Istituto Statale Comprensivo

Suggerimenti | Consigli | Recensioni

Quanti Anni Di Università Per Medicina?

Quanti Anni Di Università Per Medicina
Il Corso di Studio in breve Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia (agg. Giugno 2021) Il Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia, prevede l’erogazione di 360 Crediti Formativi Universitari (CFU) articolati su 6 anni di corso, di cui almeno 60 da acquisire in attività formative volte alla maturazione di specifiche capacità professionali.

  1. L’accesso al Corso di Studio tiene conto della programmazione ministeriale e avviene previo superamento di specifiche prove d’accesso.
  2. Il numero dei posti disponibili per l’ammissione al primo anno di corso è assegnato con decreto ministeriale.
  3. Nella logica di dare piena attuazione al principio costituzionale del diritto allo studio, eventuali posti soprannumerari rispetto al contingente assegnato dal Ministero, saranno assegnati secondo modalità di accesso definite con apposito decreto del Rettore, nei limiti della sostenibilità dichiarata dall’Ateneo.

Il Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia si è adeguato dall’A.A.2015/16 alla Direttiva Europea 2013/55 UE del 20 novembre 2013. Questo adeguamento consiste nello svolgimento di 5500 ore di insegnamento teorico e pratico svolte sempre sotto la supervisione di un docente del Corso di Studio stesso.

  1. Il corso è organizzato in 12 semestri e 36 esami (corsi singoli e/o integrati).
  2. Le verifiche di profitto, programmate nei periodi di interruzione delle attività didattiche frontali e superate positivamente, danno diritto all’acquisizione dei CFU corrispondenti.
  3. La didattica si tiene in presenza con frequenza obbligatoria sia alle lezioni teoriche sia alle esercitazioni in reparto/tirocini.

È presente anche, come supporto alla didattica in presenza, una didattica assistita su piattaforma Moodle certificativa che ha lo scopo di far acquisire allo studente una consapevolezza alla autovalutazione che lo agevoli nella comprensione della materia e nel conseguente superamento dell’esame.

L’obiettivo finale del Corso di studi è formare un Medico di livello professionale europeo con una cultura biomedica-psico-sociale, che possieda una visione multidisciplinare ed integrata dei problemi più comuni della salute e della malattia, con una educazione orientata alla comunità, al territorio, all’attenzione sesso/genere, alla prevenzione della malattia ed alla promozione della salute.

Tale missione specifica risponde in maniera più adeguata alle nuove esigenze di cura e salute, in quanto centrata non soltanto sulla malattia, ma soprattutto sull’individuo sano o ammalato, considerato nella sua globalità di soma e psiche ed inserito nel contesto sociale avendo pertanto come obiettivo finale il saper curare e prendersi cura del paziente.

  1. L’importanza della ricerca viene evidenziata mediante lezioni e tirocini basati sulle più recenti evidenze scientifiche.
  2. Nel nostro Ateneo, lo studente è una componente fondamentale attiva del processo educativo, una risorsa su cui investire e da valorizzare.
  3. Il corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia è armonicamente proposto per consentire una reale integrazione tra tutti gli insegnamenti di base e caratterizzanti presenti nei 6 anni di corso.

Le scienze precliniche di base, collocate ai primi anni, prevedono le conoscenze delle scienze biologiche e della complessità biologica finalizzata alla conoscenza della struttura e funzione dell’organismo umano in condizioni normali, ai fini del mantenimento delle condizioni di salute.

Le Medical Humanities sono inserite al secondo, terzo e quinto anno in uno sviluppo che permetta un corretto approccio metodologico ai temi eticamente sensibili. L’attenzione al sesso/genere viene posta trasversalmente in tutte le discipline che lo consentono.

L’inserimento delle Cure Palliative e Terapia del Dolore all’ultimo anno di corso completa e aggiorna la visione olistica dell’uomo e della sua salute.

La didattica, fondata sull’applicazione della regola pedagogica del “saper essere” medico oltre che del “sapere” e del “saper fare” mette lo studente in condizione di “imparare a imparare” per intraprendere un processo di conoscenza che lo accompagnerà, nella sua professione, per tutta la vita.

  1. Le prove d’esame sono sia quelle tradizionali, esame orale o scritto, ma anche test a scelta multipla o a risposte brevi scritte organizzati su problemi o casi clinici a carattere interdisciplinare, seguiti da esami utili ad accertare le competenze cliniche acquisite.
  2. Viene offerta allo Studente la possibilità di partecipare a programmi di internazionalizzazione di studio all’estero (Erasmus+, Atlante.) Il periodo di studio e le attività svolte nelle sedi estere verranno pienamente riconosciuti nel curriculum studiorum italiano.

