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Modificare Parti Comuni In Condominio: Ecco Cosa Dice La Legge?

Modificare Parti Comuni In Condominio: Ecco Cosa Dice La Legge
Variazione destinazione d’uso delle parti comuni – Eventuali modifiche e variazioni della destinazione d’uso delle parti comuni devono essere deliberate nel corso dell’assemblea condominiale.Le modifiche delle destinazioni d’uso sono disciplinate dall’articolo 1117 ter, articolo introdotto con la Riforma del condominio che afferma quanto segue: Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni.La convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.La convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso.La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi.

  • Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.
  • Art.1117 ter cod. civ,
  • Si tratta delle modifiche finalizzate a soddisfare esigenze di interesse condominiale per le quali viene richiesto un quorum dei 4/5 dei partecipanti al condominio e 4/5 dei millesimi.Complessa è inoltre la procedura per la convocazione dell’assemblea: l’invio della convocazione con lettera raccomandata o con posta certificata deve pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione e deve essere affisso per non meno di trenta giorni nei locali di maggior uso o negli spazi a tal fine destinati.

Con l’articolo 1117 quarter è stata introdotta dalla Riforma del condominio una norma di riferimento, a tutela di eventuali azioni o interventi che possano ledere la destinazione d’uso delle parti comuni. Esso afferma che: In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell’articolo 1136.

Cosa dice l’articolo 1122 del codice civile?

1122 c.c. vieta al condomino di eseguire, nel piano o nella porzione di piano di sua proprietà, quelle opere che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune.

Quale maggioranza occorre per poter operare un cambio di destinazione d’uso delle parti comuni in un condominio?

1. La disciplina precedente alla riforma del condominio. Prima della riforma del condominio, la giurisprudenza individuava nell’art.1102 c.c. i limiti al diritto dei singoli condòmini ad utilizzare le parti comuni. Tale norma, che disciplina l’istituto della comunione, al primo comma dispone che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.” In buona sostanza, l’orientamento costante della giurisprudenza era nel senso di affermare che l’utilizzo delle cose comuni non doveva comunque né causare una modificazione d’uso, e né impedire agli altri condòmini di farne altrettanto uso nei limiti del loro diritto (Cass.: 172/2003 e 2722/1987).

Per la precisione, se si ponevano in essere atti tali da modificare la funzione a cui il bene era stato in origine destinato, allora si consideravano tali atti come in grado di causare (non più delle semplici mutazioni ma) delle vere e proprie innovazioni, con l’ulteriore conseguenza che la norma di riferimento diveniva l’art.1120 c.c., così che tale tipo di utilizzo risultava vietato al singolo condòmino (Cass.: 9498/1994).

Per quel che riguarda il ” pari uso”, la giurisprudenza (Cass.: 15523/2011) ha chiarito che con tale espressione non si intende un uso completamente uguale e nemmeno contemporaneo, perché le varie esigenze dei condòmini devono essere contemperate. Semmai, si intende la facoltà di poter utilizzare la cosa nel modo più intenso possibile, fermo restando, naturalmente, il rispetto dei diritti degli altri condòmini.

  • Inoltre, la Corte di Cassazione (Cass.: 3374/1968 e 1764/1976) ha altresì stabilito che ciascun condòmino non deve tenere un comportamento tale che agli altri condòmini diventi più difficile o comunque impossibile utilizzare la cosa stessa.
  • Dunque, il limite all’uso della cosa comune veniva individuato sulla base di due ordini di ragioni: 1) non modificare la destinazione originaria del bene, 2) non impedire agli altri condòmini di fare altrettanto uso, nei limiti del loro stesso diritto.2.

La disciplina successiva alla riforma del condominio. Oggi la riforma del condominio, che in gran parte ha codificato l’orientamento giurisprudenziale precedente, ha introdotto il nuovo art.1117 ter c.c., rubricato “Modificazioni delle destinazioni d’uso”.

La modifica d’uso delle parti comuni, è dunque oggi espressamente ammessa dal primo comma del summenzionato art.1117 ter, c.c. Tale modifica deve essere approvata dall’assemblea con una maggioranza che rappresenti “i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio “.

È possibile, altresì, notare una differenza tra il quorum richiesto dalla suddetta norma, con quella prevista per la nomina e la revoca dell’amministratore (art.1136, quarto comma, c.c.). Per nominare e revocare l’amministratore, è infatti necessaria “la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio” (art.1136, secondo comma).

  • Nell’art.1117 ter, c.c., dunque, il legislatore ha imposto un quorum deliberativo più elevato di quelli ordinari.
  • Un’altra differenza tra le due norme, consiste nella constatazione che quest’ultima norma richiede i quattro quindi dei partecipanti al condominio.
  • Il secondo comma (richiamato dal quarto comma) dell’art.1136 c.c.

richiede, invece, la maggioranza degli intervenuti. L’art.1117 ter, c.c., prevede anche alcuni obblighi procedurali, che devono essere rispettati affinché la convocazione dell’assemblea possa dirsi validamente eseguita. Anzitutto, il secondo comma della stessa norma, prevede l’assolvimento di un particolare onere, che è evidentemente finalizzato a far si che venga garantita un’adeguata pubblicità a tale convocazione.

Dispone, infatti, tale secondo comma che ” La convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi () “. Oltre a prevedere per quanto tempo tale convocazione deve rimanere affissa, con la stessa disposizione il legislatore ha avuto cura di precisare anche in quali luoghi bisogna provvedere a tale affissione.

Ciò, chiaramente, contribuisce al raggiungimento del suddetto principio di pubblicità della convocazione. Precisamente, lo stesso secondo comma dispone che la convocazione deve essere affissa ” nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati “.

Ma non basta la sola affissione del summenzionato avviso nei luoghi sopracitati. Infatti, affinché la convocazione possa ritenersi correttamente effettuata, la norma prevede l’assolvimento di un altro onere, anch’esso chiaramente finalizzato non solo al raggiungimento del suddetto principio di pubblicità, ma pure a quello della effettiva conoscibilità della convocazione stessa.

Ai sensi dello stesso secondo comma, la convocazione deve perciò ” effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici () “, sarebbe dunque ammessa la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata. Comunque, la convocazione, o con l’una o con l’altra modalità di comunicazione, deve ” pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione”.

  • Chi ha inviato tale comunicazione, resta però onerato dall’obbligo di provare la tempestiva ricezione da parte dei destinatari.
  • Con riferimento ai suddetti venti giorni, si ritiene (Sforza) che devono essere intesi come “giorni liberi interi”, e quindi si deve escludere il giorno in cui al destinatario giunge l’avviso di convocazione.

Vi sono poi due importanti elementi che devono essere contenuti nella convocazione, in quanto sono previsti a pena di nullità (terzo comma, art.1117 ter, c.c.): 1) l’indicazione di quali saranno “le parti comuni oggetto della modificazione”.2) ” la nuova destinazione d’uso ” a cui saranno destinate le suddette parti comuni, evidentemente dopo la loro modifica.

  1. Nella deliberazione bisognerà poi ” indicare espressamente che tutti i suddetti adempimenti sono stati effettuati” (quarto comma, dell’art.1117 ter, c.c.).
  2. Da quanto sopra detto, è evidente che, per il caso in cui all’ordine del giorno sia prevista la discussione in assemblea circa la modifica d’uso delle parti comuni, il legislatore ha introdotto una procedura rafforzata per la convocazione della assemblea.

Infatti, si possono rilevare queste differenze: 1) 30 giorni per l’affissione della convocazione, 20 giorni è il termine entro il quale la convocazione deve pervenire (invece, per l’art.66 disp. att. l’avviso di convocazione deve essere comunicato almeno 5 giorni prima dell’assemblea).2) Maggioranze più elevate: 4/5 dei partecipanti e che rappresentino i 4/5 del valore.

  • Tutto ciò per far si che, tenuto conto della specifica importanza della deliberazione, quest’ultima sia il frutto di una volontà che, se pur non unanime, è comunque particolarmente elevata.
  • L’ultimo comma dell’art.1117 ter c.c., pone la sicurezza, la stabilità ed il decoro architettonico, come limiti all’esercizio del suddetto diritto di modificare la destinazione d’uso delle parti comuni.

Dispone, infatti, tale comma che ” Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.” Pare, dunque, potersi affermare che tale divieto sorgerebbe anche qualora tale pregiudizio fosse anche solo meramente possibile.

  • In conclusione, può essere interessante rilevare il fine che l’art.1117 ter, c.c., prevede affinché l’assemblea possa validamente deliberare la modificazione d’uso delle cose in comune.
  • Tale fine emerge dal primo comma della suddetta norma, dove espressamente si stabilisce che “Per soddisfare esigenze di carattere condominale ( ) l’assemblea () può modificare la destinazione d’uso.” Pertanto, a modesta opinione dello scrivente, secondo un’analisi letterale di tale disposizione, l’assemblea, pur con le maggioranze che la stessa norma impone, non sarebbe comunque legittimata a votare una modificazione delle parti comuni, quando ciò risponda all’esigenza di un solo condòmino.

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Cosa fare se un condomino occupa spazi comuni?

Il ruolo dell’amministratore in caso di occupazione di spazio comune – Appurata la reale condotta del condòmino, verificata l’effettiva occupazione abusiva, l’amministratore dovrà attivarsi affinché venga ripristinato l’uso delle parti comuni rifacendosi al regolamento condominiale o allertando l’autorità giudiziaria. Vediamo due esempi di occupazione spazi comuni:

da parte di un condòminoda parte di terzi, estranei al condominio

Quali sono le cose vietate in un condominio?

Questi invece i divieti: –

proibito l’uso delle unità immobiliari contrario al decoro o al buon costume del condominio;vietata la realizzazione di opere che alterano l’aspetto architettonico dell’edificio;vietata qualsiasi modifica strutturale senza la previa approvazione dell’assemblea;non si possono tenere dentro casa oggetti con un peso superiore alla portata dei solai;non si possono occupare gli spazi comuni del condominio neppure con costruzioni provvisorie, tranne i casi in cui bisogna eseguire dei lavori di edilizia;sui parapetti dei balconi e sui davanzali delle finestre non si possono mettere vasi o piante, a meno che queste non siano munite di ripari fissi in ferro;vietato chiudere, anche se parzialmente, i balconi e le terrazze dell’edificio;vietato arrecare disturbo agli altri condomini nelle ore di riposo diurno e notturno;non si possono gettare nei tombini e negli scarichi dei materiali che potrebbero ingombrare le tubazioni. Qualsiasi spesa per la riparazione dello stesso sarà a carico di chi ha creato il danno;vietato gettare acqua da finestre e balconi.

COSA DICE articolo 1135 del codice civile?

Cass. civ.n.20006/2020 Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosit relative alle annualit precedenti, una volta approvato dall’assemblea costituisce idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante.

Cass. civ.n.20612/2017 La delibera condominiale che accerti, a maggioranza, l’ambito dei beni comuni e l’estensione delle propriet esclusive, in deroga all’articolo 1117 c.c., nulla, perch inidonea a comportare l’acquisto a titolo derivativo di tali diritti, non essendo sufficiente, all’uopo, un atto meramente ricognitivo ed occorrendo, al contrario, laccordo di tutti i comproprietari espresso in forma scritta.

Cass. civ.n.20136/2017 L’iniziativa contrattuale dell’amministratore che, senza previa approvazione o successiva ratifica dell’assemblea, disponga l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio condominiale e conferisca altres ad un professionista legale l’incarico di assistenza per la redazione del relativo contratto di appalto, non determina l’insorgenza di alcun obbligo di contribuzione dei condomini al riguardo, non trovando applicazione il principio secondo cui l’atto compiuto, bench irregolarmente, dall’organo di una societ resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, giacch i poteri dell’amministratore del condominio e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli artt.1130 e 1135 c.c., che limitano le attribuzioni del primo all’ordinaria amministrazione, mentre riservano alla seconda le decisioni in materia di amministrazione straordinaria; n il terzo pu invocare l’eventuale carattere urgente della prestazione commissionatagli dall’amministratore, valendo tale presupposto a fondare, ex art.1135, ultimo comma, c.c., il diritto dell’amministratore al rimborso selle spese nell’ambito interno al rapporto di mandato.

Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto inopponibile al condominio il contratto con cui l’amministratore aveva autonomamente conferito ad un legale il compito di assistenza nella redazione di un contratto di appalto per lavori di manutenzione straordinaria, dell’importo di oltre duecentomila euro, determinati da un’ordinanza comunale impositiva di lavori urgenti alla facciata dell’edificio).

Cass. civ.n.19651/2017 La delibera condominiale che, a maggioranza ed in deroga al criterio legale del consumo effettivamente registrato o del valore millesimale delle singole unit immobiliari servite, ripartisca in parti uguali tra queste ultime le spese di esercizio dell’impianto di riscaldamento centralizzato, indipendentemente dal precedente criterio di riparto adottato nel condominio, nulla per impossibilit dell’oggetto, giacch tale statuizione, incidendo sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata dalla legge o per contratto, eccede le attribuzioni dell’assemblea e pertanto richiede, per la propria approvazione, l’accordo unanime di tutti i condomini, quale espressione della loro autonomia negoziale.

Cass. civ.n.8521/2017 Nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell’osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell’esame dei vari rendiconti presentati dall’amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicit e snellezza che presiedono alle vicende dell’amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettivit dei comproprietari, finanche la possibilit di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell’approvazione dei rendiconti.

Cass. civ.n.2807/2017 In tema di condominio, qualora l’amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all’art.1135, comma 2, c.c., abbia disposto, in assenza di previa delibera assembleare, lavori di straordinaria amministrazione, la relativa obbligazione riferibile al condominio ove l’amministratore ne abbia speso il nome e quei lavori siano caratterizzati dall’urgenza, mentre, in mancanza di quest’ultimo requisito, non configurabile alcun diritto di rivalsa o regresso del condominio medesimo, atteso che il relativo rapporto obbligatorio non gli riferibile, trattandosi di atto posto in essere dell’amministratore al di fuori delle sue attribuzioni.

