Il primo anno di università : 14 consigli per le matricole e strategie di successo per la vita da studente
- Partecipa agli orientamenti.
- Fai amicizia con gli altri studenti.
- Organizza il tuo tempo.
- Trova un luogo adatto allo studio.
- Segui le lezioni.
- Informati sui programmi e sulle scadenze.
- Parla con i professori.
Meer items
Quanti esami dare al primo anno di università?
10 esami in un anno? Come gestire gli impegni accademici – Credits immagine: DepositPhoto.com/Autore ProImageContent Ti stai chiedendo quanti esami fare in un anno per mantenere il giusto ritmo universitario e non finire fuori corso? Il numero varia da ateneo ad ateneo e dipende dalla facoltà scelta. In generale, sostenere circa 6 esami nei 12 mesi accademici è una buona media.
- Però ci sono studenti che per particolari esigenze ambiscono a sostenere anche più di 6 esami in un anno.
- Se sei fra coloro che hanno la necessità di sostenere circa 10 esami in un anno, allora faresti bene a prestare attenzione alle prossime righe.
- Che sia per esigenze di carriera o per urgenza di laurearsi, sostenere un numero elevato di esami in un anno accademico non è così semplice.
Dovrai mettere in conto che le votazioni difficilmente potranno avvicinarsi al massimo punteggio, proprio perché la mole di studio è davvero impressionante. Un conto è preparare due esami per sessione, un altro è sostenerne 3/4 a sessione: raddoppia l’impegno, ma non il tempo a disposizione e a rimetterci è la qualità dello studio.
Cosa succede se non di tutti gli esami del primo anno?
Passare al secondo anno senza finire gli esami del primo, si può? – Un po’ come a scuola, se non dovessi riuscire a superare tutti gli esami presenti nel manifesto degli studi del primo anno di corso, lascerai qualche “debito”, cioè qualche materia, che dovrai superare nelle prossime sessioni d’esami,
Quante ore di lezione a settimana si fanno nelle università?
L’orario ordinario di lavoro è di 36 ore settimanali, da svolgersi dalle ore 8.00 alle 19.30, ed è, di norma, così articolato: cinque giorni a settimana, 7 ore e 15 minuti dal lunedì al giovedì e 7 ore il venerdì.
Qual è la laurea triennale più facile?
Le facoltà più facili in Italia – Medicina è stata etichettata come quella più semplice (o semplicemente quella con gli studenti più bravi e preparati). Ha ottenuto questo primato con il solo 18,5% di studenti che si laureano fuori corso. In seconda posizione si colloca Scienze Motorie che tocca una percentuale del 60%.
Quanti si laureano fuori corso?
Tutor, lezioni online e manuali appositi aiutano a riguadagnare tempo – Il problema diventa serio quando gli anni di ritardo sono più di 3 o 4. «In questo caso sfuma il 12% di opportunità di trovare lavoro subito dopo gli studi» afferma Cristofori. «E in più si entra nel loop della pressione psicologica.
- Quando ti laurei? Ti sei poi laureato? Sono domande che a un certo punto non si possono più dribblare.
- Soprattutto se nel frattempo si entra nel mondo del lavoro circondati da colleghi che la laurea l’hanno presa oppure in un ruolo che richiede un titolo che non si possiede» spiega Roberto Cavallo Perin, ordinario di Diritto amministrativo all’università di Torino, dove il dipartimento di Giurisprudenza ha attivato un progetto per recuperare i ritardatari cronici (anche in altre università ci sono tutor e sportelli ad hoc).
«Noi abbiamo selezionato quelli con pochi esami alla laurea. Alcuni erano iscritti quasi da un ventennio e continuavano a pagare circa 2.000 euro di tasse l’anno: così abbiamo proposto un metodo di studio adatto ai loro ritmi di lavoratori, lezioni online, manuali appositi».
In 3 anni di sperimentazione 450 studenti sono tornati sui libri e molti sono già arrivati alla laurea. «La loro felicità per aver raggiunto un obiettivo che sembrava così lontano ci commuove sempre». LE TASSE AUMENTANO Le università ricevono finanziamenti in proporzione al numero di studenti che si laureano in tempo.
Per questo ogni ateneo, nell’ambito della sua autonomia, cerca di disincentivare i ritardi, prima di tutto aumentando le tasse. I fuoricorso, oltre a quelle annuali calcolate sulla base del proprio Isee, pagano una maggiorazione che varia da università a università e va dal 10 al 50% in più.
- Molti atenei la richiedono solo a partire dal secondo anno fuoricorso e tutti tengono sempre conto del reddito.