Ai sensi dell’articolo 102, comma 1, del decreto legge n.18/2020, la prova finale dei corsi di laurea magistrale a ciclo unico afferente alla classe LM-41 in Medicina e Chirurgia ha valore di esame di Stato abilitante all’esercizio della professione di Medico Chirurgo previo superamento del tirocinio pratico valutativo come disciplinato dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 9 maggio 2018, n.58, finalizzato alla verifica del raggiungimento delle competenze previste dallo specifico profilo professionale.

Dopo il conseguimento della laurea abilitante, il laureato può – previa iscrizione all’ordine dei medici – iscriversi alla Scuola di Specializzazione o al Corso di Formazione specifica in Medicina Generale, oppure può lavorare come Medico presso il servizio della continuità assistenziale o come libero professionista.

: Il Corso di Studio in breve

Quante ore lavora un medico?

di Stefano Biasioli C’è una bomba ad orologeria sopra il contratto 2005-2009 dei medici dipendenti del SSN. Una bomba legata agli effetti del D.Lgs.66/03 sull’organizzazione del lavoro medico in ospedale. L’obbligo di pause di 11 ore ogni 24 ore e la prospettiva di un orario medio settimanale (48-52-56 ore?) valutato sull’arco di 9-12 mesi, se applicati rigidamente, avranno un impatto devastante sulla presenza medica in ospedale nel senso di una netta riduzione del numero dei medici in servizio durante l’arco orario 8-20.

Riflettete con me su alcune conseguenze che il D.Lgs.66/03 avrà sull’attuale organizzazione del lavoro medico nelle corsie ospedaliere. Conseguenze puculiari, ben diverse da quelle del comparto. Infatti, nel comparto, lo schema lavorativo “pomeriggio, mattina, notte” (con la conseguente pausa di 2 gg.) non provocherà grossi effetti nelle divisioni (UO) con posti letto.

Tra i medici, invece, il turno di guardia di 12 ore (20-8) dovrà essere seguito da una pausa assoluta di 11 ore (8-19). Dovrà quindi cessare l’abitudine (frequente, soprattutto tra i chirurghi) che porta il medico di guardia ad entrare o in sala operatoria o nell’ambulatorio.

Già ieri, una siffatta consuetudine esponeva il medico – in caso di errore professionale – a gravi rischi sul piano penale e ad una scopertura assicurativa. Il dettato del D.Lgs.66/03 e, soprattutto, la sua piena applicazione (nel rispetto delle regole europee) costringerà quello stesso collega ad abbandonare la sua U.O.

, fino al giorno dopo. Facile a scriversi, più difficile a farsi, soprattutto nei fine settimana, quando un corretto rispetto della norma costringerebbe a far lavorare almeno 3 medici nella copertura dell’arco orario che va dalle 20 del sabato alle 8 del lunedì.

E che dire del lavoro notturno durante una pronta disponibilità? Una sala operatoria di 4 ore od una dialisi di 5 ore costringeranno poi quei medici a non effettuare l’attività routinaria del giorno dopo: corsia, sala operatoria, ambulatorio? Una interpretazione rigida delle regole produrrebbe, anche in questo caso, un disastro organizzativo, con blocco di una attività programmata.

Ancora, il riposo obbligatorio di 24 ore ogni settimana, evidenzierà quanto la CIMO-ASMD sostiene dall’inizio degli anni ’90. E cioè, che – di norma – gli organici medici sono largamente insufficienti a coprire l’intero arco settimanale (168 ore), qualora i medici fossero obbligati a rispettare il mero orario assistenziale (34 ore + 30′) ovvero le 38 ore, con recupero per l’orario di formazione.

La carenza medica diverrà, finalmente, evidente, con l’applicazione piena del D.Lgs.66/03, imponendo (si spera) alla politica una ovvia integrazione degli organici. Ma siamo in Italia e perciò, “fatta la legge, trovato l’inganno”. E così il Comitato di Settore (nel suo atto di indirizzo iniziale e nell’accordo col comparto) ha pensato di dilazionare l’esplosione dei problemi suggerendo (imponendo?) una deroga sull’orario settimanale.