Cass. civ.n.454/2017 Nel condominio di edifici, l’erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiede la preventiva approvazione dell’assemblea, trattandosi di esborsi cui l’amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell’assemblea; la loro approvazione, invece, richiesta in sede di consuntivo, giacch solo con questo si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo, che legittima l’amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a loro carico.

Cass. civ.n.7459/2015 Nell’ambito di un condominio, la trasformazione, in tutto o in parte, di un bene comune in bene esclusivo di una sola parte dei condomini, mediante esclusione di alcuni di essi dalla percezione dei frutti, pu essere validamente deliberata soltanto all’unanimit, ossia mediante una decisione che abbia valore contrattuale, dovendosi, in difetto, dichiarare la nullit della deliberazione assunta a maggioranza.

(Nella specie, l’assemblea aveva deliberato, a maggioranza, che il canone relativo all’alloggio ex portineria, bene di propriet comune “pro-indiviso” di tutti i condomini, fosse accreditato al solo gruppo di condomini cui era originariamente destinato il servizio di portineria). Cass. civ.n.6573/2015 In tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare che adibisce l’area cortiliva a parcheggio e assegna i singoli posti auto non determina la divisione del bene comune, limitandosi a renderne pi ordinato e razionale l’uso paritario, sicch essa non richiede il consenso di tutti i condomini, n attribuisce agli assegnatari il possesso esclusivo della porzione loro assegnata.

Cass. civ.n.5657/2015 In tema di condominio, non rientra nei poteri dell’assemblea la deliberazione che determini a maggioranza l’ambito dei beni comuni e delle propriet esclusive, potendo ciascun condomino interessato far valere la conseguente nullit senza essere tenuto all’osservanza del termine di decadenza di cui all’art.1137 cod.

Civ. Cass. civ.n.1439/2014 In tema di condominio negli edifici, la deliberazione con cui l’assemblea, in mancanza di tabelle millesimali, adotti un criterio provvisorio di ripartizione delle spese tra i condomini, nell’esercizio delle attribuzioni di cui all’art.1135, nn.2) e 3), cod. civ., non nulla, ma solo annullabile, non incidendo comunque sui criteri generali dettati dall’art.1123 cod.

civ., con la conseguenza che la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’art.1137 cod. civ. Cass. civ.n.821/2014 In tema di condominio negli edifici, ai sensi dell’art.1135 cod. civ., l’assemblea pu deliberare a maggioranza su tutto ci che riguarda le spese d’interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano, essendo necessario il consenso unanime dei condomini, ai sensi dell’art.1108, terzo comma, cod.

civ., solo quando la transazione abbia ad oggetto i diritti reali comuni. Cass. civ.n.22634/2013 In tema di condominio negli edifici, nulla – e non soggetta, quindi, al termine di impugnazione di cui all’art.1137 c.c. – la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), cui non sia comune, n siano serviti dall’impianto di riscaldamento, trattandosi di delibera che inerisce ai diritti individuali di tali condomini e non alla mera determinazione quantitativa del riparto delle spese.

Cass. civ.n.21742/2013 In tema di condominio negli edifici, la sospensione giudiziale di una deliberazione assembleare impugnata non impedisce all’assemblea di adottare sul medesimo punto, sanati eventuali vizi, una nuova deliberazione, esecutiva “ex lege” ove il condomino interessato non si attivi per conseguirne a sua volta la sospensione.

Cass. civ.n.144/2012 Le attribuzioni dell’assemblea condominiale riguardano l’intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volont contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione.

Rientra dunque nei poteri dell’assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e pi razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione pi funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento di tali beni.

L’assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalit di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini.

Ne deriva che la volont collettiva, regolarmente espressa in assemblea, volta ad escludere l’uso dell’antenna centralizzata per le ricezione di canali televisivi (destinata a servire tutte o pi unit immobiliari di propriet esclusiva e richiedente una attivit di impianto a gestione comune), non si pone come contraria al diritto dei singoli condomini sul bene comune.

  • Cass. civ.n.18192/2009 A differenza di quanto previsto dall’art.1134 c.c.
  • Che consente il rimborso al condomino delle spese sostenute senza autorizzazione soltanto in caso di urgenza – l’art.1135 c.c.
  • Non contiene analogo divieto di rimborso delle spese non urgenti sostenute dall’amministratore nell’interesse comune; ne consegue che l’assemblea di condominio pu ratificare le spese ordinarie e straordinarie effettuate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilit ed urgenza, purch non voluttuarie o gravose, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione.

– La delibera dell’assemblea di condominio che ratifichi una spesa assolutamente priva di inerenza alla gestione condominiale nulla, e non gi semplicemente annullabile, senza che possa aver rilievo in senso contrario il fatto che la spesa sia modesta in rapporto all’elevato numero di condomini e all’entit complessiva del rendiconto.

Nella specie, si trattava di spese relative al telefono privato dell’amministratore ed all’acquisto di una licenza di “software” compiuta in proprio dall’amministratore). Cass. civ.n.10816/2009 In tema di condominio negli edifici, annullabile, ma non affetta da nullit, la delibera con la quale un numero insufficiente di condomini adotti una modifica delle modalit di pagamento delle spese condominiali, qualora detto provvedimento non modifichi nella sostanza il piano di riparto delle spese stesse ma si limiti a determinarne le modalit di pagamento.

(Nella specie, era stato previsto che i pagamenti fossero convogliati su conto corrente bancario). Cass. civ.n.16641/2007 In tema di condominio negli edifici, qualora una delibera condominiale attivamente determini un illecito edilizio consentendo ai condomini, attraverso l’autorizzazione, come nella specie, al collegamento ai servizi primari comuni (acqua, luce, gas, scarichi fognari, ecc.), la trasformazione dei rispettivi locali sottotetto, viceversa destinati a lavanderia stenditoio, in vani abitabili, in contrasto con lo strumento urbanistico in vigore ed in assenza di concessione edilizia, per ottenerne quindi il condono edilizio altrimenti non fruibile, simile delibera ha sostanzialmente un contenuto (ossia un fine) illecito e, come tale, affetta da nullit assoluta per illiceit dell’oggetto.

Peraltro, una tale delibera non pu considerarsi valida neppure per effetto del successivo condono edilizio, perch, in base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, la sua illiceit (e conseguente nullit) va verificata con riferimento alle norme edilizie in vigore al momento della sua approvazione.

Cass. civ.n.6915/2007 Le attribuzioni dell’assemblea condominiale riguardano l’intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volont contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione.

Rientra dunque nei poteri dell’assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e pi razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione pi funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento dei beni comuni. L’assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalit di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini.

In particolare l’assemblea pu deliberare di modificare il servizio di autoclave spostandone l’ubicazione precedente che comportava una posizione di servit attiva anche se la nuova ubicazione determina una situazione di fatto da cui deriva la mancanza di utilit della servit.

Cass. civ.n.1626/2007 In tema di condominio degli edifici, nulla per impossibilit dell’oggetto la delibera condominiale che pregiudichi la sicurezza del fabbricato mediante la copertura di spazi comuni, aventi la connaturata destinazione all’aerazione delle unit immobiliari dei singoli condomini che su di esso prospettano, senza l’adozione di misure sostitutive atte ad assicurare un ricambio d’aria adeguato alle necessit anche potenziali di dette unit.

(Nella specie, relativa alla richiesta avanzata nel 1991, da parte di nuovi condomini, di demolizione di una tettoia del cortile comune realizzata nel 1963, che impediva la circolazione dell’aria e limitava la possibilit degli istanti di installare una caldaia per riscaldamento autonomo nel loro balcone di propriet esclusiva, la S.C.

  • Nel cassare la sentenza d’appello che aveva respinto la domanda, ha precisato che restava ferma l’osservanza, quanto alla possibilit di installazione della caldaia a gas, della disciplina dettata dall’art.890 c.c.
  • E dalla L.6 dicembre 1971 n.1083, in dipendenza della pericolosit e potenziale nocivit dell’impianto ).

– In tema di condominio degli edifici, l’esecuzione di un’opera contrastante con le norme imperative in materia di edilizia di cui agli artt.31 e 41 legge 17 agosto 1942, n 1150 e agli artt.10 e 13 legge 6 agosto 1967 n.765, penalmente sanzionata con previsione di responsabilit a carico sia del committente che del suo autore, comporta, in quanto contraria all’ordine pubblico, la nullit per illiceit dell’oggetto della delibera dell’assemblea che l’abbia disposta.

  • Omissis). Cass.
  • Civ.n.17101/2006 affetta da nullit (la quale pu essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ed ancorch abbia espresso voto favorevole, e risulta sottratta al termine di impugnazione previsto dall’art.1137 c.c.) la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali (art.1123 c.c.) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune.

Ci, perch eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva propriet, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca. Cass.

civ.n.16228/2006 Poich, in materia di condominio degli edifici, il diritto di ciascun condomino sulle parti di propriet comune pu trovare limitazioni soltanto in forza del titolo di acquisto o di convenzioni, la delibera assembleare che, nel destinare un’area comune a parcheggio di autovetture, ne disciplini l’uso escludendo uno dei condomini, nulla se il relativo verbale non sottoscritto da tutti i condomini, atteso che la relativa determinazione, modificando il regolamento condominiale, produce vincoli di natura reale su beni immobili ed, pertanto, soggetta all’onere della forma scritta ad substantiam.

Cass. civ.n.4501/2006 Le delibere assembleari del condominio devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt.1362 e seguenti c.c., privilegiando, innanzitutto, l’elemento letterale, e quindi, nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti e della conservazione degli effetti dell’atto, che impone all’interprete di attribuire alle espressioni letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante anzich nessun effetto o un significato meramente programmatico.

  1. Cass. civ.n.8505/2005 In mancanza di tabelle millesimali, l’assemblea ha il potere di deliberare a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi a titolo di acconto e salvo conguaglio. Cass.
  2. Civ.n.4806/2005 In tema di delibere assembleari condominiali, la delibera, assunta nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art.1135, numeri 2) e 3), c.c., relativa alla ripartizione in concreto tra condomini delle spese relative a lavori straordinari ritenuti afferenti a beni comuni (posti auto e vano ascensore) e alla tassa di occupazione di suolo pubblico, ove adottata in violazione dei criteri gi stabiliti, deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell’art.1123 c.c., e la relativa impugnazione va pertanto proposta nel termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall’art.1137, ultimo comma, c.c.

Cass. civ.n.3264/2005 In tema di condominio, il criterio per la identificazione delle quote di partecipazione ad esso, derivando dal rapporto fra il valore dell’intero edificio e quello relativo alla propriet singolo, esiste prima ed indipendentemente dalla formazione delle tabelle millesimali, la cui esistenza, pertanto, non costituisce requisito di validit delle delibere assembleari.

  • Cass. civ.n.9463/2004 In tema di condominio negli edifici, i poteri dell’assemblea sono circoscritti alle materie che si compendiano nel concetto di gestione definite dall’art.1135 c.c.
  • E dagli specifici articoli precedenti.
  • Ne consegue che l’assemblea non ha una competenza generalizzata in materia di spese per le parti comuni, n pu deliberare e ripartire tra i condomini i tributi dovuti dai singoli per l’acquisto di beni destinati al servizio comune, anche se detti beni appartengono in comune a tutti i condomini.

Cass. civ.n.12298/2003 In tema di condominio di edifici, l’apposizione di targhe e tende nel prospetto dell’edificio condominiale costituisce espressione del diritto di compropriet dei condomini su detta parte comune, corrispondendo alla normale destinazione di questa; ne consegue che l’esercizio di tale facolt non pu essere assoggettato a divieto o subordinato al consenso dell’amministratore condominiale.

Cass. civ.n.15460/2002 I condomini possono deliberare l’uso indiretto della cosa comune, con la maggioranza legalmente prescritta, quando non sia possibile l’uso diretto della stessa per tutti i partecipanti al condominio, proporzionalmente alla loro quota, promiscuamente ovvero con sistema di turni temporali o frazionamento degli spazi.

Cass. civ.n.13631/2001 In mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimit, espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalit, fissati nell’art.1123 c.c., e, pertanto, non consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi; invece, nell’ipotesi di effettiva, improrogabile urgenza di trarre aliunde somme come nel caso di aggressione in executivis da parte di creditore del condominio, in danno di parti comuni dell’edificio pu ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo cassa ad hoc, tendente ad evitare danni ben pi gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidariet passiva; conseguentemente sorge in capo al condominio e non ai singoli condomini morosi l’obbligazione di restituire ai condomini solventi le somme a tale titolo percepite, dopo aver identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi quanto dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri.

  • Cass. civ.n.2301/2001 Le delibere delle assemblee di condominio aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, con le quali si deroga una tantum ai criteri legali di ripartizione delle spese medesime, ove adottate senza il consenso unanime dei condomini, sono nulle.
  • Nella specie, si trattava di una delibera assunta a maggioranza, relativa alla ripartizione tra i condomini in parti uguali, e non in base ai millesimi, della spesa relativa all’adeguamento dell’impianto elettrico alla normativa, in tema di sicurezza ed alla automazione del portone).
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Cass. civ.n.16067/2000 La deliberazione dell’assemblea di un condominio che, applicando erroneamente l’art.1126 c.c. abbia addebitato a carico di un condomino una quota delle spese di riparazione della terrazza a livello del piano sovrastante, sovrastata a sua volta da altre terrazze sulla prosecuzione in altezza dell’edificio (destinata come tale non tanto ad assolvere a una funzione di copertura dei piani sottostanti, quanto e soprattutto a dare un affaccio ed ulteriori comodit all’appartamento cui collegata) nulla per indebita invasione della sfera di propriet del singolo condomino con la conseguenza che l’impugnazione della delibera non soggetta al termine di decadenza di cui all’art.1137 ultimo comma c.c.

