge n 241 90?
L’ attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento
Cosa dispone l’art 2 della legge n 241 1990 e smi in ordine al procedimento di formazione del silenzio inadempimento?
Obbligo di provvedere della P.A. – L’art.2 della L.n.241/1990 sancisce l’obbligo della pubblica amministrazione di concludere il provvedimento con un atto espresso. Siffatto dovere sussiste sia nei casi in cui il procedimento sorga su impulso di un privato, sia quando è ad iniziativa d’Ufficio.
Tale dovere esiste anche nel caso in cui l’istanza presentata risulti manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata. Ovviamente, affinché il silenzio-inadempimento sia integrato, è necessaria la sussistenza in capo alla Pubblica Amministrazione di un obbligo giuridico di provvedere.
L’obbligo de quo, è un principio doveroso su cui si è espressa anche la Corte Costituzionale. Invero, anche i Giudici Amministrativi, in diverse occasioni, hanno sottolineato come tale principio tragga la propria ragione giuridica dai principi cardine dell’azione amministrativa,
Il Giurisprudenza del caso più volte ha affermato che “l’inerzia dell’Amministrazione e contraria ai principi di buon andamento della P.A. e dell’affidamento del cittadino nel corretto svolgimento dell’azione amministrativa che impongono la conclusione di ogni procedimento con un provvedimento espresso”,
Detto ciò, è doveroso sottolineare come tale obbligo sussista esclusivamente per tre categorie di istanze. Nello specifico, fanno parte di tali tre categorie, innanzitutto quelle dirette ad ottenere un provvedimento favorevole per il richiedente. Siffatte istanze, atte ad ampliare la sfera giuridica del soggetto, generano obbligo di provvedere per la P.A., esclusivamente qualora sussista, in capo al richiedente, la titolarità di un interesse legittimo pretensivo.
- Si ritiene che, qualora un soggetto abbia un interesse qualificato ad un bene della vita, ed è necessario per il conseguimento che la P.A.
- Eserciti il proprio potere per mezzo dell’emanazione di un provvedimento espresso, questi sia titolare di una situazione giuridica legittimante a presentare istanza, anche quando non sussista una norma esplicita sottesa a conferire un autonomo diritto di iniziativa.
La seconda categoria è rappresentata da quelle istanze dirette ad ottenere il riesame di atti sfavorevoli precedentemente emanati. È necessario specificare, però, che la giurisprudenza ritiene che tale tipo di istanza, che ha il fine di ottenere il riesame da parte della P.A.
- Di un provvedimento non impugnato in maniera tempestiva dall’istante, non da vita, generalmente, ad un obbligo di riesame da parte della P.A.
- Ciò per far salva l’esigenza di certezza e stabilità dei rapporti che hanno il loro titolo in atti autoritativi.
- L’ultima categoria è costituita da quelle istanze volte ad ottenere atti diretti a produrre effetti sfavorevoli avverso terzi, e dalla cui adozione il richiedente può ottenere vantaggi.
In tal caso è necessario che sussista in capo al richiedente un particolare e considerevole interesse che sia idoneo a contraddistinguere la sua posizione rispetto a quella della collettività,