Nel comparto, la media oraria settimanale potrebbe aumentare di 12 ore (da 36 a 48) per un periodo di 9 mesi, con successivo recupero o pagamento dello straordinario. Così facendo, il CdS pensa di aver risolto (fino al 31/12/09) il problema delle ferie estive degli infermieri (IP), degli OSS e dei tecnici.

  1. Ai sindacati del comparto la soluzione è piaciuta.
  2. Contenti loro.
  3. Per i dirigenti medici, il CdS sembrerebbe orientato a proporre un incremento dell’orario settimanale medio di almeno 12 ore per un periodo di 9-12 mesi all’anno.
  4. L’orario “medio” del singolo medico passerebbe perciò da 38 a 50 ore/settimana, impregiudicate le ore non assistenziali.
See also:  Come Scrivere Una Lettera Di Referenze Per Università?

Si tratterebbe di un “orario medio su 9-12 mesi”, il che presupporrebbe (festività, malattie, gravidanze) anche punte di orari settimanale pari a 60-70 ore. Questa ipotesi sarebbe gravata da molte incognite, tutte pericolose e disgreganti il lavoro d’equipe.

Da un lato i “primari” (Direttori di UOC) non hanno un obbligo di orario ma solo di risultato e non hanno diritto al pagamento dell’eventuale straordinario. Dall’altro i restanti medici – tutti coinvolti nell’incremento di 12 ore di lavoro/settimana – dovrebbero comunque rispettare le pause ex D.Lgs.66/03 e, nel contempo, non avrebbero nessuna garanzia di essere pagati per lo straordinario “obbligatorio”.

Questo nuovo assetto organizzativo produrrebbe infatti un enorme straordinario obbligatorio (300-700 ore/anno/medico) che non potrebbe essere totalmente pagato, vista l’incapienza del fondo relativo. Né vi sarebbe la certezza che, in alternativa, questo enorme plus-orario causato dall’azienda possa mai portare ad un totale recupero compensativo.

Tutto ciò, a scapito della sicurezza del medico e del paziente. Comunque lo si consideri, il D.Lgs.66/03 sconvolgerà l’attuale organizzazione ospedaliera. Da un lato, il CdS cercherà di limitarne i danni, riducendo i punti guardia ed aumentando le pronte disponibilità. Dall’altro, i medici dovranno capire che – per loro – il rigido rispetto delle regole può costituire, se ben gestito, una forte arma puntata contro quelle decine di amministratori sanitari che, da sempre, hanno minimizzato il ruolo della presenza medica.

“Siete dirigenti.perciò non avete un orario”. “Chi vi ha mai chiesto di fare lo straordinario.?”. “AL 31/12 vanno azzerati, con un colpo di penna, tutti i plus orari”. Ora non potrà più essere così. E la recente multa (100.000 euro) data dai giudici al DG delle Molinette, per la violazione del D.Lgs.66/03, ne è l’evidente prova.

Ecco perché abbiamo parlato di bomba ad orologeria sopra il CCNL 2006/2009. Per disinnescarla saranno necessarie abilità, pazienza, chiarezza e risorse. In caso contrario, la trattativa sindacale sarà esplosiva, verso i datori di lavoro e verso i Colleghi. Buon senso, mediazione, rispetto reciproco. Ma anche risorse perché non è pensabile che i medici possano, gratuitamente e per lunghi periodi, adottare ritmi di lavoro CHAPLINIANI, senza che la parte pubblica non garantisca rapidamente quelle risorse organizzative (economiche e di personale) che le loro scelte politiche (varo del D.Lgs.66/03) hanno reso doverose ed obbligatorie.

Ma, poiché, siamo in Italia, nulla è certo. Tantomeno una decisione politica di questo tipo, in un pesante momento di recessione! Ed allora? Allora vedremoperché, anche su questo aspetto (come su aspetti similari) poggia l’utilità dei sindacati medici, specialmente di quelli autonomi.

  • Alla faccia di quei 60.000 Colleghi che, per banali motivi economici, continuano a non iscriversi ad un sindacato medico, considerando questa scelta inutile o pericolosa.
  • Cari “agnostici”, gli effetti del D.Lgs.66/03 incombono anche su di Voi, che – però – non avete né scudo né spada.
  • Capirete mai il vero valore dell’associazionismo sindacale medico?.

Stefano Biasioli Presidente Nazionale CIMO-ASMD

Qual è la differenza tra medico e dottore?

Differenza tra dottore e medico Il Dottore è una persona che ha conseguito un titolo di studio universitario che ne attesta l’iter formativo, l’impegno e gli studi. E’ un titolo riconosciuto e protetto a livello legale e permette, a seconda dell’ambito di studi, di accedere a diverse professioni.