Cass. civ.n.15010/2000 La delibera con cui il condominio approva il preventivo o il rendiconto per le spese, ordinarie e straordinarie, deve, a pena di invalidit per contrariet alle norme che disciplinano i diritti e gli obblighi dei partecipanti al condominio, distinguere analiticamente quelle occorrenti per l’uso da quelle occorrenti per la conservazione delle parti comuni.

In tal modo altres possibile, se tra i partecipanti vi sono usufruttuari il cui diritto non solo di partecipazione, ma anche di voto alla relativa assemblea, riconosciuto perch gode degli impianti, delle cose e dei servizi comuni ripartire tra i medesimi e i nudi proprietari dette spese in base alla natura delle stesse, secondo i criteri stabiliti dagli artt.1004 e 1005 c.c., con una mera operazione esecutiva.

Cass. civ.n.11526/1999 Nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell’osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell’esame dei vari rendiconti presentati dall’amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicit e snellezza che presiedono alle vicende dell’amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettivit dei comproprietari, finanche la possibilit di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell’approvazione dei rendiconti.

Cass. civ.n.13116/1997 Sono affette da nullit assoluta, rilevabile in ogni tempo, la delibera dell’assemblea di un condominio di esecuzione di opere, nell’interesse comune, anche sulle propriet esclusive dei condomini senza il loro consenso e pur se i lavori sono urgenti e necessari, perch, se vi contestazione, il giudice che deve decidere e la conseguente delibera di ripartizione delle spese derivatene.

Cass. civ.n.8167/1997 Appartiene al potere discrezionale dell’assemblea e non pregiudica n l’interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, n il loro diritto patrimoniale all’accredito della proporzionale somma perch compensata dal corrispondente minor addebito, in anticipo o a conguaglio l’istituzione di un fondo-cassa per le spese di ordinaria manutenzione e conservazione dei beni comuni, e la relativa delibera formalmente regolare, anche se tale istituzione non indicata tra gli argomenti da trattare, se desumibile dal rendiconto depositato prima dell’assemblea convocata per la sua approvazione in cui l’accantonamento di un’entrata condominiale (nella specie canone dell’appartamento dell’ ex portiere) destinato alle spese di ordinaria manutenzione.

Cass. civ.n.5163/1997 Non pu essere legittimamente ricompresa, tra le attribuzioni dell’assemblea condominiale, la autorizzazione concessa all’amministratore a nominarsi un difensore che lo assista in un processo penale (sia pur scaturente da vicende riguardanti le parti comuni dell’edificio), ovvero la assunzione delle relative spese da parte dei condomini, pur con esonero di quelli dissenzienti, dovendosi tale delibera (che esorbita dalle attribuzioni che definiscono la competenza dell’organo collegiale) ritenersi affetta da nullit assoluta, per impossibilit dell’oggetto, e risultando estranea alla rappresentanza del condominio ogni vicenda di responsabilit penale, attesane la natura personale, ai sensi dell’art.27, comma primo, Cost.

Cass. civ.n.8657/1996 All’assemblea dei condomini, nell’ambito delle attribuzioni concernenti la gestione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni previste dall’art.1135 n.2 c.c., deve riconoscersi la competenza a modificare, in via provvisoria, tabelle millesimali concernenti il servizio di riscaldamento e di riscuotere i relativi contributi a titolo di acconto e salvo conguaglio, qualora, in seguito alle modifiche apportate da un condomino all’impianto di riscaldamento all’interno del proprio appartamento, le tabelle originarie non corrispondano alla nuova estensione degli elementi radianti.

Cass. civ.n.8531/1996 La carenza, nell’impianto comune di riscaldamento, dei requisiti tecnici prescritti dalla legge per la sicurezza delle persone e delle cose e per limitare l’inquinamento prodotto dalla combustione non impedisce all’assemblea di deliberare sulle relative spese di esercizio (art.1135 c.c.), perch tale deliberazione non attiene all’attivazione dell’impianto, che rientra tra i compiti propri dell’amministratore (art.1130 c.c.).

Cass. civ.n.7706/1996 Il disposto degli artt.1129 (nomina annuale dell’amministratore), 1135, n.2 (preventivo annuale di spesa), 1135, n.3 (rendiconto annuale delle spese e delle entrate) del c.c. configura una dimensione annuale della gestione condominiale, sicch nulla la deliberazione condominiale che, nell’assenza di un’unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una previsione pluriennale di spese, oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l’obbligo della contribuzione.

(Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato la nullit della deliberazione condominiale con la quale era stato cos approvato a maggioranza: continuare a versare le quote relative al fondo di riserva per l’anno 1988 e per i prossimi cinque anni, pari ad una quota condominiale trimestrale per ogni anno, che dovr essere versata entro il 30 maggio di ogni anno).

Cass. civ.n.5334/1996 affetta da nullit e non da mera annullabilit, ed quindi impugnabile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse la delibera dell’assemblea condominiale che ponga le spese di lite in proporzione della sua quota, a carico del condomino pur avendo questi ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata dall’assemblea.

Cass. civ.n.2133/1995 L’assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti su parti comuni del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben pu riconoscere a posteriori opportunamente e vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorch non previamente deliberati ovvero, a suo tempo, non deliberati validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la preventiva formale deliberazione dell’opera utilmente surrogata dall’approvazione del consuntivo della spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo fra i condomini.

Cass. civ.n.7603/1994 L’assemblea condominiale non pu assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro propriet esclusiva, salvo che non si riflettano sull’adeguato uso delle cose comuni; ne consegue che nel caso in cui i balconi, che appartengono in modo esclusivo al proprietario dell’appartamento di cui fanno parte, presentino nella facciata esterna elementi decorativi, o anche semplicemente cromatici, che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, per i lavori di restauro o di manutenzione straordinaria della facciata, decisi con la prescritta maggioranza, legittimamente viene incluso nei lavori comuni il contemporaneo rifacimento della facciata esterna dei detti balconi, essendo il decoro estetico dell’edificio condominiale un bene comune, della cui tutela competente l’assemblea.

Cass. civ.n.6119/1994 Poich il diritto di ciascun condomino investe la cosa comune nella sua interezza sia pure con il limite del concorrente diritto degli altri condomini, anche un solo condomino pu promuovere le azioni reali a difesa della propriet comune senza che sia necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti alla comunione.

Pertanto tali azioni possono essere deliberate anche a maggioranza dall’assemblea dei condomini la quale pu conferire all’amministratore o ad altri il potere di agire nel comune interesse. Cass. civ.n.4831/1994 Nel condominio degli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse relative ai servizi comuni essenziali richiedono la preventiva approvazione dell’assemblea dei condomini essendo questa espressamente richiesta dall’art.1135 n.2 c.c.

per tutte le spese occorrenti durante l’anno e non solo per le spese di straordinaria manutenzione alle quali si riferisce il citato art.1135 n.5. pertanto annullabile la delibera dell’assemblea che autorizza l’amministratore ad aumentare i contributi previsti dal preventivo di spese approvato.

Cass. civ.n.3946/1994 affetta da nullit – e quindi sottratta al termine di impugnazione previsto dall’art.1137 c.c. – la deliberazione dell’assemblea condominiale che incida sui diritti individuali di un condomino, come quella che ponga a suo totale carico le spese del legale del condominio per una procedura iniziata contro di lui, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la soccombenza, e detta nullit, a norma dell’art.1421 c.c., pu essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ancorch abbia espresso voto favorevole alla deliberazione, ove con tale voto non si esprima l’assunzione o il riconoscimento di una sua obbligazione.

Cass. civ.n.9311/1993 In tema di condominio di edifici, i partecipanti con voto unanime possono sottoporre a limitazioni, nell’ambito dell’autonomia negoziale, l’esercizio dei poteri e delle facolt che normalmente caratterizzano il contenuto del diritto di propriet sulle cose comuni, vertendosi in materia disponibile, con la conseguenza che con regolamento contrattuale possono vietare l’apposizione di insegne, targhe e simili sui muri perimetrali comuni, ovvero subordinarla al consenso dell’amministrazione.

Cass. civ.n.9130/1993 In tema di condominio di edifici, nulla (e non soltanto annullabile) la deliberazione dell’assemblea presa a maggioranza che approvi una utilizzazione particolare da parte di un singolo condomino di un bene comune, qualora tale diversa utilizzazione – senza che sia dato distinguere tra parti principali e secondarie dell’edificio condominiale – rechi pregiudizievoli invadenze nell’ambito dei coesistenti diritti altrui, quali asservimenti, immissioni, o molestie lesivi del diritto degli altri condomini alle cose e servizi comuni o su quelle di propriet esclusiva di ognuno di essi.

(Nella specie la Suprema Corte ha annullato la decisione di merito che aveva ritenuto la validit della deliberazione presa a maggioranza che aveva autorizzato un condomino ad appoggiare sul muro perimetrale comune una canna fumaria destinata a smaltire le esalazioni prodotte dal forno di un esercizio commerciale ubicato a piano terra, collocata nella parte terminale a breve distanza dalle finestre di altro condomino).

  1. Cass. civ.n.5125/1993 In tema di ripartizione delle spese condominiali le attribuzioni dell’assemblea ex art.1135 c.c.
  2. Sono circoscritte alla verificazione ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, che non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe venendo ad incidere sul diritto individuale del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell’edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca.

Pertanto nulla e non meramente annullabile, anche se presa all’unanimit, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall’art.1126 c.c., senza che i condomini abbiano manifestato l’espressa volont di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso, con la conseguenza che detta nullit pu essere fatta valere, a norma dell’art.1421 c.c., anche dal condomino che abbia partecipato all’assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purch alleghi e dimostri di avervi interesse per derivare dalla deliberazione assembleare un apprezzabile suo pregiudizio, non operando nel campo del diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullit non pu farla valere.

Cass. civ.n.4631/1993 In tema di condominio degli edifici, la delibera istitutiva di un servizio di vigilanza armata, per la tutela dell’incolumit dei partecipanti, rivolta a perseguire finalit estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni, e, quindi, non riconducibile nelle attribuzioni dell’assemblea (art.1135 c.c.).

Ne deriva che tale delibera, ancorch presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condomini assenti all’assemblea e non pu essere fatta valere per una ripartizione della relativa spesa anche a loro carico. Cass. civ.n.1213/1993 Riguardo alle delibere dell’assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di ripartizione ai sensi dell’art.1123 c.c.

Ovvero sono modificati i criteri fissati in precedenza, per le quali necessario, a pena di radicale nullit, il consenso unanime dei condomini, da quelle con le quali, nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art.1135 nn.2 e 3 c.c., vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri gi stabiliti, devono considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza, di trenta giorni previsto dall’art.1137, ultimo comma, c.c.

Cass. civ.n.9157/1991 In tema di condominio di edifici, i poteri dell’assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art.1135 c.c.), non possono invadere la sfera di propriet dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda.

  • Pertanto non consentito alla maggioranza dei condomini deliberare una diversa collocazione delle tubazioni comuni dell’impianto di riscaldamento in un locale di propriet esclusiva, con pregiudizio di tale propriet, senza il consenso del proprietario del locale stesso. Cass.
  • Civ.n.3858/1989 La deliberazione dell’assemblea condominiale, con la quale venga autorizzato l’uso di un bene comune in modo incompatibile con l’utilizzazione ed il godimento di parti dell’edificio di propriet di un singolo condomino, illegittima indipendentemente dalla circostanza che, per ragioni contingenti e transitorie, il bene di propriet individuale ed esclusiva non sia attualmente utilizzato secondo la sua naturale destinazione.

(In base al suddetto principio la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva dichiarato la illegittimit di una delibera con la quale era stata decisa l’utilizzazione come parcheggio di un’area condominiale sotto il profilo che detto uso avrebbe ostacolato l’accesso ad alcuni locali di propriet individuale destinati ad essere utilizzati come autorimesse, a nulla rilevando che detto uso non fosse attuale perla necessit di realizzare alcuni lavori di rifinitura e di adattamento dell’immobile).

Cass. civ.n.5709/1987 Nel condominio di edifici allorquando una deliberazione dell’assemblea condominiale, la quale sancisce un determinato uso della cosa comune, venga adottata con il voto unanime dei partecipanti al condominio, l’atto conserva la sua validit anche se abbia, in ipotesi, a limitare il godimento di alcuno dei condomini.

Cass. civ.n.5068/1986 Nel condominio di edifici l’erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiede la preventiva approvazione dell’assemblea dei condomini, in quanto trattasi di esborsi (contributi, utenze, premi assicurativi, spese per il riscaldamento ecc.) dovuti a scadenze fisse e ai quali l’amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell’assemblea.

  • L’approvazione di dette spese, invece, richiesta in sede di consuntivo, giacch solo con questo si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo che legittima l’amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a suo carico. Cass.
  • Civ.n.4437/1985 L’assemblea condominiale atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall’art.1135 c.c.

pu deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volont collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, semprech non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalit extracondominiale.

Ne consegue che le deliberazioni dell’assemblea dei condomini non sono impugnabili per difetto di competenza bens restano soggette all’impugnazione a norma dell’art.1137 c.c. soltanto per contrariet alla legge o al regolamento di condominio, nella quale contrariet confluisce ogni possibile deviazione del potere decisionale verso la realizzazione di fini estranei alla comunit condominiale.

Cass. civ.n.1057/1985 In tema di riparto di spese condominiali, qualora non si possa fare riferimento a una tabella valida e vincolante per tutti i condomini, spetta al giudice statuire se la pretesa del condominio nei confronti dei singoli partecipanti alla comunione sia conforme ai criteri di ripartizione che, con riguardo al valore delle singole quote di propriet, sono sanciti dalla legge in subiecta materia, determinando egli stesso il valore dei piani o porzioni di piano espresso in millesimi.

Pertanto, non essendo prevista dalla legge la possibilit di adozione dei criteri provvisori di distribuzione delle spese condominiali, deve escludersi che, in mancanza di tabelle millesimali validamente approvate da tutti i condomini, l’assemblea possa adottare a maggioranza e in via temporanea, un criterio di ripartizione delle spese condominiali che consenta il versamento dei contributi a titolo di acconto e salvo conguaglio da operare successivamente alla approvazione delle tabelle millesimali.