- Tanto che in alcuni casi la maggiorazione può essere minima o nulla.
- Per esempio, per gli studenti che non hanno guadagni propri ma hanno più di 26 anni e non risiedono con i genitori, perché in quel caso fanno nucleo familiare a sé e il reddito della famiglia di origine non rientra nel calcolo Isee.
Oppure per gli studenti lavoratori con contratto che hanno la possibilità di iscriversi come part-time e pagare meno. I NUMERI 700.000 i fuoricorso in Italia.53,6% gli studenti italiani che si laureano in tempo. Sono il 60,1% tra i magistrali biennali, il 53,9% tra i laureati di primo livello e il 40,0% tra i magistrali a ciclo unico.26,5% i laureati in Italia, rispetto a una media Ue del 39,9.
Quale la materia più difficile?
Qual è la materia più difficile nella vostra scuola e perché? – Quora. Se con più difficile intendete che serve uno studio continuo e costante, è una materia ‘progressiva’ e quindi non si procede fino a quando non si ha padronanza dell’argomento precedente, direi: Fisica. Matematica.
Quanti ragazzi finiscono l’università?
Università, il miraggio della laurea: ci arriva solo il 45,3% degli iscritti Studenti italiani bamboccioni o percorsi universitari ad ostacoli? Quello e della ricerca 2013, più che un disastro annunciato, appare un disastro conclamato. I dati parlano di carriere universitarie infinite, quando non si interrompono a metà.
- E di studenti “inattivi”, che si iscrivono e pagano consistenti tasse ma che poi non riescono a superare neppure una materia – o a conseguire crediti, come si dice più correttamente adesso – per un anno intero e forse più.
- Parcheggiati in attesa di fare altro o alle prese con un difficile adattamento al nuovo percorso di studi?Sta di fatto che, una volta iscritti all’università, in tutti gli altri Paesi europei gli studenti riescono a laurearsi prima dei nostri ragazzi.
In Italia, la situazione descritta dai numeri appare piuttosto grave: il cosiddetto “tasso di completamento dell’istruzione universitaria” è pari al 45,3 per cento, contro il 79,4 del Regno Unito, il 72 per cento della Finlandia e il 64 per cento della Francia.
Sarebbe anche questa la causa del penultimo posto in classifica dell’Italia per giovani 25/34enni in possesso di una laurea. In Europa soltanto la Turchia fa peggio di noi. Ma spulciando i dati messi a disposizione dall’Anvur si capisce perché in Italia i laureati sono ancora troppo pochi. Analizzando gli immatricolati nei corsi triennali dell’anno 2003/2004, a nove anni di distanza – nel 2012/2013 – cioè dopo un lasso di tempo pari al triplo della durata legale dei corsi, soltanto il 55 su cento risultano laureati.
Ben 38 hanno nel frattempo lasciato gli studi e 7 su cento sono ancora iscritti nella speranza di ottenere l’agognato diploma di laurea. In altre parole, su poco più di 300mila immatricolati ai corsi di primo livello, ben 115mila hanno abbandonato l’università.
Il fatto è che, mediamente, i ragazzi italiani impiegano quasi 5 anni a conseguire la laurea di primo livello, quella triennale. Stando a sentire coloro che si cimentano ogni giorno con lezioni ed esami, la riforma del 3+2 varata nel 1999 ha ridotto la durata dei precedenti percorsi quinquennali – con 25/30 materie – in percorsi triennali.
Ma con un numero molto simile di materie, che spesso conservano le stesse difficoltà e programmi soltanto alleggeriti di poco rispetto a prima della riforma. Nel 2011 soltanto un quarto dei laureati – il 25,5 per cento del totale – ha concluso in regola il percorso degli studi, contro il 6,5 per cento dei laureati prima della riforma – nel 1999 – ma allora i percorsi erano quadriennali o quinquennali.
- Il 30 per cento circa dei laureati del 2011 ha raggiunto il traguardo con un solo anno in più dei tre fissati, ma altri 3 studenti su dieci non riescono a laurearsi prima di 6 o più anni di frequenza.
- Poi ci sono gli “inattivi”, coloro che in 12 mesi non sono riusciti ad acquisire crediti, e quelli che rinunciano.
I primi, nel 2010/2011, sfioravano il 13 per cento di tutti gli immatricolati l’anno prima. Un dato in calo rispetto al periodo ante-riforma. Mentre gli studenti che, iscritti al primo anno, non confermano l’iscrizione al secondo sono quasi al 16 per cento.