Il Medico è un Dottore ed ha quindi conseguito almeno una laurea in medicina, ma per essere abilitato alla professione, il medico deve superare un esame statale ed essere iscritto ufficialmente nell’Albo. Culturalmente essendo la figura del medico molto rispettata e importante, gli veniva accomunata l’immagine del sapiente andando a sovrapporre i significati di Dottore e Medico.

Ancora oggi il medico viene comunemente chiamato dottore. Quanti Anni Di Università Per Medicina Un Medico è un Dottore laureato in Medicina. Dottore è un termine che deriva da dotto, ossia preparato, sapiente e rappresenta una persona in possesso di un determinato titolo di studio che ne certifichi l’iter formativo, l’impegno e i risultati conseguiti.

In Italia chiunque concluda con successo un percorso di studio universitario, sia questo di laurea, di laurea specialistica o di dottorato di ricerca, può definirsi e firmarsi come Dottore o Dottoressa, Il titolo di Dottore permette di partecipare a concorsi e di accedere alle graduatorie come parte di requisiti richiesti per un determinato posto di lavoro sia questo in ambito pubblico che privato.

Il titolo ha pertanto valore legale ed il suo uso è regolamentato dalla legge che punisce chi ne abusa, chi si firma senza esserlo o chi si presenta come tale. Essendo comunque un certificato di onorabilità, sono stati escogitati diversi modi per conseguire il titolo di Dottore in paesi diversi dall’Italia, pagando un prezzo per una certificazione che in sé non ha valore. Quanti Anni Di Università Per Medicina Due medici chirurghi durante un’operazione. Il termina Medico rappresenta un professionista nel campo della Medicina provvisto di una o più Lauree che ne attestino il percorso formativo e l’abilitazione pubblica alla professione. L’iter formativo di un medico è particolarmente lungo e complesso ed è costituito da un minimo di 6 anni per la Laurea in Medicina a cui aggiungere gli anni di un’eventuale Laurea specialistica o di Dottorato di ricerca. Quanti Anni Di Università Per Medicina Quanti Anni Di Università Per Medicina : Differenza tra dottore e medico

Quanti anni ci vogliono per diventare infermiera?

Per diventare infermiere è necessario conseguire la laurea in Infermieristica, di durata triennale. E’ un corso ad accesso programmato nazionale con graduatoria locale e occorre superare un test di ammissione. Verso la metà di luglio di ogni anno si deve fare la pre-iscrizione al test di ammissione sul portale dell’Università degli Studi di Torino alla pagina Immatricolazioni e iscrizioni,

  • Per la pre-iscrizione alla prova di selezione è necessario essere in possesso del diploma di Scuola Secondaria Superiore.
  • Per maggiori informazioni consulta la pagina di TorinoGiovani Come iscriversi all’Università,
  • In seguito si possono proseguire gli studi frequentando un master di primo livello, un corso di perfezionamento oppure la laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche, di durata biennale.

La laurea magistrale fornisce una formazione culturale e professionale avanzata per intervenire con elevate competenze nei processi assistenziali, gestionali, formativi e di ricerca. I corsi di laurea attivati presso l’ Università di Torino sono:

Infermieristica – durata triennale Infermieristica pediatrica – durata triennale Scienze Infermieristiche e ostetriche – corso di laurea magistrale – durata biennale.

Per cercare i corsi di laurea in infermieristica delle Università in Italia è disponibile il motore di ricerca Universitaly a cura del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Dopo la laurea magistrale è possibile proseguire il percorso formativo frequentando un master di secondo livello,

  1. I master di primo livello – dopo la laurea triennale – e di secondo livello – dopo la laurea magistrale – consentono di acquisire conoscenze scientifiche in determinate aree.
  2. I master hanno solitamente durata annuale.
  3. A Torino i master sono organizzati dall’ Università di Torino e dal Corep – Consorzio Educazione Permanente,

Trovi maggiori informazioni sulla pagina di TorinoGiovani dedicata ai Master,

Qual è il medico più pagato?

Quali sono i medici che guadagnano di pi tra i dottori di base, ospedalieri e varie specializzazioni nel 2022? – Stando a quanto emerge da recenti dati, sono i medici con le varie specializzazioni, come chirurghi estetici, ginecologi, psicologi, ortopedici, ecc a guadagnare di più in ambito medico rispetto a dottori di base e ospedalieri, pur parlando in ogni caso di cifre comunque molto alte per tutti.