Cass. civ.n.805/1985 La deliberazione dell’assemblea di un condominio di edificio, la quale, a fronte di opere edilizie eseguite dal singolo condomino con pregiudizio del decoro architettonico del fabbricato, dia incarico all’amministratore di sollecitare l’intervento dell’autorit amministrativa, od eventualmente del giudice penale, non esorbita dai poteri e dalle attribuzioni dell’assemblea e dell’amministratore medesimi in tema di difesa e conservazione delle parti comuni dell’edificio, implicando tali poteri la facolt di ricorrere non soltanto all’azione civile, ma ad ogni altro mezzo di tutela consentito dall’ordinamento.

Cass. civ.n.1791/1977 L’assemblea del condominio di un edificio ha il potere di disciplinare, e, eventualmente, nel concorso di giustificate ragioni ed interessi comuni, di ridurre l’uso della cosa comune da parte dei singoli partecipanti, ma non anche quello di sopprimere totalmente l’uso medesimo, ancorch limitatamente a determinati periodi di tempo.

(Nella specie, premesso il principio di cui sopra, la S.C. ha ritenuto correttamente affermata dai giudici del merito la nullit, e, quindi, l’impugnabilit oltre il termine stabilito dall’art.1137 terzo comma c.c., della delibera con la quale era stata decisa l’assoluta chiusura di un cancello di accesso al cortile, in determinate ore del giorno).

Cass. civ.n.621/1977 Tira le destinazioni accessorie del cortile condominiale, la cui funzione principale quella di dare aria e luce alle varie unit immobiliari, rientra quella di consentire ai condomini l’accesso a piedi o con veicoli alle loro propriet, di cui il cortile costituisce un accessorio, nonch la sosta anche temporanea dei veicoli stessi.

Deve pertanto ritenersi nulla, in quanto lesiva del diritto di compropriet, la deliberazione approvata a maggioranza dall’assemblea dei condomini, la quale modificando il regolamento di condominio, interdica ad un condomino la sosta dei veicoli dinanzi alla porta del suo fondaco che si apre nel cortile comune al fine di effettuare le operazioni di carico e di scarico delle merci, qualora risulti che l’uso della cosa comune da parte di quel condomino non abbia mutato la destinazione normale della stessa, n abbia compreso il pari diritto degli altri condomini.

Cass. civ.n.227/1977 Rientra nei poteri attribuiti dall’art.1135 c.c. all’assemblea condominiale l’adozione di una deliberazione intesa all’adesione del condominio ad un’associazione (nella specie: associazione della propriet edilizia) la quale per i servizi prestati e per l’opera di coordinamento realizzata a vantaggio della categoria consenta ai singoli condomini un miglior godimento delle parti comuni dell’edificio.

Poich tale adesione riguarda il condominio inteso come organizzazione di gruppo normativamente tipizzata – e solo in via indiretta e mediata riflette effetti sui vari condomini, quali facenti parte del gruppo, la deliberazione assembleare suddetta non incide sulla sfera di libert dei condomini uti singoli, garantita dall’art.18 della Costituzione.

Cass. civ.n.132/1976 La deliberazione con la quale l’assemblea di un condominio di edificio, alla stregua del regolamento condominiale, accerti eccesso od abnormit nell’uso dei beni comuni da parte di un singolo condomino (nella specie, per deposito di materiali nel cortile e nell’androne), ed applichi, nei confronti di quest’ultimo, la sanzione pecuniaria prevista, non comporta una lesione dei diritti del condomino medesimo sulle cose e servizi comuni, ma attiene esclusivamente alla disciplina dell’uso di quelle cose e servizi; detta delibera, pertanto, non affetta da nullit, deducibile in ogni momento con azione di accertamento, ma solo impugnabile ai sensi e nei termini perentori di cui all’art.1137 c.c.

Cass. civ.n.3936/1975 L’obbligo dell’amministratore del condominio di sottoporre, alla fine di ciascun anno, il conto della sua gestione all’approvazione dell’assemblea dei condomini pu essere assolto senza l’osservanza di particolari formalit, essendo a tal fine sufficiente – quanto meno nel caso in cui il conto di riferisce a condomini di modeste proporzioni – che esso, anche se non redatto in rigorosa forma contabile, contenga gli elementi essenziali occorrenti per rendere intelligibili, ai singoli condomini, le modalit di impiego dei fondi anticipati dai medesimi per la gestione del condominio, con enunciazione delle spese, suddivise per categorie e ripartite tra i condomini in proporzione delle rispettive quote.

E’ prerogativa dell’assemblea dei condomini di procedere ad interpretazione del regolamento di condominio, correttiva di altra precedentemente adottata, ed essa pu essere censurata solo quando la diversa interpretazione non sia giuridicamente corretta, e ci sia alla stregua dei principi di ermeneutica che avrebbero dovuto essere osservati in subiecta materia per identificare l’esatta portata dei criteri stabiliti nel regolamento, sia in relazione ai risultati che siano derivati dalla loro concreta applicazione, in quanto non consentiti da norme legislative inderogabili.

– L’omessa trascrizione, nel verbale dell’assemblea condominiale, del rendiconto presentato dall’amministratore non comporta l’invalidit della deliberazione che ha approvato tale atto, in quanto, nel mentre siffatta trascrizione non richiesta dalle norme sul condominio di edifici, non sono applicabili a quest’ultimo le diverse disposizioni che regolano la redazione e l’approvazione dei bilanci delle societ.

Cosa dice l’articolo 1136 del codice civile?

(CODICE CIVILE-art.1136) Art.1136. (( (Costituzione dell’assemblea e validita’ delle deliberazioni).)) ((L’assemblea in prima convocazione e’ regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.

Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la meta’ del valore dell’edificio. Se l’assemblea in prima convocazione non puo’ deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima.

L’assemblea in seconda convocazione e’ regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione e’ valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entita’ e le deliberazioni di cui agli articoli 1117-quater, 1120, secondo comma, 1122-ter nonche’ 1135, terzo comma, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.

Le deliberazioni di cui all’articolo 1120, primo comma, e all’articolo 1122-bis, terzo comma, devono essere approvate dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.

Quando è vietato il cambio di destinazione d’uso?

Quando è possibile cambiare la destinazione d’uso? – Visto che l’argomento è abbastanza complicato, ho registrato un video ricapitolativo: Riassumendo quanto riportato nel video, capovolgiamo il quesito e ragioniamo al contrario, è più semplice. Il cambio di destinazione d’uso è sempre ammesso a meno che: 1 tu viva in un condominio e il regolamento condominiale vieti il cambio.

Questo divieto è valido solo se il regolamento è di tipo contrattuale ovvero approvato con l’unanimità dei condomini. Tipico esempio è il regolamento approvato da ogni singolo proprietario all’atto dell’acquisto dell’immobile dalla ditta costruttrice. Se il regolamento è stato approvato con qualsiasi altra maggioranza (assoluta, relativa, qualificata), quest’ultimo non può contenere restrizioni all’uso dei singoli locali; 2 l’immobile non possegga le caratteristiche intrinseche obbligatorie per legge.

In particolare, a seconda del tipo di destinazione d’uso, bisognerà rispettare precise prescrizioni igienico- sanitarie, A titolo di esempio, gli ambienti residenziali devono rispettare delle superfici minime (bagno principale minimo 2,5 mq etc.) e i rapporti aero-illuminanti (cioè il rapporto tra le superfici finestrate e quelle dei locali).

Attenzione, ogni Comune ha le sue regole. Sullo stesso immobile, con le medesime caratteristiche, a Roma potrebbero concedere la mutazione, mentre, a Milano, Torino e Napoli potrebbero negarla. Ad esempio, a Firenze non è possibile mutare in abitazione una unità posta al piano terra se l’accesso è diretto sulla strada.3 lo strumento urbanistico comunale indichi che sul tuo immobile non è possibile realizzare il cambio destinazione d’uso.

Lo strumento è il Piano Regolatore Generale PRG, sostituito in alcuni comuni dal Piano strutturale e Regolamento urbanistico. Presentandoti all’ufficio tecnico del Comune e cercando il tuo immobile all’interno delle mappe, capirai a quali vincoli è sottoposto e quali sono gli interventi edilizi che potrai realizzare su di esso. Ora, per proseguire, occorre aprire una parentesi. Gli interventi edilizi si classificano in: manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e nuova costruzione. Ad esempio: sostituire le piastrelle del bagno ricade in manutenzione ordinaria, aprire una porta in un muro portante in manutenzione straordinaria etc.

  1. Il piano regolare indica il livello di intervento massimo realizzabile su un determinato immobile.
  2. Facciamo un esempio: possiedi un edificio in centro storico, il PRG indica come intervento massimo la manutenzione straordinaria.
  3. Non potrai demolire e ricostruire l’edificio o mutare il cambio di destinazione d’uso, perché sono interventi ricadenti in una categoria di intervento superiore! Se il limite massimo consentito sul tuo immobile è la ristrutturazione edilizia o superiore, potrai porre in essere il cambio di destinazione d’uso.

A ognuno di questi interventi è associata una diversa pratica da consegnare in Comune. E per il cambio di destinazione d’uso?

Quali opere si possono realizzare senza il consenso condominiale?

Le opere che l’amministratore può autorizzare senza il consenso dell’assemblea sono unicamente quelle urgenti e necessarie, senza le quali si potrebbero procurare danni alle parti comuni dell’edificio o alle singole proprietà o a terzi.

Quando occorre l unanimità dei condomini?

Quando è necessaria l’unanimità del condominio? – Sono molteplici le circostanze in cui non basta la maggioranza per deliberare, ma serve l’unanimità. Si tratta di decisioni che toccano in maniera diretta i diritti di ogni singolo condòmino, come ad esempio la modifica estetica dell’intero edificio. Le altre fattispecie includono:

La modifica dei parametri che finalizzano la ripartizione delle spese di condominio (Cass. sent.n.6714/2010.): la doppia maggioranza, cioè il 50%+1 degli intervenuti in assemblea + ½ dei millesimi, può deliberare tale modifica. Tuttavia, se viene richiesta una variazione ai parametri, serve l’unanimità dei condòmini (presenti e assenti all’assemblea).

La modifica (Art.1128 co.1 cod. civ.) o il rinnovo dell’edificio (Art.1120 co.4 cod. civ.): sia eventuali innovazioni al palazzo che la ristrutturazione dell’intero edificio necessitano dell’unanimità per deliberare, poiché sono decisioni che riguardano tutti gli inquilini della struttura.

La modifica delle regole di condominio (Cass. sent.n.13632/2010.): anche nella fattispecie inerente a eventuali modifiche delle norme condominiali è richiesta l’unanimità degli inquilini dell’intero edificio.

La modifica delle destinazioni d’uso (Cass. sent.n.17397/2004.): se un ambiente dell’intero edificio lo si vuole adibire ad altro, rispetto alla sua destinazione d’uso originale, è necessario il favore di tutti gli inquilini del palazzo, assenti e presenti alle assemblee.

Creazione di parcheggi (Cass. sent.n.1004/2004.): nel caso della realizzazione di uno spazio per parcheggiare le automobili e i motocicli serve l’unanimità di tutti gli inquilini, in tutte le assemblee.

Le divisioni o la vendita (a terzi) delle parti comuni dell’edificio (Art.1108 co.3 cod. civ.): se gli inquilini intendono dividersi alcune parti comuni del palazzo, serve l’unanimità della delibera da parte di tutti. Lo stesso vale se si intende vendere, o affittare, una parte comune dell’edificio a terzi, purché sia superiore alla durata di 9 anni.

Le limitazioni agli usi degli appartamenti (Cass. sent.n.747 e 17886 del 2009.): ad esempio, se un condòmino intende affittare il suo appartamento a studenti universitari, la maggioranza dell’assemblea può essere sfavorevole e imporre limiti. Tali limiti possono essere sciolti o approvati soltanto con il consenso dell’unanimità dei condòmini.

Gli accordi con terzi (Cass. sent.n.1234/2016.): durante l’assemblea, la maggioranza può deliberare che l’ amministratore di condominio finalizzi accordi con terzi. Tuttavia, quando gli accordi con terzi includono beni comuni indisponibili e diritti reali comuni, serve l’unanimità.

Cosa si può fare nelle parti comuni?

L’Uso improprio parti comuni condominio – Da quanto appena esposto, si evince che l’uso del partecipante della cosa comune incontra due limiti fondamentali:

il divieto di alterare la destinazione del bene;il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

La valutazione della legittimità di un uso particolare, con riferimento ai due parametri sopra indicati, deve essere verificata dal giudice del merito in base al confronto tra uso diverso e destinazione possibile della cosa, quale stabilita anche per implicito dai condomini (Cass.

Civ.8886/2000). La giurisprudenza, inoltre, differenzia “l’uso più intenso” da parte di un condomino considerandolo lecito, rispetto al vero e proprio “abuso” che preclude agli altri l’esercizio dei propri diritti. (Cass. Civ.4498/1986) È stata considerata alterazione delle originaria destinazione la permanente utilizzazione di un giardino comune come parcheggio, o l’utilizzazione di un cortile in città per tenervi dei cani o per lo scarico di rifiuti, o l’utilizzazione di una parte del fondo comune come cava di ghiaia.

(Cass. Civ.4498/1986) In tema di uso della cosa comune secondo i criteri stabiliti dall’art.1102 primo comma, lo sfruttamento esclusivo del bene da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione degli altri, non è riconducibile alla facoltà di ciascun condomino di trarre dal bene comune la più intensa utilizzazione, ma ne integra un uso illegittimo, in quanto il principio di solidarietà cui devono essere conformati i rapporti condominiali, richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.

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Cosa si può fare in una corte comune?

Come si può utilizzare il cortile condominiale? – Il cortile è uno spazio dove transitano quasi tutti i condomini, per cui è inevitabile che dia luogo a controversie in merito al suo corretto utilizzo. Infatti ogni condomino ha la possibilità di usare il cortile e anche di apporvi modifiche nel modo che ritiene più giusto,

in primo luogo è fondamentale non utilizzarlo per scopi diversi da quelli a cui è destinato ovvero non alterare la destinazione del cortile, ad esempio se lo spazio del cortile è destinato al parcheggio di motocicli non è possibile giocare a pallone, o anche se lo spazio è area adibita a transito pedonale non si possono lasciare auto o biciclette; in secondo luogo non si deve impedire agli altri comproprietari di farne uso, ciò significa non occupare volontariamente tutto lo spazio impedendo agli condomini il libero uso del cortile; non è possibile concedere il cortile in locazione solo ad alcuni condomini per il loro parcheggio, salvo ci sia l’unanimità dell’assemblea.

Il cortile, oltre al transito o al parcheggio di autoveicoli, come già sopra accennato, consente al condomino anche di effettuare il deposito di merci o adibire il cortile, o una parte di esso, ad area gioco per i bambini o di relax, anche con panchine e piante, ovvero ospitare una piscina o un campo da tennis; lavare l’auto nel cortile è possibile solo se previsto nel regolamento di condominio e comunque nel rispetto dei regolamenti comunali.

Sebbene molti regolamenti di condominio prevedano il divieto di parcheggiare le biciclette, molti Comuni stanno inserendo nei propri regolamenti d’igiene una norma in base alla quale, in tutti i cortili di nuova o vecchia edificazione, va consentito il deposito delle bici di chi abita o lavora nei numeri civici collegati allo spazio in questione.

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Quali sono le parti comuni di un condominio?

Spazi comuni del condominio: quali sono – A stabilire con esattezza precisione quali siano gli spazi comuni di un condominio è, come detto, il Codice Civile che all’articolo 1117 presenta un elenco dettagliato degli stessi. In particolare sono da considerare spazi comuni tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso.

L’elenco del Codice Civile include anche i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate è ancora “le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune”.

Sono inoltre considerate comuni le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune “come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.

Cosa può vietare il regolamento condominiale?

Regolamento di condominio contrattuale. – E’ il regolamento di condominio predisposto dal costruttore, e viene di solito accettato e dunque approvato, facendo parte integrante del contratto, dai condomini acquirenti delle singole unità immobiliari. Può contenere a carico dei singoli condomini delle limitazioni che un regolamento approvato a maggioranza non può contenere, come per esempio vietare di apporre insegne, targhe o qualunque altra attrezzatura similare sui muri perimetrali comuni dell’edificio.

Chi decide le regole del condominio?

Il regolamento viene adottato dall’assemblea anche su iniziativa di uno solo dei condomini. L’approvazione del regolamento si effettua con una normale delibera assembleare che deve però deve essere approvata dalla maggioranza dei presenti che rappresenti almeno la metà del valore dell ‘edificio.

Cosa succede se un condomino non è d’accordo?

Salta al contenuto Come noto, il Superbonus è l’agevolazione fiscale disciplinata dall’art.119 del Decreto Legge n.34/2020 (cd. Decreto Rilancio), che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici.

  1. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.
  2. Le modalità previste per poter beneficiare del Superbonus sono le seguenti: – fruizione diretta della detrazione: i soldi spesi direttamente dal cittadino per gli interventi verranno recuperati sotto forma di detrazione fiscale, quindi una sorta di sconto sulle tasse da pagare; – sconto in fattura come contributo anticipato: le imprese incaricate di effettuare i lavori applicano uno sconto fino al 100% del valore della fattura e dunque il privato effettua i lavori senza pagare di tasca propria; l’impresa invece si vede riconosciuto un credito d’imposta pari a 110%; – cessione del credito: è possibile optare per una cessione del credito in favore dei fornitori incaricati dell’opera ovvero di altri soggetti, in particolare istituti di credito e intermediari finanziari.

Nonostante i grandi vantaggi offerti dal Superbonus, è possibile tuttavia che in un Condominio non tutti i proprietari siano d’accordo e che qualcuno si opponga agli interventi di ristrutturazione. Cosa prevede la legge quando il Condomìnio intende accedere al Superbonus 110%? L’art.119 comma 9 bis del D.L.n.34/2020 stabilisce che le deliberazioni dell’assemblea del Condominio, aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui sopra, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio,

  1. Ciò significa che, in virtù di questa norma speciale, per la richiesta del Condominio di accedere al Superbonus è sufficiente il voto favorevole della maggioranza semplice dell’assemblea, purché rappresentativa di almeno un terzo del valore totale dell’edificio (333 millesimi).
  2. Non è pertanto richiesto il voto assembleare favorevole all’unanimità.

Cosa prevede la legge quando uno dei condòmini è contrario? Caso a) Quando i lavori riguardano esclusivamente le parti comuni. Poiché la legge non prescrive l’unanimità per l’approvazione di questo tipo di interventi, sarà possibile procedere coi lavori, nonostante la contrarietà del condomino avverso.

Il condòmino contrario, dunque, non può che adeguarsi al volere della maggioranza. Vi sono tuttavia delle precisazioni da fare: – In ogni caso l’assemblea condominiale a maggioranza semplice è titolata a prendere decisioni limitatamente alle sole parti comuni, senza poter decidere per le parti private.

Gli interventi edilizi decisi in assemblea, pertanto, non possono certamente andare a sfociare sulla proprietà privata del condomino il quale in precedenza si è espresso in senso contrario all’intervento. – Dal momento che l’esercizio delle prestazioni professionali e l’esecuzione dei lavori sulle parti comuni condominiali ammessi al Superbonus potrebbero richiedere l’accesso nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei condòmini dissenzienti, si rammenta che in forza dell’art.843 c.c.

questi ultimi devono permettere l’accesso ” sempre che ne venga riconosciuta la necessità “. – Ciò sui cui il Condominio non può deliberare, poi, è la scelta delle modalità con cui accedere ai benefici del Superbonus: presa la decisione di ricorrere all’agevolazione fiscale per il per le parti comuni, ciascun condòmino è libero di decidere come goderne, e pertanto deciderà personalmente se optare per il regime della detrazione fiscale, dello sconto in fattura o della cessione del credito.

– Si segnala, inoltre, che ai sensi dell’art.119 comma 9 bis del D.L.n.34/2020 è possibile decidere, tramite un’apposita ed ulteriore delibera, che siano solo i condomini favorevoli ad accollarsi le spese e a fruire del Suberbonus, escludendo i condomini contrari (imputazione ad uno o più condomini favorevoli dell’intera spesa).

  • Ed è proprio per disciplinare i casi di mancato accordo da parte di tutti i condòmini che è stata introdotta tale modifica.
  • Caso b) Quando i lavori riguardano anche le parti private appartenenti ai condòmini.
  • Quando gli interventi si estendono alla proprietà privata dei singoli, è necessario che l’assemblea si esprima con parere favorevole all’ unanimità,

La votazione sul Suberbonus non può obbligare il condòmino contrario ad effettuare l’esecuzione dei lavori nella parte di sua esclusiva proprietà. Queste le regole per quanto riguarda l’approvazione del Suberbonus con delibere assembleari regolari. Ma cosa succede quando la delibera è illegittima? Può capitare infatti che il Condomìnio decida e deliberi in modo non conforme alla legge o al regolamento di condomìnio.

Secondo l’art.1137 del Codice Civile la delibera contraria alla legge o al regolamento di condominio è annullabile, ossia impugnabile entro trenta giorni avanti all’Autorità Giudiziaria dagli assenti o dissenzienti o astenuti. Pertanto, il condòmino che rilevi una violazione di legge o di regolamento nella delibera di voto sul Superbonus, avrà a disposizione 30 giorni per impugnare la delibera ed invalidarla.

Dottrina e giurisprudenza inoltre hanno elaborato un’ulteriore categoria di delibere illegittime, ossia la delibera nulla. Le delibere nulle sono quelle prive degli elementi essenziali: hanno un oggetto impossibile o illecito, hanno un oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, o incidono sul libero godimento dei beni e/o dei servizi comuni o sui diritti individuali dei condomini o nulle loro proprietà esclusive, limitandoli in modo non consentito ( ex multis Corte di Cassazione Sezioni Unite civili, Sent.07.03.2005, n.4806 ).

Cosa dice l’articolo 1129 del codice civile?

1129. – (Nomina, revoca ed obblighi dell ‘amministratore). – Quando i condomini sono piu’ di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore e’ fatta dall’autorita’ giudiziaria su ricorso di uno o piu’ condomini o dell ‘amministratore dimissionario.

Cosa dice l’articolo 1125 del codice civile?

1125 c.c. Quando il frontalino ha la funzione estetica di abbellire il palazzo e sia chiaramente attribuibile una funzionalità decorativa cui beneficia l’intero Condominio, la manutenzione del frontalino è a carico di tutti i condomini dello stabile, in proporzione ai millesimi di proprietà.

Come incastrare il proprio amministratore di condominio?

Nomina dell’amministratore di condominio – Dopo la revoca dell’amministratore di condominio si passa alla nomina del suo successore. La nomina dell’amministrazione di condominio avviene tramite delibera di un’assemblea che vota a favore o contro. La nomina può avvenire tramite prima convocazione o seconda convocazione.

maggioranza degli intervenuti; almeno la metà del valore dell’edificio.

Quante deleghe si possono portare in assemblea di condominio?

Chiarimenti sul numero massimo di deleghe in assemblea – ANAPI – Associazione Nazionale Amministratori Professionisti di Immobili Come ogni settimana diamo spazio alle domande dei nostri Associati ANAPI e questa settimana il quesito riguarda il numero massimo di deleghe in assemblea. “Gentile Associazione, di seguito illustro la mia situazione. Il regolamento di uno dei condomìni da me amministrato prevede esplicitamente che ciascun condomino non può presentarsi in assemblea detenendo un numero di deleghe superiore a due.

  1. L’art.67 delle disposizioni attuative del Codice Civile impone, invece, un limite massimo di 9 deleghe (il numero totale dei condòmini è pari a 48, quindi 1/5 x 48 = 9,4 ossia 9).
  2. Vorrei, quindi, chiedere: la clausola del regolamento di condominio, volta a limitare il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee, è inderogabile?” Preg.mo Associato, è opportuno asserire che la dicotomia “regolamento contrattuale” o “regolamento assembleare” richiede l’applicazione rigida dell’ art.1138 c.c., comma 4, il quale stabilisce che: Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136, 1137 del codice civile, nonché delle disp.

att.c.c. con riferimento agli art.72 e 155 c.c. Infatti, l’ art.72, a seguito della novellata legge di riforma, ha disposto che: I regolamenti di condominio non possono derogare alle disposizioni dei precedenti articoli 63,66,67 e 69 delle disposizioni attuative.

  • L’ art.67 delle disp. att.c.c.
  • Richiamato con riferimento al citato art.72 delle disp.
  • Att.c.c e al quesito in oggetto, è una norma inderogabile,
  • Pertanto, il legislatore, con il richiamato arti.155 delle disp.
  • Att.c.c., 2° comma, ha confermato, con riferimento al caso di specie, che: Cessano di avere effetto le disposizioni dei regolamenti di condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell’ultimo comma dell’articolo 1138 del Codice e nell’articolo 72 di queste disposizioni.

Centro Studi ANAPI Dott. Roberto Bonasia : Chiarimenti sul numero massimo di deleghe in assemblea – ANAPI – Associazione Nazionale Amministratori Professionisti di Immobili

Quando l’assemblea non è valida?

Assemblee annullabili, nulle ed inesistenti – « Torna all’elenco delle domande frequenti Quali sono i poteri decisionali dell’Assemblea di condominio? L’Assemblea di Condominio è l’organo d’autogoverno dei condomini e serve a disciplinare l’uso dei servizi e delle cose comuni.

  • L’Assemblea deve essere convocata ogni anno dall’amministratore per il rendiconto del proprio operato: è la cosiddetta assemblea ordinaria, che può trattare qualsiasi argomento di ordinaria e di straordinaria amministrazione.
  • Sono straordinarie tutte le altre assemblee che vengono convocate nel corso della gestione quando l’amministratore o i condomini lo ritengono necessario.

I condomini devono essere convocati almeno cinque giorni della riunione. Se manca l’amministratore, ciascun condomino può di sua iniziativa convocare l’assemblea. Inoltre, almeno due condomini rappresentanti di almeno un sesto del valore millesimale dell’edificio possono richiedere all’amministratore di convocarla per discutere e deliberare su specifici argomenti che loro stessi indicano.

In questo caso, l’amministratore deve provvedere ad inviare l’avviso di convocazione, almeno 10 giorni prima della prevista -seduta: in difetto, i condomini richiedenti possono convocarla direttamente (articolo 66 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile). L’avviso di convocazione deve indicare il luogo, la data e l’ora in cui si terrà l’assemblea, nonché contenere l’ordine del giorno, cioè l’elencazione degli argomenti che verranno discussi in tale sede.

Questi ultimi, a pena di annullabilità della relativa delibera, devono essere elencati specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso (Cassazione, sentenza n.14560/2004). E’ preferibile che l’avviso di convocazione sia inviato a mezzo raccomandata ordinaria o consegnato a mani: l’importante è avere una sicura prova di avvenuta convocazione di tutti i condomini.

L’assemblea in seconda convocazione deve tenersi in un giorno differente da quello della prima, pena annullabilità delle delibere. Tutti i condomini devono essere convocati alla riunione, pena l’annullabilità delle delibere. Qual’ora l’avviso di convocazione di assemblea condominiale sia stato inviato mediante lettera raccomandatat a, non consegnata per l’assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, il momento in cui l’atto si reputa conosciuto coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso il destinatario, e non già con il momento in cui successivamente l’atto viene consegnato.

(C.c, art.1335) (1) Tutte le decisioni prese dall’assemblea, in quanto organo deliberativo del condominio, trovano forza e giustificazione nel “principio di maggioranza”, per cui le delibere approvate nel rispetto delle norme di legge e regolamentari sono obbligatorie per tutti i condomini anche se assenti o dissenzienti.