  1. Quali sono i medici che guadagnano di più tra i dottori di base, ospedalieri e varie specializzazioni nel 2022? La professione del medico è certamente tra le più importanti e ambite e il percorso per arrivare ad indossare un camice bianco è molto lungo.
  2. I guadagni che si arrivano, però, ad ottenere ripagano di tanto impegno, sacrificio e dedizione, precisando che sono diversi i guadagni dei medici in base a ruolo ricoperto.

Vediamo allora quali sono.

Quanto guadagna un dottore di base Quali sono i guadagni di un medico che lavora in ospedale Medici specializzati e guadagni più alti

See also:  Borsa Di Studio Università Quanto Si Prende?

Cosa fare subito dopo la laurea in medicina?

Formazione medica post-laurea: facciamo il punto? Negli ultimi mesi si è parlato molto di formazione in medicina e parallelamente di formazione specialistica a causa delle carenze evidenziate specificamente in alcuni settori. Riteniamo sia necessario, al di là dei titoli di cronaca, fare chiarezza e fornire una valutazione dettagliata delle proposte emerse, per orientarsi meglio avendo una panoramica generale.

La formazione medica è un percorso estremamente articolato e talvolta oscuro a coloro che non ne sono direttamente coinvolti: nonostante un comune ordinamento, il corso di laurea è di fatto poco omogeneo tra i vari atenei, tanto in termini di nozioni teoriche quanto di attività pratiche. Una volta ottenuto il diploma di laurea, il giovane dottore in Medicina e Chirurgia, deve svolgere un tirocinio valutativo di tre mesi a cui segue un test a risposta multipla, l’Esame di Stato.

Il superamento di queste due prove abilita alla professione e rende i laureati medici a tutti gli effetti. Al termine del proprio mandato, la ministra Fedeli ha firmato un decreto il cui obiettivo era quello di integrare il tirocinio valutativo di tale esame nel corso di laurea.

Purtroppo, per una buona applicazione di tale intervento, sarebbe stato necessario un precedente intervento di omogeneizzazione dei percorsi formativi pre-laurea a livello nazionale, non con l’intento di annullare le differenze che rendono peculiari i territori, ma allo scopo di raggiungere una qualità formativa migliore, tanto in termini di nozioni teoriche che di tirocinio pratico, per fornire a tutti i giovani laureati gli strumenti fondamentali per affrontare la professione medica, anche attraverso la definizione di un “core curriculum” comune a tutte le scuole,

Una volta laureato il giovane medico deve proseguire il suo percorso di formazione vita natural durante, In particolare, può scegliere se frequentare una Scuola di Specializzazione o seguire il Corso Specifico di Formazione in Medicina Generale. I corsi di specializzazione prevedono che lo specializzando affianchi un medico specialista, acquisendo pian piano autonomia nello svolgimento delle funzioni che dovrebbero restare sempre e comunque sotto la vigilanza di uno specialista tutor ; nel frattempo, dovrebbe dedicare parte del suo tempo alle lezioni ed alla ricerca scientifica.

Tale formazione ha come punto di riferimento il policlinico universitario, ma le reti formative delle Scuole di Specializzazione, come recentemente ridefinito dal, possono essere ampliate ad includere le strutture sanitarie del territorio circostante che, a seguito del parere della direzione della Scuola e previa verifica del Ministero, rispettino standard qualitativi adeguati.

Il Corso di Formazione Specifico in Medicina Generale divide, invece, il suo percorso formativo in lezioni frontali, tirocini all’interno degli ospedali territoriali e degli ambulatori di medicina generale e di pediatria di libera scelta. Lo scopo è quello di formare dei medici di famiglia a 360° che conoscano adeguatamente le strutture territoriali in cui operano,

Nella pratica, troppo spesso, quanto sopra non avviene e gli standard formativi rimangono tali solo sulla carta, Al di là della questione qualitativa vi è poi un problema numerico quando si parla di formazione post-laurea: attualmente i posti messi al bando per l’accesso al corso di laurea in Medicina e Chirurgia sono circa 10.000 mentre le borse di formazione specialistica a disposizione per il proseguimento degli studi, nell’ultimo anno, sono state circa 7000 e, solo da settembre 2018, quelle di formazione in medicina generale sono state aumentate a 2000.

Questo, negli anni ha portato ad un accumulo di medici in attesa di formazione che attualmente sfiora le 10.000 unità. Premesso questo, dove si collocano le proposte che recentemente sono state avanzate per intervenire sulla carenza di medici specialisti? Le Regioni, a volte anche ponendosi in contrapposizione al Governo, per sopperire alle attuali carenze territoriali e riuscire ad ottenere un aumento dei medici che riescono a completare la formazione specialistica, hanno avanzato la proposta di svincolare la formazione dal contesto universitario per collocare gli specializzandi/lavoratori direttamente sul territorio, nelle ASL,

  • In questa proposta, tuttavia, non è chiaramente definito né il titolo rilasciato dopo tale percorso, né quali potrebbero essere i termini in cui tali medici opererebbero, né chi si dovrebbe fare garante della qualità di tali percorsi.
  • In una logica di contrapposizione, a volte anche strumentale, tra ospedale e università, si è ignorato, inoltre, il fatto che già ora, come sopra citato, gli specializzandi dovrebbero avere accesso ad una rete ampia, e non confinata alle mura delle strutture di Ateneo.

Coscienti delle attuali problematiche presenti in alcune Scuole di Specializzazione, riteniamo che l’attuale sistema formativo abbia numerosi margini di miglioramento nella sua forma attuale e che, per dare più opportunità agli specializzandi, si dovrebbero ampliare le possibilità formative mediante un allargamento delle reti ai presidi territoriali, laddove non siano già in essere, purché vengano mantenuti standard minimi da un punto di vista assistenziale e didattico-formativo e senza perdere un’impostazione che veda nell’Università un imprescindibile elemento di coordinamento.

Per meglio capire l’importanza di questo passaggio è fondamentale spiegare le storture dello status dello specializzando, che vede in sé coesistere due figure : quella del medico in formazione, che acquisisce competenze, e quella del medico lavoratore, che eroga un servizio assistenziale, proporzionale alle competenze già acquisite, ma con progressiva assunzione di responsabilità.

Proprio per questo motivo, a nostro avviso è assolutamente inaccettabile, in ragione di quello che è un deficit reale di personale medico specialista, impiegare in sostituzione specializzandi, che per definizione non sono ancora adeguatamente formati.

  • Ciò, naturalmente, va a tutela tanto del medico, che deve poter svolgere con serenità la propria professione, quanto del paziente, che fruisce delle cure all’interno del Servizio Sanitario Nazional e.
  • In assenza di norme più precise e piani formativi strutturati per competenze, quindi, il rischio per lo specializzando sarà sempre quello di sbilanciarsi verso l’una o l’altra figura, in base alle necessità del caso.

In seguito, è arrivata una seconda proposta, relativa alle aree di emergenza-urgenza, ossia l’assunzione, mediante un contratto parallelo rispetto a quello che attualmente regola le attività dei medici in formazione specialistica, dei medici specializzandi agli ultimi anni con possibilità di esercitare all’interno del SSN, non come soggetti in formazione, ma come vero e proprio personale dipendente, in aggiunta al monte ore già effettuato come specializzando,

  1. Tale misura emergenziale è stata proposta in ragione di una carenza che è sì oggettiva, ma in una mera ottica di risparmio : gli specializzandi costituiscono un grandissimo bacino potenziale di forza lavoro, ma a più basso costo rispetto ad un medico specialista.
  2. In tale contesto non risulta neppure chiaro, ma a nostro parere è verosimile che ciò non avvenga, se, concluso il percorso specialistico, le stesse strutture assumerebbero il neo-specialista adeguandone il compenso a quello del personale di ruolo.

Queste proposte sono inaccettabili, non solo perché si andrebbe ad utilizzare personale ancora non adeguatamente formato, nascondendo i tagli dietro un finto investimento formativo e causando, tra l’altro, un ulteriore blocco del turnover dei medici specialisti, ma soprattutto perché a farne le spese sarebbero i pazienti fruitori del servizio.

Si avrebbe, quindi, un contemporaneo danno alla condizione lavorativa di specializzandi e specialisti e alla salute della popolazione tutta, in nome, in realtà, del risparmio economico, Un’altra soluzione prospettata, e poi ritrattata, è la riduzione della durata delle Scuole di Specializzazione, “nel rispetto della durata minima prevista dalla normativa europea in materia”.

In merito alla durata delle Scuole di Specializzazione, infatti, vi sono dei vincoli stabiliti dalle direttive europee 2005/36/CE e 2013/55/UE che regolano il riconoscimento delle qualifiche professionali all’interno dell’Unione Europea. Già nel 2015 è stato operato un riordino che ha fuso alcune Scuole di Specializzazione e ne ha abbreviate altre, sempre nei vincoli imposti dalla normativa europea.