  • L’assemblea non può deliberare su argomenti che non siano iscritti all’ordine del giorno, sempre che non vi sia la presenza totale dei condomini rappresentanti il totale-valore dell’edificio, oppure non vi siano problemi urgenti o pericoli in atto.
  • L’Assemblea, tuttavia, potrà sempre ratificare quanto eseguito in altra seduta.

Il legislatore ha previsto la possibilità per ogni condomino di ricorrere all’autorità giudiziaria contro le deliberazioni assembleari. Sono nulle le delibere che incidono sui diritti individuali dei condomini sulle cose o sui servizi comuni, nonché, più in generale, quelle invalide in relazione all’oggetto, vale a dire quelle che violano norme imperative alle quali l’assemblea non può derogare oppure ledono i diritti attribuiti ai singoli partecipanti al condominio dalla legge o dai loro atti d’acquisto.

A titolo esemplificativo, sono senz’altro nulle le delibere che a maggioranza modificano le tabelle millesimali, fissano criteri di riparto delle spese diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento, comprimono i diritti esclusivi dei condomini oppure sottraggono un bene condominiale all’uso collettivo.

Devono invece qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quale può essere la mancata o irregolare comunicazione a taluno dei condomini dell’avviso di convocazione dell’assemblea (Cassazione, sentenza n.4806/2005).

Del pari dicasi per le delibere adottate con maggioranze inferiori a quelle previste dalla legge o dal regolamento, con un ordine del giorno incompleto oppure assunte con il voto di un condomino munito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento. Pure è annullabile la delibera il cui verbale non risulta sottoscritto dal presidente dell’assemblea.

Possono esserci poi delibere addirittura inesistenti: è il caso della delibera assunta dai condomini al di fuori della sede dell’assemblea con una semplice consultazione verbale oppure mediante uno scritto fatto firmare dai partecipanti al condominio.

La distinzione tra delibere nulle o annullabili assume una notevole rilevanza pratica poiché l’impugnazione delle delibere annullabili deve essere proposta necessariamente, a pena di decadenza, entro il termine di 30 giorni che decorre dalla data della deliberazione per i condomini presenti in assemblea oppure dalla data di comunicazione della delibera medesima per gli assenti.

I vizi che determinano l’annullabilità devono perciò essere fatti valere tempestivamente dal condomino che vi abbia interesse, non oltre i trenta giorni previsti dalla legge. Decorso tale termine, la delibera pur irregolarmente assunta (e quindi potenzialmente annullabile) diventa anche di fatto esecutiva per tutti i condomini.

All’amministratore diligente e responsabile non resta che attendere il decorso del termine per l’impugnazione prima di procedere all’attuazione delle deliberazioni magari assunte con una maggioranza minima oppure in presenza di pochi condomini. Sono da considerarsi Assemblee affette da nullità quelle che hanno interessato il riparto delle opere in deroga ai criteri legali ei ripartizioni senza il consenso unanime dei condomini.

Delibere assembleari; ripartizione delle spese comuni in deroga ai criteri legali di ripartizione; possibilità; limiti Trib. Bologna, sent.3 aprile 2008, n.811, sez. II Sono affette da nullità, se adottate senza consenso unanime dei condomini, le delibere assembleari aventi a oggetto la ripartizione delle spese comuni in deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese medesime; ne consegue che, in mancaza dell’ unanimità e per le spese relative alle parti e servizi comuni dell’ edificio che, per loro natura, forniscono unità diverse ai songoli condomini, devono trovare applicazione i criteri di proporzionalità individuati dall’ art.1123 cod.

Civ. Cassazione 14.01.2009 N° 747 sezione II. Maggioranze necessarie per le seguenti delibere: Legge 20 marzo 2001, n° 66: Art.2-bis, comma 13 – Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell’art.1120, primo comma, del codice civile.

Per l’approvazione delle relative deliberazioni si applica l’srt.1136, terzo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefici fiscali. L’altra importante “novità” del D.

Lgs.n.311/2006 si riferisce alla sostituzione dell’art.26.2 della legge 9 gennaio 1991 n.10 con il testo seguente: “per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art.1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica ralizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali”.

Quando le deliberazioni assunte dall’assemblea sono invalide e quali sono le conseguenze d’ordine pratico che ne derivano? Secondo l’insegnamento dettato espressamente sulla specifica questione delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (Cass.

Civ.S.U.n.4806/2005) a seguito di un travagliato iter che ha visto impegnati giudici di merito e legittimità nonché gli stessi cultori della materia, nel regime condominio negli edifici debbono distinguersi delibere assembleari annullabili e delibere assembleari nulle. In particolare, sono da qualificare nulle: a) delibere prive degli elementi essenziali; b) le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume); c) le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea; d) le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini; e) le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto.

Debbono, invece, qualificarsi annullabili: a) le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea; b) le delibere adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; c) le delibere affette da vizi formali; d) le delibere assunte in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea; e) le delibere genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione; f) le delibere prese in violazione delle norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.

  1. Come le migliori voci della dottrina non hanno mancato di rilevare, la distinzione tra nullità e annullabilità delle delibere assembleari non ha un mero sapore dogmatico determinando decisive conseguenze d’ordine pratico.
  2. In particolare, in punto di soggetti legittimati, mentre la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, l’annullabilità può essere fatta valere dai condomini assenti, dissenzienti ed astenuti.

In punto di rilevabilità giudiziale del vizio, mentre la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice, l’annullabilità può essere rilevata solo su istanza di parte. Quanto ai termini di impugnazione, mentre l’azione di nullità, in quanto imperscrittibile, non è soggetta a decadenza, potendo, pertanto, essere fatta valere in ogni tempo, l’azione di annullabilità è soggetta a decadenza, potendosi adire l’autorità giudiziaria nel termine perentorio di trenta giorni decorrente dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

  1. Trib, Cassino, sent.24 novembre 2009, n.1oo Sono nulle e delibere dell’assemblea condominiale aventi un oggetto impossibile o illecito, ovvero non rientrante nelle competenze assembleari.
  2. O ancora incidente su diritti individuali inviolabili.
  3. Non rientrano nella esposta elencazione e non sono pertanto nulle, ma al più annullabili, le delibere assunte dall’assemblea Condominiale alla quale abbiano preso parte soggetti non partecipanti alla comunione, ovvero qualora siano state conferite deleghe partecipative a stretti congiunti dei condomini, per questo esterni al condominio medesimo.

Nella fattispecie, la prassi già più volte seguita e accettata dall’assemblea condominiale, compresi gli attori che nulla eccepirono, la insussistenza di un vizio determinante la nullità della delibera e la mancata impugnazione, nell’ipotesi di vizio comportante l’annullabilità, della delibera nel termine decadenziale di 3o giorni decorrenti, ex: art.1137 cod, civ, dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti, determina l’infondatezza della proposta domanda di nullità e la conseguente reiezione della stessa.

  • Trib. Bari, sent.1 luglio 2009, n.2226 In tema di condominio di edifici, al pari di quanto si verifica per le delibere societarie, devono ritenersi affette da nullità le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, e,
  • Delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei codomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto, mentre vanno qualificate come annullabili le delibere Con Vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento zione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti maggioranze “qualificate” in relazione all’oggetto della delibera da approvare, sicché queste ultime vanno impugnate nel termine di 3o giorni, così come previsto dall’art.1137, comma 3, cod.

civ. Trib. Torino, sent.6 marzo 2009, n.773 In tema di condominio degli edifici, I’incompletezza dell’ordine del giorno contenuto nell’atto di convocazione dell’assemblea determina l’annullabilità della relativa delibera, che pertanto deve essere impugnata nel termine di 3o giorni, giusta il disposto dell’art.1137 cod.

civ.: peraltro tale vizio non potrà essere denunciato anche dal condomino che abbia partecipato alla discussione senza eccepire contestualmente l’incompletezza dell’ordine del giorno, pur avendo votato in senso contrario, mentre, per converso, la regola secondo cui la limitazione del diritto di impugnare le delibere annullabili ai soli condomini dissenzienti o assenti opera anche laddove il condomino sia stato presente in assemblea a mezzo di proprio delegato, non potrà invece ritenersi sussistere per l’ipotesi in cui il vizio della delibera consista nella sua esorbitanza rispetto alle previsioni dell’ordine del giorno contenuto nell’avviso di convocazione.

Lesione dei diritti individuali dei condomini: nullità Cass., Sent.21 novembre 2016, n.23660 La delibera assembleare che disponga la delimitazione di posti auto nel cortile comune in numero corrispondente alle unità immobiliari a uso abitativo escludendo i titolari dei locali commerciali e consentendo a chi desideri di realizzare una copertura a proprie spese è nulla in quanto costituisce assegnazione individuale a uso esclusivo di parti dell’area di uso comune e ne impedisce l’uso e il godimento da parte di altri condomini.

Cass., sent.27 maggio 2016, ra.1034 In tema di condominio, costituisce innovazione vietata, ai sensi dell’art.1120, comma 2, cod. civ., l’assegnazione, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti auto all’interno di un’area condominiale, in quanto determina una limitazione dell’uso e del godimento che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune, con conseguente nullità della relativa đelibera.

Cass., Sent.18 gennaio 2016, n.751 È affetta da nullità la deliberazione dell’assemblea condominiale che incida sui diritti individuali di un condomino, come quella che ponga a suo totale carico le spese del legale del condominio per una procedura iniziata contro di lui, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la soccombenza, e detta nullità, a norma dell’art.1421 cod.

Civ., può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea, ancorché abbia espresso voto favorevole alla deliberazione, ove con tale voto non si esprima l’assunzione o il riconoscimento di una sua obbligazione. App. Potenza, sent.13 maggio 2015, n.196 Le disposizioni del regolamento condominiale e la relativa delibera assembleare, adottate non all’unanimità, ma a maggioranza, le quali pregiudichino i diritti di un condominio risultanti dall’atto originario dei suo acquisto, sono radicalmente nulle e l’azione giudiziaria per fare valere tale nullità non è soggetta al termine di decadenza di cui all’ultimo comma dell’art.1137 cod.

civ. Alla luce del principio affermato, è evidente dunque che la delibera è da considerarsi radicalmente nulla. Se tanto è vero, consegue alla predetta nullità: a) che, in quanto nulla, tale delibera non poteva essere oggetto di revoca, come assumono gli appellanti; b) che, sempre perché nulla, la stessa delibera non poteva essere oggetto di conferma, peraltro sempre con deliberazione successiva assunta a maggioranza.

Cass., sent, 14 aprile 2015, n.7459 Nell’ambito di un condominio, la trasformazione, in tutto o in parte, di in bene comune in bene esclusivo di una sola parte dei condomini, mediante esclusione di alcuni di essi dalla percezione dei frutti, può essere validamente deliberata soltanto all’unanimità, ossia mediante una decisione che abbia valore contrattuale, dovendosi, in difetto, dichiarare la nullità della deliberazione assunta a maggioranza.

(Nella specie, l’assemblea aveva deliberato, a maggioranza, che il canone relativo all’alloggio ex portineria, bene di proprietà comune pro indiviso di tutti i condomini, fosse accreditato al solo gruppo di condomini cui era originariamente destinato il servizio di portineria).

Trib. Roma, sent.2 gennaio 2015, n.27 In materia condominiale è nulla la delibera assembleare che incida sui diritti individuali di un condomino e detta nullità può essere fatta valere, a norma dell’art.2421 Cod. civ., dallo stesso condomino che ha preso parte all’assemblea e deduca, relativamente al deliberato, l’esorbitanza dei poteri che competono all’assemblea, dio8trando di avere interesse all’accertamento della nullità, ovvero che la deliberazione impugnata gli arrechi un apprezzabile pregiudizio.

Le deliberazioni non attinenti ai modi di organizzazione e di funzionamento del condominio, ma che incidono sul diritto soggettivo di ogni singolo condomino, ove siano ritenute ingiustamente lesive di tale diritto, sono dia considerare nulle e non semplicemente annullabili.

Cass, Sent.27 mar 2015, m.6295 In terna di condominio negli edifici, è affetta da nullità, come tale rilevabile in ogni tempo, la delibera dell’assemblea condominiale con la quale è stata decisa l’installazione di un ascensore, se l’impianto limita l’utilizzazione del cespite anche di un solo condomino, indipendentemente dalla destinazione eventualmente illegittima di quell’immobile.

(Nella specie, l’installazione di un ascensore toglieva spazio all’ingresso del terraneo di proprietà del Condomino che aveva impugnato al delibera). Cass., Sent.3 ottobre 2013, n.22634 È sottratta all’osservanza del termine di impugnazione previsto dall’art.1137 cod.

civ. per le delibere condominiali solo annullabili la delibera inficiata da nullità. (Nella specie – ha osservato la Suprema Corte – si è in presenza di delibera nulla, perché incidente sui diritti individuali del singolo condomino, vertendosi sulla sussistenza del diritto e non sulla mera determinazione quantitativa del riparto spese, per avere il condominio addebitato al singolo condomino importi relativi all’impianto di riscaldamento che la sentenza impugnata ha escluso riguardasse i locali siti ai piani sottotetto appartenenti al condomino, per espressa disposizione del regolamento condominiale costituente titolo contrario idoneo a vincere fa presunzione di comproprietà dell’impianto di riscaldamento).

App. Milano, sent.14 dicembre 2011, n.3495 In tema di benestare ad apporre una insegna pubblicitaria sulla facciata condominiale, di competenza dell’amministratore per norma regolamentare, può investirsi della decisione l’assemblea, la cui volontà è sovraordinata e la deliberazione non può considerarsi annullabile solo perché assunta dall’organo collegiale.

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La deliberazione è invece affetta da nullità nel caso di rifiuto dell’apposizione dell’insegna per pubblicizzare l’attività svolta nel condominio, preesistendo altre insegne di tipo e colore diverso, se non portasse i motivi che inducono a ritenere l’inidoneità estetica, privando così il condomino interessato dai potere verificare la fondatezza del diniego.