Di conseguenza, sebbene l’intento del Governo avrebbe potuto essere di per sé apprezzabile, poiché gli eventuali risparmi sarebbero stati destinati all’incremento del numero di contratti di formazione medica specialistica, sarebbe stato d’obbligo cercare innanzitutto di definire a quanto ammontino questi eventuali risparmi.

See also:  Università Europea Di Roma Quanto Costa?

Non solo l’applicazione della norma richiederebbe un lungo iter coinvolgente pressoché ogni organo del sistema universitario (il rinnovo delle SSM ex DM 68/2015 ha richiesto circa due anni di tempo) ma -elemento forse non considerato al momento della proposta- la maggior parte delle attuali Scuole di Specializzazione italiane rappresenta la fusione di percorsi un tempo distinti.

  1. Stando alla normativa europea di riferimento, non è possibile ridurre più di tanto la durata delle Scuole, e anzi, è teoricamente possibile farlo ancora solo per una minoranza di esse.
  2. Nella pratica, il risparmio economico da reinvestire sarebbe, a nostro avviso, incerto, lontano nel tempo e probabilmente anche irrisorio,

Riteniamo, quindi, che tale proposta presenti numerose criticità sul piano formale e dell’efficacia nel breve periodo, nonostante fosse proprio questo l’intento. Al netto delle perplessità relative all’efficacia nel breve periodo, crediamo che la riduzione della durata delle Scuole di Specializzazione improvvisa e senza una ridefinizione dei piani formativi, ne rappresenti uno svilimento, poiché implicitamente afferma che la formazione impartita sia talmente superflua da poter essere sforbiciata per decreto,

  1. Le criticità dal punto di vista qualitativo delle Scuole sono tante: in questi anni sono stati introdotti dei primi strumenti di verifica e controllo, che necessitano tuttavia di ulteriore implementazione.
  2. Occorre una rivisitazione per competenze dei piani formativi, più trasparenza sulla formazione erogata dalle Scuole e controlli capillari e periodici da parte degli enti preposti, come l’Osservatorio Nazionale e gli Osservatori Regionali,

In ultima istanza, la riduzione della durata ex lege per fini contabili potrebbe determinare una possibile incoerenza con le normative comunitarie, che di fatto mutilerebbe la spendibilità del titolo nel resto d’Europa, In parallelo, ora che comincia a vedersi sempre più incalzante la carenza di medici di famiglia, cominciano ad arrivare proposte di riforma della medicina generale.

In ragione di tale carenza è stato, infatti, proposto di aumentare a 2000 i posti a concorso per i medici iscritti al corso di laurea entro il 1991 e abilitati dopo il 1994 (colleghi che devono solo prendere il punteggio minimo del test per entrare in graduatoria e ottenere una formazione priva di borsa), e di eliminare i vincoli che garantiscono l’accesso solo ai colleghi con le suddette caratteristiche di età, ampliando anche a coloro che abbiano almeno 5 anni di esperienza lavorativa come sostituto nell’ambito delle cure primarie, creando così un doppio percorso formativo (con borsa e senza borsa).

Per fare ciò sarebbe inoltre necessario eliminare le incompatibilità lavorative che garantiscono la frequenza a lezione e tirocinio dei colleghi in formazione, Sempre in merito alla medicina generale è stato inoltre proposto di ridurre il corso ad un 2 + 1, abbonando un anno a coloro che lo abbiano svolto, in attesa dell’ingresso al corso, lavorando per le ASL,

Entrambe le proposte, di cui la prima già bocciata, non presentano specifiche riguardo ad un miglioramento degli standard formativi dei colleghi generalisti, ma piuttosto mirano ad un risultato numerico e questo in un momento in cui risulta sempre più evidente la necessità di un inserimento della medicina generale in un ambito di ricerca e di formazione equiparabile a quella dei colleghi specialisti.

Nelle ultime decadi sembra che i governi stiano puntando a risparmiare sulle fasce più deboli della popolazione: i giovani e gli anziani, Anziché investire sul futuro in termini di istruzione e di salute della popolazione, ci si muove in direzione opposta, in nome di un risparmio che, di fatto, non porta ad altro che maggiori spese future per sanare i danni che i tagli attuali stanno creando.

  • A riprova di ciò, nella legge di bilancio recentemente approvata, è previsto uno stanziamento per borse di specializzazione del prossimo triennio ancora sottodimensionato rispetto alle reali necessità,
  • Tale scelta politica non fa che confermare la volontà di non stabilizzare i medici specialisti presenti sul territorio, e di ricorrere, piuttosto, a forme contrattuali ibride che permettano di impiegare come manodopera a basso costo medici in formazione o medici in attesa di formazione.

Complice la disparità tra numero di laureati in medicina e numero di borse di formazione specialistica, i giovani medici si stanno accalcando sempre più numerosi alle porte dei corsi formativi post-laurea, in attesa di un entrata di emergenza, che, infine, li costringerà a venire a patti con il loro stipendio, la loro formazione, i loro diritti di lavoratori e di genitori, così come già capitato in altri contesti,

  1. In questo caso, per la natura stessa delle mansioni mediche, ad un simile danno si aggiungerà quello arrecato alla popolazione, visto l’inevitabile scadimento della qualità di cura.
  2. In un frangente in cui il nostro Servizio Sanitario Nazionale è già in ginocchio, anziché cercare di sanare la situazione, si continua a non investire sulla salute dei Cittadini, seguendo i trend politici degli ultimi anni,

È necessaria una inversione di rotta, tanto in termini di assunzione del personale specialista qualificato quanto in termini di formazione post-laurea. In merito a quest’ultima le soluzioni alternative a quelle proposte esistono, e richiederebbero stanziamenti che, rispetto al volume totale di una manovra finanziaria, rappresentano briciole.

La volontà politica deve essere quella di investire su una formazione medica di qualità, che sia da esempio a livello Europeo, non quella di trovare soluzioni a costo zero per fronteggiare una situazione non più rimandabile. Le scelte da fare sono chiare e, se non si prendono ora, negli anni a venire si avranno ripercussioni inevitabili tanto in termini di salute di popolazione quanto di costi derivanti dalla maggior disorganizzazione e peggiore qualità del servizio erogato nella sua interezza.

E questo, nella tutela di un diritto sancito costituzionalmente, non possiamo permettercelo. Associazione Chi Si Cura di Te? FederSpecializzandi – Associazione Nazionale dei Medici in Formazione Specialistica. (Scarica il comunicato in formato PDF )

Cosa si può fare con la laurea in medicina senza specializzazione?

Cosa può fare un laureato in medicina senza specializzazione – Sicuramente, pensando alle offerte di lavoro e al lavoro del medico dopo la laurea in medicina, viene subito in mente un impiego come professionista nelle ASL o negli ospedali. Anche se questo è lo sbocco occupazionale più scontato, sicuramente non è l’unico.

  1. Per accedere alle professioni citate prima abbiamo visto come sia necessario superare l’esame di Stato, ma ci sono altri casi in cui l’aspirante medico può decidere di non proseguire gli studi con una specializzazione.
  2. In questo caso cosa può fare e dove può lavorare? Il più importante sbocco per i laureati in medicina senza specializzazione è la professione del medico di famiglia, che richiede la frequenza di un corso di formazione di 3 anni.

E’ una professione ben remunerata. Leggi qui per vedere quanto guadagna un medico di base, Un’altra alternativa è il lavoro di medico di continuità assistenziale ovvero l’ex guardia medica. Esiste anche la guardia medica turistica: se vuoi approfondire ti consigliamo di leggere questo articolo sulla guardia medica turistica,

  1. Il medico senza specializzazione può anche lavorare alle dipendenze di altre istituzioni pubbliche come carceri, protezione civile, Croce Rossa Italiana.
  2. Ancora, può diventare medico militare, medico dell’INPS o dell’INAIL ( partecipando in quest’ultimo caso ai concorsi pubblici).
  3. Ricordiamo che nel caso in cui un medico lavori all’interno o per conto di una struttura sanitaria, pubblica o privata, è obbligatorio stipulare una polizza di colpa grave medico che copra la rivalsa della struttura.

Può anche lavorare al pronto soccorso. Vuoi scoprire come potrebbe essere lavorare in un pronto soccorso? Leggi questo articolo, Un’altra interessante opportunità per il laureato in medicina è diventare informatore scientifico e, quindi, lavorare per le case farmaceutiche e le industrie medicali che promuovono e vendono farmaci e prodotti usati in ambito medico.

Cosa puoi fare dopo la laurea in medicina?

Potrai trovare lavoro sia in ambito pubblico, negli studi di medici di medicina generale o pediatri di libera scelta e nelle strutture di continuità assistenziale, che in ambito privato, in studi medici e case di cura private o centri di riabilitazione.