Trib. Trento, sent, 15 gennaio 2010, n.23 In merito all’impugnazione della delibera assembleare, asseritamente affetta da nullità per avere l’assemblea attribuito a ciascun condonino uno spazio esclusivo per il parcheggio dell’autovettura, con conseguente esclusione degli altri condomini dall’utilizzo dello spazio in questione, è priva di fondamento l’eccezione sollevata dal condominio convenuto, relativamente alla decadenza dell’attore dalla possibilità di impugnare le delibere in questione per decorrenza del termine di cui all’art.137 cod.

Civ. sostenendo che i vizi denunciati sarebbero qualificabili come vizi di annullabilità e non invece di nullità. In linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza, sono da ritenersi nulle le delibere che incidono sui diritti individuali, sulle cose e sui servizi comuni; ne consegue che la delibera gravata, incidendo Sull’uso frazionato del bene comune al fine di garantirne a tutti il godimento, è passibile di nullità.

Nullità per carenza del necessario consenso unanime Cass., sent.30 aprile 2013, n.10196 È nulla la delibera dell’assemblea di condominio, adottata a maggioranza, che stabilisca il tasso (nella specie, nella misura del 20% annuo) degli interessi moratori a carico dei condomini in caso di omesso o ritardato pagamento degli oneri condominiali, potendo una siffatta disposizione essere inserita soltanto in un regolamento condominiale di natura contrattuale, approvato all’unanimità; e l’anzidetta nullità, che può essere fatta valere dal condomino interessato senza essere tenuto all’osservanza del termine di decadenza di 3o giorni di cui all’art.1137 cod.

civ., inficia e : travolge anche le successive delibere, nella parte in cui, ripartendo gli oneri di gestione tra i condomini in relazione al singolo anno, applicano il medesimo tasso di mora. Cass., sent.18 maggio 2011, n.1o929 È nulla la deliberazione assembleare che, modificando il regolamento condominiale, stabilisca, a maggioranza, l’applicazione degli interessi bancari per il ritardo nel pagamento delle quote condominiali, in quanto non rientra tra i poteri dell’assemblea prevedere penali a carico dei condomini morosi che possono, in teoria, essere inserite soltanto in regolamenti c.d.

“contrattuali”, cioè approvati all’unanimità. Nullità per difetto di competenza a decidere Trib. Milano, sent.3o agosto 2o16, n.9844 È affetta da radicale nullità la delibera a mezzo della quale i rappresentanti di condominio (e non i condomini) revochino l’amministratore del supercondominio e nominino il revisore dei conti ex art.1130-bis cod.

  • Civ., trattandosi di atti di straordinaria amministrazione, non rientranti nei compiti assegnati ai rappresentati dall’art.67 disp. att. cod. civ.
  • Cass, sent.20 marzo 2015,,5657 In tema di condominio, non rientra nei poteri dell’assemblea la deliberazione che determini a maggioranza l’ambito dei beni comuni e delle proprietà esclusive, potendo ciascun condomino interessato fare valere la conseguente nullità senza essere tenuto all’osservanza del terInie di decadenza di cui all’art.113 cod.

civ. Cass., sent.3o aprile 2o13, n.10196 Non rientra nei poteri dell’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, stabilire interessi moratori (nella specie pari al 2o%) a carico dei condomini in ritardo nei pagamento delle quote condominiali, potendo tale previsione essere inserita soltanto in un regolamento contrattuale, approvato all’unanimità.

  1. La nullità di una tale delibera inficia e travolge, a sua volta, le successive delibere nella parte in cui, nel ripartire gli oneri di gestione in relazione a ogni singolo anno, applicano il medesimo tasso di mora.
  2. Peraltro, trattandosi di nullità, la stessa potrà essere fatta valere dal condominio interessato senza essere tenuto all’osservanza del termine di decadenza di 3o giorni di cui all’art.1137 cod.

civ. Nullità per invalida nomina dell’amministratore Trib. Milano, sent.3 aprile 2016, n.4294 È nulla la nomina dell’amministratore di condominio – con conseguente nullità della delibera in parte qua – in assenza della specificazione analitica del compenso a quest’ultimo spettante per l’attività da svolgere, in violazione dell’art.129, Comma 14, cod.

Civ. Tale norma, che mira a garantire la massima trasparenza ai condomini e a renderli edotti delle singole voci di cui si compone l’emolumento dell’organo gestorio al momento del conferimento del mandato, si applica sia nel caso di prima nomina dell’amministratore, che nel caso delle successive riconferme.

Nullità nella deliberazione del Supercondominio Trib. Milano, sent.29 gennaio 2016, n.1368 È affetta da nullità radicale la delibera assunta dall’assemblea di un supercondominio con più di 6o partecipanti convocata per la nomina dell’amministratore e per la gestione ordinaria delle parti comuni, allorché al relativo voto abbiano partecipato i singoli condomini anziché i rappresentanti di condominio, come previsto dall’art, 67 disp.

Att. cod. civ. La legittimazione a impugnare Cass., Sent.14 giugno 2016, n.12235 Il successore a titolo particolare nella proprietà condominiale è legittimato a proporre l’impugnazione per nullità della delibera assembleare con la quale era stato disposto, con il voto favorevole del suo dante causa, il distacco del condominio dall’impianto centralizzato di riscaldamento del supercondominio.

Cass., Sent.26 gennaio 2016, n.1321 In tema di condominio, la legittimazione a Delibera annullabile per i vizi di forma LA DOMANDA Ho contestato, con raccomandata postale, la validità di un’assemblea straordinaria condominiale (di cui io e altri non eravamo a Conoscenza, e alla quale non avevamo quindi potuto partecipare), in quanto la convocazione dei condòmini era stata ; fatta in via informale, Senza raccomandata.

  • A distanza di tempo mi viene detto che, poiché non ho impugnato in via giudiziale l’assemblea, la stessa è da ritenersi valida; e quindi si deve procedere a effettuare le opere che erano state deliberate (e cioè interventi sull’impianto di riscaldamento diversi da quelli obbligatori per legge).
  • Chiedo se è vero che, in mancanza di impugnativa giudiziale, l’assemblea può essere considerata valida anche senza convocazioni formali a tutti i condòmini, e se – come è stato deliberato nella stessa assemblea – possono essere effettuate spese non indispensabili per le quali, fra l’altro, non era stata fatta la comparazione fra preventivi di ditte diverse.

Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, i vizi di forma relativi alla convocazione della delibera assembleare condominiale comportano la semplice annullabilità della delibera (e non la nullità). L’annullabilità della delibera assembleare deve essere eccepita entro 3o giorni dalla delibera stessa, mediante azione legale davanti all’autorità giudiziaria, da parte dei condòmini presenti e dissenzienti (o astenuti); ed entro 30 giorni dal ricevimento del verbale, da parte dei condòmini assenti.

Si veda, in questo senso, la pronuncia della Cassazione, Sezioni unite, del 7 marzo 2005, n.4806, secondo cui «debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei Condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.

Ne consegue che la mancata comunicazione, a taluno dei condòmini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art.1137, comma 3, c.c.

Decorrente, per i condòmini assenti, dalla comunicazione, e, per i condòmini dissenzienti, dalla sua approvazione), è valida ed efficace nel confronti di tutti i partecipanti al condominio». Gli stessi principi, si rinvengono nell’articolo 66, comma terzo, delle disposizioni di attuazione al Codice civile, per il quale «l’avviso di convocazione, Conte ente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione.

I caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché Eion ritualmente convocati». Sul tema, si veda la sentenza del Tribunale di Genova, 23 ottobre 2014, n.335o, secondo cui «ai sensi del nuovo disposto dell’art.66, conna 3, disp.

  • Att.c.c. l’a ministratore del condominio deve utilizzare le forme Scritte imposte dalla norma».
  • Per valutare eventuali potenziali profili di nullità della delibera assembleare cui si riferisce il lettore, occorrerebbe però una vera e propria consulenza e l’esame della fattispecie in concreto.
  • Ad esempio, l’assemblea potrebbe essere nulla, ove gli interventi sull’impianto di riscaldamento approvati siano contrari al decreto Legislativo 1oA/2o16 o ad altra norma imperativa.

In ogni caso, non costituiscono vizi che comportano la nullità la mancata predisposizione di più preventivi di ditte diverse o la deliberazione di opere non indispensabili (anche se sul punto occorrerebbero degli approfondimenti). Stampa l’articolo

Chi può chiedere la revoca dell’amministratore di condominio?

Ricorribilità in Cassazione del provvedimento di revoca e assenza dell’obbligo del patrocinio legale – Conferma della natura non contenziosa (neanche nella sostanza) del procedimento la si rinviene nelle SS.UU.n.20957/2004, che hanno reputato non ricorribile per Cassazione il decreto della Corte d’Appello che decide, in sede di reclamo sulla revoca dell’amministratore di condominio.

  1. Nell’occasione, le SS.UU.
  2. Hanno precisato che ” il decreto ha natura di provvedimento sostanzialmente amministrativo che, pur se incidentalmente statuisce su posizioni giuridiche soggettive nascenti dal rapporto di mandato costituitosi tra condominio e amministratore, è privo del carattere della decisorietà, perché diretto a tutelare solo l’interesse obiettivo dell’amministrazione della cosa comune, nonché di quello della definitività, in quanto, ai sensi dell’art.742 c.p.c., modificabile o revocabile in ogni tempo, non solo con effetto ex nunc, in virtù di nuovi elementi sopravvenuti, bensì anche ex tunc per un riesame di merito e di legittimità delle originarie risultanze “,

In senso conforme anche Cass. civile, sez. VI-2, n.15706/2017, la quale, oltre a ribadire quanto sopra, ha affermato l’ulteriore principio, corollario della natura non contenziosa del procedimento, circa la non necessità del patrocinio di un difensore per l’amministratore destinatario di una domanda di revoca,

One LEGALE | Experta Immobili Ti aiuta ad affrontare con sicurezza ogni problematica in materia di condominio, compravendita, immobili e locazioni. Guide pratiche, commentari, riviste, check list, formule, news a cura dei migliori esperti. Cfr. art.1136 2° e 4° comma c.c.; cfr, anche art.1129 comma 11 c.c.

Cfr. Trib. Roma 21.11.2019; cfr. altresì Cass.n.10815/2000 secondo cui “l’amministratore di condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza”. Cfr. ancora, tra le tante, Cass. Sez.6 – 2, 17/08/2017, n.20137; Cass.

Sez.2, 18/04/2014, n.9082; Cass. Sez.2, 27/06/2011, n.14197 e Cass. Ord.n.7874/2021. Cfr. Cass.n.10204/2010 secondo cui le norme del mandato con rappresentanza sono applicabili nel rapporto tra amministratore e condomini. Cfr. art.1710 c.c.1° comma: “Il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia “; 2° comma: ” è tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato”.

Cfr. art.1713 c.c. Cfr. artt.1719 e 1720 c.c. Cfr. artt.1722 n.2) e n.3), 1723, 1725 e 1727 c.c. Cfr. artt.1723 c.c. (sul mandato) e art.1129 comma 10 c.c. (per l’amministratore di condominio). Vedasi gli artt.1136 2° comma o 1129 comma 11 c.c. Sul punto la Cassazione appare pacifica.

Cfr. Cass.n.5608/1994 secondo cui “la nomina di un nuovo amministratore del condominio di edificio non richiede la previa formale revoca dell’amministratore in carica, atteso che dando luogo ad un rapporto di mandato, comporta, ai sensi dell’art.1724 c.c., la revoca di quello precedente”. Cfr. art.1129 comma 2 C.C.; cfr.

Cass.n.1406/2007 secondo cui “l’incarico di amministratore del condominio può essere conferito, oltre che a una persona fisica, anche a una persona giuridica -nella specie una società di capitali- tenuto conto che la persona giuridica non soffre di limitazioni di capacità, se non nei casi tassativamente previsti dalla legge, e che essa è in gradi di offrire, quanto all’adempimento della relativa obbligazione ed all’imputazione della conseguente responsabilità, un grado di affidabilità pari a quello della persona fisica”.

  • Cfr. Cass.n.11472/1991 “la revoca può avvenire in qualsiasi tempo”. Cfr.
  • Cass.n.11472/1991. Cfr.
  • Art.1720 c.c. Cfr.
  • Cass.n.3892/2017. Cfr.
  • Cass.n.10153/2011. Cfr.
  • Cass.n.3596/1990: “solo la deliberazione dell’assemblea di condominio che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo emesso dall’amministratore ha valore di riconoscimento di debito in relazione alle poste passive specificamente indicate”.

Cfr. Trib. Salerno n.1438 del 26.04.2022 in Condominioweb.it, nota avv. Marco Borriello 12.05.2022; cfr. Cass.n.1286/1997 secondo cui “dalla delibera dell’assemblea condominiale di approvazione del rendiconto devono risultare le somme anticipate dall’amministratore nell’interesse del condominio”.

Cfr. art.1129 comma 10 “L’incarico di amministratore ha durata di un anno “; cfr, anche art.1129 comma 14: “L’amministratore all’atto della accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”.

Cfr. Cass.n.7872/2021 che ha affermato il principio di diritto secondo cui: “L’amministratore di condominio, in ipotesi di revoca deliberata dall’assemblea prima della scadenza del termine previsto nell’atto di nomina, ha diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, altresì al risarcimento dei danni, in applicazione dell’art.1725 c.c., comma 1, salvo che sussista una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico”.

Cfr. Nota a commento della sentenza n.7874/2022 dell’avv. Marcella Ferrari. Cfr. Cass.n.11717 del 05.05.2021. Cfr. art.2697 C.C. Cfr. SS.UU. Cass.n.13533. Cfr. art.1218 c.c. secondo cui: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Cfr. Trib. Roma 21.11.2019; cfr. altresì Cass.n.10815/2000 secondo cui “l’amministratore di condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza”. Cfr. ancora, tra le tante, Cass. Sez.6 – 2, 17/08/2017, n.20137; Cass.

Sez.2, 18/04/2014, n.9082; Cass. Sez.2, 27/06/2011, n.14197 e Cass. Ord.n.7874/2021. Come detto, maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno i 500 millesimi del valore dell’edificio ai sensi del combinato disposto di cui all’art.1136 2° e 4° comma c.c. e art.1129 co.11 c.c. Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt.1129 C.C.

comma 11 e comma 12 e 1131 C.C., l’amministratore può essere dal giudice su ricorso anche di un solo condomino in tutta una serie di ipotesi particolarmente gravi, quali: l’omessa comunicazione all’assemblea della pendenza di una lite giudiziaria il cui oggetto esorbiti dalle attribuzioni dell’amministratore, la mancata presentazione del rendiconto, gravi irregolarità fiscali, la mancata apertura del conto condominiale, e tutti quegli ulteriori inadempimenti che il comma 12 dell’art.1129 C.C.

  • Qualifica come gravi irregolarità. Cfr. Trib.
  • Taranto sez.II 21.09.2015. Cfr.
  • Sul punto Trib.
  • Palermo decreto 14.01.2022. Cfr.
  • Combinato disposto degli artt.1129 comma 11 e art.1131 commi 3 e 4 c.c. Cfr.
  • Art.1129 comma 11 C.C.
  • Che prevede che la richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria provenga da almeno 2 condomini che rappresentino 1/6 del valore dell’edificio.

Cfr. art.1129 comma 11 c.c. Cfr. Cass.n.705/1994 secondo cui “la disposizione secondo la quale l’amministratore dura in carica un anno, non sancisce una decadenza ope legis e non esclude, pertanto, né la tacita riconferma di anno in anno, per effetto della mancata nomina di un altro amministratore, né la proroga dei poteri di rappresentanza fino alla sua sostituzione con altro amministratore da parte dell’assemblea o del giudice”.

  1. Cfr, Cass.1405/2007; cfr.
  2. Anche C.Appello Ancona n.1400/2000, Cass.n.7699/2019, Cass.n.821/2014 e Cass.n.18660/2012.
  3. Cfr.C.App.
  4. Bari 12.06.2019, C.App.
  5. Roma 25.06.2020. Cfr. Trib.
  6. Teramo 29.06.2016, Trib.
  7. Palermo 09.12.2018, Trib.
  8. Foggia 06.11.2020. Cfr.
  9. Sentenza C.App.
  10. Lecce n.443 del 10.01.2022; Cfr.
  11. Cass.n.4531/2003.

Cfr, Cass.n.21966/2017; cfr. art.1709 c.c. secondo cui “il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”. Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt.1129 C.C.

comma 11 e comma 12 e 1131 C.C., l’amministratore può essere dal giudice su ricorso anche di un solo condomino in tutta una serie di ipotesi particolarmente gravi, quali: l’omessa comunicazione all’assemblea della pendenza di una lite giudiziaria il cui oggetto esorbiti dalle attribuzioni dell’amministratore, la mancata presentazione del rendiconto, gravi irregolarità fiscali, la mancata apertura del conto condominiale, e tutti quegli ulteriori inadempimenti che il comma 12 dell’art.1129 C.C.

qualifica come gravi irregolarità. Dovendosi utilizzare la medesima procedura ex art.1105 c.c. e ss. Cfr. art.5 comma 1bis D.Lgs n.28/2010, così come modificato dall’art.84 comma 1 lett. B) D.L.n.69/2013 convertito con modificazioni dalla L.n.98/2013. Cfr.

Art.5 comma 1 formulazione originaria D.Lgs.n.28/2010, poi dichiarato incostituzionale dalla sentenza C.Cost.n.272/2012; cfr. attuale comma 1bis del medesimo articolo, introdotto dal D.L.n.69/2013 che, mantenendo la medesima formula, ha inserito la prescrizione della necessaria assistenza legale: Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.

In vigore dal 18.06.2013. Il capo in questione è quello intitolato appunto “Del condominio negli edifici” e gli articoli la cui violazione o non corretta applicazione impone un passaggio interlocutorio in mediazione sono quelli che vanno dal 1117 (“Parti comuni dell’edificio”) al 1139 C.C.

Rinvio alle norme sulle comunione”). Cfr. art.1129 comma 11 fine: : “in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato”. Cfr. Cass. ord.n.1237 del 18.01.2018.

La legge di riforma del Condominio del 2012 ha introdotto l’art.71quater d. att.C.C. Il D. Lgs.N.28 del 2010 istitutivo della mediazione obbligatoria aveva escluso l’obbligo per i procedimenti in camera di consiglio. Cfr. Tribunale di Macerata, decreto del 10.01.2018.

  1. Questo, seguendo il principio della successione delle leggi nel tempo, ha ritenuto obbligatorio l’esperimento del procedimento di mediazione, alla luce del disposto di cui all’art.25 L.11.12.2012 n.220 ed all’art.71quater d. att.C.C.
  2. Cfr, art.64 d.att.C.C. Cfr.
  3. Da ultimo Cass.n.25336 del 11.102018.
  4. Cfr, art.64 d.att.

“Sulla revoca dell’amministratore il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente”. Come detto, ex art.64 d.att.c.c. “”Sulla revoca dell’amministratore il tribunale provvede i, con decreto motivato.

Cfr. Trib. Palermo decreto 14.01.2022 secondo cui “trovano applicazione al caso che ci occupa le regole generali in materia di responsabilità da inadempimento (in ordine alle quali si rimanda per tutte a Cass. Sez. Un.n.13533/01) sicchè compete al creditore (nella specie il singolo condomino mandante) soltanto di allegare il fatto storico dell’inadempimento competendo poi al resistente fornire la prova contraria ” ed ivi richiamato Trib.

Roma 21.11.2019: “l’amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini delle disposizioni sul mandato”.

Cfr. Cass.n.25336/2018, che ribadendo l’inammissibilità di una condanna alla spese, reputa ammissibile il ricorso per cassazione avverso, la decisione (illegittima) di condanna alle spese di un provvedimento di nomina o revoca dell’amministratore. Cfr. Cass.n.25336/2018 che richiamando la giurisprudenza delle SS.UU.n.20957/2004 e quella successiva, ha ribadito che è inammissibile il ricorso per Cassazione, formulato ai sensi dell’art.111 Cost.

avverso il decreto emesso dalla corte d’appello sul reclamo proposto nei confronti del decreto del tribunale di nomia o revoca dell’amm.re di condominio, in quanto si tratta di provvedimento di volontaria giurisdizione che non ha carattere decisorio.

Che tipo di maggioranza e richiesta per alienare a terzi un locale comune es ex locale lavatoio )?

Si può vendere un bene condominiale? Una buona parte delle controversie portate all’attenzione dei giudici civili riguarda i beni facenti parte di un condominio e oggetto di comproprietà forzosa. In un contributo precedente – qui l’ – ci siamo occupati del sottotetto di un edificio per comprendere quando e come considerarlo un bene comune o pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano.

Oggi, invece, fomentati da una importante pronuncia della Cassazione, poniamo l’attenzione sui beni condominiali in genere e cerchiamo di rispondere all’interrogativo che ci viene posto quasi quotidianamente tra le mura dello studio notarile: i beni condominiali possono essere oggetto di vendita ? Si pensi, ad esempio, ad una cantina condominiale inutilizzata, ad un’area di parcheggio in disuso o ai locali destinati al servizio di portineria che è stato soppresso.

Questi possono essere alienati se vi è l’interesse di un condomino a cedere o ad acquistare la proprietà esclusiva del bene in questione? Anzitutto, ricordiamo che la caratteristica peculiare del condominio è la coesistenza, in un edificio o in più edifici, di unità abitative in proprietà esclusiva e di parti comuni a tutti i condomini.

Queste ultime, poi, a norma dell’art.1117 codice civile, possono essere raggruppati in tre grandi categorie, gli elementi essenziali dell’edificio, i locali destinati a servizi comuni e le pertinenze che servono all’uso e al godimento comune. In tali casi, quindi, si verifica una duplicità di situazioni: i singoli appartamenti sono oggetto di proprietà solitaria dei rispettivi proprietari, mentre tutti i beni su elencati sono oggetto di comproprietà fra tutti i proprietari degli appartamenti.

Nello specifico, si tratta di un caso di comproprietà forzosa alla quale i singoli non possono sottrarsi, anzi contribuiscono necessariamente, ciascuno in proporzione al valore della sua proprietà, alle spese occorrenti per la conservazione del bene.

Dalla comune comproprietà, poi, il condominio negli edifici differisce per la sua complessa organizzazione dato che le deliberazioni sull’amministrazione sono prese dall’assemblea dei condomini, mentre le parti comuni non sono soggette a divisione a meno che questa possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino e previo, ovviamente, il consenso di tutti i partecipanti al condominio.

Viste le caratteristiche principali dei beni condominiali, veniamo ora alla loro alienazione. La Suprema Corte con l’ ordinanza n.9361/2021, ha stabilito che la vendita di un’area comune è possibile solo se tutti i condomini sono d’accordo all’unanimità,

  • Infatti, dato che la proprietà del bene comune è di tutti, il singolo non può cedere o locare a terzi il suo diritto sulle parti comuni indipendentemente dal suo diritto di proprietà esclusiva.
  • In definitiva, le parti comuni e le loro porzioni annesse alla proprietà privata non possono essere oggetto di vendita senza il consenso di tutti i condomini, pena la nullità del contratto di vendita in favore del terzo.

Diversamente, ha precisato la Corte, ciò sarebbe assimilabile ad un contratto avente ad oggetto un bene acquistato senza il consenso di uno dei proprietari. : Si può vendere un bene condominiale?

Chi decide la destinazione d’uso?

Come cambiare la destinazione d’uso di un immobile? – Capita di acquistare un edificio rientrante tra le categorie residenziali e chiedersi se sia possibile modificare la destinazione d’uso in ufficio professionale. La risposta, come abbiamo detto, ci viene data dal Piano Regolatore Generale del Comune.

  1. Attenzione però, perché il PRG potrebbe permettervi di modificare la destinazione ma non è detto che vi consenta anche di eseguire lavori edili, magari fondamentali, per il completamento del vostro progetto.
  2. La differenza è importante perché potrebbe richiede un pagamento di oneri anche rilevante.
  3. In linea generale comunque possiamo affermare che cambiare la destinazione d’uso, a eccezione di pochi casi previsti dalle normative e dalla giurisprudenza, è una pratica solitamente accettata e di facile disbrigo.

Gli unici limiti sono quelli previsti dalla stessa legge che indica le procedure da attuare a seconda che il cambio di destinazione comporti la realizzazione di opere o meno all’interno dell’immobile. Cosa significa che la legge “indica le procedure da attuare a seconda che il cambio di destinazione comporti la realizzazione di opere o meno all’interno dell’immobile”? La locuzione che abbiamo riportato di dice che non tutti i lavori e non tutte le variazioni hanno lo stesso iter burocratico.

Infatti, non tutti i cambi di destinazione possono essere eseguiti seguendo il medesimo schema procedurale. Se il cambio di destinazione non comporta, ad esempio, l’esecuzione di opere murarie e edilizie in genere è sufficiente presentare al Comune una semplice Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), asseverata da un tecnico abilitato.

Una volta ottenuta la dichiarazione sarà nostro compito depositare la stessa presso lo Sportello Unico per l’edilizia. Paolo Baita Founder & CEO in VisureItalia® Ho conseguito la laurea in Scienze Politiche e un Master in Gestione ed Amministrazione del patrimonio immobiliare degli enti ecclesiastici e religiosi. Dopo una lunga esperienza in ambito della gestione e messa a reddito di patrimoni immobiliari, nel 1999 ho intrapreso l’attività nel settore delle informazioni immobiliari, collaborando con i principali istituti di credito e gli enti di riscossione.

  1. Su SmartFocus aiuto i nostri lettori a capire quali problemi possono essere collegati con le attività di acquisto, vendita o locazione di un immobile.
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Chi si occupa del cambio di destinazione d’uso?

Il servizio del geometra – Essendo tutte queste operazioni piuttosto complesse, con regole diverse in base alle Regioni e ai Comuni, bisogna rivolgersi al geometra per effettuare le pratiche, Il tempo necessario per il cambio di destinazione d’uso, senza interventi di modifica strutturale, sono abbastanza veloci,

Al geometra ci vorranno solo alcuni giorni per le indagini del caso, per avere l’autorizzazione dal catasto, per seguire i rilievi, i disegni e la relazione. In una settimana o, al massimo, 10 giorni, la documentazione sarà consegnata all’ufficio del protocollo. Nel caso invece in cui siano necessari dei lavori, ci sarà bisogno di un po’ di tempo in più, secondo le particolari difficoltà delle circostanze.

I costi totali del cambio comprendono le spese delle opere edilizie, se il caso lo richiede, l’onorario del professionista che effettua le pratiche urbanistiche e catastali, ed eventualmente la direzione dei lavori, più il pagamento degli obblighi di urbanizzazione.3.55/5 (74)

Cosa è necessario esibire in caso di cambio di destinazione d’uso nell’ambito della stessa categoria?

La sentenza del Tar Marche – I Giudici richiamano in proposito l’art.23-ter ( Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante ) comma 1 del dpr 380/2001 nel quale si legge che: Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale.

  1. In sintesi l’articolo del TU individua i mutamenti nella destinazione d’uso di un immobile da ritenere urbanisticamente rilevanti e che pertanto necessitano di uno specifico titolo abilitativo anche se non accompagnati dall’esecuzione di opere edilizie.
  2. Per i Giudici: Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito Per tale motivo, i togati concludono che il mutamento della destinazione d’uso, purché rimanga nella stessa categoria funzionale, è possibile attraverso la presentazione di una SCIA: ciò vale anche per il caso in oggetto dove l’intervento proposto si colloca nell’ambito della medesima destinazione urbanistica.

Il ricorso è, quindi, accolto. Clicca qui per scaricare la sentenza del Tar Marche Vuoi rimanere aggiornato su questo argomento e sulle principali novità legate al mondo dell’edilizia? Indirizzo articolo: https://biblus.acca.it/per-il-cambio-di-destinazione-duso-nella-stessa-categoria-funzionale-basta-una-scia/